Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3516 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 3516  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23000-2017 proposto da
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona  del  legale  rappresentante pro  tempore , rappresentato  e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME NOME, con domicilio eletto  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso  l’Avvocatura centrale dell’Istituto
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME
-intimata – per  la  cassazione  della  sentenza  n.  358  del  2017  della  CORTE D’APPELLO DI LECCE, depositata il 24 marzo 2017 (R.G.N. 1771/2014).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
R.G.N. 23000/2017
COGNOME.
Rep.
C.C. 12/10/2023
Indebito previdenziale giurisdizione
1. -Con sentenza n. 358 del 2017, depositata il 24 marzo 2017, la Corte d’appello di Lecce ha respinto il gravame dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e ha conseguentemente confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accolto il ricorso della signora NOME COGNOME e aveva dichiarato non dovuto il pagamento della somma di Euro 9.552,08, condannando l’Istituto a restituire le «somme trattenute a tale titolo sulla pensione cat. VO, oltre interessi legali a decorrere dalla data di maturazione del diritto sino al soddisfo».
1.1. -A  fondamento  della  decisione,  la  Corte  territoriale  ha argomentato  che  risultano  «incomprensibili  le  ragioni  della  pretesa restitutoria  indicate  nel  provvedimento  datato  21.5.2013»  e  che nessuna  giustificazione è stata illustrata sull’origine dell’indebito dedotto in causa (pagina 3 della sentenza d’appello).
L’Istituto,  in  fase  di  gravame, ha  compiuto  una  vera  e  propria mutatio libelli , in quanto ha adombrato una rielaborazione matematica della pensione e non più l’estinzione per compensazione, allegata nel giudizio di primo grado.
Neppure sussiste il paventato rischio di duplicazione dei pagamenti, in  quanto  «l’indebito  di  Euro  9.552,08  risulta  pacificamente -già completamente  recuperato  per compensazione»  (pagina  4  della pronuncia).
1.2. -La Corte d’appello di Lecce ha evidenziato, in secondo luogo, che,  «trattandosi  di  indebito  dipendente  da  mero  errore  di  calcolo commesso dallo stesso Istituto al momento della liquidazione originaria della pensione, certamente lo stesso non è imputabile al pensionato, non  emergendo  profili  di  dolo  a  suo  carico,  sicché  le  somme  non sarebbero  comunque  ripetibili»  (la  già  richiamata  pagina  4  della sentenza d’appello).
-L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE impugna  per  cassazione  la  sentenza  della  Corte d’appello di Lecce, con ricorso notificato il 25 settembre 2017, affidato a un unico, complesso, motivo.
-Nessuna attività difensiva ha svolto in questa sede la signora NOME COGNOME.
-Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi al termine della camera di consiglio (art. 380bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
-Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1241 e seguenti cod. civ., dell’art. 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88, e dell’art. 13 della legge 30 dicembre 1991, n. 412.
Avrebbe errato la Corte d’appello di Lecce nel ravvisare un’inammissibile mutatio  libelli ,  a  fronte  di  allegazioni  difensive  che hanno sempre posto in risalto l’erroneità della contestazione racchiusa nella nota del 21 maggio 2013. A tale erroneità l’Istituto avrebbe posto rimedio con una «completa revisione di tutte le partite di dare e avere» (pagina 8 del ricorso per cassazione).
Pertanto, ad avviso del ricorrente, le acquisizioni probatorie  non dimostrerebbero né un «indebito da estinguere» né una «compensazione ai sensi dell’art. 1241 del codice civile» (pagina 10 del ricorso).  La  descritta  operazione  contabile  si  configurerebbe  come ‘compensazione impropria’ e l’uso del termine ‘compensazione’ non denoterebbe  alcuna  effettiva  operazione  di  recupero  dell’indebito (pagina 11 del ricorso).
-Il ricorso è inammissibile.
2.1. -Sotto l’egida della violazione di norme di legge, attinenti al regime della compensazione e alla disciplina dell’indebito previdenziale, il ricorso tende, nel suo complesso, a sollecitare a questa
Corte  una  rivalutazione  dei  fatti,  che  i  giudici  d’appello  hanno  già esaminato e apprezzato in termini convergenti con il giudice di primo grado.
Il motivo, lungi dal censurare una violazione delle norme di legge richiamate nella rubrica o un errore di sussunzione, si sostanzia nella richiesta  di  valutare  diversamente,  e  in  una  luce  più  favorevole,  le risultanze di causa e il tenore delle difese, che hanno condotto la Corte territoriale  a  configurare  una  fattispecie  d’indebito,  regolata iuxta propria principia .
Alla lettura, piana e coerente, delineata nella sentenza d’appello, il ricorso contrappone in modo assertivo un diverso inquadramento dei dati probatori e ambisce a riqualificare la vicenda come pura e semplice operazione  contabile  e  a  sminuire  il  riferimento  testuale  della  nota impugnata a un recupero d’indebito.
Da quest’angolo visuale, si coglie un primo profilo d’inammissibilità delle censure (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476).
2.2. -Le  doglianze,  inoltre,  si  appuntano  su  profili  sprovvisti  di valenza decisiva, come la mutatio libelli ravvisata dalla Corte di merito.
Il richiamo al mutamento d’impostazione difensiva è svolto solo ad abundantiam ,  ma  il  fulcro  della  pronuncia  impugnata  risiede  nella carenza di argomentazioni idonee a suffragare la pretesa restitutoria oggetto  del  contendere  e  nella  genericità  delle  deduzioni  difensive dell’Istituto (pagina 3).
Il ricorso non scalfisce in modo efficace l’indicata ragione del rigetto dell’appello.
Anche  da  questo  punto  di  vista,  si  apprezza  l’inammissibilità del l’impugnazione.
2.3. -Il ricorso, infine, non infirma in modo persuasivo l’ulteriore ratio decidendi esposta dalla sentenza d’appello e di per sé idonea a sorreggerla (pagina 4).
La  Corte  territoriale,  nel  disattendere  la  pretesa  restitutoria,  ha ribadito l’irripetibilità  delle  somme  riscosse,  sulla  scorta  dell’assenza del coefficiente psicologico del dolo dell’ accipiens .
Sul  profilo  in  esame,  il  ricorso  non  si  attarda  e  non  illustra argomenti che inducano a negarne la valenza decisiva.
Anche da  quest’angolazione ,  le  critiche  formulate  nel  ricorso  si palesano  inidonee  a  sovvertire  la  complessiva ratio  decidendi della pronuncia impugnata e dunque, in ultima analisi, inammissibili.
-Dalle considerazioni svolte discende  l’inammissibilità del ricorso.
-Nessuna statuizione si deve adottare in ordine alle spese del presente giudizio, in quanto la parte evocata in causa non ha svolto in questa sede alcuna attività difensiva.
-L a declaratoria d’inammissibilità del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo  del  ricorrente  di  versare  un  ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione