Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25895 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25895 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17284-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 649/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/03/2023 R.G.N. 4209/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/07/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma ha accolto in parte l’appello di NOME COGNOME e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del
Oggetto
Retribuzione rapporto privato
R.G.N. 17284/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 08/07/2025
CC
dipendente della somma di euro 13.942,22, oltre accessori di legge, a titolo di incentivo previsto dall’art. 92, d.lgs. n. 163 del 2006 e dall’art. 7, lett. a) del regolamento adottato dalla società il 18.7.2011, per l’attività dal medesimo svolta quale di rettore dei lavori e coordinatore in materia di sicurezza e di salute per i lavori di ‘ammodernamento ed adeguamento al tipo 1/a delle Norme CNR/80 dell’Autostrada SA -RC-Tronco 3° trattato 2° lotto 1° completamento del tratto dal km 353+700 a seguito di ri soluzione’.
La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha riconosciuto spettante la quota di incentivo di cui alla lett. a) dell’art. 7 del regolamento, individuando quale unico presupposto della sua erogazione il ‘rispetto del crono programma contrattuale e degli eventuali aggiornamenti dello stesso intervenuti a seguito di atti aggiuntivi’, e non già l’emissione del certificato di collaudo; ha accertato che non vi erano stati scostamenti di rilievo nei diversi stati di avanzamento dei lavori e che la stessa società non aveva dedotto alcun ritardo nel corso della costruzione. Ha invece negato il riconoscimento degli acconti di cui alle lettere b) e c) del citato art. 7 sul rilievo che l’ultimazione dei lavori non era avvenuta nei tempi indicati.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo, illustrato da memoria. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Ragioni della decisione
Con il motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 92 del d.lgs. n. 163
del 2006 e successive modificazioni, dell’art. 2234 c.c. in relazione all’art. 7 del Regolamento per la ripartizione e l’erogazione dell’incentivo ex art. 92, d.lgs. 163/2006, approvato dall’Anas spa il 18.7.2011. La società argomenta che l’art. 7, in quan to norma regolamentare, non può che essere letto alla luce del presupposto individuato dalla legge, nella specie dall’art. 92 del d.lgs. 163/2006, che subordina la corresponsione dell’incentivo al positivo accertamento delle specifiche attività svolte dai dipendenti. Assume che la Corte d’appello ha errato nel ritenere sufficiente la ricorrenza delle sole condizioni previste dalla norma regolamentare, che si limita a dettare i ‘criteri di erogazione dell’incentivo’ e non i presupposti del diritto a conseguire lo stesso e che fa riferimento ad ‘acconti’, regolati dall’art. 2234 c.c. ed aventi la finalità di mitigare la regola in virtù della quale il diritto al compenso matura solo a seguito dell’esecuzione della prestazione. Sostiene che nel caso di specie non era dimostrato l’accertamento ‘positivo’ richiesto dalla norma, data la carenza di un certificato di collaudo definitivo, sia statico e sia tecnico.
1.1. Il motivo non è fondato.
L’incentivo per cui è causa è disciplinato, ratione temporis , dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) che all’art. 92, co. 5, prevede: “5. Una somma non superiore al 2 per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all’articolo 93, comma 7, è ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata e assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra
il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori. La percentuale effettiva, nel limite massimo del 2 per cento, è stabilita dal regolamento in rapporto all’entità e alla complessità dell’opera da realizzare. La ripartizione tiene conto delle responsabilità professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere. La corresponsione dell’incentivo è disposta dal dirigente preposto alla struttura competente, previo accertamento positivo delle specifiche attività svolte dai predetti dipendenti; limitatamente alle attività di progettazione, l’incentivo corrisposto al singolo dipendente non può superare l’importo del rispettivo trattamento economico complessivo annuo lordo; le quote parti dell’incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione medesima, ovvero prive del predetto accertamento, costituiscono economie. I soggetti di cui all’articolo 32, comma 1, lettere b) e c), possono adottare con proprio provvedimento analoghi criteri.” (comma così modificato dall’articolo 1, comma 10-quater, della L. 22 dicembre 2008 n. 201, di conversione del D.L. 162/2008, in vigore dal 23/12/2008, quindi abrogato dall’art. 13 della I. n. 114/2014 in vigore dal 19/8/2014).
L’art. 7 del Regolamento (trascritto nella sentenza d’appello), emesso dall’Anas il 18 luglio 2011 e rubricato ‘Criteri di erogazione dell’incentivo per l’attività di Direzione dei lavori e Alta Sorveglianza’, dispone quanto segue: ‘Riferimento costante e inderogabile per la corresponsione dell’incentivo è il rispetto del crono programma contrattuale e degli eventuali aggiornamenti dello stesso intervenuti a seguito di atti aggiuntivi. L’importo complessivo dell’incentivo viene erogato
secondo le modalità di seguito esposte: a) In corso di costruzione: acconti trimestrali nella misura massima del 50% dell’importo progressivo maturato. Tale acconto viene erogato a condizione che lo stato di avanzamento dei lavori in corso (LIC) rilevato alla scadenza di riferimento abbia uno scostamento non superiore al 10% rispetto al valore della produzione previsto nel crono programma contrattuale aggiornato sulla base di eventuali atti aggiuntivi’.
La critica oggetto del motivo di ricorso investe essenzialmente l’interpretazione data dalla Corte d’appello alle previsioni del citato regolamento, la cui interpretazione è riservata al giudice di merito e non è censurabile in questa sede di legittimità se non attraverso la deduzione della violazione di specifici criteri ermeneutici, di cui nel ricorso non vi è traccia.
La Corte d’appello ha interpretato l’art. 92 cit. in sintonia con il suo tenore letterale e la sua ratio, ritenendo che presupposto indefettibile della prima tranche fosse il ‘rispetto del crono programma contrattuale e degli eventuali aggiornamenti…’ e no n l’emissione del certificato di collaudo, che costituisce invece il presupposto di un’altra tranche, ognuna delle quali è da considerare in via autonoma (v. sentenza, p. 9). D’altra parte, dal punto di vista letterale, la locuzione adoperata nel comma 5 d ell’art. 92 e su cui fa leva la difesa di Anas (‘La corresponsione dell’incentivo è disposta dal dirigente preposto alla struttura competente, previo accertamento positivo delle specifiche attività svolte dai predetti dipendenti’) è riferibile all’accertam ento di esistenza delle specifiche attività cui è subordinata l’erogazione delle singole tranche di incentivo, e non vale a subordinare l’erogazione di ciascuna di esse all’accertato esito positivo di tutte le attività considerate nel loro risultato finale.
Non è pertinente il riferimento fatto dalla società ricorrente all’art. 2234 c.c. che è inserito nel capo II del codice civile dedicato alle professioni intellettuali mentre l’incentivo per cui è causa ha, secondo la giurisprudenza di legittimità, natura retributiva (v. Cass. n. 10222 del 2020; Cass. n. 2284 del 2019).
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti del lavoratore segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale dell’8 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME