Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5680 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5680 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22630/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME RAGIONE_SOCIALE e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente-
avverso la sentenza n n. 3394/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/05/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La RAGIONE_SOCIALE ricorreva al Tribunale di Roma assumendo che: a) in virtù di contratto stipulato con la RAGIONE_SOCIALE in data 10/2/1995 (registrato in data 17-5-1995), aveva condotto in locazione un immobile ad uso non abitativo sito in Roma, INDIRIZZO, che era stato adibito ad attività di RAGIONE_SOCIALE; b) detto rapporto era venuto a cessare alla scadenza del 9-2-2009, a seguito di disdetta della locatrice comunicata in data 21/4/2007 (come già dichiarato dal Tribunale di Roma con sentenza n. 20570 del 21-10-2008, poi confermata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza n. 4839/10); c) l’immobile, da essa rilasciato in data 22-3-2012 a seguito di esecuzione forzata, con contratto in data 1-7-2012 era stato poi concesso in locazione dalla RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE per l’esercizio di una clinica ospedaliera.
Tanto premesso in fatto, la ricorrente concludeva chiedendo che: 1) ai sensi dell’art. 34 L. 392/78, che fosse accertato il suo diritto di percepire dalla RAGIONE_SOCIALE l’indennità per la cessazione del rapporto di locazione; 2) fosse dichiarato che, per la natura dell’attività esercitata nei locali oggetto del contratto, le indennità previste dall’art. 34 L. 392/78 dovevano esserle corrisposte nella maggiore misura di 21 mensilità; 3) fosse altresì dichiarato che il pagamento dell’indennità prevista dall’art. 34, comma 1, L. 392/78 condizionava il rilascio dell’immobile, escludendo l’applicazione dell’art. 1591 c.c. e la relativa condanna a carico del conduttore; 4) la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata al risarcimento del danno conseguente al mancato pagamento delle indennità previste dall’art. 34 L. 392/78, da liquidarsi anche in via equitativa. Il tutto con vittoria di spese processuali.
Costituitasi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE eccepiva che il rapporto di locazione aveva avuto inizio con contratto stipulato
in data 30-12-1983 e che il Pretore di Roma, con sentenza n. 7281/1993, passata in giudicato, aveva dichiarato non dovuta alla RAGIONE_SOCIALE l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale al termine della locazione intervenuto in data 31/12/1989; aggiungeva che, con scrittura privata del 10/2/1995, le parti avevano stipulato una transazione, con la quale avevano stabilito di proseguire il rapporto locatizio con la stipulazione di un nuovo contratto della durata di anni sette; infine faceva presente che il Tribunale di Roma, con sentenza n. 20570/2008, aveva già escluso che l’attività esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE avesse natura alberghiera, decisione che poi era stata confermata anche dalla Corte di Appello di Roma.
Il Tribunale di Roma, istruita documentalmente la causa, con sentenza n. 5592/2014, rigettava il ricorso, affermando che la RAGIONE_SOCIALE non aveva alcun diritto a percepire l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, ‘ neanche a seguito della cessazione della locazione venuta a scadere alla data del 9-2-2009 ‘.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, chiedendo l’integrale riforma dell’impugnata sentenza e, per l’effetto, l’accoglimento delle domande originariamente formulate in primo grado, con la condanna dell’appellata alla rifusione delle spese di lite; in via istruttoria, reiterava le richieste già avanzate in primo grado.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva anche nel giudizio di appello, del quale chiedeva il rigetto con condanna di parte appellante alla rifusione delle spese del grado.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza emessa n. 3394/2021, rigettava l’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE condannandola al pagamento, in favore dell’appellata, delle spese relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione la Casa di cura RAGIONE_SOCIALE.
Al ricorso ha resistito la RAGIONE_SOCIALE (alias RAGIONE_SOCIALE
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre i Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo la casa di cura ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto di essere vincolata all’accertamento contenuto nella sentenza pretorile e ha omesso di verificare autonomamente l’esistenza di un diritto della RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’indennità richiesta (pp. 6 e 7).
Sostiene che detto capo della sentenza impugnata <> in quanto il contratto per cui è causa era un nuovo contratto di locazione rispetto a quello per il quale era stata emessa la sentenza pretorile del 1993, sia pure intercorso tra le stesse parti e in relazione al medesimo immobile (come si desume dall’espresso tenore dell’art. 1 della scrittura privata del 10 febbraio 1995, nonché del contratto di locazione stipulato in pari data), con la conseguenza che la sentenza del Pretore di Roma n. 7281/1993, passata in giudicato, non poteva estendersi a quest’ultimo.
Sostiene altresì che la corte di merito non ha correttamente applicato nemmeno il canone di interpretazione letterale dei contratti di cui all’art. 1362 c.c., atteso l’effetto novativo e le rinunce contenute
nella scrittura privata del 10 febbraio 1995, con cui le parti avevano transatto tutte le vicende giudiziarie pregresse, ‘ superando le rispettive tesi ‘ e convenendo di concludere un nuovo contratto locatizio (art. 1) e di abbandonare tutti i giudizi indicati in premessa (art. 4), con ciò inequivocabilmente rinunciando al decisum .
In definitiva, secondo parte ricorrente, la corte di merito avrebbe dovuto accertare e dichiarare che la sentenza pretorile riguardava un rapporto locatizio cessato il 13 dicembre 1989, e non poteva, quindi, spiegare alcun effetto rispetto al nuovo e diverso contratto di locazione del 10 febbraio 1995, e soprattutto che il contenzioso nel quale era stata emessa la sentenza pretorile era stato oggetto di transazione tra le parti proprio con la scrittura privata del 10 febbraio 1995, mediante superamento delle rispettive tesi dei contendenti e rinuncia alle rispettive pretese azionate in giudizio. Pertanto, la corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio denunciato nella parte in cui ha ritenuto di essere vincolata all’accertamento contenuto nella sentenza pretorile e ha omesso di verificare autonomamente l’esistenza di un diritto della RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’indennità richiesta.
1.2. Con il secondo motivo la casa di cura ricorrente denuncia <> nella parte in cui la Corte distrettuale ha dunque escluso l’applicazione dell’art. 34 l. 392/1978 in considerazione della sua natura (pp. 7-8).
Sottolinea che, come indicato nell’art. 1 del contratto di locazione, l’attività di casa di cura comporta di per sé ‘ contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori ‘, consistendo, precipuamente ed incontrovertibilmente, nell’erogazione di prestazioni sanitarie, assistenziali e di accoglienza, necessariamente destinate ad utenti persone fisiche.
In definitiva, secondo la casa di cura ricorrente, che richiama quanto statuito dalle Sezioni Unite (con sentenza n. 2646/1998) e successivamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità a sezioni semplici (Cass. n. 12884/2012), la corte di merito, alla luce dello stesso principio di diritto affermato da Cass. n. 12278/2010 (richiamata nella sentenza di primo grado), avrebbe dovuto ritenere che, trattandosi di locazione ad uso non residenziale ai sensi dell’art. 27 l. 392/1978, ed essendo pacifico tra le parti che nei locali fosse stata effettivamente svolta l’attività di casa di cura, ad essa avrebbe dovuto essere riconosciuta l’indennità prevista dall’art. 34, comma 1°, l. 392/1978.
Rileva peraltro che, nel caso di specie: a) il fatto notorio (cioè il fatto che l’attività di casa di cura comporti contatti diretti con gli utenti, destinatari delle relative prestazioni), oltre a costituire nozione di comune esperienza, trovava specifico avallo nel consolidato orientamento giurisprudenziale, che riconduce l’attività, di cui si tratta, nell’ambito di applicazione dell’art. 34 l. 392/1978 (cfr. Cass. nn. 8558/2012; 1920/1988; e 8446/1987); b) poiché gli utenti hanno il diritto di scegliere direttamente la struttura cui rivolgersi (Cass. SS.UU. n. 15717/2001), le case di cura, anche se operanti in regime di accreditamento, non perdono affatto la loro intrinseca natura di attività imprenditoriale per la prestazione di servizi ed hanno necessariamente contatti diretti con il pubblico; c) anche la casa di cura RAGIONE_SOCIALE cui la Immobiliare INDIRIZZO ha successivamente concesso in locazione l’immobile – opera in regime di accreditamento e, per espressa previsione contrattuale, ha diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento al termine della locazione.
Segnala che, nella giurisprudenza di legittimità, non esistono precedenti editi sulla questione specifica posta con il presente motivo; e che, a sostegno della tesi da essa sostenuta, andrebbe letta la sentenza della Corte costituzionale n. 264/1992, in quanto, se l’indennità di cui all’art. 34 cit. è dovuta per i laboratori collocati
nell’ambito di case di cura, a maggior ragione, deve ritenersi che l’indennità sia dovuta anche a queste ultime.
Il primo motivo di ricorso non è fondato.
2.1. E’ emerso nel giudizio di merito che:
l’Immobiliare INDIRIZZO con contratto 30/12/1983 concesse in locazione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’immobile (sito in Roma, INDIRIZZO ad uso casa di cura;
alla scadenza di detto contratto, insorse tra le parti un contenzioso, che fu definito con sentenza n. 7281/1993 del Pretore di Roma, con la quale fu ritenuta non dovuta l’indennità per la perdita di avviamento commerciale, sul presupposto che l’attività del conduttore, in relazione alle modalità di esercizio, non comportava contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori;
-con scrittura privata 10/2/1995 le parti procedettero a transazione del contenzioso in atto e stabilirono di proseguire nel rapporto locatizio, stipulando in pari data un contratto, della durata di sette anni, nel quale, dopo aver ricordato il dictum contenuto nella citata sentenza pretorile, veniva espressamente dichiarato all’art. 1: <>;
alla scadenza del contratto (9/2/2009) l’immobile non fu rilasciato ed è insorto un nuovo contenzioso tra le parti, nel corso del quale la casa di cura ha riproposto la tesi della equiparazione dell’attività, da essa svolta, all’attività alberghiera;
a seguito della sentenza n. 5592/2014 del Tribunale di Roma, che rigettava la domanda, condividendo la decisione n. 7281/1993 del Pretore, fu avviata la procedura esecutiva di rilascio, che subì vari rinvii per l’opposizione della casa di cura e per la presenza nella struttura di degenti;
la Regione Lazio con provvedimento n. 108/2011 revocò ‘ogni precedente titolo di autorizzazione all’esercizio per la struttura SINDIRIZZO‘, ubicata nell’immobile per cui è ricorso; con la conseguenza che la Casa di cura Villa Patrizia trasferì in altra struttura gli ammalati;
in occasione dell’accesso del 22/3/2012, l’Ufficiale Giudiziario fece luogo alla immissione della Immobiliare nel possesso dell’immobile, accertando che la casa di cura non era più in esercizio e non erano presenti ricoverati.
2.2. Per completezza si fa presente che questa Corte è già intervenuta nel contenzioso relativo al cessato rapporto di locazione tra le parti: dapprima, con sentenza n. 13933/2016, con la quale è stata respinta la tesi della Casa di cura dell’equiparazione dell’attività, da essa svolta, con l’attività alberghiera; poi, con ordinanza n., 25631/2018, con la quale è stato riconosciuto il diritto della Immobiliare al risarcimento del danno ex art. 1591 per il ritardato rilascio dell’immobile alla scadenza del contrato.
2.3. Orbene, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, la corte territoriale, nella impugnata sentenza, non ha affatto accertato la novità e l’autonomia del rapporto negoziale, proseguito tra le parti per effetto del contratto 10/2/1995, ma, al contrario, ha escluso la novazione ed ha accertato tra le parti la prosecuzione del rapporto locativo e dell’attività del conduttore ‘secondo modalità identiche rispetto a quelle che avevano caratterizzato il primo contratto di locazione’ (pag. 8 sentenza).
Occorre aggiungere che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., Cass. n. 14620/2017, ma anche, più di recente, Cass. n. 22126/2020, nn. 13542 e 34071/2023): <>.
Dando corretta applicazione al suddetto principio, la corte territoriale – con accertamento in fatto, non sindacabile nella presente sede – non ha ritenuto rilevante l’avvenuta sottoscrizione di un nuovo contratto ed ha escluso che vi sia stata novazione.
In senso contrario non vale osservare che le parti, con la scrittura privata 10/2/1995 avevano inteso abbandonare tutti i giudizi, in quanto detto convenuto abbandono poteva riferirsi ai giudizi ancora in corso, ma non poteva in alcun modo riferirsi alla sentenza del Pretore 7281/1993, che nel frattempo era già passata in giudicato.
Vero è che le parti ben avrebbero potuto disporre diversamente degli effetti del giudicato o derogare allo stesso, nell’ambito della loro autonomia negoziale, ma è altrettanto vero che le stesse tanto non hanno fatto, avendolo invece recepito, con l’esplicito riconoscimento da parte del conduttore, attraverso il richiamo espresso degli artt. 35 e 41 della L. n. 392/78, che anche nella prosecuzione del rapporto locatizio l’attività continuava a non comportare contatti diretti con la generalità indistinta degli utenti.
Infondata è infine la censura relativa alla dedotta violazione dell’art. 79 della L. n.392/78.
Lo è perché trascura di considerare che il contratto stipulato nel 1995 fu una transazione, come emerge dal suo testo, e venne stipulato, come s’è detto, sulla base della cosa giudicata formatasi antecedentemente, con espressa previsione conforme ad essa. Tanto la sottrae all’àmbito di disciplina della norma dell’art. 79 della l. n. 392
del 1978, assumendo la pattuizione giustificazione nella causa della transazione.
In definitiva, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la corte territoriale ha correttamente ritenuto di essere vincolata all’accertamento contenuto nella sentenza pretorile.
Il rigetto del primo motivo, per il suo carattere assorbente, esonera questa Corte dalla disamina del motivo secondo
Al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 5000 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025, nella camera di consiglio