Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18969 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18969 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 38013-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t.;
– intimata – avverso la sentenza n. 216/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 05/07/2019 R.G.N. 436/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
R.G.N. 38013/2019
CC 07/06/2024
Rilevato che
La Corte di appello di Ancona, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta con ricorso del 15.11.2018, da NOME COGNOME, dipendente, categoria C, dell’RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche: RAGIONE_SOCIALE) quale tecnico della Prevenzione, volta ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla qualifica e funzione di coordinatore per l’attività svolta dal 18.6.2001, nonché il pagamento dell’ indennità di coordinamento di cui all’art. 10 del c.c.n.l. comparto sanità del 20.9.2001.
COGNOME NOME propone ricorso per cassazione in articolato in quattro motivi, depositando altresì memoria ex art. 380.1 bis c.p.c.
Resta intimata RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che
Con il primo motivo si deduce error in procedendo a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.
1.1. Si assume che non sono state esaminate né in primo grado, né in appello le censure proposte circa la violazione degli obblighi di correttezza e di imparzialità da parte del datore nell’esercizio del potere discrezionale di cui all’art. 10, comma 7, del c.c.n.l., con particolare riferimento al conferimento, in sede di prima applicazione della normativa, de ll’indennità di coordinamento ai lavoratori provenienti dalla categoria C.
1.3. Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la pluralità di rationes decidendi , in virtù delle quali la Corte di Appello ha rigettato la domanda.
1.3.1. Nel dettaglio il dedotto cattivo uso del potere da parte della RAGIONE_SOCIALE al fine della scelta dei dipendenti C cui conferire l’indennità di coordinamento è irrilevante nel caso di specie, atteso che la sentenza di appello ha negato, attraverso l’esame dei documenti prodotti in atti, vi sia – a monte – la prova dello svolgimento delle funzioni di coordinamento da parte del ricorrente, rectius vi sia la traccia documentale di detto esercizio , presupposto per l’esercizio del potere discrezionale da parte del l’amministrazione.
1.4. La Suprema Corte, con indirizzo cui questo Collegio si conforma con piena adesione, infatti, ha ricostruito in numerosi precedenti il regime dell’indennità di coordinamento in fase di prima applicazione, ricostruendo il complesso sistema normativo di riferimento.
1.4.1. Si è affermato che nella fase di prima applicazione del c.c.n.l. sanità del 2001, l’attribuzione al personale di categoria C dell’indennità di coordinamento, ai sensi dell’art. 10 del citato contratto collettivo, è subordinata, oltre che al conferimento delle funzioni d a parte di coloro che all’interno dell’ente avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa, alla documentazione di detto conferimento, occorrendo di esso almeno traccia documentale, e, infine, alla valutazione datoriale del la situazione organizzativa dell’ente, non sussistendo, in tale prima fase, un automatismo tra svolgimento delle funzioni e percezione dell’indennità (in tal
senso cfr. Cass. n. 41272/2021; Cass. n. 41575/2021; ma anche Cass. n. 18035/2017).
1.5. E’ stato quindi altresì precisato che affinché sussista il presupposto del conferimento ‘formale’ dell’incarico di coordinamento occorre che: a) vi sia traccia documentale di tale incarico; b) l’incarico sia stato assegnato da coloro che hanno il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente; c) lo stesso abbia ad oggetto le attività dei servizi di assegnazione e gestione del personale (cfr. in tal senso Cass. n. 16589/2014, ma anche Cass. n. 1009/2010 e Cass. n. 11199/2014 in cui si è ancora rimarcato -quanto al conferimento delle funzioni di coordinamento, ex art. 10, comma 3, del c.c.n.l. sanità del 20 settembre del 2001 – la necessità che esse siano state assegnate dal soggetto che aveva il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente e che di detto conferimento vi sia traccia documentale).
1.6. Ebbene, come già anticipato al punto 1.3., nel caso di specie la Corte di appello ha espressamente escluso (cfr. pag. 4 in fine) che sussista traccia documentale del conferimento al COGNOME delle funzioni di coordinamento, già tale notazione sufficiente al rigetto della domanda, del tutto irrilevante, come già accennato, la doglianza relativa ad un lamentato erroneo esercizio del potere discrezionale della P.A. Erroneo esercizio, qui si aggiunge, peraltro smentito, proprio dall’impossibilità di far luogo ad esso in carenza del presupposto del documentato conferimento dell’incarico di coordinamento a COGNOME NOME. 2. Con il secondo motivo si lamenta error in procedendo ai sensi del n. 4 del 360 c.p.c.
2.1. Si denunzia il mancato esame della domanda relativa al diritto alle funzioni di coordinamento per il periodo successivo a quello di prima applicazione, spettante, si assume, ex comma 6 dell’art. 10.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. Sul punto va brevemente osservato che la sentenza di appello non tratta di questo aspetto ed il motivo, sebbene posto ai sensi del n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., difetta di specificità, sicché viola il principio di autosufficienza, pur come ridisegnato a seguito della sentenza CEDU Succi contro Italia del 28.10.2021.
2.3. Infatti, pur a seguito di detta pronunzia, la S.C. (cfr. Sez. U. n. 8950/2022) ha avuto modo di puntualizzare che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, corollario del requisito di specificità dei motivi, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., sebbene non debba essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, sicché non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito, va comunque rispettato, sebbene nei termini innanzi puntualizzati.
2.3. Sulla scia della pronunzia delle Sezioni Unite si è ulteriormente chiarito che il principio di autosufficienza è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza,
ritenerlo rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fonda, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (cosi Cass. n. 12481/2022).
2.4. Ebbene, tanto non è avvenuto nel caso di specie.
2.4.1. Il ricorrente, infatti, avrebbe quanto meno dovuto specificare quali deduzioni aveva svolto nel ricorso introduttivo ex art. 414 c.p.c. con riguardo al diritto al conferimento ed all’indennità per il periodo successivo al primo, specificando altresì di aver riproposto appello sul punto.
2.5. A tali considerazioni va altresì aggiunto, in ogni caso e ancor più a monte, che l’art. 6, comma 10, del c.c.n.l. 2001, posto dal ricorrente a fondamento del diritto all’indennità di coordinamento qui in discussione, per il periodo successivo a quello di prima applicazione, è del tutto privo del contenuto normativo che la parte ricorrente le attribuisce.
2.6. Il citato comma 6, infatti, osserva il Collegio, lungi dal disciplinare le modalità di conferimento dell’incarico per i periodi successivi, disciplina solo le ipotesi di revoca dell’indennità.
2.7. Del resto giova anche qui riportarsi integralmente -rimarca il Collegio -ai numerosi precedenti del giudice di legittimità che hanno ampiamente ed esaustivamente ricostruito il sistema di conferimento delle funzioni di
coordinamento per il periodo successivo a quello di prima applicazione.
2.8. Sul punto si è affermato che nella fase successiva alla cd. ‘prima applicazione’, per il personale , sia transitato in categoria D dalla categoria C per effetto dell’art. 8 del c.c.n.l. 20.9.2001, sia già in categoria D, ma non transitato in DS non avendo ottenuto l’indennità di coordinamento, valgono le regole desumibili dall’art. 5, comma 2, c.c.n.i. del 29.9.2001 e dall’art. 19 lett. c) del c.c.n.l. 19 aprile del 2014, secondo le quali la progressione si basa su specifici atti ed avviene in forza di procedure selettive (vedi compiutamente su tali aspetti Cass. n. 12339/2018, alla cui motivazione integralmente il Collegio si riporta).
