Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22992 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22992 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8007/2024 R.G. proposto da : MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, ex lege rappresentato e difeso dalla AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) con domicilio digitale EMAIL
-ricorrente-
contro
AUTOMERCATO ITALIANO DI RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avvocata NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale EMAIL
-controricorrenteavverso l’ORDINANZA del TRIBUNALE DI NAPOLI n. 6081/2023
depositata il 18/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dalla consigliera NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1.Il Ministero della Giustizia impugna per cassazione l’ordinanza n. 119 del 18.10.2023 che ha accolto l’opposizione ex art. 170 DPR n. 115/2002, aumentando da € 1.745,80 a € 13.883,33 l ‘indennità di custodia riconosciuta alla società RAGIONE_SOCIALE per il periodo dal 5.2.2008 al 4.8.20202, per complessivi 4.565 giorni.
La vicenda trae origine dalla liquidazione dell’indennità di custodia e deposito di 18 colli contenenti oggetti sequestrati (CD, DVD, locandine contraffatti). Il Tribunale penale di Napoli, Sez. GIP, rilevato che i beni non rientravano nelle categorie con indennità ex DM n. 265/2022, riteneva inapplicabili le tabelle prefettizie, con conseguente applicazione dell’art. 2233, co. 2 c.c. Evidenziava come il materiale contraffatto non avesse richiesto impegno di custodia, e non fosse stata fornita prova della conservazione in area coperta e recintata, escludeva le spese di trasporto, in quanto non documentate, e liquidava € 1.745,80 oltre IVA.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione ex art. 170 DPR n. 115/2002 e art. 15 D.Lgs. n. 150/ 2011, con richiesta di applicazione delle tabelle ANCSA o delle tabelle prefettizie quali usi locali ex art. 5 DM n. 265/2006.
Il Tribunale ha applicato il criterio di liquidazione di cui al Decreto prefettizio n. 64255/88 e quantificato l’ indennità in € 13.833,33, ritenendo assolto l’onere probatorio mediante il deposito di detto decreto e delle relative tabelle.
Il Tribunale ha considerato inapplicabile la norma transitoria di cui all’art. 276 DPR n. 115/2002, che quantificava l’indennità di custodia mediante le tariffe prefettizie ridotte secondo equità, ritenendo inapplicabile anche anche il DM n. 265/2006, per la non riconducibilità dei beni al novero delle categorie di beni disciplinate dalla normativa.
Conseguentemente, sulla scorta della giurisprudenza più recente, ha applicato gli usi locali, rilevando come ex art. 58 DPR n. 115/2002 debba attribuirsi valore di uso locale anche ai criteri di determinazione dei compensi osservati abitualmente, come quelli delle Prefetture locali per i beni sequestrati in via amministrativa. Ha dichiarato la contumacia del Ministero della Giustizia.
La cassazione dell’ordinanza adottata in sede di opposizione è chiesta dal Ministero della giustizia con ricorso notificato il 10.4.204 ed affidato a quattro motivi, cui resiste la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo il Ministero deduce la violazione dell’art. 2901 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ., per avere il giudice dell’opposizione incluso nel computo anche il periodo già dichiarato prescritto (dal 5.2.2008 al 27.8.2010), in violazione del giudicato interno formatosi nel primo decreto di liquidazione.
8.1. Il motivo è infondato, per insussistenza del giudicato, essendo stata devoluta al Tribunale, con l’opposizione, l’intera decisione sulla liquidazione del compenso.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 2946 cod. civ.: argomenta il Ministero che, anche ove non si ritenesse formato il giudicato, il diritto al compenso per il periodo suddetto risulterebbe prescritto in base alla prescrizione decennale.
9.1. La doglianza è inammissibile.
9.2.E’ noto infatti che in tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che censuri la statuizione del giudice d’appello per aver ritenuto precluso l’esame dell’eccezione di prescrizione, oggetto di pronuncia di rigetto da parte del tribunale, perché non formulata con apposito motivo di appello incidentale, ha l’onere di specificare nel ricorso le ragioni per cui ritiene errata tale statuizione, il tenore della sua eccezione, il tempo e il luogo della sua deduzione,
evidenziandone la tempestività nonché le ragioni del rigetto (ovvero gli elementi da cui desumere il suo omesso esame), non potendosi limitare a rinviare agli atti delle precedenti fasi del processo (Cass. n. 11659/2020) .
