Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 12511 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12511 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
Oggetto: pubblico impiego -indennità buonuscita -onorari professionisti legali enti pubblici non economici –
Dott. NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 16696/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio in ROMA INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO), in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 43/2024 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 19/01/2024 R.G.N. 4/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. Con ricorso dinanzi al Tribunale di Pescara, depositato il 20.1.2022, l’INAIL es poneva che: l’avv.to NOME COGNOME COGNOME già proprio dipendente dal 15.6.1974 al 30.11.2010, con qualifica di professionista II livello -settore difesa legale, aveva percepito il trattamento di fine servizio calcolato in base a stipendio tabellare, stipendio di anzianità, indennità di coordinamento ed integrazione per le somme percepite per onorari e compensi professionali; – il trattamento di fine servizio era stato erogato al Conti in tre ratei, in date 25.2.2011, 23.11.2011 e 29.11.2012, con riserva di ripetizione per la quota relativa agli onorari legali ed ai compensi professionali liquidati; l’erogazione di detta quota era indebita, poiché le voci retributive relative agli onorari ed ai compensi professionali erano escluse dalla base di calcolo del trattamento di fine servizio ex art. 13 L. n. 70/1975; l’Istituto aveva richiesto al Conti la restituzione della quota medesima, ammontante ad euro 259.651,65, con lettere del 6.6.2014 e del 19.5.2020.
Deduceva la sussistenza del proprio diritto al recupero della somma indebitame nte versata al Conti, essendo l’art. 13 L. n. 70/1975 inderogabile, con conseguente irrilevanza ai fini del calcolo del trattamento di fine servizio.
Chiedeva quindi la condanna del COGNOME alla restituzione in proprio favore della somma predetta.
Si costituiva in giudizio l’avv.to NOME COGNOME COGNOME e sosteneva l’illegittimità del recupero per plurime ragioni: – le quote di onorari e compensi professionali costituivano voce stipendiale fissa e continuativa in base alla contrattazione collettiva emanata in attuazione dell’art. 26 c o. 4 legge n. 75/70 ed in base ai CCNL dell’ area VI; – tali
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quote, in base alla circolare del direttore generale INAIL n. 33 del 25.6.2013 adottata in esecuzione dell’art. 5 , co. 1, lett. g) legge n. 88/1989, andavano incluse nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita; sussisteva l’irripetibilità dell’indebito in base al principio del legittimo affidamento.
Il Tribunale accoglieva la domanda e dichiarava indebita la percezione da parte del convenuto, a titolo di indennità di anzianità, della somma netta di euro 235.402,52.
La Corte d’appello di L’Aquila, decidendo sulle impugnazioni di entrambe le parti, ed accogliendo quella dell’INAIL, rideterminava le somme indebitamente percepite dal Conti in euro 259.651,65.
Con riguardo alla sussistenza del diritto alla ripetizione dell’indebito, la Corte territoriale faceva applicazione del principio affermato da Cass. S.U. n. 7158/2010, ossia che la locuzione, quale base di calcolo, «stipendio complessivo annuo» contenuta nell’art. 13 legge n. 70/1975, norma rimasta in vigore, dopo la contrattualizzazione dei rapporti, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non avevano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ. e non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, ha valenza tecnico-giuridica, sicché devono ritenersi computabili nella indennità di anzianità solamente le voci retributive dello stipendio tabellare e la sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari; inoltre devono ritenersi abrogate, illegittime e comunque non applicabili, le disposizioni regolamentari -come quelle dell’INAIL – che prevedevano il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza, comunque denominato.
Pertanto, ad avviso dei giudici d’appello, l’art. 42 CCNL invocato dal lavoratore a fondamento delle proprie ragioni non poteva trovare applicazione, in quanto contrastante con una norma di legge imperativa, e cioè con il citato art. 13.
