Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1473 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1473 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 100-2018 proposto da:
AZIENDA SANITARIA RAGIONE_SOCIALE BENEVENTO (GIA’ ASL BN 1) in persona del Direttore Generale pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5081/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/06/2017 R.G.N. 3249/2013;
Oggetto
Dirigente pubblico impiego
R.G.N. 100/2018 Cron. Rep. Ud. 19/12/2023 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
con sentenza del 30.6.2017 la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Benevento che, in accoglimento della domanda di NOME COGNOME, dirigente medico dell’ASL di Benevento in servizio presso il P.O. di Sant’Agata de’ Goti, aveva condannato l’ASL per il servizio da lei prestato, quale responsabile di struttura semplice di Nefrologia nell’ambito dell’U.O.C di Medicina generale, dal 2001 al 2011- al pagamento della retribuzione di posizione minima contrattuale in misura pari a €. 54.065,58 oltre interessi legali;
la Corte territoriale rilevava come l’incarico in parola non rientrasse nel novero degli incarichi professionali ex art. 27 co. 1 lett. c) c.c.n.l. Sanità 1998-2001, essendo «incontestato ed adeguatamente documentato» che il ‘ modulo funzionale di Nefrologia e Verifica SDO ‘ al quale era preposta la COGNOME in virtù di contratto individuale del 18.5.2000 «potesse qualificarsi in termini di struttura semplice, in quanto articolazione interna della struttura complessa di Medicina Generale», donde la remunerabi lità dell’incarico ai sensi dell’art. 27 , comma 9, c.c.n.l., cit.;
l’attribuzione della direzione della struttura semplice ex art. 27 lett. B) c.c.n.l. 8.6.2000 si evinceva dall’analisi in chiave logico -sistematica delle clausole del contratto individuale, che prevedevano non solo una responsabilità per la continuità del servizio e l’obbligo di assicurare la reperibilità in periodo di ferie, ma anche una verifica dei
risultati in correlazione con gli obiettivi aziendali, con facoltà di gestione del personale e delle attrezzature in dotazione all’Unità operativa;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’ASL di Benevento sulla base di tre motivi, mentre NOME COGNOME resta intimata.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia testualmente «violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. in relazione all’art. 36 Cost. ed all’art. 2103 c od. civ., in quanto nella sentenza impugnata si ritiene che trovino applicazione tali articoli ed alla ricorrente spetti l’intero trattamento economico proprio dell’attribuzione del modulo funzionale e/o struttura semplice, e non quello previsto e applicato ai sens i dell’art. 27 c omma 1 lettera c) del c.c.n.l.»; si lamenta la l acunosità delle motivazioni e l’erronea interpretazione del contratto anche in ordine all’attribuzione delle responsabilità, non recando esso «l’assegnazione di una struttura semplice», di cui v’era «assoluta carenza di prove», ma piuttosto l’attribuzione di un incarico di natura professionale di alta specializzazione, il che si evinceva da altre pronunce della stessa Corte d’appello di Napoli vertenti su casi analoghi;
il secondo motivo è così invece rubricato: «errata valutazione dei documenti acquisiti agli atti provenienti da enti pubblici; travisamento dei fatti e vizio di motivazione relativo agli stessi, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed insufficiente motivazione, in violazione degli artt. 360 nn. 3-5 cod. proc. civ. e 1362, 1363, 1365, 1366 e 1369 cod. civ. nell’interpretazione dell’art. 27 c.c.n.l. 2000 dell’Area relativa alla Dirigenza medica e veterinaria del SSN e dell’art. 36 Cost.»; osserva in particolare la ASL che sarebbero evidenti le ‘contraddizioni’
