Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15038 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15038 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29978-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE COGNOME DI MESSINA, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 83/2020 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 05/06/2020 R.G.N. 304/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Pubblico impiego
Indennità aggiuntiva del 20%
R.G.N. 29978/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 05/02/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con ricorso al Tribunale di Messina NOME COGNOME chiedeva il riconoscimento del proprio diritto alla corresponsione da parte dell’IRCSS Centro Neurolesi ‘Bonino -Pulejo’ di Messina della quota del 20% del trattamento economico percepito nel periodo dall’01/01/2010 al 20/05/2010 pari ad euro 7.606,77 a seguito dello svolgimento delle funzioni di direttore amministrativo presso il detto istituto, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione sino al soddisfo.
Il Tribunale di Messina accertava il diritto del COGNOME, con conseguente condanna dell’amministrazione, che veniva tempestivamente impugnata dall’amministrazione.
Preliminarmente, la Corte distrettuale respingeva l’eccezione di improcedibilità ed inammissibilità dell’appello per carenza di procura.
La procura apposta con atto a parte in calce al ricorso depositato all’atto della costituzione e notificato telematicamente era da ritenersi pienamente valida ai sensi del combinato disposto degli articoli 83, terzo comma e 125 c.p.c..
Nel merito la Corte territoriale riteneva non sussistenti i presupposti per il riconoscimento del compenso integrativo. In particolare, ad avviso della Corte, non risultava nel contratto individuale di lavoro l’indicazione degli obiettivi prefissati dal commissario straordinario ed assegnati al direttore amministrativo. Mancavano, altresì, criteri di valutazione dei risultati relativi agli stessi obiettivi che il dirigente era tenuto a conseguire. Inoltre, non era stato prodotto alcun atto successivo, con funzioni integrative del contratto individuale di lavoro, dal quale emergessero gli obiettivi annuali ed i criteri per la misurazione del grado di raggiungimento degli stessi.
La delibera del commissario straordinario n. 1373 del 30/12/2010, con cui si era ritenuto di corrispondere il compenso
aggiuntivo, era da ritenersi priva di efficacia, non richiamando, né descrivendo gli obiettivi prefissati o gli atti nei quali questi ultimi fossero contenuti, nonché quali fossero i tempi di realizzazione ed i misuratori necessari alla verifica del grado di raggiungimento degli stessi obiettivi. Anche la nota del 01/03/2011 con la quale il commissario straordinario dichiarava che al COGNOME erano stati assegnati gli obiettivi ivi elencati e raggiunti nel periodo 01/01/2010 – 20/05/2010 non poteva avere alcuna valenza deliberativa in quanto assunta senza le formalità previste dalla legge e non avendo alcun valore ricognitivo della sussistenza dei presupposti fondanti il diritto al compenso aggiuntivo.
Il COGNOME proponeva ricorso per cassazione assistito da due motivi, resistito da controricorso dell’amministrazione che depositava altresì memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli articoli 83, commi secondo e terzo e 125, penultimo comma, c.p.c. in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 4 c.p.c. per nullità della procura conferita dall’IRCCS nel giudizio di appello.
Ad avviso del ricorrente la procura contenente il mandato di proporre ricorso in appello da parte dell’IRCCS sottoscritta in data 12 Marzo 2017 sarebbe affetta da nullità, in quanto non conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, come prescritto dall’articolo 83, comma secondo, c.p.c., non avendo il difensore alcun potere di autenticare detta scrittura privata anticipatamente al di fuori della redazione e sottoscrizione del ricorso; ed invero, il ricorso in appello risulta datato e firmato dal difensore successivamente, ossia in data 9 maggio 2017, nonché depositato in cancelleria il 10 maggio 2017. Per le stesse ragioni la procura non potrebbe essere considerata posta in
calce al ricorso in quanto sottoscritta due mesi prima della redazione del ricorso e la sottoscrizione della parte non può essere certificata dal difensore per gli stessi motivi.
Inoltre la Corte territoriale avrebbe errato nel considerare validamente conferito lo jus postulandi sulla base della circostanza che l’appellante risultava difeso in primo grado con procura a margine della memoria difensiva valida anche per i successivi gradi di giudizio.
Al riguardo il ricorrente evidenzia come il difensore dell’IRCCS avesse optato per l’allegazione di una nuova procura senza richiamo a quella precedentemente rilasciata in prime cure; inoltre, la procura originaria sarebbe inutilizzabile per una duplice mutazione soggettiva dell’IRCCS successiva al rilascio della prima procura.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del DPCM 19/07/1995 n. 502, come modificato dal dpcm 31/05/2001 n 319 in relazione all’articolo 360 comma primo n. 3, c.p.c.
Il dpcm 19/07/1995 n. 502 all’articolo 2, comma 5, periodo terzo stabilisce che: il predetto trattamento può essere integrato da un’ulteriore quota fino al 20% dello stesso sulla base dei risultati di gestione ottenuti e della realizzazione degli obiettivi fissati annualmente dal direttore generale e misurata mediante appositi indicatori.
In sintesi, ad avviso del ricorrente, la norma andrebbe interpretata nel senso che la quota del 20% dovrebbe essere comunque riconosciuta in considerazione del raggiungimento dei risultati di gestione fissati dalla Regione anno per anno e che, pertanto, la mancata fissazione annuale di ulteriori ed eventuali obiettivi da parte del direttore generale non comporterebbe l’impedimento alla corresponsione dell’importo in questione.
Tale interpretazione sarebbe avvalorata dal contratto stipulato fra il COGNOME e l’amministrazione, secondo cui il trattamento economico annuale ed onnicomprensivo sarà corrisposto in 12 mensilità e potrà essere integrato da un’ulteriore quota pari al 20% dell’importo totale lordo sulla base dei risultati di gestione ottenuti in rapporto alla realizzazione degli obiettivi fissati annualmente dal commissario straordinario e misurata mediante appositi indicatori (art. 4).
La realizzazione dei risultati di gestione risulterebbe ad avviso del ricorrente dalla deliberazione n. 1373 del 30/10/2010 in cui il commissario straordinario ha disposto il pagamento del compenso integrativo del 20% per l’anno 2009 a tutti i direttori amministrativi e sanitari in carica nell’anno 2009 sul presupposto della realizzazione dei risultati di gestione assegnati dall’assessorato regionale della salute in materia di equilibrio economico finanziario.
Il primo motivo è inammissibile, prima ancora che infondato.
La difesa del ricorrente, non procede alla trascrizione dell’atto processuale oggetto di censura, cioè della procura alle liti rilasciata dal rappresentante legale dell’IRCCS all’epoca in carica, e rispetto a detto atto non assolve agli oneri imposti dall’art. 366 n. 6 c.p.c., quanto alla localizzazione e all’allegazione ; mancano sia la trascrizione dell’atto che la sua localizzazione ai fini della valutazione del fatto processuale e della conseguente scrutinabilità dell’asserito vizio di invalidità della procura alle liti.
Il motivo è, comunque, infondato alla luce del principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, applicabile anche al giudizio di appello, secondo cui il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, c.p.c., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla
redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso (Cass. S.U. 2075/2024).
Anche il secondo motivo presenta profili di inammissibilità, perché fondato su atti rispetto ai quali non risultano assolti i richiamati oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.
Il ricorrente offre una lettura delle norme e in particolare del D.P.C.M. diversa da quella compiuta dalla Corte di merito che, viceversa, afferma che l’attribuzione del compenso aggiuntivo fino al 20% deve ritenersi subordinata alla fissazione annuale degli obiettivi necessari per la misurazione dei risultati di gestione.
Tale interpretazione trova suffragio in una lettura coordinata del DPCM 19/07/1995 n 502, come modificato dal DPCM 31/05/2001 n. 319 con l’articolo 4 del contratto di lavoro intercorso fra le parti che testualmente stabilisce che il trattamento economico potrà essere integrato di un’ulteriore quota pari al 20% dell’importo totale lordo sulla base dei risultati di gestione ottenuti in rapporto alla realizzazione degli obiettivi fissati dal commissario straordinario misurata mediante appositi indicatori.
La stessa, inoltre, è conforme all’orientamento già espresso da questa Corte secondo cui « Il direttore amministrativo di una ASL ha diritto, anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 229 del 1999, a percepire l’integrazione, pari ad un’ulteriore quota fino al 20 per cento, del trattamento economico a lui spettante, prevista dall’art. 2, comma 5, del d.P.C.M. n. 502 del 1995, come modificato dal d.P.C.M. n. 319 del 2001, a condizione che
abbia ottenuto i risultati di gestione e realizzato gli obiettivi specificamente fissati per lui annualmente dal direttore generale.» ( Cass. n. 1796/2024).
Orbene, la Corte distrettuale ha espressamente escluso la sussistenza in atti di alcun elemento documentale da cui possa emergere la fissazione da parte del direttore generale degli obiettivi annuali in rapporto ai quali sarebbe stato possibile misurare la realizzazione dei risultati di gestione da parte del direttore amministrativo.
L’articolo 4 del contratto, infatti, collega strettamente ed intimamente i risultati di gestione ottenuti dal dirigente con la realizzazione degli obiettivi fissati annualmente nella misura in cui utilizza la locuzione ‘in rapporto’: gli obiettivi generali vanno, in altri termini, analizzati in rapporto alla realizzazione degli obiettivi che ad avviso della corte di merito non risultano essere stati fissati annualmente.
Conseguentemente, si ritiene non sussistere alcuna violazione del DPCM indicato nel motivo che è stato correttamente interpretato alla luce e in combinato disposto con la norma contrattuale che ha regolato il rapporto di lavoro fra le parti.
Inoltre, non si può sottacere come la censura surrettiziamente sia finalizzata a richiedere a questa Corte un diverso accertamento di fatto rispetto a quello operato dal giudice di merito in ordine alla fissazione e raggiungimento degli obiettivi fissati annualmente ai fini del riconoscimento dell’indennità aggiuntiva.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali ed in € 200,00 per esborsi, oltre al
rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione