Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19114 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19114 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
R.G.N. 3878/19
C.C. 20/06/2025
Contratto d’opera professionale -Compenso -Legittimazione sostanziale passiva sul ricorso (iscritto al N.R.G. 3878/2019) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi PEC dei difensori;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, in proprio e in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE associato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
e
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma,
INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
avverso la sentenza del Tribunale di Modena n. 1077/2018, pubblicata il 13 giugno 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della controricorrente RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 239/2012, notificato il 12 marzo 2012, il Giudice di Pace di Modena intimava, a carico di COGNOME NOME e in favore di COGNOME NOME -in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE associato -, il pagamento della somma di euro 2.331,95, a titolo di compenso spettante per l’attività professionale prestata di collaudo statico di un fabbricato residenziale, come da parcella opinata n. 29 del 4 dicembre 2011.
Con atto di citazione notificato il 23 aprile 2012, COGNOME NOME proponeva opposizione avverso l’emesso provvedimento monitorio, negando che avesse conferito alcun incarico al COGNOME e rilevando che tra lo stesso COGNOME e l’impresa esecutrice dei lavori appaltati vi era stato un accordo in forza del quale quest’ultima avrebbe dovuto sostenere le spese tecniche
affrontate dal professionista. Eccepiva, inoltre, l’indebito frazionamento del credito, a fronte di altra azione monitoria intrapresa davanti al Tribunale di Modena per l’onorario relativo alla progettazione e direzione dei lavori. Chiedeva, poi, di essere autorizzata a chiamare in causa l’impresa esecutrice RAGIONE_SOCIALE quale debitrice della prestazione pretesa dal professionista. In via subordinata, chiedeva che al professionista fosse riconosciuto solo quanto effettivamente dovuto in relazione all’attività espletata, con liquidazione secondo equità.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOME, il quale contestava le ragioni in fatto e in diritto dell’opposizione, esponendo che aveva ricevuto l’incarico dall’opponente, come dimostrato dai documenti prodotti (frontespizi dei progetti e comunicazione di nomina del progettista e direttore dei lavori, come sottoscritti dall’opponente e depositati presso il Comune, relazione di collaudo delle opere, pagamento parziale di alcune prestazioni), ed eccependo l’inopponibilità del contratto intercorso fra committenza e impresa esecutrice. Chiedeva, poi, di essere autorizzato a chiamare in causa la RAGIONE_SOCIALE e, in via subordinata, che venisse riconosciuta al professionista la somma risultante in corso di causa e/o ritenuta di giustizia e/o determinata anche in via equitativa. In via ulteriormente subordinata, chiedeva che RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME fossero condannate, in solido o alternativamente tra loro, al pagamento della somma dovuta per il titolo emarginato.
Autorizzate le chiamate in causa, si costituiva RAGIONE_SOCIALE, la quale si opponeva alle richieste avversarie, eccependo, nei confronti di COGNOME NOME, l’avvenuta
prescrizione del credito ex art. 2956 c.c. e, in subordine, la sua estinzione per avvenuto pagamento e la carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE Studio tecnico associato.
Nel corso del giudizio era assunta la prova per interpello.
Quindi, il Giudice di Pace adito, con sentenza n. 206/2017, depositata il 21 marzo 2017, rigettava l’opposizione e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto, evidenziando che l’impegno assunto dall’appaltatore verso la committente nel preventivo e nel contratto d’appalto, con riferimento all’accollo delle spese tecniche, era inopponibile al professionista.
2. -Con atto di citazione notificato il 23 ottobre 2017, COGNOME NOME proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) la mancata considerazione dell’illegittima parcellizzazione del credito; 2) l’erronea ricostruzione dei fatti ai fini di ritenere che fosse stato instaurato un rapporto d’opera professionale tra la COGNOME e il professionista collaudatore, anziché direttamente con la COGNOME; 3) l’erronea quantificazione della pretesa creditoria, a fronte della contestazione della somma richiesta sia nell’ an che nel quantum .
Si costituiva nel giudizio d’impugnazione COGNOME NOME, il quale instava per il rigetto dell’appello, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Si costituiva altresì la RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per il rigetto del gravame e la conferma della sentenza del Giudice di Pace.
Decidendo sul gravame interposto, il Tribunale di Modena, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’impugnazione e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia appellata.