della sentenza impugnata nonché la ‘scarna ed illogica motivazione’, ed evidenzia che «la prova del fatto che alla Garofano non è stato affidato l’incarico di direzione del modulo si rinviene nel dettato normativo nonché nell’assoluta carenza di prove, ele menti questi non considerati dal giudice della Corte»; come pure si deduce che inammissibile sarebbe la domanda subordinata di indebito arricchimento, che andrebbe rigettata «per difetto di prova», e, parimenti, la domanda di cumulo di interessi e rivalutazione riconosciuti dal giudice del Tribunale di Benevento e confermata in secondo grado; inoltre, si aggiunge che l’incarico era cessato dal 1.1.2005, in forza di nota della Direzione generale 30.11.2004 prot. 200776, evidentemente sottovalutata dal giudice di secondo grado;
con il terzo, ed ultimo, mezzo si lamenta l’ingiusta condanna alle spese, pur a fronte del «corretto inquadramento dell’incarico affidato alla dr.ssa NOME COGNOME dall’ASL»;
i primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono inammissibili;
va premesso che il ricorso è caratterizzato da una oscura tecnica espositiva che rende le censure non comprensibili appieno senza il continuo confronto con la sentenza impugnata, in violazione del disposto dell’art. 366, n. 3 e 4 c od. proc. civ., il che ne determina l’inammissibilità nel suo complesso, oltre che per le considerazioni che seguono, facenti riferimento ai singoli motivi. Come affermato da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 37522 del 2021), il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità
una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 cod. proc. civ.; l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 cod. proc. civ. Questo è quanto si è verificato nel caso di specie, in cui il contenuto dei motivi non è del tutto comprensibile se non integrando la lettura del ricorso con quella della sentenza, e l’esame nel merito dei motivi è precluso dal rischio di una indebita supplenza, da parte della Corte, a fronte di varie opzioni interpretative in ordine all’effettivo conte nuto dei motivi, nel tracciare la stessa linea difensiva della ricorrente;
6. nel merito dei rilievi di dettaglio contenuti nei motivi primo e secondo, questa S.C. (Cass. 5 maggio 2023, n. 11941; Cass. 25 settembre 2018, n. 27234) ha già chiarito che «l’articolo 27 del CCNL 8 giugno 2000 stabiliva che anteriormente alla adozione dell’atto aziendale gli incarichi di direzione di struttura semplice corrispondessero a quelli previsti dall’articolo 56 comma 1 fascia b) c.c.n.l. 5 dicembre 1996 e gli incarichi di natura professionale a quelli previsti dall’articolo 57 fasce a) e b) del medesimo c.c.n.l.» e che «il richiamato c.c.n.l. (Contratto collettivo per il quadriennio 1994-1997), nel prevedere per la prima volta gli incarichi di direzione di struttura (complessa e semplice), indicava a titolo esemplificativo: i) all’articolo 56 comma 1 fascia b), tra gli incarichi di direzione di struttura semplice «i settori o moduli di cui all’articolo 116 d.P.R. n. 384/1990, con particolare riguardo a quelli che hanno valenza
dipartimentale»; ii) all’articolo 57, fascia a), tra gli incarichi non comportanti direzione di struttura ‘settori o moduli previsti dall’articolo 116 del d.P.R. 384/1990 cui siano correlate le attività del comma 2 (studio e ricerca, ispettive o di verifica e controllo, attività di natura professionale: ndr) ma non le attività di direzione di struttura» ‘, sicché «l’ex-modulo funzionale poteva corrispondere tanto ad un incarico di direzione di struttura semplice che ad un incarico professionale non comportante direzione di struttura»;
ciò è stato affermato dalla citata pronuncia rispetto all’assetto di cui all’art. 37 del c.c.n.l. 2002/2003, ma ragionamento non diverso vale -come precisato da Cass. 1° marzo 2022, n. 6709 -per il c.c.n.l. 2006/2007, il cui art. 20 ricalca, a parte i diversi valori economici, le previsioni dell’art. 37 del precedente c.c.n.l. 2002/2003, anch’esso qui rilevante e poi per l’art. 5 del c.c.n.l. 2008/2009;
orbene, il rientrare della direzione dell’ex -modulo nell’ambito di un incarico di alta professionalità (art. 27, lett. c del c.c.n.l. 8.6.2000 normativo 1998-2001) o di direzione di struttura semplice (art. 27, lett. b del medesimo c.c.n.l.) dipende quindi (come ben chiarito da Cass., Sez. L, n. 11743 del 4 maggio 2023 e Cass., Sez. L, 11941/2023, cit.) da un giudizio di fatto sul grado di autonomia e di responsabilità proprio della concreta struttura di assegnazione; tale giudizio è stato svolto dalla Corte territoriale, la quale ha ritenuto l’esistenza di un’autonoma gestione di risorse umane e tecniche, oltre che di una responsabilità per i risultati, espressamente prevista dall’art. 7 del contratto (v. pag. 6 della sentenza impugnata);
rispetto a tale giudizio di fatto, le censure, proponendo una diversa valorizzazione di dati contrattuali ed affermando che all’evidenza sarebbero da ritenere escluse quelle caratteristiche
ritenute invece sussistenti dalla Corte d’ appello, ha la sostanza di una rivisitazione degli esiti dell’istruttoria e del merito, inammissibile in sede di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148); come pure inammissibile è l’invocato riesame della nota della Direzione Generale 30.11.2004, prot. 200776, asseritamente oggetto di ‘sottovalutazione’ da parte del giudice di secondo grado, trattandosi di doglianza che involge apprezzamenti riservati al dominio del giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr. Cass., Sez. L, n. 37711 del 23.12.2022);
10. una mera difesa, per giunta generica, è poi il richiamo ad altri e diversi precedenti della medesima Corte territoriale, che, come tale, non intercetta una valida denuncia di un vizio di legittimità; inconferente è, infine, anche il richiamo al tema della onnicomprensività della retribuzione, essendo evidente che tale caratteristica è propria della retribuzione che risulta dovuta sulla base della corretta qualificazione dell’attività svolta, rispetto alla contrattazione coll ettiva;
11. non è pertanto da parlarsi di onnicomprensività se il contratto individuale sia incoerente con l’incarico svolto, del quale spettano, invece, le retribuzioni secondo la reale fisionomia di esso, fisionomia la cui ricostruzione, come detto, appartiene al giudizio di fatto del giudice del merito, sulla base delle declaratorie negoziali; ne resta assorbita ogni questione sulla domanda subordinata di arricchimento senza causa, in quanto quella accolta – con modalità destinate a resistere all’impugnativa
di legittimità – è la domanda principale ( Cass., Sez. L, n. 11743/2023 , cit.);
12. ragione di inammissibilità è altresì rinvenibile nel fatto che le censure non si confrontano con la ratio decidendi , facendo riferimento a domande e statuizioni non ricomprese nel decisum , come quella di indebito arricchimento, di cui non v’è cenno nella sentenza impugnata, e l’ulteriore aspetto legato al riferito cumulo di interessi e rivalutazione, escluso invece dalla pronuncia di primo grado -che limita la condanna ai soli interessi legali -, come confermata in appello;
13. non si sottrae, infine, al vizio di inammissibilità neppure la terza, e residuale, censura sulle spese che si condensa anch’essa in una vaga e assertiva affermazione di ingiustizia del dictum del giudice d’appello che, sul punto, nel respingere il gravame della ASL, si è solo limitato a fare piana applicazione della regola della soccombenza;
14. in generale, in tema di responsabilità delle parti per le spese di giudizio (Capo IV del Titolo III del Libro Primo del codice di rito), si rammenta che la denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91, comma 1, cod. proc. civ., in questa sede di legittimità trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa ( ex multis : Cass. n. 18128 del 2020 e Cass. n. 26912 del 2020) e che la compensazione delle spese processuali, di cui all’art. 92 cod. proc. civ., costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito (v., per tutte, Cass. SS. UU. n. 20598 del 2008), il quale non è tenuto a dare ragione, con espressa motivazione, del mancato uso di tale sua facoltà (Cass. n. 36668 del 2022; Cass. n. 34427 del 2021; cfr. altresì Cass., Sez. U., 15 luglio 2005, n. 14989);
15. per tutte le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato pertanto, nel suo complesso, inammissibile; non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, essendo la COGNOME rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023.