Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 9287 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9287 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 13484-2022 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, NOME COGNOME presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOMECOGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 13484/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 19/03/2025
CC
19, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 264/2021 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 30/11/2021 R.G.N. 136/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
con sentenza del 30 novembre 2021 la Corte d’appello di Genova accoglieva l’appello principale dell’Inps e rigettava quello incidentale dell’avv. NOME COGNOME e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo emesso su richiesta di quest’ultima , la quale, ex dipendente INPS -in quiescenza dal 1° ottobre 2010 -, aveva ri chiesto la restituzione della somma di €. 4.885,84 corrispondente alla ritenuta operata sui ratei di pensione per effetto dell’indebita liquidazione dell’indennità di buonuscita (da calcolare, secondo l’INPS, sullo stipendio tabellare, di anzianità e indennità di vacanza contrattuale e con esclusione delle voci di ‘onorari di avvocato’ e ‘indennità albo professionale avvocati cassazionisti’);
la Corte distrettuale, richiamando un proprio precedente, i.e. sentenza n. 266 del 2021, riteneva inapplicabile la decadenza prevista dall’articolo 30 del d.P.R. n. 1032/1973 perché riferita ai dipendenti statali e riguardante i soli ‘ errori di fatto ‘ e non anche quelli di diritto – il che rendeva irrilevante l’eventuale applicazione della circ. INPS 16/3/2018, n. 47 -, atteso che nella specie l’operazione di recupero
dell’Inps era stata fatta all’esito del mutato indirizzo interpretativo intervenuto, in relazione all’art. 13 della legge n. 70/1975, con la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 7154/2010;
la Corte distrettuale, fermo che veniva qui in rilievo una prescrizione decennale e non quinquennale, riteneva che nella base di calcolo della indennità di buonuscita dovesse considerarsi, ex art. 13 della legge n. 70/1975, solo lo ‘ stipendio tabellare ‘ e che fosse da escludere la computabilità di voci retributive diverse, ancorché fisse e continuative, perché estranee alla nozione tecnico-giuridica di stipendio, senza che in contrario valesse il richiamo all’art. 5 comma 1 lett. g) della legge n. 88/1989 che abilitava i regolamenti dell’INPS a derogare solo alle disposizioni della legge del 1975 che non fossero per loro natura ‘inderogabili’ ( tale era da considerare , invece, l’art. 13 della legge ult. cit.);
riteneva pertanto che la disciplina di legge non si potesse derogare né attraverso una normativa regolamentare dell’INPS (delibera consiglio d’amministrazione INPS del 30.4.1982, n. 99) né attraverso una previsione della contrattazione collettiva, che non era autorizzata a «interferire in ordine all’inclusione di ulteriori elementi retributivi (quote onorari) nella base di computo della indennità di buonuscita»;
osservava non potesse venire in considerazione una tutela dell’affidamento trattandosi di accipiens in buona fede, le cui condizioni economiche, per il considerevole importo dell’indennità di buonuscita e della pensione, avrebbero consentito, senza eccessive difficoltà, di assolvere al debito restitutorio in parola;
corretta era infine la trattenuta pensionistica operata ex art. 69 comma 1 della legge 135/1969 nei limiti del quinto del trattamento
pensionistico poiché l’indennità di buonuscita aveva anche una funzione previdenziale;
contro tale sentenza propone quattro motivi di ricorso per cassazione l’avv. COGNOME cui si oppone con controricorso l’INPS ;
entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente denuncia (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, lett. g), della legge 9 marzo 1989, n. 88 anche con riferimento all’art. 4, punto 10, d.P.R. 30.4.1970 n. 639 e falsa applicazione dell’articolo 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70′;
censura la sentenza impugnata per avere violato l’art. 5, comma 1, lett. g), della legge n. 88/1989, ai sensi del quale, in continuità con l’art. 4, punto 10, d.P.R. 30.4.1970 n. 639, la disciplina del trattamento di fine servizio del personale dipendente dell’INPS è di competenza del c onsiglio di amministrazione dell’ente attraverso l’adozione di apposito regolamento;
con il secondo motivo la ricorrente denuncia (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’art. 2, comma 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335 e degli artt. 2, 45 e 69 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonché falsa applicazione dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70;
censura la sentenza impugnata per aver escluso che la contrattazione collettiva potesse derogare alla disciplina legale del trattamento di fine servizio dei dipendenti degli enti pubblici non economici;
con il terzo motivo la ricorrente denuncia (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70 e degli artt. 3 e 36 Cost.; censura la sentenza impugnata per
non avere accolto il motivo di appello con cui si chiedeva la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che -in base alla corretta interpretazione dell’art. 13 della legge n. 70/1975 -gli onorari non fossero da calcolare ai fini della liquidazione della prestazione (indennità di anzianità);
con il quarto (ed ultimo) motivo la ricorrente denuncia la falsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ. e violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (art. 360, n. 3, c.p.c.); sostiene l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto fondata l’azione di ripetizione di indebito dell’INPS ed escluso la violazione del principio del legittimo affidamento della ricorrente;
ciò posto, rileva il Collegio che gli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME quali difensori della ricorrente, hanno formulato nelle memorie ex art. 380 bis.1. cod. proc. civ. istanza di rinvio per la discussione alla pubblica udienza per la trattazione unitaria dei diversi giudizi vertenti sulle medesime questioni e «per garantire la possibilità di poter fornire al Collegio i chiarimenti ritenuti necessari od opportuni al fine del decidere»;
considerato che l’udienza pubblica, nell’attuale assetto del giudizio di legittimità, costituisce il ‘luogo’ privilegiato nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo di diritto (v. Cass. n. 6274/2023; Cass. n. 19115/2017);
ritenuto che la causa riveste indubbia valenza nomofilattica, dovendo valutarsi i riflessi delle sentenze della Corte cost. n. 8/2023 e n. 73/2024, intervenute successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, sulle questioni di diritto che vengono agitate dalle parti;
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo perché ne sia fissata la trattazione in pubblica udienza.
Si comunichi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta