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Incarico professionale PA: la forma scritta è essenziale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22158/2025, affronta il caso di un professionista contro un Comune per il mancato pagamento di prestazioni. La Corte ribadisce che un incarico professionale PA (Pubblica Amministrazione) richiede inderogabilmente la forma scritta del contratto, a pena di nullità. Sebbene il ricorso del professionista contro la nullità dell’incarico venga respinto, la Cassazione accoglie il motivo relativo all’omessa pronuncia sulla domanda di arricchimento senza causa, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione su questo specifico punto.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Incarico professionale PA: Senza Contratto Scritto, Resta Solo l’Arricchimento Senza Causa

L’affidamento di un incarico professionale PA (Pubblica Amministrazione) è una questione delicata, governata da regole formali precise. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 22158/2025, torna su questo tema cruciale, chiarendo le conseguenze della mancanza di un contratto scritto e le tutele residue per il professionista. La decisione sottolinea come, anche di fronte alla nullità di un incarico, la porta non sia completamente chiusa, lasciando aperta la via dell’azione di arricchimento senza causa.

I Fatti del Caso: Un Incarico Verbale e un Lodo Annullato

La vicenda ha origine dalla richiesta di pagamento di un professionista nei confronti di un Comune per attività di progettazione e direzione lavori relativi al recupero del centro storico. Nonostante le prestazioni fossero state eseguite, il Comune non provvedeva al saldo. La controversia veniva deferita a un Collegio arbitrale, che accoglieva la domanda del professionista, condannando l’ente al pagamento di una cospicua somma.

Il Comune, tuttavia, impugnava il lodo arbitrale dinanzi alla Corte d’Appello, sostenendo la nullità dell’incarico per assenza della forma scritta, requisito essenziale per i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione.

La Decisione della Corte d’Appello: la Nullità dell’Incarico Professionale PA

La Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione del Comune. I giudici di secondo grado dichiaravano nullo il lodo, affermando che un incarico professionale PA deve inderogabilmente essere formalizzato attraverso un contratto d’opera redatto in forma scritta. La semplice delibera di un organo comunale o una comunicazione informale non sono sufficienti a instaurare un valido rapporto contrattuale. Di conseguenza, la Corte rigettava le domande del professionista e lo condannava alla restituzione delle spese.

È importante notare che la Corte d’Appello basava la sua decisione su una pluralità di ragioni autonome e distinte (plurime rationes decidendi), tutte convergenti nel sancire la nullità dell’incarico.

Il Ricorso in Cassazione: Tre Motivi di Doglianza

Il professionista non si arrendeva e proponeva ricorso in Cassazione, articolando tre motivi principali:
1. Inammissibilità dell’impugnazione del Comune: Si sosteneva che i motivi addotti dal Comune in appello fossero generici e mirassero a un riesame del merito, non consentito nel giudizio di impugnazione del lodo.
2. Violazione di legge sulla validità dell’incarico: Si contestava la valutazione della Corte d’Appello sulla nullità dell’incarico, sostenendone la validità sulla base degli atti deliberativi e delle comunicazioni intercorse.
3. Omessa pronuncia sulla domanda di arricchimento: Il professionista lamentava che la Corte d’Appello, dopo aver annullato il contratto, avesse completamente omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di arricchimento senza causa (ex art. 2041 c.c.), che era stata riproposta in quella sede.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi con esiti diversi, fornendo importanti chiarimenti sia di diritto sostanziale che processuale.

I primi due motivi sono stati dichiarati inammissibili. Il primo perché il ricorrente non aveva specificato in modo puntuale quali censure del Comune fossero generiche e quali invece rientrassero nei vizi ammessi dalla legge. Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile perché la sentenza della Corte d’Appello si fondava, come detto, su più ragioni autonome (rationes decidendi). Il ricorso del professionista si concentrava solo su alcune di esse, tralasciandone altre. Secondo un principio consolidato, quando una decisione è sorretta da più motivazioni indipendenti, è necessario impugnarle tutte, poiché la resistenza di anche una sola di esse è sufficiente a mantenere in piedi la decisione.

Il terzo motivo, invece, è stato accolto. La Cassazione ha ritenuto fondata la censura di omessa pronuncia. Il Collegio arbitrale, accogliendo la domanda principale di pagamento contrattuale, aveva dichiarato ‘assorbita’ la domanda subordinata di arricchimento. La caducazione del lodo da parte della Corte d’Appello ha travolto anche la statuizione di assorbimento. A quel punto, il professionista aveva correttamente riproposto la domanda di arricchimento nel giudizio d’appello. La Corte territoriale, tuttavia, aveva omesso di esaminarla, incorrendo nel vizio di violazione dell’art. 112 c.p.c. (principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato).

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre due lezioni fondamentali per professionisti e Pubbliche Amministrazioni.

In primo luogo, viene ribadito con fermezza che qualsiasi contratto con un ente pubblico, inclusi gli incarichi professionali, deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. Affidarsi a delibere, note sindacali o accordi verbali è estremamente rischioso e, nella quasi totalità dei casi, non crea un vincolo contrattuale valido.

In secondo luogo, la sentenza chiarisce un importante aspetto processuale. Quando una domanda subordinata (come quella di arricchimento senza causa) viene assorbita in primo grado a seguito dell’accoglimento della domanda principale, la parte vittoriosa non ha l’onere di proporre appello incidentale. È sufficiente, e necessario, riproporre espressamente la domanda assorbita nel giudizio di appello, per evitare che si presuma rinunciata e per obbligare il giudice a pronunciarsi su di essa qualora la domanda principale venga respinta.

Un incarico professionale conferito da un Comune è valido senza un contratto scritto?
No. La Corte d’Appello, la cui decisione su questo punto non è stata scalfita dalla Cassazione, ha stabilito che per conferire validamente un incarico professionale, la Pubblica Amministrazione deve stipulare un contratto d’opera in forma scritta, a pena di nullità. Delibere interne o semplici comunicazioni non sono sufficienti.

Cosa succede se la sentenza d’appello si basa su più motivazioni autonome e il ricorso in Cassazione ne contesta solo una?
Il ricorso è inammissibile. Se una decisione si fonda su più ‘rationes decidendi’ (ragioni della decisione), ciascuna delle quali è di per sé sufficiente a sorreggerla, il ricorso deve contestarle tutte. Se anche una sola delle motivazioni non viene impugnata e resiste, essa è sufficiente a confermare la decisione, rendendo inutile l’esame delle altre censure.

Se la mia domanda principale viene accolta in un lodo arbitrale e quella subordinata (es. arricchimento) viene assorbita, cosa devo fare se la controparte impugna il lodo?
Non è necessario proporre un appello incidentale condizionato. La parte vittoriosa deve semplicemente riproporre espressamente la domanda assorbita nel giudizio di impugnazione. In questo modo, se la domanda principale venisse respinta in appello, il giudice sarà tenuto a esaminare nel merito la domanda subordinata riproposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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