Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1049 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1049 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
Oggetto
R.G.N. 12305/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
ORDINANZA
sul ricorso 12305-2022 proposto da: NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1410/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/12/2021 R.G.N. 953/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 12305/22
Rilevato che:
Con sentenza del 2.11.21 n. 1410, l a Corte d’appello di Milano rigettava l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza del tribunale di Sondrio che aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da quest’ultima nei confronti del provvedimento monitorio emesso su ricorso dell’Inps per la restituzione dell’importo di € 8.170,73, a titolo di indennità di disoccupazione indebitamente percepita, per il periodo 5.12.1518.6.17.
Il tribunale rilevava che la ricorrente aveva chiesto il ripristino e il riavvio dell’ASPI, nonostante fosse decaduta dalla precedente prestazione per essere intercorso un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Quindi, si trattava di un’erronea pr esentazione di domanda di ripristino dell’Aspi, anziché di una domanda nuova, in relazione al contratto di lavoro precedente a tempo
indeterminato: ciò dava luogo a un indebito oggettivo, istituto che prescinde, ex art. 2033 c.c., dall’accertamento della scusabilità o meno dell’errore che aveva dato luogo all’erronea corresponsione della prestazione previdenziale.
La Corte d’appello, da parte sua, ha confermato la sentenza di primo grado, precisando che l’ente previdenziale, solo a seguito di quanto dichiarato dal datore di lavoro poteva avvedersi dell’intercorsa perdita del diritto alla prestazione, pertanto, l’err onea erogazione non derivava da causa imputabile all’Ente.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, mentre l’Inps resiste con controricorso.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 2 commi da 1 a 12 della legge 92/12, dell’art. 9 comma 5 del DL n. 76/13, convertito con modificazioni dalla legge n. 99/13, dell’art. 1 del d.lgs. n. 22/15, dell’art. 443 c.p.c., nonché il vizio di falsa applicazione delle circolari Inps n. 57 del 6.5.14 e n. 94 del 12.5.15, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per errata ricostruzione della procedura di erogazione e sospensione dell’indennità Aspi -Naspi e per errata applicazione della disciplina sul procedimento amministrativo, perché la Corte d’appello, da una parte, non aveva tenuto conto che l’errore nella qualificazione della domanda non aveva provocato alcuna erronea lavorazione della procedura telematica dell’Inps, in quanto, il pagamento del l’indennità di disoccupazione era avvenuto nei periodi di concreta ed effettiva sospensione lavorativa, dall’altra, ha dedotto la contraddittorietà ed illogicità della motivazione nella ricostruzione dell’iter amministrativo che aveva preceduto la fase contenziosa, giustificando una conoscenza solo
postuma dell’Ente dell’inquadramento contrattuale della lavoratrice.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 54 della legge n. 88/89, della legge n. 241/90, sul procedimento amministrativo, degli artt. 1218, 1226, 1227 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte territoriale non aveva ravvisato la responsabilità dell’ Istituto previdenziale nel non consentire al ricorrente di presentare nei termini la ‘nuova domanda’ di Naspi ritenuta necessaria per l’erogazione del trattamento (in luogo di quella di ‘ripristino’ del beneficio) e per non aver riconosciuto il risarcimento del danno per erronee e/o tardive comunicazioni di carattere previdenziale, da parte dell’Inps.
Il primo e secondo motivo sono infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘ Nel caso di domanda di ripetizione dell’indebito proposta dall’IRAGIONE_SOCIALE in relazione alle somme corrisposte a titolo indennità di disoccupazione, qualora risulti accertato che l’erogazione è avvenuta ‘sine titulo’, la ripetibilità delle somme non può essere esclusa ex art. 2033, cod. civ., per la buona fede dell’accipiens, in quanto questa norma riguarda, sotto il profilo soggettivo, soltanto la restituzione dei frutti e degli interessi, non essendo inoltre neppure applicabile alla succitata fattispecie l’art. 1, commi duecentosessantesimo ss., legge n. 662 del 1996, che concerne esclusivamente le prestazioni pensionistiche ‘ (Cass. n. 12146/03) .
Come accertato dalla Corte di appello (cfr. p. 12 della sentenza impugnata), è la stessa ricorrente ad ammettere che vi era stato un errore nella presentazione della domanda, che avrebbe dovuto essere presentata con il modello ‘nuova domanda’ e non già con il modello ‘ripristino’, trattandosi di due fattispecie del tutto diverse, perché nel caso della mera sospensione dell’erogazione del trattamento di disoccupazione viene ripristinato lo stesso originario trattamento prima erogato, mentre nel caso di cessazione del diritto
all’indennità di disoccupazione (per stipula di un nuovo contratto a tempo indeterminato, come nella specie), la nuova necessaria domanda riguarda un distinto trattamento di disoccupazione, recante distinti requisiti concreti e una diversa disciplina della durata, in considerazione dei periodi di indennità di disoccupazione già fruiti (cfr. gli artt. 2 comma 14 e 15 e 11 comma 1 lett. b) del d.lgs. n. 92/12, sull’indennità di disoccupazione e gli artt. 5, 9 e 11 comma 1 lett. a) del d.lgs. n. 22/15, sulla COGNOME). Pertanto, trattandosi di indebito oggettivo, perché l’erogazione è avvenuta sine titulo , la ripetibilità non può essere esclusa per la buona fede dell’ accipiens .
Non si dà luogo alla liquidazione delle spese a carico della parte soccombente, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del