Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24815 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24815 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7095/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE PESCARA, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
PROVINCIA RELIGIOSA DEI COGNOME E NOME COGNOME‘OPERA DI DON COGNOME, rappresentata e dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1324/2023 depositata il 12/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Provincia Religiosa SS Apostoli Pietro e Paolo ‘Opera RAGIONE_SOCIALE‘ (d ‘ ora in poi ‘RAGIONE_SOCIALE) ha convenuto in giudizio , dinanzi al Tribunale Civile di Pescara, la RAGIONE_SOCIALE Pescara affinché fossero
accertate, riconosciute e dichiarate dovute tutte le prestazioni sanitarie da quest’ultima erogate agli utenti nell’anno 2009; che fosse accertato, riconosciuto e dichiarato l’indebito arricchimento della A.S.L. di Pescara per essersi avvantaggiata delle prestazioni sanitarie rese dalla RAGIONE_SOCIALE‘ in favore degli utenti del RAGIONE_SOCIALE e a oggi non pagate; con conseguente condanna dell’ A.S.L. di Pescara a rimborsare in favore della RAGIONE_SOCIALE la complessiva somma di € 73.636,29, pari alla differenza tra quanto da essa effettivamente percepito a titolo di pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE Pescara, e quanto spettante per prestazioni rese in favore degli utenti nell’anno 2009, oltre accessori di legge.
Il Tribunale di Pescara, con sentenza n. 608/2020, depositata il 16 giugno 2020, ha rigettato la domanda dell’attrice.
Per quanto ancora rileva, la Corte d’Appello di l’Aquila, con sentenza n. 1324/2023, depositata il 12.9.2023, in accoglimento dell’appello proposto dalla Don Orione, ha riconosciuto all’appellante, a titolo di indennizzo ex art. 2041 c.c., l’importo corrispondente alla differenza tra il limite del budget annuale assegnato alla struttura per l’ anno 2009 (pari ad € 145.721,00) e quanto corrisposto dalla RAGIONE_SOCIALE alla struttura per le prestazioni rese nell’anno 2009 (pari ad € 90.427,54), per complessivi € 55.293,46. Il giudice d’appello, nella determinazione dell’indebito arricchimento, non ha tenuto conto – come, invece, invocato dall’Azienda Sanitaria – dei ticket versati alla struttura dai privati cui sono state erogate le prestazioni sanitarie.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ASL di Pescara, affidandolo a due motivi.
La Don Orione ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno deposito la memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., nonché dei principi di diritto in punto di quantificazione e liquidazione dell’indennizzo da ingiustificato arricchimento, osservandosi che, contrariamente al dettame normativo, il Giudice di Appello ha disposto la condanna della Pubblica Amministrazione oltre il limiti dell’arricchimento, avendo omesso di considerare che in sede di ingiustificato arricchimento non può tenersi conto solo del limite del budget annuale di spesa fissato dalle determinazioni programmatiche regionali, dovendosi, invece, considerare anche il mancato introito di quanto l’ASL avrebbe incassato ove avesse provveduto in proprio all’erogazione delle prestazioni.
4. Il motivo è infondato.
Va osservato che la censura dell’ASL secondo cui, al fine di determinare l’indebito arricchimento, dovrebbe tenersi conto non solo del risparmio di spesa, ma anche del mancato introito, costituito dal ticket degli utenti che sarebbe stato incassato dalla A.S.L. ove avesse provveduto in proprio all’erogazione delle prestazioni muove da un’ipotesi astratta, ovvero dell’introito del ticket che l’A.S.L. avrebbe incassato ove avesse erogato in proprio le prestazioni, che è del tutto estranea a quanto effettivamente avvenuto, non avendo l’ASL erogato alcuna prestazione sanitaria.
L’importo dei ticket pagati dei privati deve essere, infatti, versato al soggetto che in concreto ha erogato la prestazione, con la conseguenza che l’ASL ha diritto a percepire i ticket pagati dai privati, solo nell’ipotesi in cui abbia materialmente erogato essa stessa le prestazioni.
Dunque, l’arricchimento dell’ASL, pari al risparmio di spesa conseguito per effetto dell’erogazione delle prestazioni da parte della struttura privata, non può essere decurtato di ticket che solo la stessa struttura, in quanto soggetto materialmente erogante le prestazioni, ha diritto di conseguire.
D’altra parte, l’opzione invocata dall’ASL viene incontestabilmente ad incidere, in modo implicito, sul limite di spesa assegnato alla struttura sanitaria, che rappresenta un provvedimento autoritativo di carattere discrezionale che non può in alcun modo essere eluso, stanti le insuperabili esigenze di carattere finanziario dello Stato e delle regioni (Cass. n. 36654/2021; Cass. n. 4757/2024; Cass. n. 13844/2020).