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Quanto alla lamentata disparità di trattamento che, secondo il lavoratore, sarebbe da sola sufficiente a dare fondatezza alle pretese azionate, la Corte territoriale evidenziava che, se per i dirigenti amministrativi l’indennità di posizione, quale elemento integrativo della retribuzione, è computata ai fini dell’indennità di anzianità mentre per i dipendenti professionisti non sono conteggiati gli onorari professionali, del tutto assimilabili o meglio equivalenti alla l’indennità di posizione, ciò deriva dall’applicazione degli artt. 16 e ss. del c.c.n.l 2006 -2009 per i dirigenti di prima e seconda fascia, che includono il calcolo della indennità di posizione ai fini della determinazione della indennità di anzianità.
Riteneva, infine, corretti i conteggi effettuati dall’INAIL nel corso del giudizio di primo grado ed evidenziava che il Tribunale aveva ridotto l’importo dovuto all’INAIL ad euro 235.402,52 per la detrazione del contributo previdenziale aggiuntivo ex art. 3, ult. co., L. n. 297/1982 e ciò in assenza di domanda da parte dell’interessato e comunque spettando tale detrazione solo per i lavoratori in regime di TFR.
L’avvocato ha proposto ricorso in Cassazione affidato a cinque motivi.
L’INAIL ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ. e dell’art. 1 del Protocollo 1 alla CEDU , in relazione al principio di tutela dell’affidamento: la pretesa restitutoria dovrebbe riguardare, tuttalpiù, unicamente la ‘quota onorari’ maturata successivamente all’aprile 2010 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
Rileva che la sentenza d’appello non ha tenuto in debita considerazione la lesione del legittimo affidamento che l’azione dell’INAIL ha prodotto.
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Assume che l ‘affidamento sulla computabilità nel TFS (avente natura di retribuzione differita) della quota onorari (affidamento da tutelare) non è iniziato soltanto nel momento della cessazione del rapporto di lavoro, ma è iniziato da quando è iniziato il rapporto di lavoro, e si è consolidato lungo tutto l’arco del rapporto stesso.
Dopo aver dato atto della sentenza della Corte cost. n. 8/2023, evidenzia che una tutela risarcitoria, in caso di lesione dell’affidamento, dovrebbe riconoscersi anche in relazione alla condotta in mala fede dell’ente pubblico che, durante l’attuazione del contratto, induca il proprio dipendente a confidare nella validità delle condizioni contrattuali di assunzione (ivi compreso il computo della quota onorari nel TFS) e, pur potendolo fare, non vi ponga rimedio.
L’INAIL, inoltre, ha applicato il principio di tutela dell’affidamento, con la conseguente inesigibilità totale, ma solo -ed in modo arbitrario -per gli avvocati cessati dal servizio prima della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite dell’aprile 2010, e, dunque, non pretendendo la restituzione della parte di TFS calcolata sulla quota onorari dei suddetti professionisti e pretendendone, invece, la restituzione nei confronti di quanti fossero cessati dal servizio dopo la suddetta data (da aprile 2010), ritenendoli non meritevoli di alcuna tutela.
Deduce la disparità di trattamento evidenziando che se solo il suo fosse cessato prima dell’aprile 2010 la tutela dell’affidamento dell’avv. COGNOME sarebbe stata integrale.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 e 26, commi 3 e 4, L. n. 70 del 1975 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
Sostiene l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non considera che, se è vero che la Corte Costituzionale ha precisato che il TFS corrisponde alla retribuzione percepita dal lavoratore durante il rapporto di lavoro con funzione previdenziale, il 65% della retribuzione
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di un avvocato dipendente è composta da onorari, aventi funzione premiale. Pertanto, vorrebbe dire che il TFS dovrebbe essere parametrato al solo 35% della retribuzione percepita durante il rapporto di lavoro.
Evidenzia che la quota onorari: -non è assolutamente un trattamento economico accessorio e/o integrativo; – non contraddice la finalità perequatrice della L. n. 70 del 1975; – è previsa come una componente strutturale del ‘trattamento economico di attività’ in deroga al comma 3 (l’espressione è usata da Cass. S.U. n. 7158 del 2010) dall’art. 26, comma 4, della stessa legge; – è disciplinata da accordi sindacali cui fa espresso rinvio la legge (compresa la L. n. 70 del 1975) e che la configurano come trattamento fondamentale e strutturale.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 13, L. n. 70 del 1975 in relazione all’art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001 (parità di trattamento retributivo da riferirsi anche alla retribuzione differita), avendo l’INAIL computato ai fini del TFS l’indennità di posizione dei dirigenti amministrativi dell’INAIL, benché detta indennità esuli dallo ‘stipendio tabellare’ per espressa previsione del contratto collettivo (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
Sostiene che l’indennità di posizione dei dirigenti INAIL (quantitativamente corrispondente alla ‘quota onorari’) è voce nettamente distinta dallo ‘stipendio tabellare’ e, nonostante ciò, viene computata dall’INAIL ai fini del TFS pagato ai dirigenti amministrativi medesimi.
Assume che è priva di qualsiasi fondamento normativo la enorme disparità di trattamento economico tra dirigenti dell’INAIL (professionisti e non) assoggettati alla medesima disciplina legale (d.lgs. n. 165 del 2001) e contrattuale (CCNL della dirigenza Area VI per i dirigenti degli enti pubblici economici e delle agenzie fiscali), in conclamata violazione
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dell’art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001 (che stabilisce principi generali applicabili anche ai dirigenti, per i quali prevede una separata area di contrattazione).
In modo del tutto erroneo la Corte territoriale ha ritenuto che l’art. 13 della legge n. 70 del 1975 sarebbe inderogabile e non consentirebbe il computo ai fini del TFS di trattamenti diversi dallo stipendio tabellare integrato dagli scatti di anzianità. Ma ciò varrebbe solo per la quota onorari dei professionisti e non per l’indennità di posizione degli altri dirigenti.
4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 69 d.lgs. n. 125 del 2001 e dell’art. 2, comma 7, L. n. 335 del 1995, in relazione all’art. 13, L. n. 70 del 1975 (sotto il profilo della derogabilità dell’art. 13 in questione da parte della contrattazione collettiva) ; violazione e falsa applicazione dell’art. 42 (norma finale), comma 1, del CCNL della dirigenza dell’area VI (enti pubblici non economici e agenzie fiscali) per il quadriennio normativo 2006-2009 sottoscritto il 2 luglio 2010 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
Premette che su tale motivo non incide la sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale ed assume che la contrattazione collettiva di settore, poteva derogare, ed ha derogato, all’art. 13 non solo per i dirigenti amministrativi, ma anche per gli avvocati dell’INAIL.
Rileva che i rapporti tra legge e contrattazione collettiva, nelle materie ad essa affidate (e dunque principalmente nella materia del trattamento economico, ivi compreso il trattamento di fine rapporto), sono regolati dall’ultima parte dell’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001 secondo cui i rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente e l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi oltre che dall’art. 45, comma 2, del medesimo d.lgs. a termini del quale le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento
contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.
La materia del trattamento economico (e del trattamento di fine rapporto) è dunque di competenza della contrattazione collettiva e può essere disciplinata da tale contrattazione collettiva anche in deroga alla legge. Se dunque il trattamento di fine servizio è retribuzione differita con funzione previdenziale, e la materia del trattamento economico è stata sempre affidata dapprima alla disciplina tramite accordi sindacali e poi, dopo la privatizzazione, alla contrattazione collettiva è evidente come la contrattazione collettiva potesse, e possa, ben individuare le voci rilevanti ai fini del TFS.
