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Incarico professionale ausiliario: chi paga?

La Corte di Cassazione chiarisce la ripartizione delle responsabilità economiche in un incarico professionale ausiliario. Due architetti, incaricati della direzione lavori da un Comune, avevano sub-affidato compiti di contabilità a un geometra. La Corte ha stabilito che, avendo gli architetti ricevuto dal Comune un compenso comprensivo anche di tali mansioni, spetta a loro retribuire il geometra. La sentenza analizza l’interpretazione del contratto e gli accordi speciali, respingendo quasi tutti i motivi di ricorso degli architetti, ma accogliendo quello relativo alle spese legali verso un terzo chiamato in causa solo per conoscenza.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Incarico professionale ausiliario: chi paga il collaboratore?

La gestione dei compensi in un incarico professionale ausiliario è spesso fonte di contenziosi, specialmente nei contratti di opere pubbliche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su chi debba farsi carico della retribuzione di un collaboratore, come un geometra, quando questo viene ingaggiato dai direttori dei lavori. La questione centrale ruota attorno all’interpretazione del contratto principale tra i professionisti e il committente, in questo caso un’amministrazione comunale.

I fatti di causa

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da un geometra nei confronti di due architetti per il pagamento di circa 24.000 euro. Il compenso era richiesto per l’attività di misura, contabilità e assistenza tecnica svolta nell’ambito dei lavori di adeguamento di un museo archeologico commissionati da un Comune. Gli architetti, direttori dei lavori, si erano opposti al decreto, chiamando in causa sia il Comune sia un suo dipendente.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione, negando l’esistenza di un accordo diretto tra gli architetti e il geometra che giustificasse il pagamento. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, condannando gli architetti a pagare il geometra. Secondo i giudici d’appello, il disciplinare d’incarico tra gli architetti e il Comune prevedeva che l’onorario dei direttori dei lavori includesse anche le attività di assistenza e contabilità, mansioni che erano state poi di fatto affidate al geometra. Di conseguenza, spettava agli architetti retribuire il loro ausiliario. Contro questa sentenza, i due architetti hanno proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e l’incarico professionale ausiliario

La Corte di Cassazione ha rigettato la maggior parte dei motivi di ricorso presentati dagli architetti, confermando la loro responsabilità nel pagamento del geometra. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato il contratto e accertato i fatti.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’analisi del contratto tra gli architetti e il Comune. La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano correttamente accertato l’esistenza di uno ‘speciale accordo’ ai sensi della Legge n. 143/1949. In base a tale accordo, i compiti di assistenza giornaliera e tenuta dei registri di contabilità, pur essendo mansioni delegabili, erano state incluse nelle obbligazioni assunte dai direttori dei lavori e, soprattutto, erano state specificamente compensate nell’onorario a loro liquidato dal Comune. La Corte ha evidenziato che gli architetti avevano persino ricevuto la maggiorazione prevista per questo ulteriore onere. Di conseguenza, avendo ricevuto il pagamento per quelle mansioni, non potevano esimersi dal retribuire il professionista a cui le avevano a loro volta delegate.

La questione delle spese legali verso il terzo chiamato

L’unico motivo di ricorso accolto dalla Cassazione riguarda la condanna degli architetti al pagamento delle spese legali d’appello in favore del dipendente comunale. La Corte ha osservato che la sentenza di primo grado aveva già dichiarato il difetto di legittimazione passiva di tale soggetto. In appello, egli era stato notificato non per essere parte attiva del giudizio (vocatio in ius), ma solo per mera conoscenza (litis denuntiatio). In questi casi, non sorgendo la qualità di parte processuale, non sussistono i presupposti per una condanna alle spese.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati in materia di ermeneutica contrattuale e onere della prova. La Cassazione ha ribadito che l’interpretazione di un contratto è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità se non per violazione dei canoni legali di interpretazione o per vizi di motivazione. Nel caso di specie, i ricorrenti si erano limitati a proporre una lettura del contratto diversa da quella accolta dai giudici, senza però dimostrare un’effettiva violazione delle norme interpretative. La Corte ha ritenuto che la decisione d’appello fosse ben argomentata, poiché basata non solo sul testo dell’accordo ma anche sul comportamento successivo delle parti, come la liquidazione di compensi maggiorati a favore degli architetti proprio per le attività in questione.

Le conclusioni

L’ordinanza offre un importante monito per i professionisti che assumono incarichi complessi, specialmente nel settore pubblico. È fondamentale definire con chiarezza, all’interno del disciplinare d’incarico, quali mansioni sono comprese nell’onorario e quali sono escluse. Se si intende avvalersi di collaboratori per svolgere parte delle proprie mansioni, è essenziale che la responsabilità economica per il loro compenso sia regolata in modo inequivocabile. La sentenza conferma che, se un professionista riceve un compenso dal committente per una determinata attività, è egli stesso a dover retribuire l’ausiliario a cui delega tale attività, a meno che non sia diversamente e specificamente pattutito con il committente stesso.

In un incarico professionale, chi paga l’ausiliario (es. un geometra) se l’accordo non è esplicito?
Secondo la sentenza, se i professionisti principali (in questo caso gli architetti direttori dei lavori) hanno ricevuto dal committente un compenso che include anche le mansioni delegate all’ausiliario, spetta a loro pagare il compenso a quest’ultimo. La responsabilità del pagamento ricade su chi ha ricevuto la relativa provvista economica.

Come viene interpretato un contratto di prestazione d’opera professionale se le clausole sono ambigue?
La Corte chiarisce che l’interpretazione del contratto è un’operazione di accertamento della volontà delle parti affidata al giudice di merito. Questi deve basarsi non solo sul testo letterale, ma anche sul comportamento complessivo delle parti, sia precedente che successivo alla conclusione dell’accordo, come ad esempio la modalità di liquidazione dei compensi.

Se una parte viene coinvolta in un giudizio d’appello solo per conoscenza (litis denuntiatio), ha diritto al rimborso delle spese legali?
No. La Corte ha stabilito che la notifica dell’atto di appello a un soggetto solo per informarlo della pendenza della lite (litis denuntiatio) non lo costituisce come parte del giudizio di gravame. Di conseguenza, non sussistono i presupposti per la condanna della parte soccombente al pagamento delle spese legali in suo favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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