Sul punto, va osservato che, recentemente, questa Corte (cfr. Cass. n. 13779/2023; conf. Cass. n. 33043/2023) ha enunciato il principio di diritto secondo cui, in tema di prestazioni sanitarie in regime di convenzionamento, ai fini del tetto massimo rimborsabile alla struttura, in difetto di espressa previsione in tal senso nella convenzione, non può calcolarsi anche la somma a carico del privato, poiché tale computo è contrario alla ” ratio ” del limite massimo, che è quella di porre un tetto alla spesa pubblica, ossia al rimborso a carico dell’ASL, a cui non concorre, pertanto, la somma a carico del privato.
E’ stato, in particolare, condivisibilmente affermato che serve una espressa previsione affinché una spesa sopportata da un privato venga decurtata da quella a carico dell’ente pubblico, dunque di altro soggetto, atteso che il limite di spesa a carico del pubblico è naturalmente riferito all’esborso fatto da quest’ultimo. Né, d’altra parte, la soluzione secondo cui le somme ( ticket ) pagate dai privati si sommano a quelle rimborsate dal pubblico può discendere, in assenza di una previsione espressa, dal principio di efficienza della spesa pubblica, dato che il contenimento della spesa è un obiettivo che ovviamente riguarda la finanza pubblica, non le spese a carico dei privati.
In conclusione, posto che per le prestazioni rese oltre il tetto di spesa non può configurarsi un arricchimento per l’Amministrazione sanitaria che, proprio nel fissare tale tetto, ha inteso rilevare e sottolineare, già in via preventiva, che le prestazioni erogate al di fuori
di esso vanno oltre i livelli essenziali di assistenza come dalla medesima individuati e che è in grado di sostenere (Cass. n. 36654/ 2021), per le prestazioni rese – come nel caso di specie – entro il tetto di spesa, detrarre, ai fini della determinazione dell’indebito arricchimento, dal risparmio di spesa dell’ASL l’importo dei ticket che la stessa struttura pubblica non avrebbe comunque mai incassato non venendo in discussione l’astratta erogazione delle prestazioni da parte della stessa struttura pubblica, ma quella in concreto effettuata dalla struttura privata – vuol dire solo surrettiziamente ridurre il limite di spesa assegnato alla struttura privata, che è operativo (facendosi riferimento a quello previsto nell’anno precedente) anche nell’ipotesi in cui il soggetto accreditato abbia erogato le prestazioni sanitarie in mancanza del contratto ex art. 8quinquies del d.lgs. n. 502/1992.
Deve quindi enunciarsi il seguente principio di diritto:
‘ In tema di indebito arricchimento derivante dall’erogazione delle prestazioni sanitarie da parte di struttura privata accreditata, in assenza di contratto scritto stipulato con la pubblica amministrazione, l’arricchimento dell’ASL è determinato dal costo che la stessa avrebbe dovuto sostenere per procurarsi le medesime prestazioni, al netto dei ticket sanitari pagati dai pazienti’.
Con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., avendo il Giudice di appello totalmente omesso di considerare, ai fini della quantificazione dell’indennizzo da ingiustificato arricchimento, il contenuto delle fatture prodotte dall’Opera Don Orione, dalle quali emergeva che talune delle prestazioni fatturate erano riferite all’anno 2007 (fattura n. 40 del 09.02.2009 di € 9.631,00) ed altre invece erogate (per € 16.788,94) per pazienti non residenti presso il territorio di competenza della Asl di Pescara ma di altre Asl regionali, documenti che se correttamente analizzati avrebbero condotto ad una deci-
sione diversa con una condanna per ingiustificato arricchimento di portata grandemente inferiore; omissione di motivazione e valutazione di elementi istruttori.
4. Il motivo è inammissibile.
Va osservato che, posto che delle circostanze di fatto dedotte nel presente motivo nella sentenza impugnata non vi è alcuna traccia, la ricorrente non ha adeguatamente assolto al proprio onere di allegazione, non dimostrando che la questione sollevata nel motivo rientrasse nel thema decidendum del presente giudizio.
Infatti, posto che il richiamo (di due righe) alla propria comparsa di risposta di primo grado è del tutto generico, la ricorrente ha allegato di aver diffusamente trattato la questione di cui al secondo motivo solo nella comparsa conclusionale in fase di appello, quando erano, tuttavia, inesorabilmente decorsi i termini previsti dal codice di rito per le allegazioni delle parti e per le richieste istruttorie.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 3.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 10.7.2025