Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16947 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16947 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3345-2021 proposto da:
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE; – intimato – avverso la sentenza n. 1854/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/10/2020 R.G.N. 1123/2017;
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 3345/2021
Ud. 22/05/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa:
Con ricorso depositato innanzi al Tribunale di Frosinone in funzione di Giudice del lavoro i ricorrenti indicati in epigrafe convenivano in giudizio il Comune di Guarcino e l’INPS ed esponevano di essere stati assunti dal Comune di Guarcino con contratti a tempo determinato di cui alla legge 285/1977; di avere chiesto la liquidazione della indennità di premio servizio al Comune di Guarcino; che il Comune negli anni aveva versato le somme in questione all’INADEL, poi confluito nell’INPDAP e infine nell’INPS; che, chiarito l’errore costituito dal versamento, le somme non erano mai state restituite ai ricorrenti ma erano indebitamente trattenute dagli Enti convenuti. I ricorrenti chiedevano, allora, accertarsi il proprio diritto all’indennità di fine rapporto ovvero il proprio diritto al rimborso delle somme indebitamente trattenute dall’INPS e condannarsi gli Enti resistenti separatamente o in solido alla restituzione delle somme. Il Comune di Guarcino e l’INPS si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Frosinone rigettava la domanda.
I ricorrenti proponevano appello. Il Comune di Guarcino e l’INPS si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 1854/2020 depositata il 05/10/2020 la Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, rigettava l’appello.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME con due motivi. Il Comune di Guarcino si è costituito con
contro
ricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione. L’INPS è rimasto intimato.
La parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis. 1, c.p.c..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 22 maggio 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo la difesa dei ricorrenti deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 37 r.d. 3239/1928 e dell’art. 2033 c.c. in ordine al rigetto dell’azione di restituzione di somme indebitamente versate dal Comune di Guarcino all’INPS (già INADEL) relativamente all’indennità di fine servizio ex D.L.C.P.S. 04/04/1947, n. 2017 e D.L.C.P.S. 05/02/1948, 61. Secondo i ricorrenti la sentenza impugnata sarebbe meritevole di riforma nella parte in cui, nel negare la legittimazione attiva dei ricorrenti ad una domanda, e ad una pronuncia, restitutoria sulla base dell’art. 2033 c.c. sul presupposto che i lavoratori mai sarebbero entrati in possesso delle somme in questione perché versate, erroneamente, dal Comune di Guarcino all’INPS, avrebbe trascurato il disposto dell’art. 37 r.d. 3239/1928 che legittima la pronuncia restitutoria richiesta.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato. La parte ricorrente invoca il disposto del l’ art. 37 r.d. 3239/1928 che recita: «Art. 37. L’erronea riscossione, da parte dell’Istituto, di contributi per categorie di personale o per singoli impiegati non tenuti alla iscrizione non può far sorgere diritto alcuno ai benefici di cui all’art. 3 del R. decreto-legge 23 luglio 1925, numero 1605, per il solo fatto dell’avvenuta trattenuta del contributo stesso da parte dell’Ente e conseguente versamento all’Istituto. In tal caso, accertata l’erronea iscrizione, verranno restituiti
integralmente all’iscritto o agli aventi diritto i contributi erroneamente incassati». Si tratta, tuttavia, di una disposizione inapplicabile alla fattispecie ed evidentemente riferita ad altre ipotesi, pertanto ad avviso del Collegio la sentenza impugnata non merita censura sotto questo profilo.
1.2. La Corte di Appello ha esattamente escluso la legittimazione passiva dell’INPS con riguardo all’azione spiegata dai ricorrenti perché legittimato passivo all’azione di ripetizione dell’indebito, trattandosi di azione personale, è solo l’accipiens e in questo caso il Comune di Guarcino e non l’I stituto.