A sostegno dell’adottata pronuncia il Tribunale rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la natura abusiva del frazionamento si sarebbe riferita ad un credito unico, non tanto dal punto di vista soggettivo -pur ammettendo che l’unitarietà potesse ravvisarsi nel fatto che i due professionisti ingiungenti lavoravano nello stesso studio associato -quanto dal punto di vista oggettivo, nel senso che unico avrebbe dovuto essere quantomeno il titolo, mentre, nel caso di specie, gli incarichi -com e emergeva dalla stessa prospettazione dell’appellante erano distinti, avendo ad oggetto prestazioni non identiche, l’una di natura progettuale, l’altra di verifica statica, con l’effetto che si trattava di due crediti diversi; b ) che l’ingiungente aveva prodotto la nomina per il collaudo -la cui effettuazione risultava dimostrata -, avvenuta a cura di COGNOME NOME, che figurava come committente di COGNOME NOME per un corrispettivo congruo; c ) che, pur ammettendo che il costo di siffatta prestazione gravasse su RAGIONE_SOCIALE, in base agli accordi contrattuali tra la COGNOME e la Emmegi -ciò che peraltro non emergeva in modo univoco dal contratto di appalto, che parlava solo di spese tecniche -, la domanda di manleva era comunque inammissibile, poiché formulata per la prima volta in appello; d ) che, del resto, l’incarico formale non poteva che essere dato dalla proprietaria e, dunque, la questione dell’allocazione del costo economico di questa prestazione riguardava i rapporti interni tra la COGNOME e la COGNOME e non certo il collaudatore, che poteva rivolgersi -come era avvenuto in fatto -a chi (anche solo) formalmente lo aveva incaricato; e ) che non potevano essere utilizzate le dichiarazioni rese da COGNOME Giuseppe, quale legale
rappresentante di NOMECOGNOME secondo cui il corrispettivo dovuto a COGNOME NOME sarebbe stato pagato dalla terza chiamata, in quanto, pur ammettendo nel caso di specie l’ammissibilità della prova orale sul pagamento, non si trattava di una testimonianza, ma di una dichiarazione, peraltro a sé favorevole, resa da una delle parti in sede di interrogatorio formale; f ) che, in ordine ai capitoli di prova testimoniale nn. 5 e 6, non ammessi, si chiedeva al teste di riferire un pagamento avvenuto nelle mani di un soggetto diverso da COGNOME che nulla implicava quanto alla soddisfazione del credito del Tassoni, oppure di riferire una dichiarazione identica a quella resa da COGNOME in corso di causa.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, COGNOME NOME
Hanno resistito, con separati controricorsi, gli intimati COGNOME NOME, in proprio e in qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE tecnico associato, ed RAGIONE_SOCIALE
-La controricorrente RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Anzitutto, si rileva che non sussistono i presupposti per la riunione al presente procedimento del procedimento iscritto al R.G. n. 29414/2021, la cui trattazione è stata fissata per l’odierna adunanza camerale dinanzi al medesimo Collegio, poiché le impugnazioni sono state proposte contro eterogenee
pronunce ex art. 335 c.p.c., con parti parzialmente diverse e con questioni in parte divergenti.
-Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 320 c.p.c. nonché dell’art. 35, secondo comma, cod. cons., per avere il Tribunale ritenuto che non fosse certa l’inclusione tra le spese tecniche anche di quella relativa alla prestazione del collaudo resa dal COGNOME, così dubitando che tra gli obblighi di Emmegi vi fosse anche quello di pagare i lavori indicati da Terramare, senza tenere conto del pregresso preventivo in cui erano specificate le puntuali spese tecniche (tra cui quelle relative al collaudo).
2.1. -Il mezzo di critica è inammissibile.
E ciò perché la pronuncia impugnata, pur premettendo che non emergeva in modo univoco dal contratto di appalto che tra le spese tecniche rientrassero anche quelle per il collaudo statico dell’opera, ha comunque posto a fondamento dell’assunto secondo cui comunque Emmegi non sarebbe stata tenuta verso il professionista richiedente la circostanza che detti costi accollati da Emmegi verso la COGNOME includessero anche gli esborsi per il collaudo.
Sicché l’esclusione della debenza di NOME è assorbente rispetto al dubbio così espresso.
3. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1326, 1655 e 2222 c.c., per avere il Tribunale sostenuto che l’incarico per l’effettuazione del collaudo non poteva che provenire dalla proprietaria del fabbricato realizzato.
Obietta l’istante che il collaudatore non avrebbe dimostrato che l’incarico fosse stato ricevuto dalla COGNOME, in mancanza di alcun sollecito di pagamento per ben sei anni dall’esecuzione della prestazione e dell’esplicita ammissione di NOME di avere pagato COGNOME
Del resto, la ricorrente avrebbe adempiuto tempestivamente all’incarico conferito alla RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2010 per l’ulteriore opera relativa al sostegno di un terrazzo della stessa abitazione, in ordine alla quale era stato redatto il calcolo strutturale e la redazione di elaborati esecutivi per i puntoni della pensilina in legno, con il pronto pagamento mediante bonifico bancario dell’8 settembre 2010 della nota pro forma n. 21/2010 per euro 1.233,60, quale unico incarico rimesso a tale Studio tecnico associato, posto che la firma del progetto di costruzione e della variante, come prodotti da RAGIONE_SOCIALE, era riconducibile alla sua qualità di mera proprietaria e non già di committente dell’incarico.
Ed inoltre tale progetto riportava il timbro dell’impresa esecutrice-appaltatrice, ossia della Emmegi, che avrebbe commissionato a Terramare tali attività.
4. -Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., la violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., per avere il Tribunale mancato di considerare i fatti emersi in corso di causa, che avrebbero costituito presunzioni gravi, precise e concordanti in ordine alla non debenza di alcuna somma per il titolo indicato da parte di NOME verso la Terramare e della ricaduta del debito verso la Emmegi.
4.1. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
E ciò perché la prova del conferimento, a cura di COGNOME NOME, dell’incarico di provvedere al collaudo statico dell’opera appaltata è stata desunta, in via diretta, dal prodotto atto di nomina per il collaudo -la cui effettuazione risultava dimostrata -, in cui COGNOME NOME figurava come committente di COGNOME NOME per un corrispettivo congruo.
A fronte di tale elemento probatorio inequivocabile ogni argomentazione di segno diverso mira, in realtà, ad ottenere una rivalutazione dei fatti di causa, rivalutazione preclusa in sede di legittimità (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Tanto più che l’assunzione dell’impegno al pagamento del credito del COGNOME, da parte dell’appaltatrice NOME verso l’appaltante COGNOME NOME, senza il coinvolgimento del creditore COGNOME NOME, avrebbe dovuto ricondursi, non già al conferimento dell’incarico a cura dell’assuntore, bensì ad un mero rapporto interno di accollo del debito, non rivendicabile dal creditore.
Orbene, in tema di modificazione del lato soggettivo dell’obbligazione, l’accollo c.d. semplice o interno, non previsto dal codice civile, si distingue dall’accollo c.d. esterno, previsto viceversa dall’art. 1273 c.c., poiché il primo non attribuisce alcun diritto al creditore e non modifica i soggetti dell’originaria
obbligazione, a differenza del secondo, che configura un contratto a favore del terzo, con la conseguenza che nell’accollo interno il terzo accollante assume obbligazioni e risponde del relativo adempimento nei confronti del solo accollato e non anche nei confronti del creditore accollatario, che resta del tutto estraneo all’accordo anche quando vi aderisca, derivando da tale adesione il solo effetto di rendere irrevocabile la relativa stipulazione senza assumere carattere necessario ai fini della modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 38225 del 03/12/2021; Sez. L, Sentenza n. 4604 del 11/04/2000; Sez. L, Sentenza n. 8044 del 26/08/1997; Sez. 3, Sentenza n. 6936 del 01/08/1996; Sez. 3, Sentenza n. 6612 del 17/12/1984; Sez. 3, Sentenza n. 4618 del 08/07/1983; Sez. L, Sentenza n. 1180 del 24/02/1982; Sez. 1, Sentenza n. 1217 del 23/02/1979; Sez. 3, Sentenza n. 1850 del 22/05/1976; Sez. 1, Sentenza n. 2336 del 09/11/1965; Sez. 3, Sentenza n. 2362 del 22/08/1964).
5. -Con il quarto motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 ( recte n. 4), c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto che nel primo grado di giudizio l’odierna ricorrente, all’epoca opponente, non avesse proposto la domanda di manleva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE appaltatrice mentre, in realtà, la COGNOME avrebbe chiesto il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti da Terramare, sostenendo che unica obbligata fosse la RAGIONE_SOCIALE.
Osserva, dunque, l’istante che, sebbene la domanda di manleva fosse stata esplicitata formalmente solo nel secondo grado di giudizio, essa avrebbe potuto ritenersi compresa nella
formula più generale utilizzata sin dalle conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio di prime cure, volta ad ottenere la dichiarazione che nulla era dovuto all’ingiungente, essendo debitrice per il titolo dedotto, se del caso, la COGNOME il che avrebbe dovuto indurre il giudice di merito, prima di affermare apoditticamente che la richiesta di manleva era domanda nuova formulata per la prima volta in appello, ad analizzare il bene della vita chiesto già in primo grado e ribadito nella fase di impugnazione.
