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Incentivo lavori pubblici: quando spetta?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un dipendente, direttore dei lavori in un’opera pubblica, ha diritto a una quota dell’incentivo lavori pubblici anche senza il certificato di collaudo finale. La Suprema Corte ha confermato la decisione di merito, precisando che se il regolamento aziendale lega l’erogazione di una tranche dell’incentivo al solo rispetto del cronoprogramma, tale condizione è sufficiente per far sorgere il diritto al pagamento.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Incentivo Lavori Pubblici: il Rispetto del Cronoprogramma può Bastare

L’erogazione dell’incentivo lavori pubblici ai dipendenti coinvolti nella loro realizzazione è un tema che genera spesso contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento, stabilendo che il diritto a percepire una quota dell’incentivo può sorgere anche in assenza del certificato di collaudo finale, se il regolamento aziendale lo lega al semplice rispetto delle tempistiche di progetto.

I Fatti di Causa: il Contenzioso sull’Incentivo

Il caso riguarda un dipendente che aveva ricoperto il ruolo di direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza per un importante progetto di ammodernamento autostradale. Al termine delle sue mansioni, l’azienda datrice di lavoro gli negava il pagamento di una parte dell’incentivo previsto dalla normativa e dal regolamento interno. L’azienda sosteneva che il diritto al compenso non fosse maturato a causa della mancata emissione del certificato di collaudo finale, considerato un presupposto indispensabile per attestare il positivo completamento dell’opera.

La Decisione dei Giudici di Merito

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, ha dato ragione al lavoratore. Secondo i giudici, il regolamento aziendale che disciplinava l’erogazione dell’incentivo prevedeva diverse tranche di pagamento legate a specifiche fasi. Per la quota richiesta dal dipendente, l’unico presupposto era il “rispetto del crono programma contrattuale”, condizione che era stata pienamente soddisfatta. La Corte territoriale ha infatti accertato l’assenza di ritardi significativi nell’avanzamento dei lavori, ritenendo irrilevante, per quella specifica quota, la successiva fase del collaudo.

Il Ricorso in Cassazione e l’analisi sull’incentivo lavori pubblici

L’azienda ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su un unico motivo: la violazione e falsa applicazione della normativa di riferimento (in particolare l’art. 92 del D.Lgs. 163/2006) e del regolamento aziendale. Secondo la tesi difensiva, il regolamento interno non poteva derogare al principio generale imposto dalla legge, che subordinerebbe qualsiasi pagamento a un “accertamento positivo” delle attività svolte, identificabile solo con il collaudo definitivo. Le somme erogate durante i lavori, secondo l’azienda, sarebbero solo “acconti” soggetti a una verifica finale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza d’appello e fornendo motivazioni precise.

L’Interpretazione del Regolamento Aziendale

In primo luogo, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’interpretazione dei regolamenti e dei contratti è un’attività riservata al giudice di merito. In sede di legittimità, la Cassazione non può sostituire la propria interpretazione a quella della Corte d’Appello, a meno che non vengano violate specifiche regole ermeneutiche, cosa che l’azienda ricorrente non aveva fatto. La lettura data dalla Corte d’Appello, che distingueva i presupposti per le diverse tranche dell’incentivo, è stata quindi ritenuta logica e non censurabile.

La Corretta Lettura della Norma di Legge

La Corte ha chiarito che l’espressione “previo accertamento positivo delle specifiche attività svolte”, contenuta nella legge, non va intesa come un obbligo di attendere il risultato finale di tutte le attività. Al contrario, essa si riferisce alla verifica delle singole attività a cui è collegata ciascuna tranche di incentivo. Nel caso di specie, l’attività da verificare era il rispetto del cronoprogramma, e tale verifica aveva dato esito positivo. Il collaudo era il presupposto per un’altra e diversa tranche di pagamento, non per quella oggetto di causa. Le diverse fasi, quindi, sono state considerate autonome ai fini dell’erogazione.

La Natura Retributiva dell’Incentivo

Infine, la Cassazione ha respinto come non pertinente il richiamo all’art. 2234 c.c. sui compensi per le professioni intellettuali. Citando precedenti sentenze, ha confermato che l’incentivo lavori pubblici ha natura retributiva, costituendo parte integrante del trattamento economico del dipendente, e non il compenso per una prestazione d’opera professionale autonoma.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione rafforza il principio secondo cui le condizioni per l’erogazione degli incentivi devono essere individuate sulla base di una corretta interpretazione combinata della legge e dei regolamenti aziendali attuativi. Se un regolamento lega una parte dell’incentivo a una fase specifica e misurabile, come il rispetto delle tempistiche, il completamento di tale fase è sufficiente a far sorgere il diritto al pagamento, senza dover attendere la conclusione definitiva dell’intera opera sancita dal collaudo. Questa decisione offre maggiore certezza ai dipendenti pubblici e chiarisce le responsabilità delle amministrazioni nell’erogazione di queste importanti componenti retributive.

Per ottenere l’incentivo sui lavori pubblici è sempre necessario il certificato di collaudo finale?
No. Secondo la Corte, se il regolamento aziendale che disciplina le modalità di erogazione lega una specifica tranche dell’incentivo a condizioni diverse, come il rispetto del cronoprogramma dei lavori, il collaudo finale non è un presupposto necessario per quella specifica tranche.

Un regolamento aziendale può stabilire i criteri per l’erogazione dell’incentivo?
Sì. La legge (in questo caso l’art. 92 del d.lgs. 163/2006) fissa il principio generale, ma demanda alla contrattazione decentrata e a un regolamento adottato dall’amministrazione la definizione delle modalità e dei criteri specifici di ripartizione ed erogazione. L’interpretazione di tale regolamento è di competenza del giudice di merito.

L’incentivo per i dipendenti coinvolti in opere pubbliche ha natura di compenso professionale o di retribuzione?
La Corte di Cassazione, richiamando la sua giurisprudenza consolidata, ha ribadito che l’incentivo in questione ha natura retributiva, in quanto costituisce una parte del trattamento economico complessivo del dipendente, e non un compenso per una prestazione professionale autonoma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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