1.3. Tale conclusione è, peraltro, suffragata dal costante orientamento di questa Corte: in ipotesi di indebito contributivo, il datore di lavoro è l’unico legittimato all’azione di ripetizione nei confronti dell’ente anche con riguardo alle quota predetta, mentre il lavoratore che abbia subito l’indebita trattenuta può agire nei confronti del datore di lavoro che ha eseguito la trattenuta stessa (Cass. 11/01/2006, n. 239). Ed ancora: r ispetto all’azione di ripetizione di indebito oggettivo è passivamente legittimato solo il soggetto che ha ricevuto la somma che si assume essere non dovuta, come si evince dalla formulazione letterale dell’art. 2033 c.c. (Cass. 07/12/2016, n. 25170). Nel medesimo senso: in tema di obbligazione contributiva nelle assicurazioni obbligatorie, il datore di lavoro è direttamente obbligato, ai sensi dell’art. 19 della l. n. 218 del 1952, verso l’ente previdenziale anche per la parte a carico dei lavoratori dei quali non è rappresentante “ex lege’. Ne consegue che, in ipotesi di indebito contributivo, il datore di lavoro è l’unico legittimato all’azione di ripetizione nei confronti dell’ente anche con riguardo alle quota predetta (Cass. 29/01/2018, n. 2135).
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2948, n. 5, c.c., 1310 c.c., 2944 c.c. e 2935 c.c., in ordine al capo della sentenza nel quale la Corte di Appello ha ritenuto inutilmente decorso il termine di prescrizione circa la liquidazione, in favore dei ricorrenti, dell’indennità di premio servizio dovuta ai sensi D.L.C.P.S. 04/04/1947, n. 2017 e D.L.C.P.S. 05/02/1948, 61. Secondo i ricorrenti la sentenza impugn ata avrebbe errato nell’individuare la decorrenza del termine di prescrizione prima del 1998 e cioè prima che l’errore di devoluzione delle somme fosse riconosciuto e manifesto e avrebbe ulteriormente errato nel non ravvisare la sussistenza dei successivi atti idonei a interrompere la prescrizione costituiti dalle missi ve del Comune di Guarcino all’INPS e dagli atti di riconoscimento del debito riferibili all’INPS.
2.1. Il secondo motivo è infondato. Non erra la Corte di Appello quando afferma che il diritto dei ricorrenti alla indennità è nato al momento della cessazione del rapporto di lavoro e che la coeva sentenza della Corte costituzionale valeva a fugare qualsiasi incertezza circa la spettanza del diritto. La sentenza impugnata non merita censura nella parte in cui esclude che la prescrizione fosse decorrente solo dal 1998 e dalle missive nelle quali il Comune, avvedutosi dell’errore, ha chiesto all’INPS conto delle somme versate. Si tratta di un elemento successivo, relativo al rapporto tra il Comune e l’INPS e niente affatto decisivo per consentire ai ricorrenti l’esercizio dei loro, autonomi, diritti.
2.2. La Corte territoriale va esente da censure anche nella parte in cui esclude che le missive del Comune di Guarcino all’INPS possano fungere da interruzione prescrizione per conto dei lavoratori e tanto perché il Comune di Guarcino non
esercitava il diritto dei ricorrenti ma una pretesa propria ed autonoma.
2.3. Né vale sostenere che le missive del l’INPS al Comune di Guarcino possano valere quale riconoscimento del debito nei confronti dei ricorrenti, atteso che riguardavano diverso rapporto e non sussisteva alcun rapporto di debito dell’Istituto nei confronti dei ricorrenti.
2.4. Si consideri, infine, che il riconoscimento dell’altrui diritto, al quale l’art. 2944 cod. civ. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma costituisce un atto giuridico in senso stretto, di carattere non recettizio, il quale non richiede, in chi lo compie, una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo solo che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un fatto e non all’applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al giudice del merito, ed è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della correttezza logica e giuridica della motivazione. (Cass. 07/09/2007, n. 18904 del 07/09/2007). Ed ancora: il riconoscimento dell’altrui diritto, al quale l’art. 2944 cod. civ. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma costituisce un atto giuridico in senso stretto, di carattere non recettizio, il quale non richiede, in chi lo compie, una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo solo che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un fatto e non all’applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al giudice del merito, ed è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della correttezza
logica e giuridica della motivazione (Cass. 29/04/2003, n. 6651).
Il ricorso deve, allora, essere integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione della novità della questione.
P.Q.M.
rigetta il ricorso, compensa le spese del giudizio di legittimità;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione