Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6836 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 6836  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20536/2023 r.g. proposto da:
COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative a questo procedimento a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-ricorrente –
contro
Provincia Autonoma di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ,  rappresentata  e  difesa  dall’AVV_NOTAIO,  come  per mandato in atti,  la  quale  dichiara  di  voler  ricevere  tutti  gli  avvisi  e  le comunicazioni  di  cancelleria  a ll’ indirizzo  di  posta  elettronica  certificata indicato
– controricorrente –
avverso l ‘ordinanza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 88/2023, depositata il 10/3/2023
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/3/2025 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
Con ricorso depositato l’1/12/2021 NOME COGNOME, quale coltivatore diretto iscritto nella sezione prima degli imprenditori agricoli della Provincia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (PAT), nonché affittuario della particella 3235 del Comune di Arco, chiedeva alla Corte d’appello il riconoscimento dell’indennità aggiuntiva spettante al coltivatore diretto, già prevista dall’art. 17 della legge n. 865 del 1971 e, successivamente, dall’art. 42 del d.P.R. n. 327 2001 e, in ambito provinciale, dall’art. 20, comma 3, della legge Provinciale n. 6 del 1993.
Si costituiva in giudizio la Provincia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (PAT) eccependo l’inammissibilità della domanda, in quanto il COGNOME non aveva presentato la richiesta di riconoscimento dell’indennità aggiuntiva entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune, «non potendosi ritenere rilevante a tali fini il ricorso proposto alla C.P.E. successivamente alla notificazione della determinazione di autorizzazione all’esproprio ai comproprietari del ablato, sottoscritto anche dall’affittuario.
Con successiva memoria l’attore chiedeva un’interpretazione costituzionalmente  orientata  dell’art.  4,  comma  4-bis,  della  legge Provinciale n. 6 del 1993, in modo tale da ricondurre l’adempimento previsto da tale norma, da effettuarsi entro il termine di 30 giorni, ai soli soggetti «destinatari di provvedimenti ablatori, come nell’ipotesi
dei proprietari del fondo da espropriare che fossero anche contestualmente coltivatori diretti.
Tale  termine  non  poteva  essere  applicato  al  mero  affittuario, «privo di qualsivoglia informazione e cognizione circa l’attivazione di una procedura espropriativa afferente il bene al medesimo affittato».
L’affittuario avrebbe potuto, invece, proporre il ricorso «entro il termine prescrizionale decennale».
Il tribunale con ordinanza del 22/3/2022, ritenute superflue le prove orali, chiedeva l’acquisizione di una nota ad opera della PAT, con la quantificazione dell’indennità di coltivazione dovuta all’affittuario della particella n. 3235 del Comune di Arco.
La Provincia RAGIONE_SOCIALE depositava documentazione il 29/4/2022, quantificando l’entità dell’indennità richiesta dal ricorrente nella misura di euro 25.984,68.
 La  Corte  d’appello  di  RAGIONE_SOCIALE,  con  ordinanza  del  15/2/2023, pubblicata il 10/3/2023, dichiarava inammissibili le  domande formulate dal COGNOME.
In particolare, la Corte territoriale evidenziava che la procedura ablativa era iniziata nel corso dell’anno 2018 e che il Comune di Arco aveva  notificato  il  deposito  della  documentazione  prescritta  per l’avvio dell’espropriazione ai proprietari della particella 3235, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Questi ultimi avevano presentato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, «segnalando l’esistenza di un contratto di affitto agrario e quindi di insediamento sul fondo di un coltivatore diretto».
Proseguiva la Corte d’appello evidenziando che «ai sensi dell’art. 4, comma 3, della L.P. 6/93 i proprietari dell’area espropriata devono avvisare il coltivatore (che è soggetto terzo) dell’avvio della procedura espropriativa».
Il COGNOME – ad avviso del giudice di merito – aveva sostenuto di non avere ricevuto alcuna notifica di atti inerenti le espropriazioni e aveva presentato domanda di liquidazione dell’indennità di coltivazione  prevista  dall’art.  20  della  legge  Provinciale  RAGIONE_SOCIALE  n. 6/93 soltanto nel 2021, quindi quasi 3 anni dopo la scadenza del termine a tale fine normativamente fissato.
La Corte d’appello, dunque, reputava inammissibile la domanda di indennizzo in quanto l’attore l’aveva presentata «dopo la scadenza del  termine  perentorio  di  90  giorni  dalla  pubblicazione  di  cui  al comma 2 dell’art. 4 della legge Provinciale n. 6/1993».
La Corte di merito riportava anche il contenuto dell’art. 4, comma 2, della legge Provinciale n. 6 del 1993 laddove prevedeva che «gli interessati, pena decadenza, devono presentare domanda di pagamento dell’indennità di coltivazione di cui all’art. 20 della L.P. 6/1993. Entro lo stesso termine i richiedenti devono trasmettere al promotore dell’espropriazione della documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità».
Pertanto – a giudizio della Corte territoriale – il testo normativo era chiaro nell’imporre al coltivatore diretto che intendesse chiedere il  riconoscimento  dell’indennità  aggiuntiva  «gli  adempimenti  ivi indicati, nel rispetto dei termini di legge».
Aggiungeva  la  Corte  d’appello  che  tali  disposizioni  normative «assecondano l’esigenza dell’amministrazione espropriante di definire  entro  un  arco  temporale  circoscritto  alle  problematiche inerenti gli aspetti finanziari delle procedure ablative».
Contrasterebbe con i principi a cui è ispirata la  ‘buona amministrazione’ la procedura «che consentisse di avanzare richieste di pagamento dell’indennità espropriativa distanza di anni», con la precisazione che «le argomentazioni del ricorrente volte ad
escludere efficacia vincolante ai termini di natura decadenze alle non trovano alcuna giustificazione».
6.Avverso  tale  sentenza  ha  proposto  ricorso  per  cassazione l’attore.
Ha resistito con controricorso la Provincia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «violazione ed erronea applicazione di legge (art. 4, commi 3 e 4bis,  legge  Provinciale  n.  6/1993)  –  art.  360,  primo  comma,  n.  3, c.p.c.».
In particolare, il ricorrente muove dalla riconoscimento per legge dell’indennità aggiuntiva all’affittuario coltivatore diretto, sia ai sensi dell’art. 17 della legge n. 865 del 1971, sia ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 327 2001, quale «credito avente una funzione compensativa  del  pregiudizio  provocato  (dall’esproprio)  all’attività lavorativa» (si citano Cass. n. 7975 del 2021; Cass. n. 11464 del 2016; Cass. n. 19931 del 2017).
Aggiunge il ricorrente che il diritto al conseguimento dell’indennità aggiuntiva, con riferimento al coltivatore diverso dal soggetto ablato, a cui l’ente espropriante non notifica alcun atto della procedura espropriativa, «proprio a fronte delle relative autonomia ed alterità rispetto all’indennità ablatoria correlata alla perdita del diritto  dominicale»,  era  esercitabile  nel  termine  di  prescrizione decennale «decorrente dall’emanazione del provvedimento ablatorio».
La disciplina dell’erogazione dell’indennità aggiuntiva al fittavolo coltivatore diretto doveva essere «omogenea per tutti i coltivatori diretti  ed  imprenditori  agricoli  operanti  sul  territorio  nazionale», prospettandosi quindi «un’interpretazione costituzionalmente orientata degli articoli 4, comma 4bis e 20 della legge Provinciale n.
6/1993», necessariamente coerente «con i principi sanciti dagli articoli 3,35 e 41 della Costituzione», sollevando l’imprenditore agricolo che espletati la propria attività su fondi ricompresi nel territorio provinciale, «di adempimenti da effettuare entro draconiani termini decadenziali», che non rendono possibile esercizio in concreto del diritto «entro l’ordinario termine di prescrizione decennale, riconosciuto, invece, ad ogni imprenditore nel residuo territorio nazionale».
