Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1332 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1332 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29403-2019 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso
Oggetto
Rideterminazione
dell’incentivo
all’esodo
Slittamento
dell’età
pensionabile
R.G.N. 29403/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 11/10/2023
CC
lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4385/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/04/2019 R.G.N. 2233/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/10/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma respingeva l’appello proposto da NOME contro la sentenza del Tribunale di Velletri, che aveva rigettato le domande dell’attrice NOME, ex dipendente di RAGIONE_SOCIALE, volte ad ottenere il ricalcolo dell’incentivo all’esodo dovuto alla lavoratrice in base all’accordo sindacale del 16.11.2010, con conseguente condanna della società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della controparte, della complessiva somma di € 17.008,17, oltre accessori.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale innanzitutto, riferite le censure formulate dall’allora appellante rispetto alla sentenza di primo grado (v. pag. 2, ma anche pagg. 4 e 5 della sua sentenza), riteneva inammissibile, in primo luogo, il secondo motivo di gravame,
con il quale si censurava . Reputava la Corte, invece, infondato il primo motivo di gravame, con il quale si censurava la sentenza per avere il Tribunale ritenuto precluse le rivendicazioni della ricorrente, avendo la lavoratrice rinunciato a qualsiasi pretesa derivante dal rapporto di lavoro intercorso e dalla sua risoluzione, senza considerare che la volontà della ricorrente era viziata, in quanto basata sul presupposto, poi non avveratosi, che il calcolo dell’im porto dovuto sarebbe stato successivamente corretto e la ricorrente avrebbe, perciò, percepito le differenze di incentivo richieste. Secondo la Corte, infatti, poiché la lavoratrice non aveva mai chiesto l’annullamento della transazione né per errore, né per altri eventuali vizi della volontà, era del tutto inutile stabilire se l’errore nel quale è incorsa la lavoratrice riguardi la res controversa ovvero un antecedente logico della transazione. Giudicava, infine, infondato il terzo motivo di gravame, con il quale si censurava la sentenza per avere il Tribunale omesso di considerare che le circostanze esposte in ricorso non erano state contestate dalla controparte e dovevano, perciò, considerarsi pacifiche, o comunque avrebbero potuto essere provate previa ammissione della prova testimoniale
articolata in ricorso. Per la Corte, in primo luogo, l’unica circostanza non contestata riguarda l’aumento dell’età pensionabile (disposto da un decreto-legge entrato in vigore pochi giorni prima dell’accordo ed all’epoca non ancora convertito in legge); infatti, la società ha ampiamente contestato sia la dedotta erroneità del calcolo delle ritenute fiscali, sia l’asserita erroneità della mancata inclusione, nella base di calcolo dell’incentivo, del premio di produzione. E, in secondo luogo, riteneva che correttamente il giudice di prime cure aveva respinto le istanze istruttorie avanzate, stante l’ampia rinuncia operata dalla ricorrente con la sottoscrizione del verbale di accordo del 31.8.2011.
Avverso tale decisione, NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Solo la ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è denunciata la ‘Violazione dell’art. 115 c.p.c. per il mancato esame di elementi probatori riguardanti il fatto storico dell’affido verbale che ha formato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.)’. Premette la ricorrente che ‘oggetto del giudizio è il riconoscimento dell’incentivo dovuto alla dipendente in forza del L. n. 148/2011 che -convertito il D.L. n. 138/2011 -non fu conteggiato nel verbale conciliativo del 31/8/2011 che aveva basato i calcoli -in ossequio alla L. n.° 122/2010 -sulla età pensionabile all’1/4/2016’. Secondo la
stessa, il suo diritto allo slittamento dell’età pensionabile dall’1.4. all’1.7.2016 non fu trasfuso ‘nell’atto conciliativo, ma se ne parlò e lo si tenne presente anche al momento della sottoscrizione del verbale ove le parti garantirono l’adempimento all’esito della conversione del D.L.’, e ‘Questo fatto storico nella prassi denominato ‘affido verbale’, è stato confermato dai documenti prodotti dall’appellante’; documenti che la ricorrente passa a considerare e che assume ‘completamente obliati senza forn ire alcuna motivazione’ dalla Corte di merito. Per la ricorrente, inoltre, la ‘T.I.I.T ha contestato fatti ininfluenti ai fini della decisione della lite, quali la dedotta erroneità del calcolo delle ritenute fiscali e della mancata inclusione del premio di produzione, ma non ha contestato il fatto storico dell’affido verbale quale impegno assunto con il lavoratore . E’ questa la mancata specifica contestazione che comporta la fuoriuscita del fatto dal thema probandum ai sensi dell’art. 115 c.p.c.’.
Ritiene il Collegio che tale motivo sia inammissibile sotto vari profili.
Occorre, anzitutto, ricordare che, per questa Corte, ricorre l’ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’, ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per
rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (in tal senso, ex multis , Cass. civ., sez. VI, 9.3.2022, n. 7724).
E’ stato, inoltre, specificato che, nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ prevista dal quinto comma dell’articolo 348 -ter del c.p.c., il ricorrente per cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’articolo 360 del c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (così, tra le altre, Cass. civ., sez. II, 14.12.2021, n. 39910; id., sez. III; 3.11.2021, n. 31312; id., sez. III, 9.11.2020, n. 24974).
3.1. Nel caso in esame, però, a fronte di decisioni di primo e di secondo grado tra loro senz’altro conformi, la ricorrente per cassazione neanche allega che le rispettive rationes decidendi di tali pronunce sarebbero almeno in parte differenti.
3.2. Pertanto, l’unico motivo di ricorso è inammissibile per la parte in cui si riferisce all’ipotesi di ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.
3.3. Del resto, del fatto storico, cui fa riferimento la ricorrente, ossia, il c.d. affido verbale all’atto della sottoscrizione del verbale di conciliazione, non spiega l’asserita decisività; né deduce come e quando abbia formato oggetto di discussione tra le parti, vale a dire, controverso.
All’opposto, asserisce che il medesimo fatto storico sarebbe stato non contestato dalla controparte.
E a non diverse conclusioni deve pervenirsi considerando appunto la censura in esame sotto il profilo della pur dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c. perché, secondo la ricorrente, il fatto storico dell’affido verbale in questione sarebbe stato non contestato.
4.1. Invero, da questo diverso punto di vista, il motivo difetta del requisito di specificità/autosufficienza del ricorso per cassazione.
La ricorrente, infatti, anzitutto non allega se e in che termini l’ ‘affido verbale’ di cui ora discute fosse stato dedotto nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, per modo che potesse ritenersi concretizzata la dedotta non contestazione.
4.2. Inoltre, come riferito in narrativa, la Corte territoriale, a fronte di uno specifico motivo d’appello di cui aveva precisato l’ambito, aveva indicato ciò che aveva ritenuto non contestato (solo l’aumento dell’età pensionabile nel decreto-legge cui si riferisce la ricorrente) e ciò che era invece contestato dalla resistente.
Per completezza, occorre aggiungere che la stessa Corte, nel disattendere il primo motivo d’appello, aveva dato conto che il tema di una correzione dell’importo dovuto a titolo di incentivo all’esodo era stato sì prospettato dalla lavoratrice impugnante ma nell’ambito della sua t esi dell’essere viziata la volontà della stessa all’atto della sottoscrizione del verbale di conciliazione perché appunto la
volontà della ricorrente era ‘basata sul presupposto, poi non avveratosi, che il calcolo dell’importo dovuto sarebbe stato successivamente corretto’.
Tale tesi, dunque, era all’evidenza ben differente da quella attualmente sostenuta che vi sarebbe stato un ‘affido verbale’ nel senso dell’integrazione dell’incentivo all’esodo in ragione di una diversa età pensionabile all’esito della conversione in legge del d.l. n. 138/2011.
4.3. Infine, i passaggi motivazionali dell’impugnata sentenza sopra considerati neppure sono censurati dalla ricorrente.
La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15% e I.V.A e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale