Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5027 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 5027  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35879-2018 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME  COGNOME,  che  li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in persona del Commissario pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO,  presso  la  CANCELLERIA  DELLA  CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
DIRIGENTE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 489/2018 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 25/07/2018 R.G.N. 520/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO
-che, con sentenza del 25 luglio 2018, la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, e NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), avente ad oggetto il riconoscimento del diritto degli istanti all’attribuzione dell’incarico professionale quantomeno di elevata professionalità, secondo le previsioni dell’art. 52 del CCNL per l’Area dirigen za medica e veterinaria del 5.12.1996 ribadite dagli artt. 27 e 28 del CCNL 8.6.2000 richiamato dal regolamento aziendale per la graduazione delle funzioni;
-che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e  questa  ritenuto  irrilevante  lo  svolgimento  delle mansioni dirigenziali ai fini del conferimento dell’incarico , non essendo applicabile al  rapporto  dirigenziale  l’art.  2103  c.c. relativamente  alla  promozione  automatica  secondo  quanto espressamente  previsto  dall’art.  17  d.lgs.  n.  165/2001  e essendo  previsto  in  sede  collettiva  ai  medesimi  fini  un complesso  iter  formativo,  senza  che  possa  configurarsi  il
diritto  al  mantenimento  dell’incarico  già  affidato  ovvero  di uno specifico incarico;
-che per la cassazione di tale sentenza ricorrono tutti gli originari istanti affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
-che i ricorrenti hanno poi presentato memoria.
CONSIDERATO
-che, con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., deduc ono la  nullità  della  sentenza  impugnata  in  relazione  all’omessa pronunzia in ordine all’inammissibilità  dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, eccezione che doveva essere accolta in ragione della genericità del gravame;
-che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., i ricorrenti deducono la nullità dell’impugnata sentenza in relazione all’omessa pronunzia in ordine all’inammissibilità dell’eccezione , tardivamente proposta solo in sede di gravame, concernente la qualificazione dell’incarico conferito al ricorrente non come incarico professionale di tipo ‘alfa’, elemento di fatto mai fatto oggetto di contestazione in prime cure, ma come incarico professionale di base;
-che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione  e  falsa  applicazione  degli  artt.  2103  c.c.  e  112 c.p.c., i ricorrenti imputano alla Corte territoriale il travisamento dell’oggetto della domanda, non riconducibile
ad  un  preteso  riconoscimento  di  mansioni  superiori  ma concretantesi,  invece,  nella  richiesta  di  ricognizione  delle mansioni  svolte  ai  fini  di  un  corretto  inquadramento    in organico  e  di  riconoscimento  della  relativa  retribuzione  di posizione;
-che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 15 ter d.lgs. n. 502/1992, 19 d.lgs. n. 165/20021 e della disciplina collettiva in materia di conferimento di incarichi professionali dettata dai successivi CCNL per l’Area della dirigenza m edica e veterinaria 5.12.1996, art. 52, 3.11.2005, art. 28, 17.10.2008, art. 6 nonché dell’art. 13, CCNL per la dirigenza del Comparto Ministeri relativamente al quadriennio 19982001 e dell’art. 26 del CCNL 20.12.2001 per la dirigenza del CNEL è prospettata in relazione al disconoscimento da parte della Corte territoriale del diritto all’incarico decorsi cinque anni di esercizio delle funzioni, diritto riconosciuto dalle predette disposizioni ove correttamente interpretate;
-che nel quinto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art.  112  c.p.c.  nonché  il  vizio  di  motivazione  sono prospettati alternativamente in relazione al riferimento operato  dalla  Corte  territoriale,  quale  ulteriore ratio della pronunzia  di  rigetto  della  domanda,  alla  necessaria  previa valutazione  del  dirigente  nonché  alla  capienza  del  fondo, affermandosi  la  ricorrenza  di  un  vizio  di  ultrapetizione  nel caso queste fossero le ragioni invocate dalla Corte stessa a
