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Indebito arricchimento: No a lavori abusivi

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’impresa costruttrice non può richiedere un indennizzo per indebito arricchimento per lavori edili eseguiti in assenza di permesso di costruire. Anche se il committente si è arricchito, il contratto nullo per illiceità dell’oggetto impedisce qualsiasi forma di compenso, poiché l’azione non può essere utilizzata per aggirare norme imperative e premiare un’attività illecita.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Indebito Arricchimento: la Cassazione Nega il Compenso per Lavori Abusivi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale nel settore degli appalti edili: non è possibile ottenere un indennizzo per indebito arricchimento se i lavori eseguiti sono abusivi. Questa decisione rafforza il principio secondo cui non si può trarre vantaggio da un’attività illecita, anche quando l’altra parte ha oggettivamente beneficiato delle opere realizzate. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di pagamento di un’impresa costruttrice nei confronti della proprietaria di un immobile. L’impresa aveva eseguito importanti lavori di demolizione, ristrutturazione e consolidamento del fabbricato. Tuttavia, tali opere erano state realizzate in totale assenza del necessario permesso di costruire o di altro titolo abilitativo.

Il tribunale di primo grado, rilevata la nullità del contratto di appalto per illiceità dell’oggetto (le opere abusive), aveva respinto la domanda principale di pagamento del prezzo. Aveva però accolto la domanda subordinata dell’impresa, condannando la committente a pagare un indennizzo per indebito arricchimento, quantificato in circa 60.000 euro.

La Corte di Appello aveva confermato questa decisione, ritenendo l’azione di arricchimento senza causa ammissibile e fondata, data la nullità del contratto principale. La proprietaria dell’immobile ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul Tema dell’Indebito Arricchimento

La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso della proprietaria. I giudici supremi hanno affermato un principio netto: l’impresa che esegue opere abusive non ha diritto a richiedere un indennizzo per indebito arricchimento.

La Corte ha deciso la causa nel merito, rigettando definitivamente la domanda dell’impresa costruttrice. Gli altri motivi di ricorso sono stati dichiarati assorbiti dall’accoglimento del primo, ritenuto decisivo.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda su un’attenta analisi del rapporto tra la nullità del contratto per illiceità e l’azione sussidiaria di indebito arricchimento prevista dall’art. 2041 del codice civile.

I giudici hanno premesso che il contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di opere edilizie abusive è nullo per illiceità dell’oggetto, in quanto viola norme imperative urbanistiche, spesso sanzionate anche penalmente. Di conseguenza, l’appaltatore non può pretendere il pagamento del corrispettivo pattuito.

La questione cruciale era se, in un simile contesto, l’appaltatore potesse almeno recuperare parte del valore delle opere attraverso l’azione di arricchimento. La risposta della Corte è stata negativa. Ammettere tale azione significherebbe consentire all’esecutore dell’opera illecita di ottenere, seppur in forma ridotta, un vantaggio economico derivante proprio dalla sua attività illegale. Ciò costituirebbe un modo per aggirare il divieto posto dalle norme imperative, che tutelano interessi pubblici generali.

La Corte, richiamando anche un recente intervento delle Sezioni Unite (sentenza n. 33954/2023), ha specificato che l’azione di arricchimento è preclusa quando la nullità del titolo contrattuale deriva da un contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico. In questi casi, l’ordinamento giuridico non può offrire tutela a pretese che, anche indirettamente, si fondano su un’attività vietata e sanzionata.

Conclusioni

Questa sentenza invia un messaggio chiaro a tutti gli operatori del settore edile: la regolarità urbanistica è un presupposto non solo per la validità del contratto di appalto, ma anche per qualsiasi forma di tutela economica dell’appaltatore. Un’impresa che accetta di eseguire lavori abusivi non solo non potrà pretendere il pagamento del prezzo, ma non potrà neppure sperare di recuperare i costi sostenuti attraverso l’azione di indebito arricchimento. La decisione riafferma la centralità del rispetto delle norme a tutela del territorio e dell’ordinato sviluppo edilizio, negando protezione giuridica a chi opera in violazione di tali principi fondamentali.

È possibile chiedere un indennizzo per indebito arricchimento se il contratto di appalto per lavori edili è nullo perché le opere sono abusive?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se il contratto è nullo per illiceità dell’oggetto (violazione di norme imperative urbanistiche), l’impresa costruttrice non può esercitare l’azione di indebito arricchimento per ottenere un indennizzo.

Perché la Cassazione ha negato l’azione di indebito arricchimento in questo caso?
La ragione principale è che ammettere tale azione consentirebbe all’impresa di trarre un vantaggio economico da un’attività illecita. Questo configurerebbe un aggiramento del divieto posto a tutela di interessi pubblici generali, e l’ordinamento non può tutelare pretese che nascono da un’attività vietata e sanzionata.

Qual è il principio generale che emerge da questa sentenza riguardo all’azione di indebito arricchimento?
Il principio è che l’azione di indebito arricchimento, pur avendo carattere sussidiario, non è proponibile quando la pretesa si fonda su un titolo contrattuale nullo per illiceità, ossia per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico. La funzione della giustizia non può essere quella di consentire il conseguimento, anche parziale, di un risultato economico vietato dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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