5.1. -Il motivo è infondato.
E questo perché la chiamata in causa formulata dall’opponente nel giudizio di primo grado era stata richiesta sul presupposto che debitrice della prestazione pretesa dall’ingiungente fosse direttamente la terza chiamata NOME (chiamata per comunanza di causa o laudatio auctoris ), e non già a fini di garanzia, ai sensi dell’art. 106 c.p.c., ossia per manlevare la debitrice dalle conseguenze del pagamento in favore del creditore, domanda, quest’ultima, avanzata solo in sede di gravame.
Ebbene, diversamente dall’ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell’eventualità della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell’autonomia s ostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in
un unico processo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 240 del 07/01/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 8647 del 02/04/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 30952 del 07/11/2023; Sez. 6-3, Ordinanza n. 15232 del 01/06/2021; Sez. 3, Sentenza n. 516 del 15/01/2020; Sez. 1, Ordinanza n. 5580 del 08/03/2018; Sez. 3, Sentenza n. 23213 del 13/11/2015; Sez. 3, Sentenza n. 5400 del 05/03/2013; Sez. L, Sentenza n. 14776 del 27/06/2006; Sez. 2, Sentenza n. 7273 del 12/05/2003; Sez. 1, Sentenza n. 4740 del 28/03/2003; Sez. L, Sentenza n. 6771 del 10/05/2002; Sez. L, Sentenza n. 2471 del 04/03/2000; Sez. L, Sentenza n. 722 del 24/01/1997).
6. -Con il quinto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., per avere il Tribunale considerato congruo il compenso liquidato al collaudatore, benché la COGNOME avesse contestato non solo l’esistenza dell’incarico, ma anche l’importo dovuto, chiedendo, in via subordinata, che esso fosse determinato secondo equità.
6.1. -Il motivo è inammissibile.
La critica mossa, a fronte della richiesta di liquidazione secondo i richiami tariffari per l’attività di collaudo statico verificata (e con il parere del Consiglio dell’ordine di appartenenza ai fini dell’attivazione del procedimento monitorio), in mancanza di determinazione convenzionale del compenso, è infatti del tutto generica.
Non è stato affatto dedotto che i parametri adoperati per la richiesta di tale liquidazione fossero illegittimi o, comunque, non pertinenti, che le attività indicate non fossero state svolte (a
fronte dell’accertamento dell’effettiva esecuzione del collaudo), che non vi fosse corrispondenza tra attività svolta e voci di tariffa applicate.
7. -Con il sesto motivo la ricorrente assume, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 31, 40 e 104 c.p.c., per avere il Tribunale escluso che fosse stata compiuta un’abusiva frammentazione del credito, sebbene le due pretese azionate provenissero da due professionisti facenti parte dello stesso Studio tecnico associato e si riferissero ad interventi tecnici sullo stesso immobile.
7.1. -Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha, infatti, chiarito che i crediti azionati in sede monitoria, rispettivamente davanti al Giudice di Pace di Modena e al Tribunale di Modena, erano riconducibili a due professionisti diversi, sebbene operanti nell’ambito dello stesso Studio tecnico associato, e riguardavano sul piano oggettivo prestazioni eterogenee, seppure riferite allo stesso immobile: da una parte, la prestazione per l’esecuzione del collaudo statico; dall’altra, la prestazione per la progettazione e la direzione dei lavori.
Sicché la proposizione di due giudizi diversi per far valere due crediti eterogenei è stata del tutto legittima.
8. -Il settimo motivo di ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione degli artt. 24 Cost. e 115 c.p.c., per avere il Tribunale respinto la richiesta di ammissione della prova testimoniale in ordine ai capitoli di cui ai nn. 1 e 2, volti a dimostrare che la prestazione professionale era
stata commissionata da NOMECOGNOME con la conseguente violazione del diritto di difesa.
8.1. -La censura è infondata.
E ciò perché il giudice di merito ha tratto il convincimento circa l’imputazione direttamente alla COGNOME del conferimento dell’incarico dai documenti prodotti e segnatamente dall’atto di nomina a firma della stessa COGNOME, elemento probatorio dirimente a fronte della prova orale richiesta dalla ricorrente.
-In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione a vantaggio dei difensori della controricorrente RAGIONE_SOCIALE che ne hanno fatto istanza, in qualità di antistatari, ai sensi dell’art. 93 c.p.c.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida, in favore di COGNOME NOME, in complessivi euro 1.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, e, in favore della RAGIONE_SOCIALE, in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per
esborsi, oltre accessori come per legge, con distrazione per quest’ultima a vantaggio dei suoi difensori.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda