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Indennità chilometrica: no se sei impiegato distaccato

Un lavoratore ha rivendicato il diritto a un’indennità chilometrica prevista da un contratto collettivo specifico. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che il lavoratore, un impiegato informatico, era semplicemente ‘distaccato’ dalla sua amministrazione regionale a un’agenzia, e non trasferito in modo permanente. Di conseguenza, rimaneva soggetto al suo contratto originale di pubblico impiego, che non contemplava tale indennità, la quale era peraltro riservata al solo personale operaio.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità chilometrica: La Cassazione distingue tra distacco e transito

Un’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha affrontato un caso cruciale per i dipendenti pubblici, chiarendo i presupposti per il diritto all’indennità chilometrica e la fondamentale differenza tra ‘distacco’ e ‘transito’ di personale tra diverse amministrazioni. La decisione sottolinea come la qualifica del lavoratore e la natura del suo inquadramento siano determinanti per stabilire quale contratto collettivo applicare.

I Fatti del Caso

Un dipendente di un’Amministrazione Regionale, assunto come ‘impiegato dell’area informatica’, era stato assegnato a prestare servizio presso un’Agenzia Regionale. Sostenendo di essere a tutti gli effetti un dipendente di quest’ultima, ha agito in giudizio per ottenere il pagamento dell’indennità di percorrenza chilometrica, calcolata sui chilometri percorsi quotidianamente dal ‘centro di raccolta’ ai vari luoghi di lavoro. Tale indennità era prevista da un Contratto Integrativo Regionale (CIRL) applicabile, a suo dire, al personale dell’Agenzia.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la sua richiesta, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il lavoratore non era mai ‘transitato’ nei ruoli dell’Agenzia, ma era semplicemente ‘distaccato’ dalla Regione. Questo significava che il suo rapporto di lavoro originario con la Regione rimaneva in essere, e con esso il relativo trattamento giuridico ed economico, che non prevedeva la specifica indennità richiesta.

La richiesta di indennità chilometrica e la decisione della Cassazione

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il suo caso fosse un ‘transito’ di personale e non un ‘distacco’, e che avesse inoltre esercitato un diritto di opzione per l’applicazione del contratto collettivo privatistico dell’Agenzia.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello con motivazioni molto nette. I giudici hanno evidenziato due punti cruciali che hanno determinato l’esito della controversia.

La qualifica del lavoratore: impiegato e non operaio

Il primo aspetto dirimente è stata la qualifica del ricorrente. Egli era un impiegato informatico, addetto alla registrazione dati. La normativa regionale e i contratti collettivi invocati riservavano chiaramente l’applicazione del contratto di settore idraulico-forestale (e la relativa possibilità di opzione) esclusivamente al ‘personale operaio’. Essendo un impiegato, il lavoratore era escluso a priori dal campo di applicazione della disciplina contrattuale che prevedeva l’indennità chilometrica.

Distacco vs Transito: un inquadramento fondamentale

Il secondo punto, altrettanto importante, riguarda la natura del rapporto tra il lavoratore e l’Agenzia. La Corte ha confermato la valutazione della Corte d’Appello, basata su prove concrete come le buste paga emesse dalla Regione e l’inserimento del nominativo del lavoratore nell’elenco del personale ‘distaccato’ allegato a una delibera regionale.

Il suo rapporto era quindi di distacco, un istituto che prevede un’assegnazione temporanea a un’altra amministrazione per soddisfare un interesse specifico, ma che lascia inalterato il rapporto di lavoro originario. Il lavoratore rimaneva a tutti gli effetti un dipendente della Regione, e non poteva rivendicare trattamenti economici previsti per i dipendenti dell’Agenzia, specialmente se legati a un contratto collettivo non applicabile alla sua qualifica.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su una rigorosa interpretazione delle norme legislative e contrattuali. Innanzitutto, è stato chiarito che la disciplina contrattuale privatistica invocata dal lavoratore, che prevedeva l’indennità, si applicava esplicitamente e unicamente al ‘personale operaio’ dell’Agenzia. Il lavoratore, essendo un ‘impiegato dell’area informatica’, non rientrava in tale categoria e, di conseguenza, non poteva beneficiare di quel trattamento economico. Anche il diritto di opzione per il contratto privatistico era riservato agli operai ‘transitati’, condizione non sussistente nel caso di specie.

In secondo luogo, i giudici hanno confermato la correttezza della valutazione di merito della Corte d’Appello, che aveva qualificato il rapporto come ‘distacco’ e non come ‘transito’. Questa qualificazione, supportata da elementi fattuali come le buste paga e gli elenchi ufficiali, non era sindacabile in sede di legittimità. Essendo il lavoratore solo distaccato, il suo datore di lavoro rimaneva la Regione, e il suo rapporto era regolato dallo stato giuridico e dalla disciplina contrattuale per i dipendenti regionali, non da quella dell’Agenzia ospitante.

Infine, la Corte ha specificato che anche se il lavoratore fosse stato un dipendente dell’Agenzia, il contratto integrativo non prevedeva l’indennità chilometrica per gli impiegati, a meno che non prestassero servizio in ‘sedi disagiate’, una circostanza mai neppure menzionata o provata dal ricorrente. La richiesta era quindi infondata sotto ogni profilo.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio fondamentale nel pubblico impiego: i trattamenti economici accessori, come l’indennità chilometrica, sono strettamente legati all’inquadramento giuridico, alla qualifica e al contratto collettivo effettivamente applicabile. Non è possibile rivendicare un beneficio previsto per un’altra categoria di lavoratori (operai vs impiegati) o per personale di un’altra amministrazione quando si è semplicemente in posizione di distacco. La distinzione tra distacco e transito è sostanziale e determina l’intero assetto dei diritti e doveri del lavoratore. La decisione serve da monito sulla necessità di una corretta qualificazione del rapporto di lavoro prima di avanzare pretese economiche, poiché la Pubblica Amministrazione è vincolata al rispetto rigoroso delle normative contrattuali e non può erogare trattamenti non dovuti.

Un dipendente pubblico in ‘distacco’ presso un’altra agenzia ha diritto ai benefici economici previsti dal contratto di quest’ultima?
No. Secondo la Corte, il lavoratore in posizione di ‘distacco’ mantiene il proprio rapporto di lavoro con l’ente di provenienza. Pertanto, continua ad essere soggetto al trattamento giuridico ed economico previsto dal contratto del proprio ente e non può rivendicare benefici (come l’indennità chilometrica) previsti da contratti applicati all’ente presso cui è distaccato.

Qual è la differenza fondamentale tra ‘distacco’ e ‘transito’ nel pubblico impiego?
Il ‘distacco’ è un’assegnazione temporanea di un dipendente a un’altra amministrazione per un interesse specifico dell’ente di origine; il rapporto di lavoro originario non viene modificato. Il ‘transito’, invece, è un trasferimento definitivo del personale da un’amministrazione a un’altra, con la conseguente estinzione del vecchio rapporto di lavoro e la costituzione di uno nuovo con l’ente di destinazione.

La qualifica del lavoratore (impiegato o operaio) è rilevante per l’applicazione di un contratto collettivo?
Sì, è assolutamente rilevante. Nel caso esaminato, la Corte ha stabilito che il contratto collettivo che prevedeva l’indennità richiesta si applicava esclusivamente al ‘personale operaio’. Poiché il lavoratore era un ‘impiegato’, era a priori escluso dal campo di applicazione di tale contratto e, di conseguenza, dal diritto a percepire l’indennità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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