Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5024 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 5024  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35874-2018 proposto da:
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in persona del Commissario pro tempore , domiciliata ope legis in  ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata  e  difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
DIRIGENTE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
avverso la sentenza n. 495/2018 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 24/07/2018 R.G.N. 521/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO. RILEVATO
-che, con sentenza del 24 luglio 2018, la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, medico veterinario alle dipendenze da oltre cinque anni dell’RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), all’attribuzione dell’incarico professionale quantomeno di elevata professionalità, secondo le previsioni dell’art. 52 del CCNL per l’RAGIONE_SOCIALE dirigenza medica e veterinaria del 5.12.1996, ribadite dagli artt. 27 e 28 del CCNL 8.6.2000 richiamato dal regolamento aziendale per la graduazione delle funzioni;
-che la decisione della Corte territoriale discende dall’avere questa ritenuto irrilevante lo svolgimento delle mansioni dirigenziali ai fini del conferimento dell’incarico, non essendo applicabile al rapporto dirigenziale l’art. 2103 c.c. relativamente alla promozione automatica secondo quanto espressamente previsto dall’art. 17 d.lgs. n. 165/2001, ed essendo previsto in sede collettiva ai medesimi fini un complesso iter formativo, senza che possa configurarsi il diritto al mantenimento dell’incarico già affidato ovvero di uno specifico incarico;
-che  per  la  cassazione  di  tale  sentenza  ricorre  il  COGNOME  affidando l’impugnazione  a  sette  motivi,  cui  resiste,  con  controricorso,  la  RAGIONE_SOCIALE;
-che il ricorrente ha poi presentato memoria.
CONSIDERATO
-che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., deduce la nullità della sentenza impugnata in relazione all’omessa pronunzia in ordine all’eccezione di inammissibilità
dell’appello  proposto  dalla  RAGIONE_SOCIALE,  eccezione  che  doveva  essere accolta in ragione della genericità del gravame;
-che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., il ricorrente deduce la nullità dell’impugnata sentenza in relazione all’omessa pronunzia in ordine all’inammissibilità dell’eccezione, tardivamente proposta solo in sede di gravame, concernente la qualificazione dell’incarico conferito al ricorrente non come incarico professionale di tipo ‘alfa’, elemento di fatto mai fatto oggetto di contestazione in prime cure, ma come incarico professionale di base;
-che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 c.c. e 112 c.p.c., il ricorrente imputa alla Corte territoriale il travisamento dell’oggetto della domanda, non riconducibile ad un preteso riconoscimento di mansioni superiori ma concretantesi, invece, nella  richiesta  di  ricognizione  delle  mansioni  svolte  ai  fini  di  un  corretto inquadramento in organico e di riconoscimento della relativa retribuzione di posizione;
-che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 15 ter d.lgs. n. 502/1992, 19 d.lgs. n. 165/20021 e della disciplina collettiva in materia di conferimento di incarichi professionali dettata dai successivi CCNL per l’RAGIONE_SOCIALE della dirigenza medica e veterinaria 5.12.1996, art. 52, 3.11.2005, art. 28, 17.10.2008, art. 6 nonché dell’art. 13, CCNL per la dirigenza del Comparto Ministeri relativamente al quadriennio 1998-2001 e dell’art. 26 del CCNL 20.12.2001 per la dirigenza del CNEL, è prospettata in relazione al disconoscimento da parte della Corte territoriale del diritto all’incarico decorsi cinque anni di esercizio delle funzioni, diritto riconosciuto dalle predette disposizioni ove correttamente interpretate;
-che con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputando alla Corte territoriale, da un lato, l’omessa pronunzia in ordine alla spettanza del diritto all’incarico ed alla relativa retribuzione di posizione per il periodo febbraio 2005/agosto 2009 di operatività della RAGIONE_SOCIALE (cui nel settembre del 2009 sarebbe subentrata la RAGIONE_SOCIALE) presso la quale, come riconosciuto dalla stessa Corte territoriale, si era concluso l’iter procedurale per il conferimento degli incarichi e, dall’altro, la
mancata  considerazione  della  conclusione  presso  la  RAGIONE_SOCIALE  dell’iter procedurale  in  questione,  da  cui  scaturiva  il  riconoscimento,  cui  era approdato  il  primo  giudice,  del  diritto  all’incarico  ed  alla  retribuzione  di posizione;
-che con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputando alla Corte territoriale il carattere apparente della motivazione derivante dal risultare questa fondata sull’erronea percezione del fatto per cui il Regolamento di graduazione delle funzioni fosse riferito esclusivamente all’assetto organizzativo dell’RAGIONE_SOCIALE e non anche all’ASP a quella succeduta, fatto che, ove rilevato, avrebbe comportato il riconoscimento del diritto azionato dal ricorrente;
-che nel settimo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonché il vizio di motivazione sono prospettati alternativamente in relazione al riferimento operato dalla Corte territoriale, quale ulteriore ratio della pronunzia di rigetto della domanda del ricorrente, alla necessaria previa valutazione del dirigente nonché all’incapienza del fondo, affermandosi la ricorrenza di un vizio di ultrapetizione nel caso queste fossero le ragioni invocate dalla Corte stessa a motivo del disposto rigetto, trattandosi di argomenti sollevati per la prima volta d’ufficio nel giudizio di appello ed in caso contrario l’incertezza sulla riconducibilità a tali argomenti del pronunciamento della Corte predetta;
-che il primo motivo si rivela inammissibile atteso che, al di là dell’inconfigurabilità della violazione del principio di necessaria corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, riguardando questa solo le questioni di merito e non le eccezioni preliminari o pregiudiziali di rito (cfr. fra le tante Cass. n.25154/2018), il ricorrente non specifica il contenuto della sentenza di primo grado e dell’atto di appello e non fornisce specifiche indicazioni sulla localizzazione di detti atti processuali, limitandosi ad argomentare in astratto sull’interpretazione dell’art. 434 c.p.c.;
-che  il secondo motivo risulta manifestamente infondato, dovendosi ritenere che l’RAGIONE_SOCIALE, nel giudizio di appello, lungi dall’opporre in fatto una diversa tipologia di incarico professionale rispetto a quella rivendicata dal ricorrente, si sia limitata ad attribuire all’incarico una qualificazione giuridica
differente da quella prospettata dal ricorrente stesso, qualificazione comunque oggetto dell’accertamento rimesso al giudice, così svolgendo una mera difesa rispetto alla domanda proposta dal ricorrente senza introdurre eccezioni nuove;
-che, nuovamente, il terzo motivo deve ritenersi inammissibile non misurandosi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, data dal rigetto della tesi del ricorrente per cui il diritto al conferimento di un incarico diverso e superiore a quello ‘base’ deriverebbe dalla mera maturazione da parte del dirigente medico di un’anzianità superiore a cinque anni e non fondata sull’inconfigurabilità nella specie dell’esercizio di mansioni superiori, come ritiene il ricorrente imputando alla Corte territoriale il travisamento della domanda e l’essere, pertanto, incorsa in un vizio di ultrapetizione;
-che, viceversa, il quarto motivo si appalesa infondato, essendosi la Corte territoriale espressa in conformità al principio enunciato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11574/2023 alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c.), secondo cui ‘ In tema di dirigenza medica, il conferimento di incarico di direzione di struttura semplice, di alta professionalità, studio, ricerca, ispettivo, di verifica e controllo ai dirigenti che abbiano superato il quinquennio di anzianità con valutazione positiva da parte del collegio tecnico è condizionato all’esistenza di posti disponibili, secondo l’assetto organizzativo fissato nell’atto aziendale, alla copertura finanziaria, oltre che al superamento delle forme di selezione regolate dalla contrattazione collettiva ‘;
-che ancora inammissibile si appalesa il quinto motivo risolvendosi la censura nella  mera  confutazione  dell’apprezzamento  in  fatto  operato  dalla  Corte territoriale circa l’essere l’effettuata graduazione degli incarichi limitata con riferimento  all’assetto  organizzativo  aziendale  dell’originaria  RAGIONE_SOCIALE  e, come tale, insuscettibile di porsi a fondamento del conferimento degli stessi presso la RAGIONE_SOCIALE successivamente istituita;
-che  parimenti  inammissibile  appare  il  sesto  motivo  non  ravvisandosi  il denunciato  vizio  di  omesso  esame  in  relazione  agli  atti  relativi  alla graduazione  delle  funzioni dirigenziali, viceversa  valutati dalla  Corte territoriale  ma  ritenuti  inidonei  a  fondare  la  pretesa  del  ricorrente  che sollecita, dunque, una revisione nel merito del giudizio;
-che non ricorrono i vizi alternativamente denunciati di ultrapetizione e di motivazione, atteso che i dati considerati, quali la previa valutazione positiva del dirigente nonché la capienza del fondo, in quanto elementi costitutivi del vantato diritto alla retribuzione di posizione-parte variabile aziendale, erano parte integrante del giudizio rimesso al giudice che, dunque, da un lato, non è incorso nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato né del principio del contraddittorio e, dall’altro ha congruamente motivato in ordine alla loro ricorrenza;
-che, da ultimo, è da ritenersi inammissibile la censura sollevata in sede di memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. concernente l’omessa pronunzia sulla domanda di risarcimento del danno, censura non inclusa tra i motivi di impugnazione, insuscettibili di essere integrati con la memoria che assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente, ovvero in maniera completa, compiuta e definitiva, enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (cfr. fra le tante Cass. n. 26670/2014 e Cass. S.U. n. 19444/2009)
-che il ricorso va dunque rigettato;
-che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di  legittimità  che  liquida  in  euro  200,00  per esborsi  ed  euro  4.000,00  per  compensi  oltre  spese  generali  al  15%  e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19.12.2023.
La Presidente
NOME COGNOME