9.3. Ciò posto, e precisato che il medesimo principio deve ritenersi applicabile, mutatis mutandis , anche all’opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia, deve rilevarsi che parte ricorrente non ha adempiuto alle necessarie specificazioni: nel ricorso in esame non vi è alcun cenno all’avvenuta deduzione dell’eccezione di prescrizione con riguardo il primo atto difensivo, non avendo la parte indicato dove l’avrebbe dedotta, sicché la censura risulta inammissibile.
Con il terzo motivo si deduce l’errata applicazione degli artt. 58-59 DPR n. 115/2002 e dell’art. 3 D.M. n. 265/2006. Il Tribunale ha applicato sic et simpliciter le tariffe prefettizie dei sequestri amministrativi, senza i dovuti correttivi giurisprudenziali (come la riduzione in base allo stato di conservazione e alla durata della custodia), ignorando la giurisprudenza che ammette l’applicazione analogica delle tariffe previste per beni simili (es. veicoli).
10.1. La censura è infondata.
10.2. In primo luogo appare opportuno riprendere la disciplina normativa che qui viene in rilievo:
il comma 2 dell’art. 58 (L) del T.U. n. 115/2002 dispone che «L’indennità è determinata sulla base delle tariffe contenute in tabelle, approvate ai sensi dell’articolo 59, e, in via residuale, secondo gli usi locali»;
il successivo art. 59 dispone che «l. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 4, legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvate le tabelle per la determinazione dell’indennità di custodia. 2. Le tabelle sono redatte con riferimento alle tariffe vigenti, eventualmente concernenti materie analoghe,
contemperate con la natura pubblicistica dell’incarico. 3. Le tabelle prevedono, altresì, le riduzioni percentuali dell’indennità in relazione allo stato di conservazione del bene»;
-l’art. 1 del d.m. n. 265/2006 determina dettagliatamente l’indennità di custodia per i veicoli a motore e per i natanti e il successivo art. 2 la riduzione della stessa, in relazione allo stato di conservazione del bene, tenuto conto del tempo trascorso;
l’art. 5 del predetto d.m. stabilisce che «Per la determinazione dell’indennità di custodia e conservazione relativa ad altre categorie di beni si fa riferimento, in via residuale, agli usi locali, come previsto dall’articolo 58, comma 2, del Testo Unico citato».
10.3. La Corte ha già chiarito che in tema di liquidazione dell’indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro penale, probatorio o preventivo, e, nell’ambito del codice di procedura civile, a sequestro conservativo e a sequestro giudiziario, la determinazione dell’indennità di custodia per i beni diversi da quelli espressamente contemplati dal d.m. n. 265 del 2006 va operata, ai sensi dell’art. 5 del citato d.m. e dell’art. 58, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, non già sulla base di criteri alternativi o dell’equità, ma tenendo conto degli usi locali, i quali devono essere provati dalla parte che li allega, ove il giudice non ne sia a conoscenza, senza che tale dimostrazione possa essere fornita per la prima volta nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 2507 del 27/01/2022).
10.4. Peraltro, non è richiesta in caso di ricorso agli usi la verifica del requisito della ” opinio iuris ac necessitatis “, ossia della convinzione, comune ai consociati, dell’obbligatorietà dell’osser -vanza delle tariffe, poiché il recepimento e la legittimazione delle prassi dei corrispettivi applicati nella pratica commerciale deriva direttamente dal rinvio operato dalla disciplina legale (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 24933 del 06/11/2020; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 11553 del 02/05/2019).
10.5. Orbene, la censura in esame è infondata perché l’art. 59 del t.u. cit .non richiama l’applicazione della riduzione nei casi in cui, come nel caso in esame, il compenso è stabilito in base agli usi, sulla scorta dell’art. 5 d.m. n. 265/2006.
Con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 171 e 91 cod. proc. civ. Assume il ricorrente che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Napoli, il Ministero era regolarmente costituito ma è stato erroneamente dichiarato contumace, con conseguente ingiusta condanna alle spese.
La censura è inammissibile perché non si confronta con la statuizione, dal momento che la condanna alle spese è stata giustificata con la soccombenza sulla questione di merito decisa, essendo stata accolta l’opposizione, seppure in misura inferiore a quella prospettata dall’opponente.
13. In definitiva il ricorso va respinto e in applicazione del principio di soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente, nella misura liquidata in dispositivo.
14.Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in euro 2500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamen -to, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025.