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Indebito arricchimento: la prova dell’incarico P.A.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32662/2024, si è pronunciata sul tema dell’indebito arricchimento nei confronti della Pubblica Amministrazione. Il caso riguarda due professionisti che avevano richiesto un compenso per un’attività di progettazione svolta senza un contratto formale. La Corte ha confermato la decisione di merito, riconoscendo l’indennizzo solo per la parte di attività per cui era provato un vantaggio diretto per l’ente. Per la restante attività, svolta su incarico di una società terza, la domanda è stata respinta, sottolineando l’importanza cruciale della prova del conferimento diretto dell’incarico per poter agire per indebito arricchimento.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indebito Arricchimento e Incarichi dalla P.A.: La Prova dell’Incarico è Decisiva

L’azione di indebito arricchimento rappresenta uno strumento cruciale per i professionisti che prestano la propria opera per la Pubblica Amministrazione senza un contratto formale. Tuttavia, come chiarito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 32662/2024, il successo di tale azione dipende in modo determinante dalla capacità di provare che l’incarico è stato conferito direttamente dall’ente pubblico che ha beneficiato della prestazione. La vicenda analizzata offre importanti spunti sulla ripartizione dell’onere della prova e sui limiti dell’indennizzo riconoscibile.

I Fatti di Causa

Due professionisti avevano agito in giudizio contro un ente pubblico regionale per ottenere il pagamento di oltre 100.000 euro a titolo di indennizzo per indebito arricchimento. Essi sostenevano di aver svolto un’attività di progettazione, sia preliminare che definitiva, per interventi in un’area industriale, su incarico informale dell’ente, che aveva poi utilizzato i loro elaborati.

L’ente si difendeva chiamando in causa una società terza, alla quale aveva formalmente commissionato la progettazione definitiva, sostenendo che fosse quest’ultima a doversi fare carico dei compensi dei professionisti. Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione ai professionisti, condannando l’ente pubblico al pagamento dell’intera somma richiesta. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva parzialmente riformato la decisione.

La Riforma in Appello

La Corte d’Appello aveva distinto le due fasi della progettazione. Aveva riconosciuto ai professionisti il diritto a un indennizzo, seppur ridotto a 30.000 euro e liquidato in via equitativa, per la sola progettazione preliminare. Per la progettazione definitiva, invece, aveva respinto la domanda, ritenendo provato che l’incarico fosse stato conferito dall’ente non ai singoli professionisti, ma alla società terza, la quale li aveva a sua volta coinvolti. I professionisti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione contro questa decisione.

La Decisione della Cassazione e l’Indebito Arricchimento

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei professionisti, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno chiarito due principi fondamentali.

L’Onere della Prova per l’Incarico Professionale

Il punto centrale della controversia era stabilire chi avesse effettivamente conferito l’incarico per la progettazione definitiva. I ricorrenti sostenevano che la convenzione tra l’ente pubblico e la società terza non potesse avere effetti nei loro confronti. La Cassazione ha precisato che la Corte d’Appello non ha attribuito a tale convenzione un’efficacia diretta verso i professionisti, ma l’ha correttamente utilizzata come un elemento di prova fondamentale.

L’esistenza di un accordo formale che affidava la progettazione alla società terza rendeva poco probabile che lo stesso incarico fosse stato conferito, seppur informalmente, anche ai singoli professionisti. In assenza di prove concrete di un incarico diretto da parte dell’ente, la Corte ha concluso che i professionisti avessero operato per conto della società e non dell’ente pubblico. Questo accertamento di fatto, essendo sorretto da una motivazione logica e non contraddittoria, non è sindacabile in sede di legittimità.

La Liquidazione Equitativa del Compenso

Anche le censure relative alla quantificazione dell’indennizzo per la progettazione preliminare sono state respinte. I ricorrenti lamentavano il mancato riconoscimento di interessi e rivalutazione, nonché l’esiguità della somma. La Corte ha spiegato che la liquidazione in via equitativa, come quella operata dalla Corte d’Appello per 30.000 euro “all’attualità”, tiene già conto della svalutazione monetaria e del danno da ritardato pagamento fino alla data della sentenza. Pertanto, è corretto riconoscere gli interessi legali solo a partire dalla pubblicazione della sentenza sulla somma già rivalutata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ribadito che la valutazione delle prove è un compito esclusivo del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio in cui riesaminare i fatti. Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha fondato la sua decisione su una valutazione complessiva e prudente di tutti gli elementi disponibili, giungendo alla conclusione, logicamente sostenuta, che l’incarico per la progettazione definitiva non provenisse dall’ente pubblico. La motivazione è stata ritenuta adeguata, non meramente apparente e priva di contraddizioni insanabili.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi opera con la Pubblica Amministrazione: la necessità di formalizzare gli incarichi. In mancanza di un contratto scritto, agire per indebito arricchimento è possibile, ma richiede una prova rigorosa del conferimento diretto dell’incarico e del conseguente vantaggio per l’ente. Affidarsi a incarichi informali, specialmente quando sono coinvolti altri soggetti intermediari, espone il professionista al rischio di non vedere riconosciuto il proprio lavoro, poiché l’onere di dimostrare il rapporto diretto con l’ente beneficiario ricade interamente su di lui.

Un professionista può chiedere un compenso per indebito arricchimento a un ente pubblico anche senza un contratto formale?
Sì, è possibile, ma il professionista ha l’onere di dimostrare rigorosamente che l’ente pubblico gli ha conferito un incarico diretto e si è avvantaggiato della sua prestazione professionale. La mancanza di prova diretta può portare al rigetto della domanda.

Se un ente pubblico incarica una società terza di realizzare un progetto, e questa società si avvale di professionisti, chi deve pagare i professionisti?
In base a quanto stabilito in questa ordinanza, la responsabilità del pagamento ricade sulla società terza che ha direttamente incaricato i professionisti. I professionisti non possono agire per indebito arricchimento contro l’ente pubblico, a meno che non provino un incarico diretto e distinto anche da parte di quest’ultimo.

Come viene calcolato l’indennizzo per indebito arricchimento quando l’importo non è certo?
Il giudice procede a una ‘liquidazione equitativa’. Valuta tutti gli elementi del caso (come le tariffe professionali, la complessità dell’opera, il tempo impiegato e l’effettivo arricchimento per l’ente) per determinare una somma che ritiene giusta ed equilibrata. Tale somma, se liquidata ‘all’attualità’, include già la rivalutazione monetaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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