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Indennità aggiuntiva: sì anche per opere private

Una società energetica ha espropriato un terreno agricolo affittato per la costruzione di un gasdotto, un’opera privata di pubblica utilità. Il coltivatore diretto ha richiesto l’indennità aggiuntiva prevista dall’art. 42 D.P.R. 327/2001, che la società ha negato invocando l’art. 36. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, stabilendo che l’indennità aggiuntiva spetta al coltivatore anche in caso di opere private di pubblica utilità, poiché è un compenso autonomo finalizzato a tutelare l’attività agricola e non rientra nelle deroghe previste per la sola indennità di esproprio.

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Indennità Aggiuntiva per Esproprio: Spetta Anche per Opere Private di Pubblica Utilità

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha consolidato un importante principio in materia di espropriazione. Il caso analizzato chiarisce che l’indennità aggiuntiva prevista per l’affittuario coltivatore diretto spetta non solo quando l’esproprio è finalizzato a un’opera pubblica, ma anche quando si tratta di un’opera privata di pubblica utilità. Questa decisione rafforza la tutela della posizione economica di chi lavora la terra, indipendentemente dalla natura, pubblica o privata, del soggetto espropriante.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dall’espropriazione di alcuni terreni agricoli per la costruzione di un metanodotto da parte di una grande società operante nel trasporto di gas naturale. Uno di questi terreni era di proprietà di una Fondazione e concesso in affitto a un coltivatore diretto. A seguito del decreto di esproprio, il coltivatore ha richiesto alla società energetica e alla Fondazione il pagamento dell’indennità aggiuntiva prevista dall’art. 42 del D.P.R. 327/2001.

La società si è opposta, sostenendo che tale indennità non fosse applicabile, poiché l’opera da realizzare, pur essendo di pubblica utilità, era di natura privata. Secondo la sua tesi, l’articolo 36 dello stesso decreto escludeva l’applicazione di tale norma in questi casi.

Il Giudizio di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al coltivatore. I giudici di merito hanno stabilito che la società era tenuta a versare l’indennità, affermando che un’interpretazione restrittiva avrebbe creato una disparità di trattamento ingiustificata. La tutela del coltivatore, infatti, non può dipendere dalla natura (pubblica o privata) dell’opera che causa il pregiudizio, ma deve basarsi sulla medesima funzione pregiudizievole dell’esproprio sulla sua attività. La Corte d’Appello ha solo corretto un errore materiale sull’importo, rideterminando la somma dovuta.

Il Ricorso in Cassazione e l’Indennità Aggiuntiva

La società energetica ha presentato ricorso in Cassazione, insistendo sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 36 e 42 del D.P.R. 327/2001. I motivi del ricorso si basavano su tre punti principali:
1. La lettera dell’art. 36 escluderebbe l’applicazione dell’art. 42 per le opere private di pubblica utilità.
2. Manca una previsione legislativa esplicita che riconosca l’indennità aggiuntiva in questo specifico contesto.
3. Riconoscere l’indennità disincentiverebbe gli investimenti privati in opere di interesse collettivo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo infondato e confermando l’orientamento già espresso in precedenti sentenze. I giudici hanno chiarito un punto cruciale: l’indennità di espropriazione e l’indennità aggiuntiva sono due istituti completamente distinti e autonomi.

La disciplina derogatoria prevista dall’articolo 36, che si applica alle opere private di pubblica utilità, riguarda esclusivamente l’indennità di espropriazione (quella che spetta al proprietario del bene). Non si estende, invece, all’indennità aggiuntiva dell’articolo 42, che ha una finalità diversa: compensare il coltivatore diretto per la perdita della sua attività economica e per il danno subito a causa della cessazione forzata del contratto di affitto.

Questa seconda indennità è, appunto, ‘aggiuntiva’ e autonoma, e la sua liquidazione può portare a un esborso totale, per l’espropriante, superiore al valore venale del bene. La Corte ha ribadito che la tutela del coltivatore diretto deve essere garantita a prescindere dal fatto che a realizzare l’opera sia un ente pubblico o un soggetto privato autorizzato. L’orientamento è consolidato e la società ricorrente non ha fornito argomenti validi per modificarlo.

Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce con fermezza che il diritto del coltivatore diretto a ricevere l’indennità aggiuntiva non viene meno se l’esproprio è disposto per la realizzazione di un’opera privata di pubblica utilità, come un gasdotto. Questo principio garantisce una tutela uniforme e robusta a chi lavora la terra, riconoscendo che il danno subito dall’interruzione dell’attività agricola è identico, indipendentemente dalla natura del beneficiario dell’esproprio. La sentenza offre quindi certezza giuridica agli operatori del settore agricolo e definisce chiaramente gli obblighi indennitari per le società private che realizzano infrastrutture di interesse pubblico.

Spetta l’indennità aggiuntiva al coltivatore diretto se l’esproprio è per un’opera privata di pubblica utilità?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’indennità aggiuntiva prevista dall’art. 42 del D.P.R. 327/2001 spetta all’affittuario coltivatore diretto anche quando l’esproprio è finalizzato alla realizzazione di un’opera privata di pubblica utilità.

L’articolo 36 del D.P.R. 327/2001 esclude l’applicazione dell’indennità aggiuntiva in questi casi?
No. Secondo la Corte, la disciplina derogatoria contenuta nell’art. 36 riguarda solo l’indennità di espropriazione (destinata al proprietario) e non si estende all’indennità aggiuntiva, che è un compenso autonomo destinato a ristorare il coltivatore diretto per la perdita della sua attività.

Qual è la natura e lo scopo dell’indennità aggiuntiva prevista dall’art. 42 del D.P.R. 327/2001?
L’indennità aggiuntiva è un compenso del tutto autonomo rispetto all’indennità di esproprio. Il suo scopo è ristorare il coltivatore diretto per il pregiudizio derivante dalla cessazione forzata della sua attività agricola a seguito dell’espropriazione del terreno che coltivava.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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