Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9613 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9613 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11715/2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Bari n. 65/2024 pubblicata il 22 aprile 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 27 febbraio 2023 il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del lavoro, in accoglimento del ricorso presentato da NOME COGNOME ha dichiarato il suo diritto a ottenere l’indennità di coordinamento e di autista automezzi con decorrenza da ottobre 2018, con condanna dell’ARIF Puglia a pagare in suo favore € 800,00 all’anno.
L’RAGIONE_SOCIALE Puglia ha proposto appello che la Corte d’appello di Bari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 65/2014, ha rigettato.
L’ARIF Puglia ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
La IV Sezione civile ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
L’ARIF Puglia ha presentato ‘istanza richiesta decisione’ .
Il controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, lett. a), legge Regione Puglia n. 3 del 2010, e dell’art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001 in quanto, nella specie, non vi sarebbe stato un atto formale di trasferimento del controricorrente dalla Regione Puglia alle sue dipendenze.
La censura è inammissibile.
Innanzitutto, si rileva, come indicato nella proposta di definizione della causa ex art. 380 bis c.p.c., che la sentenza di appello è fondata anche su una ratio decidendi non contestata da parte ricorrente, ossia il ‘passaggio in giudicato della sentenza che ha riconosciuto in favore dell’appellato la medesima indennità sino al mese antecedente a quello per cui è causa’.
Inoltre, si evidenzia che la Corte d’appello di Bari ha accertato nel merito che il trasferimento in esame era avvenuto, sulla base di un’interpretazione del contenuto della delibera di Giunta regionale n. 863 del 23 marzo 2010 che, in questa sede, non è stata
adeguatamente contestata, non avendo l’ARIF Puglia riportato, neppure in sintesi rilevante, il testo di tale delibera.
Con il secondo motivo parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli accordi sindacali e degli ordini di servizio del 23 settembre 2010 e del 24 novembre 2011, la falsa applicazione dell’art. 54 del CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulicoforestale e idraulico-agraria del 7 dicembre 2010 e la violazione dell’art. 117 Cost. e dell’art. 2, comma 2, 40 e 40 bis del d.lgs. n. 165 del 2001.
Sostiene l’ARIF Puglia che la corte territoriale avrebbe dovuto disapplicare il CCNL privatistico, trovando applicazione, piuttosto, il d.lgs. n. 165 del 2001 e il CCNL pubblicistico, con conseguente impossibilità di riconoscere un’indennità di coordinamento, non prevista da quest’ultimo CCNL.
La censura è inammissibile, non avendo la P.A ricorrente contestato l’ulteriore ratio decidendi sopra indicata, concernente il passaggio in giudicato di sentenza precedente che aveva riconosciuto al lavoratore l’indennità in questione.
Con il terzo motivo l’RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione degli artt. 6 d.lgs. n. 78 del 2010, 1, comma 3, legge n. 196 del 2009 e 14 delle preleggi in quanto essa sarebbe inserita nel conto economico consolidato ex art. 1, comma 3, legge n. 196 del 2009, con la conseguenza che non potrebbe erogare alcuna indennità al suo personale.
Il motivo è infondato perché, come evidenziato nella proposta di definizione, non tiene conto del fatto che le disposizioni dell’art. 6 del d.lgs. n. 78 del 2010 «non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del
coordinamento della finanza pubblica», come si legge nel successivo comma 20 del medesimo articolo. Pertanto, «il vincolo per le Regioni non è diretto ma va inserito nella determinazione complessiva del tetto massimo dei risparmi di spesa che esse devono conseguire» (sul punto, Cass., n. 31881/2018, alla cui più ampia motivazione anche con riguardo ai pertinenti richiami della giurisprudenza della Corte costituzionale – si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.).
In definitiva, la semplice invocazione del contenuto dell’art. 6, comma 12, del d.l. n. 78 del 2010 non basta per dare fondamento alla censura secondo cui la Corte d’Appello di Bari avrebbe dato applicazione a una clausola della contrattazione collettiva divenuta inefficace in forza di quella disposizione di legge (Cass., n. 23871/2014, non massimata).
4) Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo , con distrazione in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratasi antistataria (si precisa che tale distrazione ha a oggetto le sole competenze professionali e non gli importi ex art. 96 c.p.c.).
La parte ricorrente è condannata, altresì, in ragione della conformità della decisione alla proposta formulata ex art. 380 bis c.p.c., al pagamento della somma di € 1.000,00, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., e al versamento dell’importo di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Nell’interpretare il citato art. 380 bis c.p.c. le Sezioni Unite hanno osservato che il legislatore delegato ha tipizzato un’ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente o del consigliere delegato che trovi poi conferma nella decisione finale, è nella normalità indice di una responsabilità aggravata sanzionabile con la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore
della controparte (art. 96, terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’) (cfr. fra le tante Cass. S.U. 22 sette mbre 2023, n. 27195, anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale; Cass. S.U. 30 ottobre 2023 n. 30147; Cass. S.U. 27 dicembre 2023 n. 36069).
Le citate pronunce hanno precisato che, pur dovendosi escludere una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, affinché il giudice possa legittimamente discostarsi dalla previsione legale è necessario che nel caso concreto sussistano ragioni idonee a giustificare il comportamento processuale della parte, ragioni non ravvisabili nella fattispecie.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della P.A. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna la P.A. ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 1.5 00,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%, da distrarsi, limitatamente a questi importi, in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratasi antistataria;
-condanna la P.A. ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., al pagamento in favore del controricorrente dell’ulteriore somma di € 1.000,00;
condanna la P.A. ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
-attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della P.A. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione