Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23043 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 23043 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30452-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 788/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/04/2019 R.G.N. 523/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Oggetto
R.G.N. 30452/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Pavia, accogliendo sul punto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ha rideterminato l’importo capitale dovuto a COGNOME NOME ai sensi dell’articolo 1751 c.c. in euro 2966,16; per il resto ha confermato la sentenza impugnata sia nella parte in cui ha ritenuto che il rapporto intervenuto tra le parti fosse un rapporto di agenzia e non di procacciatore d’affari, sia nella parte in cui aveva quantificato l’indennità sostitutiva del preavviso a favore dell’agente nella misura di euro 12.500.
La sentenza doveva trovare invece parziale riforma nella parte in cui aveva riconosciuto a titolo di indennità di cessazione del rapporto di agenzia di cui all’articolo 1751 c.c. la somma di euro 6000, ciò alla luce dei precedenti resi anche in fattispecie del tutto analoghe alla presente ed in ossequio alla giurisprudenza della Corte di cassazione.
Secondo la Corte d’appello, infatti, per il calcolo dell’indennità ex art 1751 c.c. doveva farsi riferimento soltanto al fatturato prodotto e alle relative provvigioni maturate, senza tener conto di quanto corrisposto a titolo di minimo garantito provvigionale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con un motivo di ricorso al quale ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 numero 3 c.p.c. in relazione all’articolo 1751 c.c. e all’articolo 13 dell’AEC RAGIONE_SOCIALE 2009.
2.- Il motivo di ricorso è fondato alla luce anche del recente orientamento (ordinanza n. 23547 del 02/08/2023) affermato
nei confronti delle stessa preponente RAGIONE_SOCIALE in relazione all’individuazione delle voci da ricomprendere ai fini del calcolo dell’indennità di cessazione dal rapporto.
3.- Con detta pronuncia è stato invero chiarito che, ai fini della determinazione dell’indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia per recesso del preponente, ex art. 1751 c.c., nella base di computo, vanno ricomprese non soltanto le provvigioni maturate, ma anche quelle percepite come “fisso provvigionale”, atteso che la previsione codicistica fa riferimento, in relazione al profilo del “quantum”, al più ampio concetto di “retribuzioni riscosse” – nel quale va ricompreso il minimo provvigionale garantito – mirando detta previsione ad indennizzare l’agente per la perdita del contratto e, perciò, dei vantaggi che il contratto stesso gli avrebbe procurato.
4.- Tanto sulla scorta dei seguenti motivi che vengono qui richiamati anche in forza dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
5.- Vengono in rilievo, in primo luogo, le previsioni contenute nell’art.1751 c.c.1° comma, secondo cui l’indennita’ in caso di cessazione del rapporto (c.d. meritocratica) spetta all’agente quando questi abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti, il pagamento di tale indennita’ sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
6.- Rilevano inoltre le previsioni contenute nel 3° comma dell’art.1751 c.c. per il quale ‘: L’importo dell’indennita’ non puo’ superare una cifra equivalente ad un’indennita’ annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto
risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione’.
7.- Nel caso di specie, come risulta dallo stesso motivo di ricorso, essendo pacifico che l’indennità in questione debba spettare in quanto sono stati procurati nuovi clienti e che esistano gli altri presupposti in relazione all’an, si discute soltanto del quantum, regolato dal 3° comma .
8.- Pronunciandosi più volte sul tema questa Corte ha già osservato che la fattispecie attributiva del diritto in oggetto non è completamente tipizzata, essendo sempre soggetta ad una valutazione di equità del giudice tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto.
9.- Con la sentenza n. 21377 del 29/08/2018, premesso che per quanto riguarda il quantum l’art. 1751, 3° comma stabilisce che l’importo dell’indennita’ non puo’ superare una cifra equivalente ad un’indennita’ annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione, si è in particolare precisato che la norma prevede non un criterio di calcolo (in relazione a determinate somme neppure sul piano funzionale), ma una misura massima dell’indennità, la cui determinazione è rimessa pure essa ad una determinazione equitativa da parte del giudice; il quale deve esercitarla sulla base dei criteri indicati dalla legge che prevedono nel massimo una indennità annua sulla base della media annuale delle ‘retribuzioni riscosse’.
10.- Inoltre, con la sentenza n. 486 del 14/01/2016 è stato affermato da questa Corte che ‘In tema di indennità per cessazione del rapporto di agenzia, a seguito della sentenza della CGUE, 23 marzo 2006, in causa C-465/04, interpretativa degli artt. 17 e 19 della direttiva 86/653, ai fini della quantificazione della stessa, nel regime precedente l’AEC del 26
febbraio 2002 che ha introdotto l'”indennità meritocratica”, ove l’agente provi di aver procurato nuovi clienti al preponente o di aver sviluppato gli affari con i clienti esistenti (ed il preponente riceva ancora vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti) ai sensi dell’art. 1751, comma 1, c.c., è necessario verificare – non secondo una valutazione complessiva “ex ante” dell’operato dell’agente, ma secondo un esame dei dati concreti “ex post” se, fermi i limiti posti dall’art. 1751, comma 3, c.c., l’indennità determinata secondo l’RAGIONE_SOCIALE collettivo per gli agenti RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto di tutte le circostanze del caso e, in particolare, delle provvigioni che l’agente perde, sia equa e compensativa del particolare merito dimostrato, dovendosi, in difetto, riconoscere la differenza necessaria per ricondurla ad equità.’
11.- Gli stessi principi ha riaffermato anche la più recente sentenza n. 6783/2020 la quale, nel richiamare la sentenza n. 16347 del 2007, ha ribadito che ‘in relazione ai criteri di quantificazione dell’indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia, l’art. 17 della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento del diritto degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia Cee, 23 marzo 2006, in causa C-465/04 non impone un calcolo in maniera analitica, bensì consente l’utilizzo di metodi di calcolo diversi e, segnatamente, di metodi sintetici, che valorizzino più ampiamente il criterio dell’equità e, quale punto di partenza, il limite massimo di un’annualità media di provvigioni previsto dalla direttiva medesima.
12.- Ne consegue che l’art. 1751 c.c. deve interpretarsi nel senso che l’attribuzione dell’indennità è condizionata non soltanto alla permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti dall’attività di promozione degli affari
compiuta dall’agente, ma anche alla rispondenza ad equità dell’attribuzione, in considerazione delle circostanze del caso concreto ed in particolare delle provvigioni perse da quest’ultimo (in senso conforme cfr. anche Cass. n. 23966 del 2008; n. 15203 del 2010; n. 15375 del 2017).
13.- Ora, in questo consolidato quadro giurisprudenziale, deve essere risolta anche la specifica questione che si dibatte nel presente giudizio ovvero se sia possibile utilizzare come base di computo del tetto massimo soltanto le provvigioni maturate oppur e quelle effettivamente percepite anche come ‘fisso provvigionale’ (in questo caso superiore a quanto effettivamente maturato); dovendo pertanto questo Collegio riaffermare, in primis, che il pagamento deve risultare sempre equo e non deve superare l’im porto massimo indicato nella norma; ed in secondo luogo che, dentro questi limiti, possa considerarsi ai fini del quantum in discorso anche il quantum effettivamente percepito come fisso provvigionale, secondo quello che è in concreto avvenuto nel caso di specie.
14.- In effetti la disposizione codicistica mira ad indennizzare l’agente per la perdita del contratto e perciò dei vantaggi che il contratto gli avrebbe procurato. Appare pertanto ovvio che, tanto più in caso di recesso anticipato prima dei 5 anni, possa farsi riferimento anche a quanto effettivamente percepito a titolo di provvigioni minime contrattualmente stabilite. La stessa legge valorizza l’effettività del rapporto sia prendendo in considerazione la media dello stesso minore periodo di tempo di lavoro concretamente svolto, sia richiedendo una valutazione ex post dell’operato dell’agente.
15.- E se il recesso ingiustificato avviene dopo un breve periodo di tempo dall’inizio del rapporto, la perdita può essere correlata a quanto effettivamente percepito, in considerazione del maggior lavoro svolto per la penetrazione del mercato nuovo ed
all’impegno profuso nella medesima direzione. In questo senso si spiega anche la previsione contrattuale legata all’anticipo provvigionale fisso per i due anni e si giustifica la motivazione del giudice di merito che, per ricondurre ad equità la somma stabilita in conformità alla legge, ha dato rilievo alla previsione contrattuale, alla durata minima e soprattutto al fatto che la zona fosse nuova e che l’agente avesse procurato un fatturato del tutto nuovo che necessitasse di una più intensa attività di visita ai clienti; e merita di essere evidenziato a questo proposito che tali logiche considerazioni non siano state assoggettate a censura di alcun tipo in questa sede.
16. Infine sotto il medesimo profilo del quantum, va considerato che l’art.1751,3 comma parla più ampiamente di retribuzioni riscosse e non solo di provvigioni.
Ciò non a caso, ma in conformità alla direttiva europea 86/653. Stabilire se occorra prendere a riferimento solo le provvigioni effettivamente percepite o anche le altre ‘retribuzioni riscosse’ nell’arco di tale periodo è una questione che appare dunque risolta dalla norma codicistica che -in conformità alla direttiva europea 86/653 (la quale distingue retribuzione e provvigioni agli artt. 6, commi 1 e 2 e 17) di cui costituisce attuazione non fa riferimento soltanto alle provvigioni ma anche alle altre somme che la norma indica col termine retribuzioni (che può comprendere anche fissi provvigionali, compenso per patto di non concorrenza, rimborsi spese e qualsiasi altra somma erogata in via sinallagmatica rispetto al contratto, secondo il più concetto ampio di retribuzione accolto dalla direttiva europea cit.).
17.- Le considerazioni che precedono giustificano ampiamente la fondatezza dell’impugnazione della sentenza in oggetto, la quale deve essere cassata con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione
della causa e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
18.- Non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12.6.2024