Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8665 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20861/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , in proprio, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
REGIONE LAZIO , in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME che l a rappresenta e difende giusta procura speciale in atti
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI ROMA n. 2906/2018 depositata il 04/05/2018; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2023 dalla
Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Su ricorso dellAVV_NOTAIO il Tribunale di Roma ha ingiunto alla Regione Lazio, con il decreto ingiuntivo n. 18982/2015, il pagamento della somma di euro 18.620,52 oltre interessi e spese a titolo di residuo compenso per la prestazione d’opera professionale di supporto del AVV_NOTAIO regionale NOME COGNOME, in virtù dell’incarico conferito al detto legale per sei mesi dal RAGIONE_SOCIALE Regionale il 23 gennaio 2012, prorogato per un altro anno in data 23 luglio 2012.
Con sentenza n. 3169/2017 il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione proposta dalla Regione Lazio avverso il decreto ingiuntivo, ritenendo provata l’attività svolta dalla convenuta opposta.
A seguito di appello proposto dalla Regione Lazio, con sentenza n. 2906/2018 la Corte di appello di Roma accoglieva l’appello e, in riforma della decisione gravata, revocava il decreto ingiuntivo opposto.
In particolare, la Corte distrettuale:
-ha escluso che la documentazione allegata dall’appellata al fascicolo monitorio (contenente un mero elenco dell’analisi delle problematiche individuate quali sensibili, ai fini dell’intervento legislativo al cui supporto era diretta l’attività di consulenza) costituisse prova dell’effettivo svolgimento d ell’attività svolta;
-ha ritenuto che la sottoscrizione apposta dal AVV_NOTAIO COGNOME alla relazione finale dell’AVV_NOTAIO fosse da considerarsi come mera sottoscrizione per ricezione della relazione;
ha considerato che la circostanza secondo la quale l’AVV_NOTAIO sostenesse di avere integralmente eseguito l’incarico alla data della
relazione finale, consegnata in netto anticipo rispetto alla scadenza contrattuale, non consentiva di considerare comunque concluso l’incarico;
ha affermato che, trattandosi di incarico di natura fiduciaria, lo scioglimento del RAGIONE_SOCIALE Regionale in data 27.09.2012 generava la sua risoluzione in forza di quanto previsto dall’art. 8 del contratto intercorso tra le parti.
4.- Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in tre motivi, l’AVV_NOTAIO.
Ha resistito con controricorso la Regione Lazio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità e/o illegittimità della decisione impugnata, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione degli artt. 283 e 351 c.p.c., ritenendo insussistenti i presupposti per l a concessione della sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, difettando nella specie entrambi i requisiti richiesti dalle norme.
1.1.Il motivo è inammissibile , in quanto rivolto ad un provvedimento di natura processuale con contenuto non decisorio (Cass. n. 5829/2007), difettando la ricorrente di interesse a dolersi di una statuizione la cui efficacia si è esaurita con la pronuncia della sentenza di secondo grado (Cass. n. 19708/2015).
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c.
A detta della ricorrente il giudice di appello si sarebbe soffermato nel merito del contratto di incarico e sulla qualità del lavoro svolto, pur non avendo la difesa di controparte mai eccepito o contestato alcunché sul
punto, trascurando di considerare che l’attività svolta era stata debitamente rendicontata, decidendo con ciò ultra petita .
2.2. Il motivo è infondato .
Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione; tale potere incontra il solo limite del rispetto dell’ambito delle questioni proposte in modo che siano lasciati immutati il petitum e la causa petendi , senza l’introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto.
Pertanto, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre solo quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum e causa petendi ) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato ) ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato ). Ne consegue che il vizio in questione si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (Cass. n. 455/2011; Cass. n. 9452/2014).
È stato ancora precisato che ‘ la corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che vincola il giudice ex art. 112 c.p.c., riguarda il ‘ petitum ‘ che va determinato con riferimento a quello che viene domandato nel contraddittorio sia in via principale che in via subordinata, in relazione al bene della vita che l’attore intende conseguire, ed alle eccezioni che, in proposito, siano state sollevate dal convenuto ‘ (Cass. n. 11289/2018).
La sentenza impugnata rispetta il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. e non attribuisce all’appellante alcun bene della vita diverso da quello da quello richiesto e compreso nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti, essendo
proprio oggetto di causa il contenuto del contratto stipulato dall’AVV_NOTAIO COGNOME con la Regione Lazio.
Si deve aggiungere, secondo quanto evidenziato dalla Regione controricorrente, che la stessa -come emerge dall’esposizione delle sue argomentazioni difensive, riportate dalla sentenza impugnata -aveva contestato la autoattestazione della ricorrente e l’insufficienza della firma apposta alla relazione dal AVV_NOTAIO COGNOME a dimostrare il puntuale espletament o dell’incarico.
Per il resto, il motivo attinge al merito della causa, chiedendo in definitiva un inammissibile riesame dei fatti e delle risultanze di causa, in questa sede non consentito.
3.Con il terzo mezzo la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c., per non avere la sentenza valutato il Regolamento di Organizzazione del RAGIONE_SOCIALE Regionale, il cui art. 2 comma 3 afferma che ‘in caso di cessazione della carica di Presidente del RAGIONE_SOCIALE o di componente dell’ufficio di Presidenza gli incarichi a esperti e consulenti esterni alla Regione possono essere confermati, revocati, modificati o rinnovati entro 90 giorni dalla data di insediamento del nuovo Presidente o del nuovo componente’ e che nella specie nessun provvedimento di revoca dell’incarico era stato posto in essere.
3.2.- Anche questo motivo è privo di fondamento .
Come eccepito dalla Regione Lazio, non risulta che il Regolamento di Organizzazione del RAGIONE_SOCIALE Regionale abbia formato oggetto di discussione tra le parti, tanto che di esso non vi è traccia nella decisione impugnata e il riferimento allo stesso appare connotato dalla novità, da cui deriva l’inammissibilità della sua proposizione in questa sede.
Ed infatti, i motivi del ricorso per cassazione ‘devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede
di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito’ (Cass. n. 28060/2018; conf. Cass. 22069/2015).
Comunque, il regolamento in questione neppure appare fatto decisivo, tale che, se considerato, avrebbe portato ad un esito diverso della lite, secondo quanto necessario a configurare il vizio riconducibile all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c., posto che esso attiene alla situazione della cessazione dalla carica di singoli componenti della legislatura e non alla cessazione per fine legislatura, determinata nel caso de quo dallo scioglimento anticipato del RAGIONE_SOCIALE. Inoltre, come risulta dalla decisione impugna ta, il contratto concluso con l’AVV_NOTAIO, in quanto conferente un incarico fiduciario, prevedeva la cessazione del detto incarico nel caso di cessazione della carica del consigliere COGNOME.
4. -In ragione di quanto considerato, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e possono essere liquidate come in dispositivo.
Stante l’esito, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese
generali forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione