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Indennità di buonuscita: onorari e affidamento

Un ente pubblico ha richiesto la restituzione di una parte dell’indennità di buonuscita erogata a un proprio ex avvocato dipendente, sostenendo che gli onorari professionali fossero stati indebitamente inclusi nel calcolo. I giudici di primo e secondo grado hanno dato ragione all’ente. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha ritenuto la questione di particolare rilevanza giuridica, soprattutto alla luce del principio di tutela del legittimo affidamento del lavoratore, e ha rinviato la causa a una pubblica udienza per una decisione approfondita.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di buonuscita e onorari professionali: la Cassazione rinvia la decisione

Il calcolo dell’indennità di buonuscita per i professionisti legali degli enti pubblici torna al centro del dibattito giurisprudenziale. La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha sospeso il giudizio su un caso emblematico, rinviando la causa a pubblica udienza per la sua particolare rilevanza. La questione principale verte sulla legittimità di includere gli onorari professionali nella base di calcolo della liquidazione e sulla possibilità per l’ente di richiederne la restituzione a distanza di anni, mettendo in discussione il principio di tutela del legittimo affidamento del lavoratore.

I fatti di causa: La richiesta di restituzione dell’Ente

Un avvocato, dipendente di un importante istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni per un lungo periodo (dal 1974 al 2010), al momento della cessazione del rapporto aveva ricevuto il trattamento di fine servizio. L’ente aveva calcolato tale trattamento includendo non solo lo stipendio tabellare e le altre voci fisse, ma anche le somme percepite a titolo di onorari e compensi professionali.

Successivamente, l’istituto ha riconsiderato la propria posizione, ritenendo che tali compensi professionali fossero stati indebitamente inclusi. Sulla base di questa nuova interpretazione, ha richiesto all’ex dipendente la restituzione di una cospicua somma, quantificata in oltre 259.000 euro. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’ente, condannando il legale a restituire le somme percepite in eccesso.

Le ragioni del ricorrente: Tra legittimo affidamento e disparità di trattamento

L’avvocato ha proposto ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su diversi motivi.

In primo luogo, ha invocato la violazione del principio del legittimo affidamento. Secondo il ricorrente, l’ente pubblico, erogando l’indennità in quel modo, aveva generato nel dipendente la fondata convinzione della correttezza del calcolo, una fiducia che non può essere tradita con una richiesta di restituzione a distanza di anni.

In secondo luogo, ha sostenuto che gli onorari non fossero una mera voce accessoria, ma una componente strutturale e fondamentale della retribuzione, come previsto anche dalla contrattazione collettiva.

Infine, ha evidenziato una palese disparità di trattamento rispetto ai dirigenti amministrativi dello stesso ente, per i quali l’indennità di posizione (economicamente equivalente agli onorari) veniva regolarmente inclusa nel calcolo del trattamento di fine servizio.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione, pur senza entrare nel merito della vicenda, ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha disposto il rinvio della causa alla pubblica udienza. La ragione di questa scelta risiede nell’indubbia “valenza nomofilattica” della questione. I giudici hanno riconosciuto che il caso solleva questioni di diritto di particolare rilevanza, che necessitano di un’ampia e diretta interlocuzione tra le parti.

In particolare, la Corte ha sottolineato la necessità di valutare attentamente i riflessi di recenti sentenze della Corte Costituzionale sull’argomento. Il dibattito giuridico deve bilanciare la rigida interpretazione delle norme sul calcolo dell’indennità di buonuscita (come l’art. 13 della L. n. 70/1975) con principi fondamentali come la corretta qualificazione della retribuzione, la tutela dei diritti quesiti e, soprattutto, il legittimo affidamento del lavoratore nei confronti delle decisioni della pubblica amministrazione.

Le conclusioni

La decisione finale che scaturirà dalla pubblica udienza avrà implicazioni significative non solo per il caso specifico, ma per tutti i professionisti legali impiegati negli enti pubblici non economici. Una sentenza favorevole al ricorrente potrebbe rafforzare il principio del legittimo affidamento, limitando la possibilità per gli enti di correggere a posteriori i propri errori a danno dei lavoratori. Al contrario, una conferma delle sentenze di merito consoliderebbe un’interpretazione più restrittiva della base di calcolo per l’indennità di buonuscita, escludendo in via definitiva i compensi professionali e potenzialmente aprendo la strada ad altre azioni di recupero da parte degli enti pubblici.

Gli onorari professionali degli avvocati di enti pubblici rientrano nel calcolo dell’indennità di buonuscita?
L’ordinanza non fornisce una risposta definitiva, ma evidenzia che questo è il nodo centrale della questione. La Corte d’Appello ha ritenuto che non dovessero essere inclusi, basandosi su un’interpretazione restrittiva della legge (art. 13 L. 70/1975), ma la Cassazione ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per la complessità della materia.

Un ente pubblico può chiedere la restituzione di una parte dell’indennità di buonuscita pagata anni prima?
In linea di principio, l’azione di ripetizione dell’indebito è ammessa. Tuttavia, il ricorso del lavoratore si fonda sul principio del legittimo affidamento, sostenendo che la richiesta tardiva dell’ente viola la fiducia che il dipendente aveva riposto nella correttezza del calcolo iniziale. La Corte dovrà bilanciare questi due principi.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha ritenuto che la causa rivesta una “indubbia valenza nomofilattica”, cioè che la sua decisione avrà un impatto importante sull’interpretazione uniforme della legge. Data la complessità delle questioni, la necessità di valutare recenti sentenze della Corte Costituzionale e il rilievo dei principi in gioco (come la tutela dei diritti quesiti), ha preferito un’analisi più approfondita in una pubblica udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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