LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Incarico dirigenziale: no paga senza nomina formale

Un dirigente pubblico di seconda fascia ha svolto per anni mansioni sostitutive di un dirigente di prima fascia, richiedendo le relative differenze retributive. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che nel pubblico impiego contrattualizzato è indispensabile un incarico dirigenziale formale per ottenere la retribuzione superiore. Il semplice svolgimento di fatto delle mansioni non è sufficiente, a causa del principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Incarico Dirigenziale: Senza Nomina Formale Niente Retribuzione Superiore

Nel mondo del pubblico impiego, è sufficiente svolgere di fatto le mansioni di un superiore per aver diritto alla sua stessa retribuzione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la necessità di un incarico dirigenziale formale. Senza un atto di nomina ufficiale, la richiesta di differenze retributive è destinata a fallire. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un dirigente di seconda fascia di un ente pubblico, poi confluito in un Ministero. Per diversi periodi, a causa dell’assenza del titolare, questo dirigente aveva di fatto svolto le funzioni di direttore generale, un ruolo appartenente alla prima fascia dirigenziale. Convinto di aver diritto al trattamento economico superiore corrispondente alle mansioni effettivamente prestate, il dirigente ha citato in giudizio l’amministrazione per ottenere il pagamento delle differenze retributive.

Inizialmente, il Tribunale del Lavoro gli aveva dato parzialmente ragione, condannando il Ministero al pagamento di una somma. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, respingendo completamente la domanda del lavoratore. Secondo i giudici di secondo grado, nel pubblico impiego il maggior trattamento economico spetta solo in caso di attribuzione formale dell’incarico superiore, con tutte le responsabilità che ne derivano. Nel caso specifico, al dirigente era stato assegnato solo un compito di sostituzione temporanea e precaria, finalizzato a garantire la continuità amministrativa, ma senza la pienezza delle funzioni e delle responsabilità del direttore generale.

La Decisione della Corte sull’Incarico Dirigenziale Formale

Il dirigente ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la normativa contrattuale dovesse essere interpretata nel senso di garantire una retribuzione adeguata alle funzioni di fatto svolte. La Suprema Corte, però, ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza d’appello e stabilendo principi chiari e rigorosi.

Il fulcro della decisione risiede nella netta distinzione tra impiego pubblico e privato. Mentre nel settore privato lo svolgimento di mansioni superiori può dare diritto automaticamente a una retribuzione più alta (art. 2103 c.c.), nel pubblico impiego contrattualizzato le regole sono diverse e più stringenti. La normativa di riferimento, in particolare il D.Lgs. 165/2001 e i contratti collettivi di settore, subordina il diritto alla retribuzione superiore all’esistenza di un incarico dirigenziale formale, ovvero un provvedimento ufficiale di nomina.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni pilastri giuridici fondamentali. In primo luogo, ha richiamato il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, sancito dall’art. 24 del D.Lgs. 165/2001. Tale principio implica che lo stipendio del dirigente già remunera la totalità delle funzioni attribuite, e non è possibile riconoscere compensi aggiuntivi per attività svolte in più, a meno che non vi sia una specifica e formale attribuzione di un incarico diverso e superiore.

In secondo luogo, i giudici hanno interpretato l’art. 56 del CCNL di comparto, evidenziando come la norma stessa utilizzi il termine “incarico” per individuare il presupposto del trattamento economico superiore. Questo significa che i contraenti collettivi hanno voluto legare il beneficio economico non al mero svolgimento fattuale di compiti, ma a un atto formale di conferimento che attribuisca l’intero compendio di compiti e responsabilità della fascia superiore. Nel caso esaminato, i decreti di nomina parlavano di “sostituzione” per garantire la “continuità gestionale”, escludendo una piena titolarità dell’ufficio.

Infine, la Corte ha respinto la tesi del ricorrente secondo cui l’amministrazione non avrebbe contestato i fatti, chiarendo che l’amministrazione aveva sempre negato che gli incarichi potessero essere qualificati come dirigenziali di primo livello, trasformando la questione da una non contestazione di fatto a una corretta interpretazione giuridica delle nomine.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio cruciale per tutti i dirigenti del settore pubblico: la forma è sostanza. Lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, anche per periodi prolungati, non è di per sé sufficiente a fondare una pretesa economica. È indispensabile che l’amministrazione formalizzi la posizione attraverso un atto di conferimento di incarico dirigenziale formale, che attribuisca al dirigente la pienezza delle funzioni, dei poteri e delle responsabilità del ruolo superiore. In assenza di tale atto, prevale il principio di onnicomprensività della retribuzione, e ogni richiesta di adeguamento economico è destinata a essere respinta.

Un dirigente pubblico che svolge di fatto mansioni superiori ha diritto alla retribuzione più alta?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a differenza del settore privato, nel pubblico impiego contrattualizzato lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non è sufficiente. Per ottenere la retribuzione superiore è necessario un provvedimento formale di conferimento dell’incarico dirigenziale di livello superiore.

Cosa significa il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale?
Significa che la retribuzione prevista per un dirigente pubblico è considerata comprensiva di tutti i compiti e le responsabilità legati al suo incarico. Questo principio, sancito dall’art. 24 del d.lgs. 165/2001, impedisce il riconoscimento di differenze retributive per lo svolgimento di attività aggiuntive, a meno che non venga conferito un nuovo e diverso incarico formale.

Perché la Corte ha stabilito che la nomina formale è l’unico presupposto per la paga superiore?
Perché la disciplina collettiva (in questo caso l’art. 56 c.c.n.l. Area VIII PCM) e la legge (d.lgs. 165/2001) legano esplicitamente il diritto al trattamento economico superiore al conferimento di un “incarico”. La Corte ha interpretato questo termine come un atto formale che attribuisce l’intero pacchetto di compiti e responsabilità della posizione superiore, e non la semplice esecuzione di alcune delle sue funzioni in via temporanea o sostitutiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati