Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24282 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24282 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30187-2019 proposto da
FORTUNATO COGNOME NOME, FORTUNATO NOME COGNOME, FORTUNATO COGNOME NOME, FORTUNATO COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso il suo indirizzo PEC
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, dalle avvocate NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
-controricorrente –
R.G.N. 30187/2019
COGNOME.
Rep.
C.C. 13/06/2024
giurisdizione Indebito previdenziale. Recupero dell’indebito e decadenza.
per la cassazione della sentenza n. 798 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI BARI, depositata l’8 aprile 2019 (R.G.N. 2470/2017). Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Il Tribunale di Bari, in accoglimento della domanda proposta dalla NOME NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ha accertato l’infondatezza della pretesa di restituzione dell’importo di Euro 8.314,77, relativo alla maggiorazione sociale percepita dal gennaio 2002 al 31 dicembre 2004 , e ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE a restituire le somme nel frattempo trattenute.
-Con la sentenza n. 798 del 2019, depositata l’8 aprile 2019, la Corte d’appello di Bari ha accolto in parte il gravame dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda «di declaratoria di illegittimità dell’indebito contestato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per gli anni 2002 e 2003», confermando la decisione del Tribunale quanto alla declaratoria d’illegittimità dell’azione di recupero relativa all’anno 2004.
2.1. -A fondamento della decisione, per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha rispettato il termine annuale di decadenza sancito dall’art. 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, per quel che concerne l’indebito risalente agli anni 2002 e 2003.
Con la missiva del 2004, l’RAGIONE_SOCIALE ha inteso manifestare l’intenzione di recuperare le somme indebitamente corrisposte e tanto basta ad avvalorare il tempestivo avvio della procedura di recupero e ad escludere la decadenza.
Il termine di decadenza, invece, è vanamente decorso per l’indebito relativo al 2004, in quanto l’appellante non ha dimostrato di aver notificato una tempestiva richiesta di restituzione.
2.2. -La missiva del 2004, inoltre, racchiude una chiara esplicitazione della pretesa creditoria e si dimostra idonea, pertanto, a interrompere la prescrizione decennale.
-I signori NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione, con due motivi, contro la sentenza della Corte d’appello di Bari.
-L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso .
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-In vista dell’adunanza in camera di consiglio, i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412.
Secondo le cadenze temporali delineate dalla legge , nell’anno civile in cui «si è avuta la conoscibilità dei redditi», l’RAGIONE_SOCIALE dovrebbe procedere alla verifica «delle situazioni reddituali dei pensionati», per poi avviare, entro l’anno successivo, il recupero (pagina 8 del ricorso per cassazione).
Avrebbe errato la Corte di merito nel considerare tempestiva la richiesta di restituzione, avanzata per gli anni 2002 e 2003, e nel configurare una mera comunicazione sulla sussistenza de ll’indebito come l ‘ avvio di quel l’attività di recupero, che sola può evitare la decadenza. L’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dichiarato esplicitamente, nel
documento richiamato dai giudici d’appello, di non voler procedere al recupero delle somme.
1.1. -Il motivo dev’essere , nel suo complesso, disatteso.
1.2. -La Corte territoriale non ha violato la disciplina di legge (art. 13 della legge n. 412 del 1991), che impone all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di procedere alla verifica nell’anno civile in cui ha potuto acquisire conoscenza dei redditi maturati dal beneficiario di una determinata prestazione e di procedere, quindi, al recupero dell’eventuale indebito, a pena di decadenza, entro l’anno civile successivo a quello della verifica (Cass., sez. lav., 8 febbraio 2019, n. 3802).
Questa Corte ha chiarito che, entro l’anno successivo alla verifica, l ‘ RAGIONE_SOCIALE deve formalizzare la richiesta di restituzione dell ‘ importo ritenuto indebito e iniziare, dunque, il procedimento amministrativo di recupero, portandolo a conoscenza del pensionato, e non già provvedere all ‘ effettivo recupero dell ‘ importo stesso (Cass., sez. lav., 20 maggio 2021, n. 13918).
1.3. -La verifica della tempestività dell’avvio del recupero rappresenta indagine di fatto, che i giudici d’appello hanno compiuto sulla scorta delle risultanze documentali, in conformità ai princìpi di diritto enunciati da questa Corte.
La comunicazione del 19 ottobre 2004, recapitata alla NOME COGNOME il 7 dicembre 2004, «rappresenta a chiare note all’assicurato che, in base ai nuovi dati reddituali acquisiti», si riscontra un incremento dell’importo lordo della pensione e provvede, dunque, a quantificare l’importo complessivo delle somme riscosse in eccedenza a titolo di maggiorazione sociale (pagina 2 della sentenza d’appello, punto 4).
Secondo la Corte di merito, il documento menzionato, pur precisando che l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe recuperato queste somme solo in via di extrema ratio , si prefigge di «notificare il prima possibile l’indebito , onde non incorrere nel termine decadenziale ex art. 13 cit.,
fornendo altresì all’assicurato la possibilità di rettificare o precisare, se del caso, i dati reddituali acquisiti, dai quali era scaturita la verifica dell’indebito di cui sopra (rettifica e/o precisazione che, nella specie, in modo sintomatico, non è pacificamente mai intervenuta)» (pagina 2 della sentenza impugnata, punto 5).
La Corte d’appello di Bari non manca di porre l’accento su l richiamo della nota dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE all’art. 13 della legge n. 412 del 1991, che reca la normativa sul l’indebito e sancisce termini di decadenza per l’attività d i recupero.
