Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5500 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5500 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8565-2024 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – AZIENDA RAGIONE_SOCIALE DI MESSINA, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e
Oggetto
Pediatri di libera scelta in convenzione – Trattamento economico
R.G.N. 8565/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 06/02/2025
CC
difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 758/2023 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 27/10/2023 R.G.N. 338/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME medico pediatra di libera scelta in convenzione (di seguito PLS) presso l’ azienda sanitaria provinciale (di seguito ASP) Messina, adiva il Tribunale per ottenere il pagamento di quanto maturato a titolo retributivo ai sensi dell’art. 10 comma 2, tabella B, del ACN, voce Accordo Integrativo Regionale (AIR);
il Tribunale di Messina accoglieva il ricorso e condannava l’ASP al pagamento degli aumenti contrattuali di cui all’art. 10 , comma 2, tab. B, del l’ ACN di categoria, in misura pari a €. 7.975,19 oltre interessi;
la C orte d’appello, adita dall’ASP Messina, accoglieva il gravame e rigettava l’originaria domanda;
in particolare, rilevava che i destinatari del beneficio previsto (dal 1° gennaio 2010) nell’art. 10 ACN – i.e., quota per assistito, al netto degli oneri fiscali e previdenziali a carico dell’Azienda, pari a €. 1,54 -«non erano i singoli professionisti bensì gli enti regionali per la realizzazione di quanto statuito in sede di contrattazione decentrata», senza
che in contrario potesse richiamarsi l’art. 6 dell’ACN che prevedeva (comma 2), in difetto di AIR, il riparto degli incrementi contrattuali ai medici con decurtazione del 10%;
la Corte distrettuale osservava che le indicazioni SISAC (struttura interregionale sanitari convenzionati), organo deputato a fornire per legge chiarimenti alle amministrazioni in merito alle disposizioni negoziali dell’ACN, confermavano « che la quota capitaria di €. 1,54 rappresentava una risorsa messa a disposizione delle parti contrattuali in sede decentrata allo scopo di migliorare il trattamento economico dei PLS attraverso la previsione della maggiore remuneratività di istituti contrattuali volti al potenziamento del servizio pediatrico sul territorio»;
analogamente, dalla nota prot. n. 24803 del 20.3.2014 dell’Assessorato R egionale alla Salute, acquisita d’ufficio dal giudice d’appello, si evinceva l’impegno a d utilizzare le maggiori risorse ai fini di specifiche iniziative prese in sede di AIR, come «l’indennità collaboratore studio pediatrico, indennità associazionismo pediatrico, indennità medicina in rete pediatrica, progetto qualità- PLS art. 3 AIR»;
in definitiva, era legittimo l’operato dell’ASP che aveva destinato i fondi ACN per l’AIR poiché, diversamente, si sarebbe accordata al medico pediatra una duplicazione di somme di cui in sostanza aveva già beneficiato sotto altre forme;
4. avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il medico pediatra basato su due motivi, cui si è opposta con
contro
ricorso la ASP Messina; entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo si denuncia (art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4) violazione e falsa applicazione dell’art. 437 cod. proc. civ., in relazione e gli articoli 416 e 417 cod. proc. civ. e all’articolo 2697 cod. civ. nonché omessa ed illogica motivazione su punto decisivo della controversia; la Corte messinese aveva consentito, con provvedimento illegittimo che violava l’art. 437 cod. proc. civ. nonché gli artt. 416-417 cod. proc. civ., alla parte appellante di depositare tardivamente la nota prot. n. 24803/2014 corredata dell’allegata ‘tabella di esplicitazione utilizzo fondi ACN 2010’;
2.1 il motivo è infondato;
la sentenza impugnata è rispettosa del principio di diritto secondo cui, nel rito del lavoro, caratterizzato dall’esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, allorché le risultanze di causa offrono significativi dati di indagine, occorre che il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 comma 2 cod. proc. civ., ove reputi insufficienti le prove già acquisite, eserciti il poteredovere di provvedere di ufficio agli atti istruttori sollecitati da tale materiale probatorio e idonei a superare l’incertezza sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione, sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati nell’atto introduttivo; né all’ammissione d’ufficio delle prove è di ostacolo il verificarsi
di preclusioni o decadenze in danno delle parti interessate, atteso che il potere d’ufficio è diretto a vincere i dubbi residuati dalle risultanze istruttorie, intese come complessivo materiale probatorio (anche documentale) correttamente acquisito agli atti del giudizio di primo grado, con la conseguenza che, in tal caso, non si pone, propriamente, alcuna questione di preclusione o decadenza processuale a carico della parte, essendo la prova “nuova”, disposta d’ufficio, solo l’approfondimento, ritenuto indispensabile, di elementi probatori già obiettivamente presenti nella realtà del processo (Cass., Sez. L, 5 febbraio 2007, n. 2379; Cass., Sez. L, Sentenza n. 18924 del 05/11/2012; Cass., Sez. L, Sentenza n. 19661 del 2019; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 12550 del 2020);
nella specie, la Corte di merito, come riferito dalla stessa parte ricorrente, fa riferimento alla necessità di approfondire, mediante acquisizione documentale, una pista probatoria ricavabile dalle allegazioni delle parti, sicché l’esercizio del potere officioso ex art. 437 cod. proc. civ. non è censurabile;
con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 517 del 1993, in relazione all’articolo 10 dell’ACN medici pediatri, nonché degli articoli 2, 4 e 6 dello stesso ACN e dell’Accordo Integrativo Regionale (AIR), come ratificato dal Comitato regionale permanente dei pediatri di libera scelta il 3 maggio 2011, per «eccesso di potere per violazione di legge e per violazione degli accordi collettivi
nazionali di lavoro nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su tale punto decisivo della controversia»;
il ricorrente rileva che l’art. 10 comma 2 dell’ACN dei PLS non è norma programmatica, come ritenuto dal giudice d’appello, ma norma con uno scopo specifico, in quanto vincola all’attuazione dell’incremento retributivo previsto per i PLS, tanto che era stato previsto, significativamente, il riferimento agli oneri fiscali e previdenziali;
il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto la modificabilità per atto unilaterale, ossia mediante la semplice nota interna prot. n. 24803/2014 dell’Assessorato regionale alla Salute, del rapporto in convenzione disciplinato dall’ACN e dall’AIR;
2.1 il motivo è fondato, dovendosi qui fare applicazione dei principi espressi da Cass., Sez. L, Sentenza n. 27337 del 22/10/2024 (conf. Cass., Sez. L, Sentenza n. 27823 del 28/10/2024);
2.2 va premesso che con sentenze alla cui motivazione si rinvia, anche a sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., si è espresso, a partire da Cass. 3 maggio 2021, n. 11566, poi seguita da diverse pronunce conformi e mai contraddette, il principio per cui il rapporto convenzionale dei pediatri di libera scelta e dei medici di medicina generale con il SSN è disciplinato, quanto agli aspetti economici, dagli accordi collettivi nazionali e integrativi, ai quali devono conformarsi,
a pena di nullità, i contratti individuali, ai sensi degli artt. 48 della legge n. 833 del 1978 e 8 del d.lgs. n. 502 del 1992;
la censura del medico pediatra pone essenzialmente un problema di interpretazione dell’ACN (art. 10 comma 2) che, secondo il ricorrente, farebbe immediatamente sorgere in suo favore il diritto all’incremento economico di €. 1,54 annui per ogni assistito, mentre, ad avviso dell’ASP, tale incremento economico si tradurrebbe solo in maggiori risorse messe a disposizione delle singole regioni, le quali conserverebbero il potere di utilizzarle indifferentemente per tutti gli istituti contrattuali dell’AIR;
nella specie, l’ACN 9.3.2010 tra SISAC e OO.SS. dei Medici Pediatri (sottoscritto dalla Conferenza Stato-Regioni in data 29 luglio 2009, come rinnovato in data 8 luglio 2010) prevede al comma 1 dell’art. 10, recante ‘Aumenti Contrattuali’, che «Le Regioni e le Organizzazioni sindacali, preso atto delle disposizioni finanziarie assunte dal Governo in materia, fissano un aumento, per medici pediatri di libera scelta, da erogarsi secondo la seguente tabella e da considerarsi al netto degli oneri previdenziali e fiscali a carico dell’azienda», stabilendo, poi, alla tabella B e con decorrenza dal 1.1.2010, l’incremento nell’AIR della ‘quota capitaria’ di € 1,54»;
il comma 2, stesso articolo, stabilisce che «Le Regioni, per i relativi accordi decentrati potranno contare su una quota per assistito, al netto degli oneri previdenziali e fiscali a carico dell’azienda, pari ad euro 1,54 (uno/54)», con previsione che
mira a garantire la provvista necessaria all’erogazione diretta al medico pediatra di libera scelta dell’importo capitario predetto; è poi precisato al successivo comma 9 che: «Gli arretrati derivanti dagli adeguamenti contrattuali, a far data dal 1° gennaio 2010, di cui al comma 2 del presente articolo, sono corrisposti entro tre mesi dalla stipula dell’Accordo Regionale o entro tre mesi dalla scadenza dei termini dell’art. 6 del presente ACN»: disposizione, quest’ultima, che lascia chiaramente intendere come la corresponsione di tali emolumenti a ciascun medico consegua (appunto) alla scadenza dei termini indicati nell’ACN;
d’altronde, che questa sia l’interpretazione più corretta da dare all’ACN, articolo 10, si desume dal precedente art. 6, recante ‘Tempistica degli Accordi integrativi regionali’, che recita a sua volta: «1. Gli Accordi Integrativi Regionali (AIR) sono siglati e resi operativi dagli appositi provvedimenti regionali entro 9 mesi dall’entrata in vigore del presente Accordo Collettivo Nazionale. 2. Qualora in una Regione tale termine non venga rispettato, le risorse definite dal presente ACN per l’AIR di quella Regione vengono attribuite come segue: – secondo le stesse modalità e proporzioni concordate per l’attribuzione della quota nazionale degli incrementi contrattuali definiti dal presente ACN; – tali incrementi contrattuali sono riconosciuti ai medici convenzionati previa riduzione del 10%; la Regione interessata adotta i provvedimenti conseguenti entro 30 giorni»;
infatti, il ritardo nell’operatività degli appositi accordi integrativi regionali (sottoscritti dalla Regione e dalle organizzazioni sindacali di categoria in data 19 aprile 2011 e ratificati in data 3 maggio 2011) oltre il termine di 9 mesi dall’entrata in vigore dell’Accordo Collettivo Nazionale comporta unicamente, quale effetto prestabilito nell’ACN, che gli «incrementi contrattuali sono riconosciuti ai medici convenzionati previa riduzione del 10%»;
2.3 non osta a tale esegesi la dichiarazione resa a verbale in calce all’ACN, secondo cui «Le regioni si impegnano ad utilizzare l’eventuale disponibilità di risorse derivante dall’applicazione dell’art. 6, comma 2 del presente Accordo a favore di programm i di integrazione tra l’attività di continuità assistenziale e quelle di pediatria di libera scelta»; tale dichiarazione si limita a stabilire un vincolo di destinazione per «l’eventuale disponibilità di risorse derivante dall’applicazione dell’art. 6, com ma 2 del presente Accordo», sicché, per come formulata, è da intendersi come riferita alle risorse residuate dopo il riconoscimento, in favore dei medici pediatri, di quelle loro spettanti a sensi della stessa disposizione;
chiaro essendo, dunque, il tenore letterale delle parole adoperate nell’ACN, non varrebbe in contrario richiamare le note interpretative SISAC, pure menzionate in sentenza, che, come annota giustamente lo stesso giudice d’appello, restano sprovviste di ‘efficacia vincolante’, rappresentando solo il punto di vista della delegazione di parte pubblica per il rinnovo
degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale;
anche nell’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune, i canoni legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia, in forza del quale il criterio del senso letterale delle parole, di cui all’art. 1362, comma 1, cod. civ. è prevalente, potendo risultare assorbente di eventuali ulteriori e successivi criteri interpretativi (Cass., Sez. L, n. 24763 del 12 agosto 2022; Cass., Sez. L, n. 30135 del 26 ottobre 2021);
2.4 tanto precisato, il riconoscimento, nell’ACN, dell’incremento capitario al medico pediatra di libera scelta non poteva essere ignorato (o superato) dal successivo AIR e ciò a prescindere «dall’impegno all’utilizzo in concreto delle maggiori risorse per specifiche iniziative previste in sede di contrattazione integrativa» (così testualmente la sentenza impugnata);
Cass., Sez. L, n. 29137 del 2022 ha affermato, infatti, il seguente principio di diritto, cui va data in questa sede continuità:
«in tema di rapporto di lavoro dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, l’art. 2-nonies del d.l. 29 marzo 2004, n. 81, convertito in legge 26 maggio 2004, n. 138, rimette agli accordi nazionali ivi previsti, anche attraverso il richiamo all’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e quindi al sistema comune del pubblico impiego contrattualizzato ivi contenuto, la disciplina
della contrattazione di ambito regionale e aziendale, sicché la contrattazione collettiva decentrata non può validamente disporre in senso contrastante rispetto a quanto stabilito in ambito nazionale (fattispecie relativa alla previsione di cui all’art. 13 dell’Accordo Integrativo Regionale per la Regione Abruzzo del 9.8.2006, con cui, a fronte di una disciplina dell’Accordo Collettivo Nazionale 20.1.2005, che consente di valorizzare, anche a fini incentivanti, specifiche condizioni di disagio e difficoltà di espletamento dell’attività, è stato previsto in modo generalizzato un compenso aggiuntivo orario, indennità di rischio, per tutti i medici di continuità assistenziale operanti sul territorio regionale, dichiarata nulla)»;
in conclusione, la pronuncia della C orte d’appello laddove erroneamente interpreta l’ACN (artt. 6 -10) avallando una soluzione che sostanzialmente immuta l’assetto degli incrementi economici fissati a beneficio dei medici pediatri di libera scelta dall’ACN, non si uniforma ai principi di diri tto sopra enunciati e merita, in parte qua , di essere cassata;
in particolare, la sentenza impugnata collide col principio di diritto secondo cui il rapporto convenzionale dei pediatri di libera scelta e dei medici di medicina generale con il SSN è disciplinato, quanto agli aspetti economici, dagli accordi collettivi nazionali e integrativi (Cass. n. 11566/2021 cit.), i quali ultimi, quale contrattazione decentrata, non possono validamente disporre in senso contrastante rispetto a quanto stabilito in ambito nazionale (Cass. n. 29137/2022, cit.);
Cass. n. 21499 del 7/7/2022 rileva poi che «il legislatore ha previsto la doverosa “disapplicazione” della contrattazione integrativa nelle sole ipotesi di nullità delle clausole contrattuali, espressamente affermata in relazione ai contratti che, al momento della sottoscrizione, risultino essere in contrasto con i vincoli imposti dal contratto nazionale o comportino oneri non previsti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione (art. 40, comma 3, della versione originaria; art. 40, comma 3 quinquies del testo modificato dal d.lgs. n. 150/2009); la nullità prevista dall’art. 40 è quindi solo quella genetica del contratto, che rende inefficaci le clausole della contrattazione integrativa sin dal momento della loro stipulazione»; la stessa pronuncia ora richiamata non manca di sottolineare, inoltre, che «nel rapporto convenzionale con i pediatri di libera scelta e con i medici di medicina generale, l’ente agisce su un piano di parità, sicché l’atto con il quale lo stesso pretende di rideterminare il compenso, in peius rispetto alle previsioni della contrattazione collettiva, non è espressione di potestà pubblica e va equiparato a quello con il quale il debitore, privato, rifiuta di adempiere, in toto o parzialmente, l’obbligazione posta a sua carico»;
segue pertanto la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame alla C orte d’appello di Messina che, in diversa composizione, si uniformerà ai principi sopra richiamati; a tale Corte
territoriale è rimessa la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla C orte d’appello di Messina, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della