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Indennità di asservimento: i limiti secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22345/2025, si è pronunciata sul tema dell’indennità di asservimento. Il caso riguardava la richiesta di risarcimento danni da parte di proprietari di un immobile danneggiato da lavori per un’opera pubblica ferroviaria. La Cassazione ha cassato la sentenza d’appello che aveva riconosciuto il danno, evidenziando due errori cruciali: la non corretta verifica della legittimità urbanistica di tutte le parti dell’edificio danneggiato e l’inammissibile produzione di nuovi documenti in appello. La Corte ha ribadito che l’indennità spetta solo per le porzioni di immobile legittimamente realizzate prima dell’approvazione dell’opera pubblica.

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Indennità di asservimento: quando la legittimità dell’immobile è cruciale

L’ordinanza n. 22345/2025 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti per ottenere un’indennità di asservimento in caso di danni a una proprietà privata derivanti dalla costruzione di un’opera pubblica. La decisione sottolinea due aspetti fondamentali: la necessità di provare la piena legittimità urbanistica dell’immobile danneggiato e il divieto rigoroso di introdurre nuove prove in appello.

I Fatti di Causa

I proprietari di un fabbricato citavano in giudizio una Società Ferroviaria e un Consorzio Costruttore, lamentando che i lavori di raddoppio di una linea ferroviaria avevano causato danni alla loro proprietà, adiacente al cantiere. Chiedevano la demolizione delle opere illegittime o, in subordine, il risarcimento del danno per il diminuito valore commerciale dell’immobile.

L’Iter Giudiziario e la Decisione della Corte d’Appello

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado accoglievano la domanda dei proprietari, condannando la Società Ferroviaria a versare un cospicuo risarcimento, qualificato come indennità di asservimento ai sensi dell’art. 46 della legge n. 2359/1865. La Corte d’Appello riteneva che l’immobile fosse legittimo, basandosi anche su un certificato di agibilità prodotto per la prima volta in quella sede.

L’Indennità di Asservimento e i motivi del ricorso in Cassazione

La Società Ferroviaria proponeva ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. Il motivo di ricorso che si rivelerà decisivo riguardava la violazione dell’art. 46 della legge n. 2359/1865 (sull’indennità di asservimento) e dell’art. 345 del codice di procedura civile (sul divieto di nuove prove in appello).

Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello aveva errato nel riconoscere l’indennità senza che i proprietari avessero provato la piena legittimità urbanistica dell’intero edificio e la sua ultimazione prima dell’approvazione del progetto dell’opera pubblica. Inoltre, contestava l’ammissibilità del certificato di agibilità, in quanto documento nuovo prodotto tardivamente in appello.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso, riscontrando un duplice errore nella sentenza impugnata.

In primo luogo, ha ravvisato un error in iudicando (errore nell’applicazione della legge). La Corte ha ricordato che l’indennità di asservimento spetta al proprietario di un immobile che subisce un danno permanente a causa di un’opera pubblica, a condizione che l’immobile sia stato realizzato legittimamente. Il diritto al ristoro non può estendersi a costruzioni abusive o non ancora sanate. Nel caso di specie, la Corte d’Appello non aveva accertato con il dovuto rigore se tutti i piani dell’edificio (in particolare i due livelli superiori) fossero stati completati nel rispetto delle norme urbanistiche e prima dell’avvio del progetto ferroviario. La liquidazione del danno, infatti, teneva conto dell’intero fabbricato, comprese le parti la cui legittimità era dubbia. Di conseguenza, l’applicazione dell’art. 46 è risultata errata.

In secondo luogo, la Cassazione ha ravvisato un error in procedendo (errore nell’applicazione delle norme processuali). La Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione anche su un certificato di agibilità prodotto per la prima volta nel giudizio di secondo grado. La Cassazione ha sottolineato come la nuova formulazione dell’art. 345 c.p.c., applicabile al caso, ponga un divieto assoluto di ammissione di nuove prove in appello. Tale divieto non può essere superato neppure dalla mancata contestazione della controparte, essendo posto a tutela di un interesse pubblico. La parte che intende produrre un nuovo documento in appello deve dimostrare di non aver potuto farlo in primo grado per una causa ad essa non imputabile, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d’Appello, rinviando la causa ad altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi ai principi enunciati: verificare scrupolosamente la legittimità urbanistica di ogni parte dell’immobile per cui si chiede il danno e la sua data di completamento rispetto al progetto dell’opera pubblica, senza poter utilizzare il certificato di agibilità prodotto inammissibilmente in appello. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non si può ottenere un ristoro economico per un danno subito da un bene che non è pienamente conforme alla legge. Inoltre, conferma la rigidità del divieto di ius novorum in appello, a garanzia della corretta scansione dei tempi processuali.

Quando spetta l’indennità di asservimento per i danni causati da un’opera pubblica?
L’indennità di asservimento spetta al proprietario di un immobile che subisce un danno permanente a causa di un’opera pubblica, a condizione che l’immobile (o la porzione danneggiata) sia stato realizzato in piena conformità alle norme urbanistiche e prima dell’approvazione del progetto esecutivo dell’opera pubblica stessa. Non è dovuto alcun indennizzo per le costruzioni abusive o non ancora sanate.

È possibile presentare nuovi documenti, come un certificato di agibilità, per la prima volta in appello?
No. Secondo la formulazione dell’art. 345 del codice di procedura civile (post-riforma 2012), vige un divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello. L’unica eccezione è la possibilità per la parte di dimostrare di non aver potuto produrre il documento in primo grado per una causa ad essa non imputabile. La semplice mancata contestazione della controparte non è sufficiente a rendere ammissibile la produzione tardiva.

In caso di lavori per un’opera pubblica dati in concessione, chi risponde dei danni: l’ente pubblico concedente o l’impresa concessionaria?
La sentenza chiarisce che, nel contesto delle procedure di espropriazione e occupazione per opere della rete ferroviaria, il legittimato passivo (cioè il soggetto contro cui va intentata l’azione legale) non è il concessionario (l’impresa che esegue i lavori), bensì il concedente (in questo caso, la Società Ferroviaria), in quanto è in suo nome e per suo conto che il concessionario agisce.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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