Pertanto,  in  tale  contesto  l’adempimento  prescritto  dall’art.  4, comma 4-bis, della legge Provinciale n. 6 del 1993, da effettuare all’epoca entro il termine di 30 giorni (poi incrementato nelle more del  procedimento  a  90  giorni  dall’art.  11  della  legge  Provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022) deve ritenersi cogente esclusivamente per il coltivatore  diretto  che  sia  anche  proprietario  del  fondo  ablato  e risulti,  dunque,  destinatario  dei  provvedimenti  della  procedura ablatoria.
Tale  termine,  però,  non  potrebbe  riguardare  «il  coltivatore diretto, che sia, invece, un mero affittuario del terreno da acquisire in via coattiva da parte della PA, nei cui confronti, anche a seguito della  comunicazione  da  parte  del  proprietario  del  fondo  della sussistenza  di  un  rapporto  di  affittanza  agraria,  l’ente  promotore dell’espropriazione non inoltra comunicazioni di sorta».
L’affittuario  coltivatore  diretto,  non  proprietario  del  suolo,  può esercitare  il  diritto  all’indennità  aggiuntiva  nel  rispetto  del  suo termine di prescrizione decennale decorrente dalla conclusione della procedura ablatoria.
Nella specie, il ricorrente allega che al momento dell’avvio della procedura  espropriativa,  verificatosi  nel  2018,  mai  notificata  al COGNOME, ma solo ai comproprietari del fondo agricolo, gli atti erano
stati pubblicati presso l’albo pretorio del Comune di Arco dall’11/5/2018 al 9/6/2018.
Ed  infatti,  in  tale  lasso  temporale  era  vigente  il  comma  4-bis dell’art.  4  della  legge  Provinciale  RAGIONE_SOCIALE  n.  6  del  1993,  come introdotto dalla legge sulle espropriazioni provinciali dall’art. 50 della legge Provinciale n. 14 del 2014.
L’art.  4,  comma  4bis ,  della  legge  Provinciale  RAGIONE_SOCIALE  n.  6  del 1993, stabiliva che «la documentazione comprovante la sussistenza dei  requisiti  richiesti  per  la  corresponsione  dell’indennità  prevista dall’art.  20  è  recapitata  al  promotore  dell’espropriazione  entro  il termine perentorio di 30 giorni dal termine del periodo di pubblicazione all’albo comunale dell’avviso ai sensi del comma 2».
Non era dunque previsto alcun adempimento diretto da parte del titolare  di  tale  credito,  non  essendo  contemplata  «la  necessità  di formulazione  di  alcuna  domanda  di  relativa  corresponsione,  per giunta entro un termine decadenziale».
La  domanda  poteva  essere  presentata,  allora,  nel  termine  di prescrizione decennale.
Tuttavia, successivamente all’attivazione del procedimento giurisdizionale  da  parte  del  COGNOME,  la  PAT  ha  modificato  la  legge Provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 1993, imponendo «al coltivatore diretto non proprietario del fondo espropriato una serie di adempimenti, da effettuare  addirittura  entro  un  termine  decadenziale  (ovviamente non invocabili nel caso di specie)».
La Provincia promulgava la legge n. 6 del 16/6/2022 che, all’art. 11, modificava proprio il comma 3 dell’art. 4 della legge Provinciale n. 6 del 1993.
Si gravava il proprietario del fondo espropriato di un obbligo di inserire  nella  dichiarazione  sostitutiva  di  atto  notorio,  da  inoltrare all’ente promotore dell’espropriazione, relativa all’eventuale
sussistenza di diritti personali a favore di terzi sui fondi espropriandi (i contratti di affitto agrario), onerando il dichiarante dell’attestazione  di  avere  «comunicato  al  terzo  (ossia  l’affittuario) l’avvio della procedura espropriativa».
Veniva modificato anche il comma 4-bis dell’art. 4 della legge n. 6  del  1993,  prevedendosi  l’obbligo  per  il  titolare  del  credito  di formalizzare la corrispondente domanda all’ente promotore dell’espropriazione, entro un termine  decadenziale «inconfigurabile nell’ordinamento sulle espropriazioni provinciali fino a tale momento».
