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Indennità De Maria: esclusa la posizione dirigenziale

Un dipendente universitario ha richiesto l’inclusione dell’indennità di posizione dirigenziale nel calcolo dell’indennità De Maria. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 5056/2024, ha respinto il ricorso, stabilendo che tale emolumento è legato all’effettivo conferimento di un incarico direttivo, che nel caso di specie mancava. La sentenza ribadisce che la perequazione salariale non si estende automaticamente a tutte le voci retributive del personale ospedaliero.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità De Maria: la Cassazione ne definisce i confini

L’ordinanza n. 5056 del 26 febbraio 2024 della Corte di Cassazione fornisce un’importante chiarificazione sul calcolo della cosiddetta indennità De Maria, spettante al personale universitario che opera presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale. La Suprema Corte ha stabilito che, ai fini della perequazione economica, non può essere automaticamente inclusa l’indennità di posizione dirigenziale, poiché questa è strettamente legata all’effettivo conferimento di un incarico e non alla sola equiparazione di qualifica.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un dipendente universitario, con qualifica di funzionario tecnico, di ottenere un’indennità perequativa (la cosiddetta indennità De Maria) che equiparasse il suo trattamento economico a quello del personale ospedaliero del X livello. Basandosi su una precedente sentenza che ne aveva riconosciuto il diritto, il dipendente aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per oltre 92.000 euro.

L’Azienda Ospedaliera Universitaria e l’Università degli Studi si erano opposte, e la controversia era giunta fino in Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano parzialmente accolto l’appello dell’Azienda, riducendo l’importo dovuto al dipendente. La ragione della riduzione risiedeva nel fatto che, secondo la Corte territoriale, l’indennità di posizione (minima, fissa e variabile) non doveva essere inclusa nel calcolo, in quanto il dipendente non aveva fornito prova dello svolgimento di un effettivo incarico dirigenziale. Contro questa decisione, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione.

La Questione Giuridica: Il Calcolo dell’Indennità De Maria

Il nodo centrale della controversia riguarda l’esatta perimetrazione dell’indennità De Maria. L’obiettivo di questa indennità, prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 761/1979, è quello di eliminare le disparità di trattamento economico tra il personale universitario che presta servizio in policlinici e cliniche convenzionate e il personale delle unità sanitarie locali con pari funzioni, mansioni e anzianità.

La domanda posta alla Corte era se questa equiparazione dovesse essere totale e automatica, includendo quindi tutte le voci retributive del personale sanitario di riferimento, o se dovesse escludere quegli emolumenti legati non alla qualifica in sé, ma all’esercizio concreto di specifiche e ulteriori responsabilità, come quelle dirigenziali.

La Decisione della Cassazione sull’Indennità De Maria

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del dipendente, confermando la decisione della Corte d’Appello e consolidando un orientamento giurisprudenziale già espresso dalle Sezioni Unite. Gli Ermellini hanno analizzato e respinto tutti i cinque motivi di ricorso, sia quelli di natura procedurale sia quelli di merito.

Sulle questioni procedurali, la Corte ha chiarito che la contestazione della mancanza di prova di un incarico dirigenziale non costituisce un’eccezione nuova inammissibile in appello, ma una mera difesa. Ha inoltre confermato l’ammissibilità dell’appello incidentale tardivo dell’Università, in virtù della natura unitaria dell’accertamento e della coobbligazione solidale tra i due enti pubblici.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni relative al calcolo dell’indennità De Maria. La Cassazione ha ribadito che l’intento perequativo della norma trova un limite logico e giuridico in quelle componenti retributive che non dipendono direttamente dall’inquadramento contrattuale, ma sono erogate specificamente per il conferimento di incarichi particolari, come quello dirigenziale.

La Corte ha richiamato le sentenze delle Sezioni Unite (in particolare la n. 9279/2016), le quali hanno precisato che l’equiparazione automatica delle retribuzioni non può estendersi a indennità spettanti unicamente in relazione al conferimento di incarichi specifici. L’indennità di posizione, sia nella sua parte fissa che variabile, è un emolumento che presuppone l’effettivo conferimento di un incarico direttivo. Poiché il ricorrente non aveva provato di aver ricevuto tale incarico, non poteva pretenderne la relativa componente economica.

In altre parole, l’equiparazione opera sul trattamento fondamentale e su quelle voci accessorie comuni, ma non può creare una fictio iuris tale da attribuire compensi per funzioni e responsabilità che, di fatto, non sono mai state assunte. La finalità della norma è di garantire parità di trattamento a parità di mansioni, non di attribuire emolumenti slegati dalla realtà fattuale del rapporto di lavoro.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: l’indennità De Maria è uno strumento di giustizia perequativa, ma non di arricchimento ingiustificato. Il personale universitario che opera in ambito sanitario ha diritto a un trattamento economico complessivo pari a quello del personale ospedaliero, ma tale parità si ferma dove iniziano le indennità specificamente legate a incarichi e responsabilità che non gli sono stati formalmente conferiti. La decisione traccia una linea netta tra l’inquadramento di qualifica e l’effettivo svolgimento di funzioni, ribadendo che la retribuzione deve sempre trovare corrispondenza nelle mansioni concretamente esercitate.

L’indennità De Maria per il personale universitario deve includere anche l’indennità di posizione dei dirigenti sanitari?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’indennità di posizione, anche nella sua componente fissa, può essere riconosciuta solo se è collegata all’effettivo conferimento di un incarico direttivo. Non può essere inclusa automaticamente nel criterio di computo dell’indennità di perequazione.

È possibile per una parte proporre un appello incidentale tardivo in una causa con più parti coobbligate in solido?
Sì. L’impugnazione principale tempestiva proposta da uno dei coobbligati impedisce il passaggio in giudicato della sentenza e fa sorgere l’interesse all’impugnazione anche per le altre parti, che possono quindi proporre appello incidentale anche dopo la scadenza del termine ordinario.

Contestare in appello la mancanza di prova del diritto della controparte è considerata un’eccezione nuova e inammissibile?
No. La Corte ha chiarito che contestare l’assenza di prova di un elemento costitutivo del diritto altrui (come l’attribuzione di un incarico dirigenziale) non è un’eccezione in senso stretto (vietata in appello se non sollevata prima), ma una mera difesa, e come tale è sempre consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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