1.4. -Nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, riveste rilievo essenziale il fatto che l’RAGIONE_SOCIALE, proprio sulla scorta della disciplina sul recupero dell’indebito, richiamata ex professo nella comunicazione, informi di avere riscontrato somme corrisposte in eccedenza, le determini in modo puntuale e ragguagli la pensionata su tutti gli elementi di valutazione nel frattempo acquisiti.
La comunicazione, pur additando il recupero quale extrema ratio e pur sollecitando l’interlocuzione dell’ accipiens , dà piena e documentata contezza dell’indebito e conferisce, dunque, una veste formale alla pretesa restitutoria, anche mediante il richiamo alla disciplina sul recupero delle somme indebitamente percepite.
La Corte di merito, nell’indagine di fatto che era chiamata a compiere, non ha trascurato gli elementi favorevoli alla prospettazione dei ricorrenti e si è cimentata con un’analisi approfondita del testo complessivo della comunicazione e delle finalità che essa persegue, senza incorrere nei vizi di violazione di legge denunciati nel ricorso.
Le espressioni, su cui i ricorrenti oggi pongono l’accento, non incrinano la coerenza della ricostruzione delineata nella pronuncia d’appello e s’iscrivono nel carattere collaborativo, connaturato alla fase prodromica della procedura e funzionale all’esigenza di sgombrare il campo, sin dalle prime battute, da incertezze e contestazioni.
A ll’ apprezzamento della Corte d’appello i ricorrenti, anche nella memoria illustrativa, ambiscono a contrapporre una diversa, più favorevole, lettura dei dati probatori acquisiti, che giunge a considerare tamquam non esset la comunicazione del 19 ottobre 2004 e ne estrapola alcuni passaggi dal contesto, che la sentenza impugnata ha considerato, invece, nella sua interezza, offrendone un inquadramento plausibile e coerente.
Resiste, pertanto, alle censure dei ricorrenti l’accertamento della Corte di merito, che, nella comunicazione del 19 ottobre 2004, ravvisa un valido avvio del procedimento, suscettibile d’impedire la decadenza eccepita.
2. -Le medesime ragioni, attinenti all’interpretazione della portata della missiva del 19 ottobre 2004, inducono a disattendere la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), che verte sulla violazione e sulla falsa applicazione degli artt. 2943 e 1219 cod. civ.
2.1. -Ad avviso dei ricorrenti, l ‘RAGIONE_SOCIALE, nella missiva del 2004, avrebbe manifestato la volontà di adoperarsi per non procedere al recupero delle somme , volontà incompatibile con l’intenzione di ottenere il soddisfacimento delle proprie pretese. Pertanto, la sentenza d’appello, nel qualificare la missiva come esternazione della volontà di esercitare i propri diritti, avrebbe violato la disciplina di legge, che subordinerebbe l’interruzione della prescrizione all’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto.
2.2. -Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, l ‘ atto d ‘ interruzione della prescrizione, ai sensi dell ‘ art. 2943, quarto comma, cod. civ., non deve necessariamente consistere in una richiesta o intimazione: è sufficiente una dichiarazione che, esplicitamente o per implicito, manifesti l ‘ intenzione di esercitare il diritto spettante al dichiarante (Cass., sez. II, 18 agosto 2022, n. 24913).
Ne discende che, ai fini dell ‘ interruzione della prescrizione, è sufficiente la mera comunicazione del fatto costitutivo della pretesa,
idonea a informare il debitore sulla volontà del creditore, chiaramente manifestata, di far valere il proprio diritto (Cass., sez. lav., 25 novembre 2015, n. 24054).
In particolare, questa Corte ha riconosciuto efficacia interruttiva alla lettera inviata dall’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al contribuente, contenente la quantificazione del credito e la precisazione che, in difetto di pagamento, si sarebbe proceduto all ‘ iscrizione a ruolo, e ha ritenuto irrilevante che, nello stesso atto, si manifestasse la disponibilità a rivedere la richiesta di pagamento in caso di contestazione (Cass., sez. lav., 18 gennaio 2018, n. 1166, richiamata dalla Corte d’appello di Bari e dalla parte controricorrente).
2.3. -Se un atto esplichi efficacia interruttiva della prescrizione, costituisce tipica indagine di fatto, riservata al giudice di merito (Cass., sez. lav., 11 ottobre 2022, n. 29518; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 5 settembre 2023, n. 25773).
In tale indagine, la sentenza d’appello si è conformata ai princìpi enunciati da questa Corte , osservando che l’RAGIONE_SOCIALE si è premurato di quantificare gl’importi indebiti e ha prefigurato in modo inequivocabile un’attività di recupero , mediante il richiamo alla pertinente disciplina di legge.
La pretesa, dunque, è stata esternata in modo univoco e non giova invocare, in senso contrario, il tono collaborativo e la disponibilità a ponderare gli eventuali chiarimenti forniti dall’interessato.
Il motivo di ricorso, dietro lo schermo della violazione di legge, tende, in ultima analisi, a ottenere la rivalutazione dell’accertamento di fatto sulla valenza interruttiva della comunicazione del 19 ottobre 2004.
Lungi dall’indicare circostanze decisive, veicolate nel contraddittorio processuale e trascurate dalla sentenza impugnata, la doglianza si risolve nella richiesta di attribuire un diverso significato ai fatti analiticamente ricostruiti dalla sentenza d’app ello.
Coglie, dunque, nel segno l’eccezione d’inammissibilità sollevata dall ‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (pagina 8 del controricorso).
-In virtù dei rilievi svolti, il ricorso dev’essere complessivamente respinto.
-Le spese del presente giudizio devono essere dichiarate irripetibili, alla luce della dichiarazione di cui all’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., debitamente prodotta con il ricorso per cassazione.
-L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo dei ricorrenti di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia in concreto dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara irripetibili le spese del presente giudizio.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione