Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6836 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6836 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20536/2023 r.g. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative a questo procedimento a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-ricorrente –
contro
Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come per mandato in atti, la quale dichiara di voler ricevere tutti gli avvisi e le comunicazioni di cancelleria a ll’ indirizzo di posta elettronica certificata indicato
– controricorrente –
avverso l ‘ordinanza della Corte di appello di Trento n. 88/2023, depositata il 10/3/2023
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/3/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con ricorso depositato l’1/12/2021 germano COGNOME quale coltivatore diretto iscritto nella sezione prima degli imprenditori agricoli della Provincia autonoma di Trento (PAT), nonché affittuario della particella 3235 del Comune di Arco, chiedeva alla Corte d’appello il riconoscimento dell’indennità aggiuntiva spettante al coltivatore diretto, già prevista dall’art. 17 della legge n. 865 del 1971 e, successivamente, dall’art. 42 del d.P.R. n. 327 2001 e, in ambito provinciale, dall’art. 20, comma 3, della legge Provinciale n. 6 del 1993.
Si costituiva in giudizio la Provincia autonoma di Trento (PAT) eccependo l’inammissibilità della domanda, in quanto il COGNOME non aveva presentato la richiesta di riconoscimento dell’indennità aggiuntiva entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune, «non potendosi ritenere rilevante a tali fini il ricorso proposto alla C.P.E. successivamente alla notificazione della determinazione di autorizzazione all’esproprio ai comproprietari del ablato, sottoscritto anche dall’affittuario.
Con successiva memoria l’attore chiedeva un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4, comma 4-bis, della legge Provinciale n. 6 del 1993, in modo tale da ricondurre l’adempimento previsto da tale norma, da effettuarsi entro il termine di 30 giorni, ai soli soggetti «destinatari di provvedimenti ablatori, come nell’ipotesi
dei proprietari del fondo da espropriare che fossero anche contestualmente coltivatori diretti.
Tale termine non poteva essere applicato al mero affittuario, «privo di qualsivoglia informazione e cognizione circa l’attivazione di una procedura espropriativa afferente il bene al medesimo affittato».
L’affittuario avrebbe potuto, invece, proporre il ricorso «entro il termine prescrizionale decennale».
Il tribunale con ordinanza del 22/3/2022, ritenute superflue le prove orali, chiedeva l’acquisizione di una nota ad opera della PAT, con la quantificazione dell’indennità di coltivazione dovuta all’affittuario della particella n. 3235 del Comune di Arco.
La Provincia autonoma di Trento depositava documentazione il 29/4/2022, quantificando l’entità dell’indennità richiesta dal ricorrente nella misura di euro 25.984,68.
La Corte d’appello di Trento, con ordinanza del 15/2/2023, pubblicata il 10/3/2023, dichiarava inammissibili le domande formulate dal COGNOME.
In particolare, la Corte territoriale evidenziava che la procedura ablativa era iniziata nel corso dell’anno 2018 e che il Comune di Arco aveva notificato il deposito della documentazione prescritta per l’avvio dell’espropriazione ai proprietari della particella 3235, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Questi ultimi avevano presentato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, «segnalando l’esistenza di un contratto di affitto agrario e quindi di insediamento sul fondo di un coltivatore diretto».
Proseguiva la Corte d’appello evidenziando che «ai sensi dell’art. 4, comma 3, della L.P. 6/93 i proprietari dell’area espropriata devono avvisare il coltivatore (che è soggetto terzo) dell’avvio della procedura espropriativa».
Il COGNOME – ad avviso del giudice di merito – aveva sostenuto di non avere ricevuto alcuna notifica di atti inerenti le espropriazioni e aveva presentato domanda di liquidazione dell’indennità di coltivazione prevista dall’art. 20 della legge Provinciale Trento n. 6/93 soltanto nel 2021, quindi quasi 3 anni dopo la scadenza del termine a tale fine normativamente fissato.
La Corte d’appello, dunque, reputava inammissibile la domanda di indennizzo in quanto l’attore l’aveva presentata «dopo la scadenza del termine perentorio di 90 giorni dalla pubblicazione di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge Provinciale n. 6/1993».
La Corte di merito riportava anche il contenuto dell’art. 4, comma 2, della legge Provinciale n. 6 del 1993 laddove prevedeva che «gli interessati, pena decadenza, devono presentare domanda di pagamento dell’indennità di coltivazione di cui all’art. 20 della L.P. 6/1993. Entro lo stesso termine i richiedenti devono trasmettere al promotore dell’espropriazione della documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità».
Pertanto – a giudizio della Corte territoriale – il testo normativo era chiaro nell’imporre al coltivatore diretto che intendesse chiedere il riconoscimento dell’indennità aggiuntiva «gli adempimenti ivi indicati, nel rispetto dei termini di legge».
Aggiungeva la Corte d’appello che tali disposizioni normative «assecondano l’esigenza dell’amministrazione espropriante di definire entro un arco temporale circoscritto alle problematiche inerenti gli aspetti finanziari delle procedure ablative».
Contrasterebbe con i principi a cui è ispirata la ‘buona amministrazione’ la procedura «che consentisse di avanzare richieste di pagamento dell’indennità espropriativa distanza di anni», con la precisazione che «le argomentazioni del ricorrente volte ad
escludere efficacia vincolante ai termini di natura decadenze alle non trovano alcuna giustificazione».
6.Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’attore.
Ha resistito con controricorso la Provincia autonoma di Trento.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «violazione ed erronea applicazione di legge (art. 4, commi 3 e 4bis, legge Provinciale n. 6/1993) – art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
In particolare, il ricorrente muove dalla riconoscimento per legge dell’indennità aggiuntiva all’affittuario coltivatore diretto, sia ai sensi dell’art. 17 della legge n. 865 del 1971, sia ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 327 2001, quale «credito avente una funzione compensativa del pregiudizio provocato (dall’esproprio) all’attività lavorativa» (si citano Cass. n. 7975 del 2021; Cass. n. 11464 del 2016; Cass. n. 19931 del 2017).
Aggiunge il ricorrente che il diritto al conseguimento dell’indennità aggiuntiva, con riferimento al coltivatore diverso dal soggetto ablato, a cui l’ente espropriante non notifica alcun atto della procedura espropriativa, «proprio a fronte delle relative autonomia ed alterità rispetto all’indennità ablatoria correlata alla perdita del diritto dominicale», era esercitabile nel termine di prescrizione decennale «decorrente dall’emanazione del provvedimento ablatorio».
La disciplina dell’erogazione dell’indennità aggiuntiva al fittavolo coltivatore diretto doveva essere «omogenea per tutti i coltivatori diretti ed imprenditori agricoli operanti sul territorio nazionale», prospettandosi quindi «un’interpretazione costituzionalmente orientata degli articoli 4, comma 4bis e 20 della legge Provinciale n.
6/1993», necessariamente coerente «con i principi sanciti dagli articoli 3,35 e 41 della Costituzione», sollevando l’imprenditore agricolo che espletati la propria attività su fondi ricompresi nel territorio provinciale, «di adempimenti da effettuare entro draconiani termini decadenziali», che non rendono possibile esercizio in concreto del diritto «entro l’ordinario termine di prescrizione decennale, riconosciuto, invece, ad ogni imprenditore nel residuo territorio nazionale».
Pertanto, in tale contesto l’adempimento prescritto dall’art. 4, comma 4-bis, della legge Provinciale n. 6 del 1993, da effettuare all’epoca entro il termine di 30 giorni (poi incrementato nelle more del procedimento a 90 giorni dall’art. 11 della legge Provinciale Trento n. 6 del 2022) deve ritenersi cogente esclusivamente per il coltivatore diretto che sia anche proprietario del fondo ablato e risulti, dunque, destinatario dei provvedimenti della procedura ablatoria.
Tale termine, però, non potrebbe riguardare «il coltivatore diretto, che sia, invece, un mero affittuario del terreno da acquisire in via coattiva da parte della PA, nei cui confronti, anche a seguito della comunicazione da parte del proprietario del fondo della sussistenza di un rapporto di affittanza agraria, l’ente promotore dell’espropriazione non inoltra comunicazioni di sorta».
L’affittuario coltivatore diretto, non proprietario del suolo, può esercitare il diritto all’indennità aggiuntiva nel rispetto del suo termine di prescrizione decennale decorrente dalla conclusione della procedura ablatoria.
Nella specie, il ricorrente allega che al momento dell’avvio della procedura espropriativa, verificatosi nel 2018, mai notificata al COGNOME, ma solo ai comproprietari del fondo agricolo, gli atti erano
stati pubblicati presso l’albo pretorio del Comune di Arco dall’11/5/2018 al 9/6/2018.
Ed infatti, in tale lasso temporale era vigente il comma 4-bis dell’art. 4 della legge Provinciale Trento n. 6 del 1993, come introdotto dalla legge sulle espropriazioni provinciali dall’art. 50 della legge Provinciale n. 14 del 2014.
L’art. 4, comma 4bis , della legge Provinciale Trento n. 6 del 1993, stabiliva che «la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 20 è recapitata al promotore dell’espropriazione entro il termine perentorio di 30 giorni dal termine del periodo di pubblicazione all’albo comunale dell’avviso ai sensi del comma 2».
Non era dunque previsto alcun adempimento diretto da parte del titolare di tale credito, non essendo contemplata «la necessità di formulazione di alcuna domanda di relativa corresponsione, per giunta entro un termine decadenziale».
La domanda poteva essere presentata, allora, nel termine di prescrizione decennale.
Tuttavia, successivamente all’attivazione del procedimento giurisdizionale da parte del COGNOME, la PAT ha modificato la legge Provinciale Trento n. 6 del 1993, imponendo «al coltivatore diretto non proprietario del fondo espropriato una serie di adempimenti, da effettuare addirittura entro un termine decadenziale (ovviamente non invocabili nel caso di specie)».
La Provincia promulgava la legge n. 6 del 16/6/2022 che, all’art. 11, modificava proprio il comma 3 dell’art. 4 della legge Provinciale n. 6 del 1993.
Si gravava il proprietario del fondo espropriato di un obbligo di inserire nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio, da inoltrare all’ente promotore dell’espropriazione, relativa all’eventuale
sussistenza di diritti personali a favore di terzi sui fondi espropriandi (i contratti di affitto agrario), onerando il dichiarante dell’attestazione di avere «comunicato al terzo (ossia l’affittuario) l’avvio della procedura espropriativa».
Veniva modificato anche il comma 4-bis dell’art. 4 della legge n. 6 del 1993, prevedendosi l’obbligo per il titolare del credito di formalizzare la corrispondente domanda all’ente promotore dell’espropriazione, entro un termine decadenziale «inconfigurabile nell’ordinamento sulle espropriazioni provinciali fino a tale momento».
Tuttavia, la Corte d’appello avrebbe commesso l’errore di applicare alla fattispecie in esame una normativa sopravvenuta che, in virtù della disciplina transitoria stabilita dall’art. 38, comma 3, della legge Provinciale n. 6 del 2022, non poteva trovare applicazione retroattiva.
Pertanto, sia l’obbligo per il COGNOME di rispettare il termine di 90 giorni dalla pubblicazione dell’avviso di avvio della procedura espropriativa all’albo pretorio del Comune, sia emulazione di una domanda di riconoscimento dell’indennità e la diretta trasmissione di determinati atti all’ente promotore dell’espropriazione da parte del coltivatore diretto affittuario e non proprietario, erano inesistenti «al momento dell’avvio della procedura espropriativa che ha interessato il bene a vocazione agricola detenuto dal signor NOME COGNOME.
La previsione «appena e decadenza» sarebbe stata introdotta nell’art. 4, comma 4-bis, della legge Provinciale Trento n. 6 del 1993, soltanto in forza della modifica apportata con l’art. 11 della legge Provinciale n. 6 del 2022.
In realtà, l’art. 4, comma 4-bis, della legge n. 6 del 1993, come modificato dall’art. 11 della legge Provinciale Trento n. 6 del 2022, era in vigore soltanto dal giorno 18/6/2022 ed era, in quanto tale,
irrilevante nel caso in questione, dovendosi applicare la norma nella conformazione anteriormente vigente.
Tra l’altro, la Corte d’appello ha aggiunto che «una procedura che consentisse di avanzare richieste di pagamento dell’indennità espropriativa a distanza di anni contrasterebbe con i principi di buona amministrazione».
La Corte di merito ha ritenuto, inoltre, che, pur in assenza di adempimenti notificatori da parte dell’ente promotore dell’espropriazione nei confronti del coltivatore diretto, diverso dal proprietario del bene, ciò fosse superabile attraverso la configurabilità di un obbligo del proprietario dell’area espropriata di rendere edotto il coltivatore affittuario dell’avvio della procedura.
