Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31574 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31574 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28838/2020 R.G. proposto da :
COGNOME Domenico, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale legale come da pec Registri di Giustizia
-controricorrente-
nonché contro
Assessorato alla Salute della Regione Siciliana
-intimato- avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 145/2020 depositata il 17/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Palermo ha respinto il gravame proposto dal dott. NOME COGNOME e confermato la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda avanzata dal medesimo medico nei confronti
dell’ Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo e dell’ Assessorato alla Salute della Regione Siciliana per ottenere il risarcimento del danno conseguente alle dimissioni dallo stesso presentate in ordine al rapporto di convenzionamento esterno sul presupposto dell’indebito condizionamento a ciò ricevuto per effetto di una nota ultimativa inviatagli dall ‘ Azienda in data 10 aprile 1992 per asserita incompatibilità per effetto del doppio incarico ricoperto (in convenzionamento esterno e come specialista ambulatoriale interno) a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 412 del 1991.
La Corte territoriale, premesso che il giudice di primo grado (cui la causa era stata rimessa a seguito di declinatoria della giurisdizione, riformata in appello) aveva rigettato la causa in quanto non era stato dimostrato che le dimissioni fossero state effettivamente indotte dalla nota dell ‘Azienda, sul piano dell’errore essenziale ex art. 1429 cod. civ., ha parimenti respinto la domanda sul rilievo che, nell’ambito di un rapporto contrattuale di convenzionamento, privo di connotati autoritativi, il medico poteva liberamente determinarsi ed informarsi nonché contestare la nota dell’ASL, sicché la determinazione era frutto di una libera scelta del professionista e non poteva ascriversi sul piano della responsabilità giuridica all’A zienda.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il dott. NOME COGNOME articolando quattro motivi. L’ Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo resiste con controricorso mentre l’ Assessorato alla Salute della Regione Siciliana è rimasto intimato.
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale occorre esaminare l’eccezione di tardività del ricorso, sollevata dall’ Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo sul rilievo che, a fronte della sentenza pubblicata il 17 marzo 2020, il ricorso è stato notificato il 12 novembre 2020, mentre, anche considerando la sospensione per prevista per il periodo emergenziale, l’ultimo giorno utile per la notifica doveva essere individuato nel l’11 novembre 2020, in quanto secondo la tesi dell’Azienda -il termine per impugnare le sentenze pubblicate nel
periodo di sospensione decorre dall’ultimo giorno di sospensione, vale a dire dal l’11 maggio 2020 e non già dal 12 maggio 2020.
L’eccezione è infondata sol che si consideri il chiaro disposto normativo evocato dall’Azienda.
Infatti, l’art. 83, comma 2, del d.l. 17, marzo 2020, n. 18, conv. con modif. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, stabilisce che « Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. ».
Con l’art. 36 , comma 1, del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, conv. con modif. dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’art. 83, commi 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020 è stato prorogato all’11 maggio 2020. Conseguentemente il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è stato fissato al 12 maggio 2020.
Pertanto, già dal tenore letterale della norma emerge chiaramente che il termine iniziale per il compimento delle attività sospese va individuato nel 12 maggio 2020, così dovendo intendere la disposizione secondo cui « Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo ».
1.2. Peraltro, tale interpretazione si pone in continuità con quella resa da questa Corte in ordine all’incidenza del periodo di sospensione feriale, nel senso che in caso di deposito della decisione durante il cd. periodo feriale, l’individuazione del termine di sei mesi per l’impugnazione va compiuta, quanto al termine iniziale, ex art. 1 della l. n. 742 del 1969 (in base al quale il relativo decorso, se ha inizio durante tale periodo, è differito alla fine dello stesso), a decorrere dal primo giorno utile dopo la sospensione feriale, ovvero il 1° settembre di ogni anno, che va, quindi, computato; il termine finale, che deve essere calcolato, ai sensi dell’art. 155, comma 2, cod. proc. civ., non ex numero , bensì ex nominatione dierum , spira, pertanto, il corrispondente giorno del mese di scadenza del semestre in
questione, ovvero il 1° marzo dell’anno successivo’ ( così Cass., Sez. 6-3, 08/07/2020, n. 14147).
Ne consegue che, anche in riferimento alla sospensione disposta per l’emergenza epidemiologica da COVID-19, il termine iniziale, ex art. 83, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020 – in base al quale il relativo decorso, se ha inizio durante il periodo di sospensione, è differito alla fine dello stesso comincia a decorrere dal primo giorno utile dopo la sospensione, vale a dire dal 12 maggio 2020.
Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 5 cod. proc. civ., con riferimento al contenuto della nota inviata al dott. COGNOME in data 10 aprile 1992.
Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 5 cod. proc. civ., con riferimento al contenuto della circolare assessoriale del 15 maggio 1992, che circostanziava l’asserita ‘incompatibilità’ .
Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 5 cod. proc. civ., con riferimento al contenuto delle note del comitato zonale del 14 febbraio 2012 e del 6 settembre 2012.
Le censure, tutte formulate ai sensi dell’art. 360 , primo comma, n. 5 cod. proc. civ., sono inammissibili per cd. doppia conforme, atteso che, nonostante nella memoria il ricorrente abbia cercato di addurre la differenza fra la pronuncia di primo grado e quella d’appello , tale ipotesi, ai sensi dell’art. 348ter , commi 4 e 5, cod. proc. civ., ricorre non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass., Sez. 6-2, 09/03/2022, n. 7724).
Il principio è pienamente applicabile al caso di specie, in cui la Corte di appello si è posta nel solco della ratio decidendi tracciata dal primo giudice, adducendo ulteriori elementi, che, tuttavia, sono valsi solo a rafforzare e precisare il corredo motivo già addotto in primo grado per respingere la domanda.
Con il quarto motivo si censura la sentenza , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’ art. 1429 cod. civ. , in relazione all’errore essenziale in cui sarebbe incorso il dott. COGNOME per effetto della missiva ricevuta.
6.1. La censura, nei termini formulati, è inammissibile, perché sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (così Cass., Sez. U, 27/12/2019, n. 34476).
Nella specie, dietro l’apparente schema della violazione dell’art. 1429 cod. civ., si tende inammissibilmente a proporre una lettura alternativa degli atti di causa per pervenire ad un accertamento fattuale in ordine all’incidenza causale della nota riconducibile all’ASL nel processo formativo della volontà del dott. COGNOME opposta a quella cui è pervenuta la Corte d’appello.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso esonera questa Corte dal disporre la rinnovazione della notificazione dello stesso all’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana nulla, poiché effettuata presso l’Avvocatura distrettuale anziché presso l’Avvocatura generale dello Stato, in applicazione del principio della ragionevole durata del processo che impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ., di evitare e impedire i comportamenti che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale e in formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo (così, fra molte, Cass., Sez. 1, 11/03/2020, n. 6924).
Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio nei confronti dall’ Azienda Sanitaria
Provinciale di Palermo, liquidate nella misura indicata in dispositivo per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. U., 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dell’ Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22/11/2024