motivo del  disposto rigetto, trattandosi di argomenti sollevati per la prima volta d’ufficio nel giudizio di appello ed in caso contrario l’incertezza sulla riconducibilità a tali argomenti del pronunciamento della Corte predetta;
-che il primo motivo si rivela inammissibile atteso che, al di là dell’inconfigurabilità della violazione del principio di necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato riguardando questa solo le questioni di merito e non le eccezioni preliminari o pregiudiziali di rito (cfr. fra le tante Cass. n.25154/2018), i ricorrenti non specificano il contenuto della sentenza di primo grado e dell’atto di appello e non forniscono specifiche indicazioni sulla localizzazione di detti atti processuali, limitandosi ad argomentare in astratto sull’interpretazione dell’art. 434 c.p.c.;
-che il secondo motivo risulta manifestamente infondato, dovendosi ritenere che l’RAGIONE_SOCIALE, nel giudizio di appello, lungi dall’opporre in fatto una diversa tipologia di incarico professionale rispetto a quella rivendicata dai ricorrenti , si sia limitata ad attribuire all’incarico una qualificazione giuridica differente da quella prospettata, qualificazione comunque oggetto dell’accertamento rimesso al giudice, così svolgendo una mera difesa rispetto alla domanda proposta dai ricorrenti senza introdurre eccezioni nuove;
-che, nuovamente, il terzo motivo deve ritenersi inammissibile  non  misurandosi  con  la ratio  decidendi della
sentenza impugnata data dal rigetto della tesi dei ricorrenti per cui il diritto al conferimento di un incarico diverso e superiore a quello ‘base’ deriverebbe dalla mera maturazione da parte del dirigente medico di un’anzianità superiore a cinque anni e n on sull’inconfigurabilità nella specie dell’esercizio di mansioni superiori, come ritengono i ricorrenti imputando alla Corte territoriale il travisamento della domanda e l’essere , pertanto, incorsa in un vizio di ultrapetizione;
-che, viceversa, il quarto motivo si appalesa infondato, essendosi la Corte territoriale espressa in conformità al principio enunciato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11574/2023 alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c. ), secondo cui ‘ In tema di dirigenza medica, il conferimento di incarico di direzione di struttura semplice, di alta professionalità, studio, ricerca, ispettivo, di verifica e controllo ai dirigenti che abbiano superato il quinquennio di anzianità con valutazione positiva da parte del collegio tecnico è condizionato all’esistenza di posti disponibili, secondo l’assetto organizzativo fissato nell’atto aziendale, alla copertura finanziaria, oltre che al superamento delle forme di selezione regolate dalla contrattazione collettiva ‘;
-che ancora inammissibile si appalesa il quinto motivo risolvendosi la censura nella mera confutazione dell’apprezzamento  in  fatto  operato  dalla  Corte  territoriale circa l’essere l’effettuata graduazione degli incarichi limitata
con riferimento all’assetto organizzativo aziendale dell’originaria RAGIONE_SOCIALE e, come tale, insuscettibile di porsi a fondamento del conferimento degli stessi presso la RAGIONE_SOCIALE successivamente istituita;
-che, da ultimo, è da ritenersi inammissibile la censura sollevata in sede di memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. concernente l’omessa pronunzia sulla domanda di risarcimento del danno, censura non inclusa tra i motivi di impugnazione, insuscettibili di essere integrati con la memoria che assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente, ovvero in maniera completa, compiuta e definitiva, enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (cfr. fra le tante Cass. n. 26670/2014 e Cass. S.U. n. 19444/2009)
-che il ricorso va dunque rigettato;
-che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso  e  condanna  parte  ricorrente  al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida  in  euro  200,00  per  esborsi  ed  euro  5.000,00  per compensi oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002,  dà  atto  della  sussistenza  dei presupposti  per  il
versamento  da  parte  dei  ricorrenti dell’ulteriore  importo  a titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso  a  norma  del  comma  1  bis  dello  stesso  art.  13,  se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19.12.2023.