Ed infatti, l’inserimento nella dichiarazione dei inviare all’ente promotore dell’espropriazione da parte del proprietario destinatario dei provvedimenti ablatori, oltre che dell’esistenza di contratti di affitto agrario, «pure dell’intervenuta comunicazione all’affittuario dell’avvio della procedura espropriativa», era stato previsto solo con l’art. 4, comma 3, della legge Provinciale n. 6 del 1993, ma «nella sola formulazione individuata dall’art. 11, comma 2, della legge Provinciale n. 6 del 2022.
Tanto è vero che la dichiarazione dei comproprietari aveva precisato che sugli immobili oggetto di espropriazione era stato stipulato un contratto di affitto di fondo rustico in favore di COGNOME, ma «omettendo qualsiasi dichiarazione di avvenuta comunicazione al medesimo dell’avvio del procedimento espropriativo, in quanto non prescritta da alcuna disposizione normativa all’epoca vigente ed in concreto non effettuata».
Con il secondo motivo di impugnazione, «in via di mero subordine», il ricorrente cesella la censura di illegittimità costituzionale, con riferimento all’art. 4, comma 4bis , della legge
Provinciale n. 6 del 1993, «nel testo anteriore alla relativa novellazione, come operata dalla legge Provinciale n. 6/2022, con conseguente disconoscimento dell’esercitabilità del diritto stesso nell’ordinario termine di relativa prescrizione».
2.1. Quanto alla rilevanza, il ricorrente deduce che l’omessa declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4, comma 4bis , della legge Provinciale n. 6/1993, «ove ritenuto costitutivo di un termine decadenziale per l’esercizio del diritto anzidetto, precluderebbe il conseguimento da parte dell’odierno ricorrente della agognata indennità al medesimo effettivamente spettante».
2.2. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione «sollevata in via subordinata», il ricorrente rammenta come «l’assoggettamento dell’esercizio del diritto di credito riconosciuto all’affittuario espropriato in ambito provinciale ad adempimenti da effettuare entro rigorosi termini, il cui superamento produrrebbe effetti decadenziale» creerebbe «solo per le espropriazioni effettuate sul territorio provinciale in attuazione della legge Provinciale n. 6/1993 e, segnatamente, del relativo art. 4, irragionevoli situazioni di disparità di trattamento tra il coltivatore diretto che operi in ambito locale e quelli che espletano invece la loro attività lavorativa nel residuo territorio nazionale».
Questi ultimi, infatti, sono legittimati ad esperire l’azione di tutela del credito aggiuntivo entro l’ordinario termine prescrizionale.
La norma in oggetto, nella versione applicabile al rapporto contenzioso per cui è causa, sarebbe contrastante con gli articoli «35,36, nonché 41, in relazione all’art. 3 della Costituzione ed alle previsioni dell’art. 42 del TUE».
Ed infatti, all’indennità aggiuntiva spettante al coltivatore diretto del fondo espropriato viene riconosciuta una funzione autonoma rispetto all’indennità di espropriazione, in quanto trova il proprio
fondamento «nella diretta attività di prestazione d’opera sul terreno espropriato e nella situazione privilegiata che gli articoli 35 e seguenti della Costituzione assicurano alla posizione del lavoratore».
Pertanto, poiché la tutela del lavoro deve risultare omogenea sull’intero territorio nazionale e poiché l’art. 41 della Costituzione deve consentire l’esercizio dell’attività di impresa agricola in uguali condizioni, pure a tutela della concorrenza, non vi può essere differenziazione tra le varie regioni.
Si deduce anche la «violazione dei limiti della competenza legislativa primaria della PAT (art. 8, comma 1, n. 22), anche in relazione all’art. 4 del d.P.R. 31/8/1972, n. 670 ed all’art. 117, 2º comma, lettera l), della Costituzione».
È vero che il settore in esame, ex art. 8, comma 1, n. 22, dello Statuto d’autonomia, rientra nelle prerogative legislative della PAT, ma è indubbio «che il relativo esercizio debba essere effettuato nel rispetto dei principi costituzionali dell’ordinamento».
Tra tali principi deve essere inserita anche la tutela del lavoro, ex art. 35 della Costituzione, che afferisce pure al settore dell’ordinamento civile e della tutela del credito, che appartiene all’esclusiva competenza legislativa dello Stato, ex art. 117, 2º comma, lettera l), della Costituzione.
Con la previsione di una causa di decadenza dalla fruibilità dell’indennità aggiuntiva, in difetto di effettuazione di determinati adempimenti entro un lasso temporale estremamente contenuto, «non prescritta nel residuo territorio nazionale», si crea «un illogica ed ingiustificata diversificazione della tutela e della concreta conseguibilità del corrispondente credito da parte del coltivatore diretto affittuario di un bene espropriato, in violazione dei valori costituzionali, la cui salvaguardia avrebbe dovuto permeare anche la
legislazione provinciale con conseguente violazione dei correlati limiti di competenza legislativa anzidetti».
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
3.1. Non v’è dubbio che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, la fattispecie in esame sia disciplinata dalla legge Provinciale di Trento n. 6 delle 19/2/1993, prima delle modifiche apportate a tale legge dalla successiva legge Provinciale 16/6/2022, n. 6.
L’art. 4 della legge Provinciale Trento n. 6 del 1993, prima delle modifiche del 2022, stabilisce, al comma 1 che «il procedimento espropriativo è avviato a seguito del deposito della domanda di avvio del procedimento presso il Comune nel cui territorio ricadono gli immobili da espropriare, previo finanziamento dell’opera pubblica da realizzare e della spesa presunta per espropriazione. La domanda è corredata dalla documentazione individuata con deliberazione della giunta provinciale».
Al comma 2 si prevede che «entro 10 giorni dal ricevimento della domanda, il sindaco dà notizia dell’avvenuto deposito al pubblico mediante avviso da affiggere nell’albo comunale per 30 giorni consecutivi ed a comunicare proprietari e, se conosciuti, agli eventuali possessori mediante notificazione nelle forme di cui all’art. 6, comma 5».
Al comma 3, prima delle modifiche apportate nel 2022, si chiarisce che «entro il termine perentorio di 30 giorni successivi al decorso del periodo di pubblicazione all’albo comunale previsto dal comma 2, gli interessati possono presentare osservazioni, depositandole nella segreteria del Comune. Entro lo stesso termine, per la determinazione del valore venale del bene ai fini del calcolo dell’inedita di esproprio, i proprietari o gli usufruttuari, quando sul bene insiste il diritto di usufrutto, rendono una dichiarazione
sostitutiva di atto notorio relativa alla sussistenza o alla mancata sussistenza sul bene oggetto di espropriazione di diritti reali o personali a favore di terzi e alla loro durata, inclusi i contratti per i quali l’art. 20, comma 3, prevede l’erogazione di un’indennità aggiuntiva e possono».
4.1. Il comma 3 dell’art. 4 della legge n. 6 del 1993 è stato profondamente inciso dalle modifiche di cui alla legge Provinciale di Trento n. 6 del 2022, ed è stato così ridisegnato: «entro il termine perentorio di 30 giorni successivi al decorso del periodo di pubblicazione all’albo comunale previsto dal comma 2, gli interessati possono presentare osservazioni, depositandole nella segreteria del Comune. Entro lo stesso termine, per la determinazione del valore venale del bene ai fini del calcolo dell’inedita di esproprio, i proprietari o gli usufruttuario, quando sul bene insiste il diritto di usufrutto, devono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio relativa alla sussistenza o alla mancata sussistenza sul bene oggetto di espropriazione di diritti personali a favore di terzi, inclusi i contratti di godimento a titolo oneroso e i contratti per i quali l’art. 20, comma 3, prevede l’erogazione di un’indennità aggiuntiva, indicandone la durata, gli estremi della registrazione e dichiarando di aver comunicato al terzo l’avvio della procedura espropriativa; entro il medesimo termine essi possono».
Pertanto, due sono le rilevanti novità imposte dalle modifiche di cui alla legge Provinciale Trento n. 6 del 2022: da un lato, l’espressa menzione da parte dei proprietari nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio della sussistenza di «contratti di godimento a titolo oneroso»; dall’altro, la dichiarazione da parte dei proprietari «di aver comunicato al terzo l’avvio delle procedure espropriative».
4.2. È stato poi aggiunto al comma 3bis all’art. 4 la previsione per cui «la mancata presentazione della dichiarazione sostitutiva
resa ai sensi del comma 3 non sospende la procedura espropriativa. In questi casi l’indennità sono liquidate dopo la presentazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio prevista dal comma 3».
Altra rilevante modifica, avvenuta il 2022, attiene al comma 4-bis, dell’art. 4 della legge Provincia di Trento n. 6 del 1993.
5.1. In particolare, l’art. 4, comma 4-bis, della legge Provinciale Teramo n. 6 del 1993, prima delle modifiche apportate nel 2022, stabilisce: «la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 20 è recapitata al promotore dell’espropriazione entro il termine perentorio di 30 giorni dal termine del periodo di pubblicazione all’albo comunale dell’avviso ai sensi del comma 2».
5.2. Il medesimo art. 4, comma 4-bis, dopo le modifiche di cui alla legge della Provincia di Trento n. 6 del 2022, è invece del seguente tenore: «entro il termine perentorio di 90 giorni dalla pubblicazione prevista dal comma 2 gli interessati, pena decadenza, devono presentare domanda di pagamento dell’indennità di coltivazione di cui all’art. 20 e trasmettere al promotore dell’espropriazione la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità. Nel caso di procedure promosse dall’amministrazione provinciale la domanda di pagamento dell’indennità di coltivazione e la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti per la corresponsione dell’indennità aggiuntiva è trasmessa all’autorità espropriante».
Le differenze rilevanti sono: la fissazione del termine perentorio di 90 giorni dalla pubblicazione prevista dal comma 2, in luogo dei 30 giorni della precedente disciplina; la previsione espressa della «decadenza» in caso di mancato rispetto del termine perentorio;
l’espressa indicazione della necessità di presentare una «domanda di pagamento».
Viene inoltre sostituito dall’art. 12 della legge Provinciale Trento n. 6 del 2022 il comma 5 dell’art. 20 della legge Provinciale Trento n. 6 del 1993.
Pertanto, «entro 30 giorni dalla presentazione della domanda di cui all’art. 4, comma 4-bis, e comunque non prima dell’emissione del decreto previsto dall’art. 6, il promotore dell’espropriazione provvede al pagamento dell’indennità o all’assunzione dell’impegno di spesa; indennità è liquidata entro 30 giorni dalla data di esecutività del provvedimento».
Resta immutato, invece, l’articolo 20, comma 3, per il quale «l’indennità aggiuntiva prevista dal comma 2 spetta al fittavolo o al mezzadro a condizione che essi coltivino o adibiscano ad attività agricola l’area da espropriare e risultino iscritti al registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge n. 580 del 1993, nella sezione speciale come imprenditori agricoli o coltivatori diretti, da almeno un anno, o, se esonerati da tale iscrizione ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge n. 77 del 1997, risultino comunque in possesso, da almeno un anno, di una partita Iva relativa all’attività agricola esercitata. L’indennità spetta anche al titolare di impresa agricola o alla società agricola che, alle stesse condizioni, coltivi o adibisca ad attività agricola i fondi di proprietà dei familiari conviventi o dei soci. L’indennità prevista da questo comma è corrisposta anche nel caso di espropriazione di area classificata edificabile o edificata; per quest’ultima la maggiorazione è calcolata sul valore agricolo medio attribuito all’orto».
Di assoluto rilievo, per la decisione della presente controversia, è, però, l’art. 38, comma 3, della legge Provinciale di Trento n. 6 del 2022, mente del quale «gli articoli 4,20,21 e 27 della
legge Provinciale sugli espropri 1993, come modificati dalla presente legge, si applicano alle procedure espropriative la cui pubblicazione ai sensi dell’art. 4, comma 2, della legge Provinciale sugli espropri 1993 è avvenuta dopo l’entrata in vigore della presente legge».
Trattasi di una importante norma transitoria che impone che alla presente controversia sia applicata la normativa anteriore alle modifiche apportate dalla legge Provincia Trento n. 6 del 2022.
Ed infatti, il ricorso è stato presentato l’1/12/2021, quindi prima dell’entrata in vigore delle modifiche di cui alla legge Provincia di Trento n. 6 del 2022, quando gli adempimenti di cui all’art. 4, comma 2, della legge Provinciale sugli espropri n. 6 del 1993 erano stati già compiuti.
Resta assorbito il secondo motivo di impugnazione, relativo alle questioni di legittimità costituzionale in ordine alla pregressa normativa, prima delle modifiche di cui alla legge Provincia di Trento n. 6 del 2022.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione, che provvederà anche sulla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 marzo 2025