Aggiunge che l’art. 42 (norma finale), comma 1, del CCNL della dirigenza dell’area VI (enti pubblici non economici e agenzie fiscali) per il quadriennio normativo 2006-2009 sottoscritto il 2 luglio 2010 prevede che ‘ Per le categorie di personale destinatarie del presente CCNL con rapporto di lavoro a tempo indeterminato instaurato a decorrere dal 1° gennaio 2001, ai fini della determinazione della base di calcolo del trattamento di fine rapporto non possono essere considerate utili se non le voci relative ad emolumenti, anche fissi e continuativi, già riconosciute quiescibili dalle norme legislative e contrattuali. Per il medesimo personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato già instaurato alle date del 31.12.2000 e, quindi, non destinatario della disciplina del TFR, di cui all’Accordo Nazionale Quadro del 29 luglio 1999, resta ferma la disciplina in atto presso gli Enti per la determinazione dell’indennità di anzianità ex art. 13 Legge n. 70/1975’ . La disposizione, dunque, fa rinvio alla ‘ disciplina in atto presso gli Enti ‘ e non, semplicemente, all’art. 13 legge n. 70 del 1975. L’intero inciso (‘ disciplina in atto presso gli enti ‘) sarebbe del tutto inutile e privo di senso se riferito al solo art. 13 L . n. 70 del 1975. Nell’art. 42 comma 1, del CCNL citato si sarebbe letto ‘ resta fermo l’art. 13, l. n. 70/1975’ e
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non ‘resta ferma la disciplina in atto presso gli Enti per la determinazione dell’indennità di anzianità ex art. 13 Legge n. 70/1975 ‘.
Il riferimento alla ‘ disciplina in atto presso gli Enti per la determinazione dell’indennità di anzianità ‘ è, appunto, un riferimento alla specifica ‘ disciplina in atto ‘ (cioè dettata ed applicata: vivente, verrebbe da dire) presso ciascun Ente ‘ per la determinazione ‘ (sulla base della specifica ‘ disciplina in atto ‘ presso ciascuno di questi ‘Enti’) dell’indennità di anzianità.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, lett. g) L. n. 88 del 1989 (Ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL) (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto
Assume che le S.U. n. 7158 del 2010, contrariamente a quanto asserito dalla sentenza impugnata, non ha tenuto conto affatto conto dell’art. 5, comma 1, lett. g) L. n. 88 del 1989 (Ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL), non richiamato in quel giudizio, che così dispone ‘ spetta al consiglio di amministrazione… deliberare i regolamenti… dell’Istituto compresi il regolamento organico e di fine servizio del personale e quello di amministrazione e contabilità, anche in deroga alle disposizioni della legge 20 marzo 1975, n. 70 ‘.
Pag.9 ontraddittoriamente, però, l’INAIL non ha operato nel medesimo modo con riferimento al TFS dei dirigenti amministrativi, ritenendo, stavolta, che la contrattazione collettiva
potesse derogare all’art. 13, L. n. 70 del 1975, e rendere computabile l’indennità di posizione.
Ciò posto, rileva il Collegio che l’avv.to NOME COGNOME quale difensore del ricorrente, ha formulato nella memoria ex art. 380 bis .1. cod. proc. civ. istanza di rinvio per la discussione alla pubblica udienza prospettando il ricorso la «soluzione di questioni di diritto di particolare rilevanza, che vanno dalla corretta qualificazione giuridica dell’indennità di anzianità agli effetti della successione delle leggi nel tempo, alla corretta interpretazione e applicazione dei principi enunciati da questa Corte con le sentenze a SS.UU. n. 7154/2010 e n. 7158/2010 e alla rilevanza della tutela dei diritti quesiti».
L’udienza pubblica, nell’attuale assetto del giudizio di legittimità, costituisce invero il ‘luogo’ privilegiato nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo di diritto (v. Cass. n. 6274/2023; Cass. n. 19115/2017).
La presente causa riveste indubbia valenza nomofilattica, dovendo valutarsi i riflessi delle sentenze della Corte cost. n. 8/2023 e n. 73/2024 sulle questioni di diritto che vengono agitate dalle parti.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo perché ne sia fissata la trattazione in pubblica udienza.
Si comunichi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione