Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27140 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24921-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2024
CC
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2247/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/06/2023 R.G.N. 1603/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza che l’aveva condannato a pagare la somma richiesta dai lavoratori indicati in epigrafe a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, oltre accessori compensando le spese processuali del grado di appello.
A fondamento della pronuncia la Corte d’appello ha affermato, anche col richiamo ad analoghi precedenti ai sensi dell’art. 118 disp. att. cpc , che il periodo di preavviso non ha efficacia reale ma efficacia obbligatoria; e che il rapporto si risolve immediatamente con l’unico obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso.
La Corte rilevava che nel caso di specie risultava dagli atti che il rapporto di lavoro dei lavoratori in oggetto, alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, si fosse risolto il 31.1.2016 a seguito della cessazione dell’appalto e che in applicazione della normativa contrattuale che prevede il passaggio ad altre società il personale era stato assunto dal RAGIONE_SOCIALE subentrante nel contratto di appalto a decorrere dal giorno successivo.
La documentazione in atti consentiva di affermare che la cessazione del rapporto con la RAGIONE_SOCIALE fosse avvenuta per un fatto estraneo alla volontà dei lavoratori, mentre era riconducibile alle vicende del datore di lavoro ed inquadrabile nella fattispecie del recesso datoriale, con il conseguente diritto alla corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso.
La Corte d’appello ha richiamato la sentenza della Cassazione n. 21092 del 2014 che afferma l’obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso anche nelle ipotesi di passaggio diretto del lavoratore dall’azienda che cessa dall’appalto a quella che subentra nello stesso appalto. Inoltre ha affermato che nella fattispecie del cambio appalto previsto dall’articolo 16 bis del CCNL di settore non vi è cessione del contratto di lavoro, che ai sensi dell’articolo 1406 c.c. richiederebbe l’espressione del consenso del lavoratore ceduto, bensì cessazione del rapporto di lavoro con il precedente appaltatore ed instaurazione del nuovo rapporto con l’appaltatore subentrante.
Inoltre, sotto altro profilo, sussisteva la solidarietà degli altri convenuti atteso che l’articolo 29 comma 2 del decreto legislativo 276/2003 applicabile ratione temporis prevede la solidarietà per tutte le obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro con esclusione solamente delle sanzioni civili e delle obbligazioni di carattere risarcitorio.
Era infondata anche l’affermazione dell’inapplicabilità al caso di specie dell’articolo 118, comma 6 decreto legislativo 163 del 2006 trattandosi nel caso di specie di un appalto di RAGIONE_SOCIALE cui si applica la disciplina del decreto legislativo 163/2006 di cui RAGIONE_SOCIALE è affidatario dei lavori e la RAGIONE_SOCIALE subappaltatore.
Avverso la sentenza ha proposto un ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con tre motivi. Al ricorso hanno resistito i lavoratori sopraindicati con controricorso. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 3 80bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. e 29 d.lgs. 276/2003 ex art 360 n.3; ultrapetizione integrante vizio di nullità della sentenza ex art 360 comma 4 c.p.c. per aver la Corte di appel lo rigettato l’eccezione di ultrapetizione della sentenza di primo grado ed aver ritenuto corretto applicare la disciplina dell’art 29 d.lgs. 276/2003 in luogo dell’art 118, comma 6 del d.lgs. 163/2006 invocato dai ricorrenti.
2.- Con il secondo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE viene dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 29, 2 comma decreto legislativo n. 276/2003 e articolo 118, comma 6 decreto legislativo n. 163/2006 ex art. 360 numero 3 c.p.c. per violazione del termine di decadenza biennale previsto dall’art. 29 cit. e per avere la sentenza impugnata ritenuto sussistente il vincolo solidale nel pagamento delle somme richieste a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, laddove l’ambito della responsabilità solidale del committente va delimitato in ordine ai trattamenti retributivi dei dipendenti dell’appaltatore e del subappaltatore. L’indennità sostitutiva del preavviso rappresenta invece un risarcimento corrispondente al lucro cessante; e la natura risarcitoria dell’indennità di preavviso escluderebbe di conseguenza che possa rientrare fra i crediti puramente retributivi.
3.- Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2118 c.c. in combinato disposto con gli articoli 115 e 116 c.p.c. nonché dell’articolo 2697 c.c., motivazione apparente, perplessa e contraddittoria ex articolo 360 n.3 e n.4 c.p.c. atteso che nel caso di specie non vi era agli atti alcuna comunicazione di recesso della RAGIONE_SOCIALE LS presupposto
imprescindibile e necessario affinché possa maturare il diritto alla corresponsione dell’indennità di mancato preavviso.
Il cambio di affidatario nell’esecuzione dell’appalto e il contestuale mutamento di titolarità del rapporto sciolto congiuntamente consentivano, contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, di qualificare la risoluzione del precedente contratto di lavoro intrattenuto con la libera e LS quale risoluzione consensuale , di cui lavoratori sono avvalsi dandovi esecuzione. Si tratterebbe di un’ipotesi di risoluzione per mutuo consenso.
4.Il primo motivo di ricorso, che denuncia il vizio di ultrapetizione, è inammissibile perché la sentenza è fondata sul punto su una doppia ratio decidendi non adeguatamente censurata.
E d invero la sentenza gravata (a pag. 5) esclude l’ultrapetizione nell’applicazione dell’art. 29, perché il giudice di prime cure non avrebbe alterato il petitum né la causa petendi rientrando pienamente nei suoi poteri di valutare la norma applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio dalle parti ( appunto l’art.29 in luogo dell’art.118, comma 6 d.lgs. 163/2006 indicato dalle parti).
Tuttavia, nella stessa sentenza (a pag. 7), si sostiene che alla fattispecie si potesse applicare anche l’art.118, comma 6 d.lgs. 163/2006, pacificamente invocato in ricorso, con i medesimi risultati in termini di tutela e di condanna solidale delle controparti.
Ai fini della decisione risulta quindi del tutto irrilevante l’eventuale vizio di ultrapetizione in relazione all’art.29.
5.- Il secondo motivo, laddove afferma la violazione del termine biennale di decadenza ex art. 29 cit. è inammissibile perché la Corte ha affermato che sul punto fosse mancata la tempestiva
e specifica eccezione della parte convenuta. E tale affermazione non risulta adeguatamente impugnata in ricorso.
La contestazione nel merito circa la ricorrenza dei presupposti ai fini dell’applicazione dell’art. 29 cit., in ragione della natura dell’indennità sostitutiva del preavviso, è invece infondata.
In proposito la Corte di appello ha anzitutto correttamente richiamato la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 30602/2021) che ha ritenuto applicabile la relativa disciplina anche nei confronti di soggetti privati quali RAGIONE_SOCIALE a cui pure si applica il codice dei contratti pubblici nella sua qualità di ente aggiudicatore vigendo per essi il regime di responsabilità solidale stabilito dall’art.29, secondo comma d.lgs. 276/2003 quand’anche committenti in appalti pubblici e destinatari del la relativa disciplina ( Cass. 33403/2019).
6.Va inoltre ribadito, anche ai fini dell’applicazione dell’art. 29 cit., che l’indennità sostitutiva abbia natura retributiva (Cass.22322 del 2013 , nn. 20647/2019,12932/21, e di recente Cass. ordinanza n. 3247 del 2024) e che pertanto rientra nell’am bito della previsione che stabilisce la solidarietà del committente, appaltatori e sub appaltatori per le stesse somme.
Questa Corte sostiene infatti la natura indennitaria e retributiva e non risarcitoria dell’indennità sostitutiva del preavviso con ricomprensione della stessa nei crediti per i quali si applica la solidarietà ex art 29 (Cassazione 20647/2019, Cass.12932/2021, Sez. Unite 7914 del 1994).
7.- Come già osservato (v. Cassazione n. 18508/2016), nella disciplina posta dall’art.2118 c.c. il preavviso ha la funzione economica di attenuare le conseguenze della interruzione del rapporto per chi subisce il recesso. Essa ha quindi una funzione retributiva-indennitaria atteso che la stessa appare riferibile non al risarcimento di un danno in senso giuridico (che
presuppone un illecito), ma ad un danno in senso economico (vedi in motivazione, Cass. 28/3/2011 n.7033).
Proprio sulla scorta di questa premessa, la costante giurisprudenza di questa (e di recente Cass. n. 3247 del 2024) riconosce – in relazione a fattispecie illegittime di licenziamento per carenza di giusta causa e con applicazione della mera tutela indennitaria – che il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso vada a compensare il fatto che il recesso, oltre che illegittimo, sia stato intimato in tronco, di guisa che, stante la diversità di funzioni, esso non è incompatibile con la prestazione che risarcisce i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa o giustificato motivo (vedi ex plurimis, Cass. 19/11/2015 n.23710, Cass. 16/10/2006 n.22127).
8.- Il terzo motivo di ricorso solleva la fondamentale questione se nel caso di passaggio da un appaltatore ad un altro, per cambio appalto, spetti al lavoratore l’indennità sostitutiva del preavviso; le relative censure devono ritenersi infondate per le seguenti ragioni.
9.Le questioni in esse sollevate (sulla spettanza dell’indennità di preavviso in caso di cambio appalto, sulla sua natura, sulla mancanza di una risoluzione consensuale, sulla causa del recesso) sono già state tutte risolte da questa Corte con orientamento oramai consolidato, (Cass. 1148 del 21/01/2014, n. 24429 del 01/12/2015, Cass. n. 9195/2012, n. 20192/2011, n. 940/2024, ) essendosi da tempo statuito che ‘L’art. 2118, secondo comma, cod. civ. prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere al lavoratore l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento individuale che non sia preceduto da periodo di preavviso lavorato. Ne consegue che l’indennità di preavviso è dovuta anche nel caso, di cui all’art. 6 del c.c.n.l. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale, di cosiddetto
passaggio diretto del lavoratore dall’azienda che cessa dall’appalto di pulizie a quella che subentra nell’appalto medesimo, mancando nella norma richiamata una previsione espressa che escluda la corresponsione dell’indennità.’
Tale giurisprudenza, che riconosce la ricorrenza dei presupposti per il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso anche nell’ipotesi di cambio appalto, merita di essere confermata e rafforzata, secondo questo Collegio, non essendo stati prospettati nella causa idonei argomenti per procedere ad un mutamento di indirizzo.
10.- Va ricordato anzitutto che la risoluzione del contratto per cessazione dell’appalto (a cui ha fatto seguito un cambio appalto) non può essere mai considerata alla stregua di una risoluzione consensuale, essendo la stessa fattispecie estintiva conseguenza di un fatto che è relativo alla sfera ed alla gestione dell’impresa, talchè nessuna corresponsabilità può essere attribuita al lavoratore, il quale non manifesta in proposito alcuna volontà.
11.- Ciò che rileva invece è che il primo rapporto viene risolto a seguito della cessazione dell’appalto e comunque per un fatto rientrante nella sfera giuridica della società datrice di lavoro e quindi per una sua iniziativa, potendo questa in alternativa mantenere in servizio il dipendente ed adibirlo ad altro appalto o attività, non essendo previsto alcun obbligo di risolvere il rapporto di lavoro con gli addetti ai medesimi appalti.
12.- Neppure può essere sostenuto, per evidente contraddizione logica, che la sottoscrizione del successivo contratto di lavoro con l’appaltatore subentrante equivalga a risoluzione consensuale del primo contratto, già in precedenza estinto per fatto del l’appaltatore.
E nemmeno si può affermate che la sottoscrizione di un nuovo contratto equivalga a rinuncia alla percezione dell’indennità
sostitutiva del preavviso relativa alla risoluzione del precedente contratto, non emergendo alcuna plausibile dimostrazione a sostegno di tale volontà abdicativa.
13.- Inoltre, la giurisprudenza consolidata già ha messo in evidenza come non esista continuità nei due rapporti di lavoro in oggetto e che quello instaurato in seguito al cambio appalto è un nuovo rapporto di lavoro che presuppone l’estinzione del primo. Essendo il rapporto di lavoro che si verrà ad instaurare con l’impresa subentrante un rapporto nuovo rispetto a quello cessato non vi è spazio neppure per la configurabilità giuridica di una cessione del contratto di lavoro.
D’altra parte, nemmeno rileva il fatto che il lavoratore abbia lavorato in conseguenza del cambio appalto, dal giorno seguente alla cessazione dell’appalto, in quanto l’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 1218 c.c. spetta quand’anche il lavoratore licenziato abbia trovato lavoro immediatamente dopo il recesso.
E’ l’eventualità del danno che crea l’obbligo di un periodo di preavviso in caso di recesso unilaterale; in mancanza del quale scatta l’obbligo della relativa indennità sostitutiva. La parte che risolve il rapporto di lavoro senza l’osservanza dei term ini di preavviso deve perciò corrispondere all’altra un’indennità pari all’importo della retribuzione maturata nel periodo corrispondente.
15.L’indennità di preavviso prescinde perciò dalla prova di un danno con la conseguenza che spetta anche se il lavoratore ha trovato subito una nuova occupazione.
16.- Il preavviso non ha efficacia reale, il rapporto si estingue immediatamente e non hanno influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti (Cass. 22322/2013, 21092/2014) e l’indennità sostitutiva ha natura retributiva ed indennitaria (Sez. Unite 7914/1994).
17.L’unica eccezione prevista dall’art.2118 c.c. vale per il licenziamento per giusta causa.
Nel caso di specie la Corte ha accertato, sulla base delle risultanze processuali e facendo corretta applicazione delle regole di ermeneutica, che non esista risoluzione consensuale, né il recesso del lavoratore; per il rapporto sia cessato per fatto riconducibile al datore di lavoro e senza rispetto del termine di preavviso, che tra l’uno e l’altro rapporto vi sia stata soluzione di continuità e che nessuna deroga fosse prevista dalla disciplina del CCNL quanto all’obbligo del preavviso lavorato ed, in sua mancanza, dell’indennità sostitutiva che la parte recedente deve riconoscere all’altra parte.
Si tratta perciò di una pronuncia del tutto aderente alla giurisprudenza già citata.
20.- In particolare come affermato da Cass. n. 1148 del 21/01/2014: ‘ L’art. 2118 c.c. prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento in cui non ci sia stato un preavviso lavorato senza eccettuare l’ipotesi in cui il lavoratore licenziato abbia immediatamente trovato un’altra occupazione lavorativa, neppure nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva – quale nella specie quella di livello nazionale ex l’art. 6 C.C.N.L. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale – preveda un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto di servizi alle dipendenze dell’impresa subentrante lasciando ferme la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante. Non conferente pertanto è nella fattispecie il principio affermato da Cass., sez. lav., 22 aprile 1995, n. 4553, ed invocato dalla difesa della società ricorrente; pronuncia questa che ha sì
ritenuto che l’indennità sostitutiva del preavviso non compete al lavoratore nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (ex art. 1372 c.c.) seguita, senza soluzione di continuità, da una nuova assunzione dello stesso lavoratore alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, atteso che in tale ipotesi non ricorrono le finalità sottese alla disposizione di cui all’art. 2118 c.c., individuabili, da un lato, nell’esigenza di impedire che il lavoratore si trovi all’improvviso e contro la sua volontà di fronte alla rottura del contratto ed in conseguenza di ciò, versi in una imprevista situazione di disagio economico, e, dall’altro, in quella di consentire che il lavoratore stesso possa usufruire di un tempo minimo per trovarsi una nuova occupazione o di organizzare la propria esistenza nell’imminenza della cessazione del rapporto di lavoro.
Ma appunto tale principio si riferisce alla diversa fattispecie della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Nè il richiamo dell’art. 6 C.C.N.L. 30 aprile 2003 FISE per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi di igiene ambientale vale a introdurre una deroga contrattuale sia perché nulla è previsto quanto all’indennità sostitutiva del preavviso, sia perché la disposizione contrattuale in realtà prevede un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto alle imprese subentrante.
Quindi vi era una soluzione di continuità tra il primo rapporto di lavoro con l’impresa cedente e quello successivamente instaurato con l’impresa subentrante. Tale circostanza di fatto, prefigurata dall’art. 6 citato, non vale ad escludere l’applicazione della regola generale posta dall’art. 2118 secondo cui, in caso di recesso dal rapporto di lavoro del datore di lavoro senza giusta causa, quest’ultimo è tenuto al pagamento in favore del lavoratore licenziato dell’indennità sostitutiva del preavviso.
In questo senso, nella stessa identica fattispecie, si è già pronunciata questa Corte (Cass., sez. lav., 7 giugno 2012, n. 9195, non massimata) su un precedente ricorso proposto dalla medesima società RAGIONE_SOCIALE avverso analoga pronuncia della Corte d’appello di Genova; ricorso parimenti rigettato (pronuncia questa di cui omette di far menzione nella sua memoria ex art. 378 c.p.c. la difesa della società ancorché risulti essere la stessa nei due giudizi di cassazione, così ponendo in essere un comportamento processuale che appare non essere rispettoso dell’art. 88 c.p.c.).
Nel citato precedente questa Corte ha osservato in proposito che le disposizioni della contrattazione collettiva – art. 6 del CCNL di settore e la dichiarazione congiunta in calce allo stesso – non introducono elementi atti a sostenere la tesi della ricorrente, come da quest’ultima prospettato. L’art. 6 in questione, richiamato nella sentenza del giudice d’appello, afferma “nei casi di passaggio di gestione per scadenza del contratto di appalto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante, il datore di lavoro subentrante e la RSU e, in mancanza le RSA delle 00.SS stipulanti, congiuntamente alle strutture territoriali competenti, si incontreranno in tempo utile per avviate le procedure relative al passaggio diretto ed immediato del personale dell’impresa cessante addetto allo specifico appalto, nei limiti dei dipendenti in forza ISO giorni calendariali prima della scadenza dell’appalto”.
La medesima disposizione prevede, altresì:”Al personale di cui al comma che precede l’azienda subentrante riconosce il trattamento economico e normativo contrattuale già corrisposto dall’impresa cessante”. Come ritenuto dalla Corte d’Appello, facendo corretta applicazione delle regole dell’ermeneutica
contrattuale, con congrua motivazione, la suddetta previsione della contrattazione collettiva esclude che nel passaggio di gestione si configuri continuità del rapporto di lavoro tra impresa cessante e impresa subentrante. Il rapporto che si verrà ad instaurare è nuovo rispetto a quello cessato. Le parti sociali hanno voluto sottolineare la cesura tra i due rapporti laddove, nella dichiarazione congiunta in calce all’art. 6, hanno espressamente ribadito che “le parti stipulanti si danno atto che la normativa di cui al presente articolo, in caso di assunzione per passaggio diretto ed immediato, non modifica il regime connesso alla cessazione di appalto che prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con l’impresa cessante – ai sensi della L. 15 luglio 1996, n. 604, art. 3 – e la costituzione ex nova del rapporto di lavoro con l’impresa subentrante”.
Può solo aggiungersi che la generale riserva che le parti contraenti hanno fatto nell’inciso “ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante” confermava che l’esclusione dell’indennità di preavviso nel caso di positivo esito nella procedura contrattuale di ricollocamento dei dipendenti dell’impresa che cessava dall’appalto alle dipendenze dell’impresa subentrante avrebbe richiesto una previsione es pressa che invece è mancata nell’art. 6 cit..’
21.- Sulla scorta delle ragioni fin qui espresse, il ricorso che si giudica deve essere rigettato.
22.- Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
23.- Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio che liquida in euro
5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 10.9.2024
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME