Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21060 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21060 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3133/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3815/2019 depositata il 07/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma – nella causa promossa a seguito di ricorso per decreto ingiuntivo de ll’avv. NOME COGNOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME per il pagamento dei compensi per attività stragiudiziale che il ricorrente assumeva
Oggetto:
CONTRATTO D’OPERA
Ad.01/07/2025 CC
di avere svolto relativamente alla stipula di un contratto di locazione di un capannone industriale, di proprietà degli ingiunti ha riformato la sentenza di primo grado, accogliendo l’opposizione proposta dagli stessi ingiunti. La Corte di merito, sulla base delle prove assunte, ha ritenuto che l’avvocato non avesse dato prova dell’incarico professionale.
Per la cassazione della sentenza il professionista ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.
Resistono con controricorso la COGNOME nonché NOME e NOME COGNOME (figli del defunto NOME)
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con il primo motivo , denunziandosi la violazione dell’art. 1350 cc, si censura la sentenza, per avere la Corte d’appello posto l’accento sulla mancanza di contratto scritto, non considerando che il conferimento di incarico professionale non richiede alcuna forma.
Il motivo è infondato, perché non si rinviene, nella decisione impugnata, nessuna affermazione con cui si riconosca che il contratto di incarico professionale richiede la forma scritta. Invero, la ratio decidendi si sviluppa tutta sul piano della ricostruzione del fatto.
La Corte di merito ha ritenuto non raggiunta la prova sulla base della valutazione della deposizione dei testi e non già per mancanza di forma del contratto di mandato. Il motivo strumentalizza un passaggio isolato a pag. 3 della sentenza, senza considerare che la Corte -come bene evidenziato in controricorso -aveva utilizzato la disgiunzione ‘o’ .
2 Con il secondo motivo -rubricato come violazione dell’art. 116 cpc in relazione agli artt. 6 del DM n. 127/2004, 2233 e 1350
cc – è censurata la valutazione delle prove da parte della Corte d’appello;
Il motivo è infondato in quanto interamente articolato in fatto e in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie. È stato precisato al riguardo (cfr. Cass. 19 gennaio 2021, n. 825; Cass. 3 novembre 2020, n. 24395; ed altre) che una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può avere ad oggetto l’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo il fatto che questi abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, o abbia considerato come facenti piena prova recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione, restando conseguentemente escluso che il vizio possa concretarsi nella censura di apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti o, in più in generale, nella denuncia di un cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali. Nemmeno può sostenersi che l’errata lettura dei documenti processuali avrebbe determinato anche una violazione delle norme applicabili nella fattispecie. In particolare, sono richiamati, nella rubrica del motivo, l’art. 6 del d.m. 127 del 2004 e l’art. 2233 c.c. sul diritto al compenso in favore del professionista. Questa Suprema Corte ha chiarito che l’applicazione di una norma a una fattispecie concreta ricostruita dal provvedimento impugnato in modo erroneo o carente non ridonda necessariamente in violazione di quella stessa norma, ma può anche costituire espressione di un giudizio di merito la cui censura, in sede di legittimità, è possibile, sotto l’aspetto del vizio di
motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi (violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnata in modo evidente dal fatto che solo quest’ultima censura e non anche la prima è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 15499/2004).
3 Il terzo motivo -con cui si denunzia nullità della sentenza ex art. 132 comma 2 n. 4 cpc per irriducibile contraddittorietà della motivazione – è invece fondato.
Sussiste infatti la denunziata anomalia motivazionale consistente nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. n. 22598/2016; n. 7090/2022; v. anche SSUU n. 8053/2014). In particolare, la irriducibile contraddizione consiste in ciò: da un lato la Corte d’appello ha negato l’esistenza dell’incarico professionale; dall’altro ha riconosciuto che il legale svolse le funzione di mero tramite ‘ tra il legale della nuova società interessata alla locazione dell’immobile e i proprietari del bene ‘; nel riconoscere tale ruolo all’avv. COGNOME tuttavia, non è neanche adombrata , da parte della Corte d’appello, l’eventualità che tale ingerenza del legale sia avvenuta per iniziativa unilaterale del medesimo, ammettendosi invece che fu il legale di controparte a trasmettere all’attuale ricorrente la bozza del nuovo contratto. La sentenza poi allude alla ‘ cessazione di ogni rapporto fra le parti, in conseguenza di un nuovo mandato ad altro avvocato ‘: ora, il conce tto di cessazione e quello di nuovo mandato presuppongono logicamente l’esistenza di un rapporto precedente, che la Corte di merito invece nega in via assoluta,
laddove la ricostruzione in fatto, così come operata dalla corte capitolina, lascerebbe trasparire semmai una problematica diversa, riguardante il quantum della pretesa in rapporto alle prestazioni effettivamente svolta dall’avv. COGNOME prima dell’incarico al nuovo legale.
Il denunziato vizio comporta pertanto la cassazione della sentenze e nuovo esame.
In conclusione, è accolto il terzo motivo, sono rigettati i restanti. La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo; rigetta i restanti; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per le spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda