Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23653 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23653 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18944-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 113/2023 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/03/2023 R.G.N. 387/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Roma ha accolto l’appello di NOME COGNOME e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto
Oggetto
R.G.N. 18944/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2025
CC
l’opposizione di Anas al decreto ingiuntivo n. 2668/2015 con cui era stato ingiunto alla società il pagamento della somma di euro 20.421,03, a titolo di compenso incentivante per l’incarico di Responsabile dell’Ufficio di Alta Sorveglianza, svolto dal Cice ro nell’appalto relativo ai lavori di adeguamento SS. 640 di Porto Empedocle, ai sensi del combinato disposto dell’art. 92, d.lgs. n. 163/2006, e dell’art. 2 del Regolamento interno approvato in
data 25 novembre 2011.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denuncia: ‘Art. 360 c.p.c. n. 4: nullità della sentenza e del procedimento per violazione del combinato disposto degli art. 112 c.p.c., 414 c.p.c. e 420 c.p.c. Art. 360 c.p.c. n. 3: Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 112 c.p.c., 414 c.p.c. e 420 c.p.c.’; si sostiene che la Corte territoriale, nel riconoscere l’incentivo ex art. 92 d.lgs. n. 163/2006 sulla scorta del Regolamento ANAS 2009 e pro quota di quello del 2011, avrebbe ritenuto a mmissibile la domanda dell’appellante, con cui era stato invocato il regolamento del 2009, nonostante nell’originario ricorso monitorio la domanda fosse stata formulata sulla base del solo Regolamento del 2011.
1.1. Il motivo è inammissibile perché non si misura adeguatamente con il decisum, atteso che la Corte d’appello, dopo aver considerato che la prestazione del lavoratore dovesse essere incentivata per il primo periodo alla stregua del
Regolamento del 2009, ha tuttavia condannato l’ANAS al pagamento delle sole minori somme richieste dal predetto, sin dagli atti introduttivi del giudizio monitorio, sulla base del Regolamento del 2011, di talché l’eventuale accoglimento del motivo sarebbe comunque privo di valore decisivo.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Art. 360 c.p.c. n. 3: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 Legge n. 109/1994, dell’art. 92 D.lgs. n. 163/2006, dell’art. 12 delle preleggi, dell’art. 2.2. del Regolamento ANAS del 2003 nonché dell’art. 6 ris pettivamente del Regolamento ANAS del 2009 e del 2011’; si eccepisce, in buona sostanza, che tutti i regolamenti dell’Azienda richiamati contengono disposizioni secondo cui gli incentivi in contesa vanno riconosciuti ed erogati sulla base del regolamento vigente al momento della stipulazione del contratto di appalto, nella specie sottoscritto il 27 maggio 2008, sicché a tale data il regolamento vigente era quello del 2003, che non prevedeva incentivi per l’attività di Alta Sorveglianza; si contesta, poi, ch e ‘l’atto aggiuntivo del 27 luglio 2009’ potesse considerarsi ‘un contratto di appalto autonomo o disgiunto rispetto a quello del 27 maggio 2008’ e si deduce pure che il Regolamento del 2009 era entrato in vigore il 3 agosto 2009 e, quindi, dopo l’ordine d i servizio del 4 giugno 2009 di designazione dei componenti dell’Ufficio Sorveglianza; il motivo non può trovare accoglimento.
2.1. E opportuno premettere in diritto come questa Corte sia stata più volte chiamata a pronunciare su questioni inerenti la natura, i limiti oggettivi e soggettivi, i presupposti condizionanti l’insorgenza del diritto a percepire l’incentivo di progettazione, disciplinato, dapprima, dall’art. 18 della legge n. 109/1994, più volte modificato dal legislatore, quindi dall’art. 92 del d.lgs. n. 163/2006 ed infine dall’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, che in
luogo dei “corrispettivi ed incentivi per la progettazione” ha previsto gli “incentivi per funzioni tecniche”; la ricostruzione del quadro normativo è stata compiutamente effettuata da Cass. n. 13937 del 2017 e da Cass. n. 2284 del 2019, alle cui motivazioni si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., perché in questa sede interessa solo rimarcare, in via di premessa generale, che il legislatore, derogando alla disciplina generale del trattamento accessorio dettata dal d.lgs. n. 165/2001, ha previsto, in una logica premiale ed al fine di valorizzare le professionalità esistenti all’interno delle pubbliche amministrazioni, un compenso ulteriore, da attribuire, secondo le modalità stabilite dalle diverse versioni della norma succedutesi nel tempo, al personale impegnato nelle attività di progettazione e collaudo interne agli enti oltre che in quelle di esecuzione dei lavori pubblici; quanto alla natura dell’emolumento ed ai presupposti condizionanti l’insorgenza del diritto, la giurisprudenza di questa Corte, valorizzando la ratio della disposizione, si è consolidata nell’affermare che l’incentivo ha carattere retributivo (v. Cass. n. 21398 del 2019 e la giurisprudenza ivi richiamata al punto 6) ma, poiché il legislatore ha rimesso, dapprima alla contrattazione collettiva decentrata e successivamente alla potestà regolamentare attribuita alle amministrazioni, la determinazione delle modalità di ripartizione del fondo, la nascita del diritto è condizionata, non dalla sola prestazione dell’attività incentivata, bensì anche dall’adozione del regolamento (ancora di recente cfr. Cass. n. 7316 del 2023; Cass. n. 33314 del 2022; Cass. n. 39155 del 2021; Cass. n. 10222 del 2020), in assenza del quale il dipendente può fare valere solo un’azione risarcitoria per inottemperanza agli obblighi che il legislatore ha posto a carico delle amministrazioni appaltanti (Cass. n. 13937/2017 cit.).
2.2. Questa Corte, inoltre, in plurime e recenti ordinanze, sia pure in relazione a fattispecie nelle quali rilevava una delega di collaudo quale atto di conferimento dell’incarico, ha confermato, richiamando in tal senso Cass. n. 13456 del 2021, che, in tema di appalti pubblici, il momento rilevante al fine di individuare la disciplina applicabile al compenso del collaudatore è quello del conferimento dell’incarico, secondo la generale disciplina di cui agli artt. 2230 e 2233 c.c. (così in motivazione Cass. n. 7307, n. 7316, n. 7690, n. 8192, n. 8193 del 2023, nonché Cass. n. 33266 del 2022, alle quali tutte si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; v. anche Cass. n. 36123 del 2023, che si è pronunciata su una fattispecie in tutto sovrapponibile a quella oggetto di causa).
Dando seguito al condivisibile orientamento che considera quale momento rilevante al fine di individuare la disciplina applicabile al compenso incentivante quello del conferimento dell’incarico, va rilevato che nella specie la Corte territoriale ha ritenuto che tale conferimento fosse riferibile alla designazione del 4 giugno 2009, in relazione alla fonte negoziale dalla quale derivava l’attività dei dipendenti rappresentata dall’ ‘atto aggiuntivo del 27 luglio 2009 (data in cui venne approvato il progetto esecutivo)’; si tratta di un accertamento che involge questioni di fatto non suscettibili di riesame in questa sede di legittimità, così come rappresenta una quaestio facti non adeguatamente censurata nelle forme proprie del novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c. l’epoca di entrata in vigore del Regolamento ANAS del 2009. Parimenti inammissibile, infine, è ogni doglianza che denuncia la violazione o falsa applicazione dei regolamenti di ANAS s.p.a. che non hanno la valenza di norme di diritto ai sensi dell’art . 360, n. 3 c.p.c.
Per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con le spese che seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ult eriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso nell’adunanza camerale del 10 luglio 2025