2.9. Del pari si è ulteriormente precisato ( cfr. Cass. n. 18932/2023 al punto 6; Cass. n. 217/2023, ai punti da 15 a 19; Cass. n. 25408/2021; Cass. n. 15955/2021) che l’art. 4 del c.c.n.l. del 10.4.2008 ha fissato gli ulteriori criteri per il conferimento delle funzioni di coordinamento, conformandosi al l’articolata disciplina introdotta dall’art. 6 della l. n. 43 del 2006 ed al successivo accordo Stato-Regioni. Al riguardo si è quindi evidenziato che la normativa collettiva, per il sistema a regime, fa dipendere il diritto alle funzioni di coordinamento ed alla relativa indennità da altri presupposti consistenti nell’individuazione delle corrispondenti specifiche posizioni da parte delle Aziende, previa concertazione (art. 5, comma 2, c.n.n.i. 20.9.2001).
2.10. Non vi è traccia nel motivo (in disparte quanto si è già innanzi sul difetto di specificità per mancato richiamo delle deduzioni e domande nel ricorso ex art. 414 c.p.c.) della
sussistenza del diritto preteso alla luce del sistema procedurale così ricostruito, del tutto inconferente, si ribadisce, per le ragioni già innanzi esposte, il richiamo all’art. 6, comma 10, del c.c.n.l. del 2001.
Con il terzo motivo si deduce la falsa applicazione, ai sensi del n. 3 del 360 c.p.c., di legge e contratto collettivo.
3.1. Si lamenta che la motivazione della pronunzia presenti affermazioni tra loro inconciliabili.
3.2. Nello specifico, parte ricorrente in cassazione lamenta che, la Corte di Appello, dopo aver rilevato, per rigettare la domanda del ricorrente, la mancanza di un riconoscimento formale delle funzioni di coordinamento da parte di un soggetto – quale il Direttore di Zona – dotato di idoneo potere, dava atto, poi, dell’esistenza del Protocollo di intesa del 12.12.2008 sottoscritto dal direttore di zona che assegnava al COGNOME la funzione di coordinamento per due anni consecutivi senza da tanto trarre le dovute conseguenze.
3.3. Ebbene, avendo la Corte territoriale espressamente affermato che ‘(…) non risulta che l’RAGIONE_SOCIALE abbia esercitato tale potere discrezionale, di conferimento dell’incarico di coordinatore all’appellante, non avendo questo Collegio riscontrato la presenza, nella pur massiccia documentazione prodotta dal COGNOME, di un atto (delibera o determina) dal quale risulti la formale attribuzione dell’incarico in questione al 31.08.2001 e dal quale sia possibile evincere l’assegnazione, in via stabile e definitiva all’interessato di detto incarico’ (cfr. pag. 4 della sentenza di appello), quello che qui viene surrettiziamente richiesto, sebbene attraverso lo schermo formale della violazione e falsa applicazione di legge,
ai sensi del primo comma n. 3 dell’art. 360 c.p.c., non è altro che una rivalutazione del materiale probatorio inammissibile in sede di legittimità.
3.4. Conclusivamente, alla luce di quanto innanzi, il motivo non può essere accolto.
Con il quarto motivo si deduce la falsa applicazione, ai sensi del comma 1, n. 1, del 360 c.p.c., di legge e contratto collettivo. 4.1. Nella sostanza il ricorrente si duole che il giudice di merito abbia male inteso e applicato: a) il principio di diritto affermato in Cass. n. 10009/2010 secondo cui per il conferimento dell’incarico di coordinatore di cui all’art. 10 , comma 3, del c.c.n.l. del 20.9.2001 è sufficiente una traccia documentale; b) il principio di diritto affermato in Cass. n. 1765 del 2009 secondo cui detto potere di conferimento dell’incarico di coordinamento spetta al dirigente preposto alla struttura cui il dipendente è inserito, che pertanto ha il potere di conformare in concreto la prestazione.
4.1. Nella sostanza, il mezzo è, come il precedente, volto ancora a sostenere che sussista la ‘traccia documentale’ negata dalla sentenza di appello.
4.2. Si tratta, quindi, come per il terzo motivo di inammissibile richiesta di rivalutazione del materiale probatorio.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Infine nulla va disposto per le spese non avendo la RAGIONE_SOCIALE svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 7.6.2024