Tuttavia, la  Corte  d’appello  avrebbe  commesso  l’errore  di applicare alla fattispecie in esame una normativa sopravvenuta che, in  virtù  della  disciplina  transitoria  stabilita  dall’art.  38,  comma  3, della legge Provinciale n. 6 del 2022, non poteva trovare applicazione retroattiva.
Pertanto, sia l’obbligo per il COGNOME di rispettare il termine di 90 giorni dalla pubblicazione dell’avviso di avvio della procedura espropriativa all’albo pretorio del Comune, sia emulazione di una domanda di riconoscimento dell’indennità e la diretta trasmissione di determinati atti all’ente promotore dell’espropriazione da parte del coltivatore diretto affittuario e non proprietario, erano inesistenti «al momento dell’avvio della procedura espropriativa che ha interessato il bene a vocazione agricola detenuto dal signor NOME COGNOME».
La  previsione  «appena  e  decadenza»  sarebbe  stata  introdotta nell’art. 4, comma 4-bis, della legge Provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 1993, soltanto in forza della modifica apportata con l’art. 11 della legge Provinciale n. 6 del 2022.
In realtà, l’art. 4, comma 4-bis, della legge n. 6 del 1993, come modificato dall’art. 11 della legge Provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022, era in vigore soltanto dal giorno 18/6/2022 ed era, in quanto tale,
irrilevante nel caso in questione, dovendosi applicare la norma nella conformazione anteriormente vigente.
Tra l’altro, la Corte d’appello ha aggiunto che «una procedura che consentisse di avanzare richieste di pagamento  dell’indennità espropriativa a distanza di anni contrasterebbe con i principi di buona amministrazione».
La Corte di merito ha ritenuto, inoltre, che, pur in assenza di adempimenti notificatori da parte dell’ente promotore dell’espropriazione nei confronti del coltivatore diretto, diverso dal proprietario del bene, ciò fosse superabile attraverso la configurabilità di un obbligo del proprietario dell’area espropriata di rendere edotto il coltivatore affittuario dell’avvio della procedura.
Ed infatti, l’inserimento nella dichiarazione dei inviare all’ente promotore dell’espropriazione da parte del proprietario destinatario dei provvedimenti ablatori, oltre che dell’esistenza di contratti di affitto agrario, «pure dell’intervenuta comunicazione all’affittuario dell’avvio della procedura espropriativa», era stato previsto solo con l’art. 4, comma 3, della legge Provinciale n. 6 del 1993, ma «nella sola formulazione individuata dall’art. 11, comma 2, della legge Provinciale n. 6 del 2022.
Tanto  è  vero  che  la  dichiarazione  dei  comproprietari  aveva precisato  che  sugli  immobili  oggetto  di  espropriazione  era  stato stipulato un contratto di affitto di fondo rustico in favore di COGNOME NOME,  ma  «omettendo  qualsiasi  dichiarazione di  avvenuta comunicazione al medesimo dell’avvio del procedimento espropriativo,  in  quanto  non  prescritta  da  alcuna  disposizione normativa all’epoca vigente ed in concreto non effettuata».
 Con  il  secondo  motivo  di  impugnazione,  «in  via  di  mero subordine», il ricorrente cesella la censura di illegittimità costituzionale, con riferimento all’art. 4, comma 4bis ,  della legge
Provinciale n. 6 del 1993, «nel testo anteriore alla relativa novellazione, come operata dalla legge Provinciale n. 6/2022, con conseguente  disconoscimento  dell’esercitabilità  del  diritto  stesso nell’ordinario termine di relativa prescrizione».
2.1.  Quanto  alla  rilevanza,  il  ricorrente  deduce  che  l’omessa declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4, comma 4bis , della legge Provinciale  n.  6/1993,  «ove  ritenuto  costitutivo  di  un  termine decadenziale  per  l’esercizio  del  diritto  anzidetto,  precluderebbe  il conseguimento  da  parte  dell’odierno  ricorrente  della  agognata indennità al medesimo effettivamente spettante».
2.2. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione «sollevata in via subordinata», il ricorrente rammenta come «l’assoggettamento dell’esercizio del diritto di credito riconosciuto all’affittuario espropriato in ambito provinciale ad adempimenti da effettuare entro rigorosi termini, il cui superamento produrrebbe effetti decadenziale» creerebbe «solo per le espropriazioni effettuate sul territorio provinciale in attuazione della legge Provinciale n. 6/1993 e, segnatamente, del relativo art. 4, irragionevoli situazioni di disparità di trattamento tra il coltivatore diretto che operi in ambito locale e quelli che espletano invece la loro attività lavorativa nel residuo territorio nazionale».
Questi ultimi, infatti, sono legittimati ad esperire l’azione di tutela del credito aggiuntivo entro l’ordinario termine prescrizionale.
La  norma  in  oggetto,  nella  versione  applicabile  al  rapporto contenzioso  per  cui  è  causa,  sarebbe  contrastante  con  gli  articoli «35,36, nonché 41, in relazione all’art. 3 della Costituzione ed alle previsioni dell’art. 42 del TUE».
Ed infatti, all’indennità aggiuntiva spettante al coltivatore diretto del  fondo  espropriato  viene  riconosciuta  una  funzione  RAGIONE_SOCIALE rispetto  all’indennità  di  espropriazione,  in  quanto  trova  il  proprio
fondamento «nella diretta attività di prestazione d’opera sul terreno espropriato  e  nella  situazione  privilegiata  che  gli  articoli  35  e seguenti della Costituzione assicurano alla posizione del lavoratore».
Pertanto,  poiché  la  tutela  del  lavoro  deve  risultare  omogenea sull’intero  territorio  nazionale  e  poiché  l’art.  41  della  Costituzione deve consentire l’esercizio dell’attività di impresa agricola in uguali condizioni,  pure  a  tutela  della  concorrenza,  non  vi  può  essere differenziazione tra le varie regioni.
Si  deduce  anche  la  «violazione  dei  limiti  della  competenza legislativa  primaria  della  PAT  (art.  8,  comma  1,  n.  22),  anche  in relazione all’art. 4 del d.P.R. 31/8/1972, n. 670 ed all’art. 117, 2º comma, lettera l), della Costituzione».
È vero che il settore in esame, ex art. 8, comma 1, n. 22, dello Statuto d’autonomia, rientra nelle prerogative legislative della PAT, ma è indubbio «che il relativo esercizio debba essere effettuato nel rispetto dei principi costituzionali dell’ordinamento».
Tra tali principi deve essere inserita anche la tutela del lavoro, ex art. 35 della Costituzione, che afferisce pure al settore dell’ordinamento  civile  e  della  tutela  del  credito,  che  appartiene all’esclusiva  competenza  legislativa  dello  Stato,  ex  art.  117,  2º comma, lettera l), della Costituzione.
Con la previsione di una causa di decadenza dalla fruibilità dell’indennità aggiuntiva, in difetto di effettuazione di determinati adempimenti entro un lasso temporale estremamente contenuto, «non prescritta nel residuo territorio nazionale», si crea «un illogica ed ingiustificata diversificazione della tutela e della concreta conseguibilità del corrispondente credito da parte del coltivatore diretto affittuario di un bene espropriato, in violazione dei valori costituzionali, la cui salvaguardia avrebbe dovuto permeare anche la
legislazione provinciale con conseguente violazione dei correlati limiti di competenza legislativa anzidetti».
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
3.1. Non v’è dubbio che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, la fattispecie in esame sia disciplinata dalla legge Provinciale  di  RAGIONE_SOCIALE  n.  6  delle  19/2/1993,  prima  delle  modifiche apportate a tale legge dalla successiva legge Provinciale 16/6/2022, n. 6.
 L’art.  4  della  legge  Provinciale  RAGIONE_SOCIALE  n.  6  del  1993,  prima delle modifiche del 2022, stabilisce, al comma 1 che «il procedimento espropriativo è avviato a seguito del deposito della domanda di avvio del  procedimento  presso  il  Comune  nel  cui  territorio  ricadono  gli immobili da espropriare, previo finanziamento dell’opera pubblica da realizzare e della spesa presunta per espropriazione. La domanda è corredata dalla documentazione individuata con deliberazione della giunta provinciale».
Al comma 2 si prevede che «entro 10 giorni dal ricevimento della domanda,  il  sindaco  dà  notizia  dell’avvenuto  deposito  al  pubblico mediante  avviso  da  affiggere  nell’albo  comunale  per  30  giorni consecutivi  ed  a  comunicare  proprietari  e,  se  conosciuti,  agli eventuali possessori mediante notificazione nelle forme di cui all’art. 6, comma 5».
Al comma 3, prima delle modifiche apportate nel 2022, si chiarisce che «entro il termine perentorio di 30 giorni successivi al decorso del periodo di pubblicazione all’albo comunale previsto dal comma 2, gli interessati possono presentare osservazioni, depositandole nella segreteria del Comune. Entro lo stesso termine, per la determinazione del valore venale del bene ai fini del calcolo dell’inedita di esproprio, i proprietari o gli usufruttuari, quando sul bene insiste il diritto di usufrutto, rendono una dichiarazione
sostitutiva  di  atto  notorio  relativa  alla  sussistenza  o  alla  mancata sussistenza  sul  bene  oggetto  di  espropriazione  di  diritti  reali  o personali a favore di terzi e alla loro durata, inclusi i contratti per i quali  l’art.  20,  comma  3,  prevede  l’erogazione  di  un’indennità aggiuntiva e possono».
4.1. Il comma 3 dell’art. 4 della legge n. 6 del 1993 è stato profondamente inciso dalle modifiche di cui alla legge Provinciale di RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022, ed è stato così ridisegnato: «entro il termine perentorio di 30 giorni successivi al decorso del periodo di pubblicazione all’albo comunale previsto dal comma 2, gli interessati possono presentare osservazioni, depositandole nella segreteria del Comune. Entro lo stesso termine, per la determinazione del valore venale del bene ai fini del calcolo dell’inedita di esproprio, i proprietari o gli usufruttuario, quando sul bene insiste il diritto di usufrutto, devono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio relativa alla sussistenza o alla mancata sussistenza sul bene oggetto di espropriazione di diritti personali a favore di terzi, inclusi i contratti di godimento a titolo oneroso e i contratti per i quali l’art. 20, comma 3, prevede l’erogazione di un’indennità aggiuntiva, indicandone la durata, gli estremi della registrazione e dichiarando di aver comunicato al terzo l’avvio della procedura espropriativa; entro il medesimo termine essi possono».
Pertanto, due sono le rilevanti novità imposte dalle modifiche di cui alla legge Provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022: da un lato, l’espressa menzione da parte dei proprietari nella dichiarazione sostitutiva di atto  notorio  della  sussistenza  di  «contratti  di  godimento  a  titolo oneroso»; dall’altro, la dichiarazione da parte dei proprietari «di aver comunicato al terzo l’avvio delle procedure espropriative».
4.2. È stato poi aggiunto al comma 3bis all’art. 4 la previsione per  cui  «la  mancata  presentazione  della  dichiarazione  sostitutiva
resa ai sensi del comma 3 non sospende la procedura espropriativa. In questi casi l’indennità sono liquidate dopo la presentazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio prevista dal comma 3».
Altra rilevante modifica, avvenuta il 2022, attiene al comma 4-bis, dell’art. 4 della legge Provincia di RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 1993.
5.1. In particolare, l’art. 4, comma 4-bis, della legge Provinciale Teramo n. 6 del 1993, prima delle modifiche apportate nel 2022, stabilisce:  «la  documentazione  comprovante  la  sussistenza  dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità prevista dall’art.  20  è  recapitata  al  promotore  dell’espropriazione  entro  il termine perentorio di 30 giorni dal termine del periodo di pubblicazione all’albo comunale dell’avviso ai sensi del comma 2».
5.2. Il medesimo art. 4, comma 4-bis, dopo le modifiche di cui alla legge della Provincia di RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022, è invece del seguente tenore: «entro il termine perentorio di 90 giorni dalla pubblicazione prevista dal comma 2 gli interessati, pena decadenza, devono presentare domanda di pagamento dell’indennità di coltivazione di cui all’art. 20 e trasmettere al promotore dell’espropriazione la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità. Nel caso di procedure promosse dall’amministrazione provinciale la domanda di pagamento dell’indennità di coltivazione e la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità aggiuntiva è trasmessa all’autorità espropriante».
Le differenze rilevanti sono: la fissazione del termine perentorio di 90 giorni dalla pubblicazione prevista dal comma 2, in luogo dei 30  giorni  della  precedente  disciplina;  la  previsione  espressa  della «decadenza»  in  caso  di  mancato  rispetto  del  termine  perentorio;
l’espressa indicazione della necessità di presentare una «domanda di pagamento».
 Viene  inoltre  sostituito  dall’art.  12  della  legge  Provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022 il comma 5 dell’art. 20 della legge Provinciale RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 1993.
Pertanto, «entro 30 giorni dalla presentazione della domanda di cui all’art. 4, comma 4-bis, e comunque non prima dell’emissione del decreto previsto dall’art. 6, il promotore dell’espropriazione provvede al pagamento dell’indennità o all’assunzione dell’impegno di  spesa;  indennità  è  liquidata  entro  30  giorni  dalla  data  di esecutività del provvedimento».
Resta immutato, invece, l’articolo 20, comma 3, per il quale «l’indennità aggiuntiva prevista dal comma 2 spetta al fittavolo o al mezzadro a condizione che essi coltivino o adibiscano ad attività agricola l’area da espropriare e risultino iscritti al registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge n. 580 del 1993, nella sezione speciale come imprenditori agricoli o coltivatori diretti, da almeno un anno, o, se esonerati da tale iscrizione ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge n. 77 del 1997, risultino comunque in possesso, da almeno un anno, di una partita Iva relativa all’attività agricola esercitata. L’indennità spetta anche al titolare di impresa agricola o alla società agricola che, alle stesse condizioni, coltivi o adibisca ad attività agricola i fondi di proprietà dei familiari conviventi o dei soci. L’indennità prevista da questo comma è corrisposta anche nel caso di espropriazione di area classificata edificabile o edificata; per quest’ultima la maggiorazione è calcolata sul valore agricolo medio attribuito all’orto».
Di assoluto rilievo, per la decisione della presente controversia, è, però, l’art. 38, comma 3, della legge Provinciale di RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022, mente del quale «gli articoli 4,20,21 e 27 della
legge Provinciale sugli espropri 1993, come modificati dalla presente legge, si applicano alle procedure espropriative la cui pubblicazione ai sensi dell’art. 4, comma 2, della legge Provinciale sugli espropri 1993 è avvenuta dopo l’entrata in vigore della presente legge».
Trattasi di una importante norma transitoria che impone che alla presente  controversia  sia  applicata  la  normativa  anteriore  alle modifiche apportate dalla legge Provincia RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022.
Ed infatti, il ricorso è stato presentato l’1/12/2021, quindi prima dell’entrata  in  vigore  delle  modifiche  di  cui  alla  legge  Provincia  di RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022, quando gli adempimenti di cui all’art. 4, comma 2, della legge Provinciale sugli espropri n. 6 del 1993 erano stati già compiuti.
Resta assorbito il secondo motivo di impugnazione, relativo alle  questioni  di  legittimità  costituzionale  in  ordine  alla  pregressa normativa, prima delle modifiche di cui alla legge Provincia di RAGIONE_SOCIALE n. 6 del 2022.
 La  sentenza  impugnata  deve,  quindi,  essere  cassata,  con rinvio  alla  Corte  d’appello  di  RAGIONE_SOCIALE,  in  diversa  composizione,  che provvederà anche sulla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 marzo 2025