Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5028 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5028 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35884-2018 proposto da:
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
DIRIGENTE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/12/2023
CC
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 486/2018 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 24/07/2018 R.G.N. 522/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal AVV_NOTAIO. RILEVATO
-che, con sentenza del 25 luglio 2018, la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), avente ad oggetto il riconoscimento del diritto degli istanti all’attribuzione dell’incarico professionale quantomeno di elevata professionalità, secondo le previsioni dell’art. 52 del CCNL per l’Area dirigenza medica e veterinaria del 5.12.1996 ribadite dagli artt. 27 e 28 del CCNL 8.6.2000 richiamato dal regolamento aziendale per la graduazione delle funzioni;
-che la decisione della Corte territoriale discende dall’avere questa ritenuto irrilevante lo svolgimento delle mansioni dirigenziali ai fini del conferimento dell’incarico, non essendo applicabile al rapporto dirigenziale l’art. 2103 c.c. relativamente alla promozione automatica secondo quanto espressamente previsto dall’art. 17 d.lgs. n. 165/2001 ed essendo previsto in sede collettiva ai medesimi fini un complesso iter formativo, senza che possa
configurarsi il diritto al mantenimento dell’incarico già affidato ovvero di uno specifico incarico;
-che per la cassazione di tale sentenza ricorrono tutti gli originari istanti affidando l’impugnazione a sette motivi, cui resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
-che i ricorrenti hanno poi presentato memoria.
CONSIDERATO
-che, con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., deducono la nullità della sentenza impugnata in relazione all’omessa pronunzia in ordine all’inammissibilità dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, eccezione che doveva essere accolta in ragione della genericità del gravame;
-che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 e 345 c.p.c., i ricorrenti deducono la nullità dell’impugnata sentenza in relazione all’omessa pronunzia in ordine all’inammissibilità dell’eccezione, tardivamente proposta solo in sede di gravame, concernente la qualificazione dell’incarico conferito ai ricorrenti non come incarico professionale di tipo ‘alfa’, elemento di fatto mai fatto oggetto di contestazione in prime cure, ma come incarico professionale di base;
-che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 c.c. e 112 c.p.c., i ricorrenti imputano alla Corte territoriale il travisamento dell’oggetto della domanda, non riconducibile ad un preteso riconoscimento di mansioni superiori, ma concretantesi, invece, nella richiesta di ricognizione delle mansioni svolte ai fini di un corretto inquadramento in organico e di riconoscimento della relativa retribuzione di posizione;
-che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 15 ter d.lgs. n. 502/1992, 19 d.lgs. n. 165/20021 e della disciplina collettiva in materia di conferimento di incarichi professionali dettata dai successivi CCNL per l’Area della dirigenza medica e veterinaria 5.12.1996, art. 52, 3.11.2005, art. 28, 17.10.2008, art. 6 nonché dell’art. 13, CCNL per la dirigenza del Comparto Ministeri relativamente al quadriennio 1998-2001 e dell’art. 26 del CCNL 20.12.2001 per la dirigenza del CNEL è prospettata in relazione al disconoscimento da parte della Corte territoriale del diritto
all’incarico decorsi cinque anni di esercizio delle funzioni, diritto riconosciuto dalle predette disposizioni ove correttamente interpretate;
-che con il quinto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 112 c.p.c. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, imputando alla Corte territoriale, da un lato, l’omessa pronunzia in ordine alla spettanza del diritto all’incarico ed alla relativa retribuzione di posizione per il periodo febbraio 2004/agosto 2009 di operatività della RAGIONE_SOCIALE (cui nel settembre del 2009 sarebbe subentrata la RAGIONE_SOCIALE) presso la quale, come riconosciuto dalla stessa Corte territoriale, si era concluso l’iter procedurale per il conferimento degli incarichi e, dall’altro, la mancata considerazione della conclusione presso la RAGIONE_SOCIALE dell’iter procedurale in questione, da cui scaturiva il riconoscimento, cui era approdato il primo giudice, del diritto all’incarico ed alla retribuzione di posizione;
-che con il sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio imputando alla Corte territoriale il carattere apparente della motivazione derivante dal risultare questa fondata sull’erronea percezione del fatto per cui il Regolamento di graduazione delle funzioni fosse riferito esclusivamente all’assetto organizzativo dell’RAGIONE_SOCIALE e non anche all’ASP a quella succeduta, fatto che, ove rilevato, avrebbe comportato il riconoscimento del diritto azionato dai ricorrenti;
-che nel settimo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonché il vizio di motivazione sono prospettati alternativamente in relazione al riferimento operato dalla Corte territoriale, quale ulteriore ratio della pronunzia di rigetto della domanda dei ricorrenti, alla necessaria previa valutazione del dirigente nonché alla capienza del fondo, affermandosi la ricorrenza di un vizio di ultrapetizione nel caso queste fossero le ragioni invocate dalla Corte stessa a motivo del disposto rigetto, trattandosi di argomenti sollevati per la prima volata d’ufficio nel giudizio di appello ed in caso contrario l’incertezza sulla riconducibilità a tali argomenti del pronunciamento della Corte predetta;
-che il primo motivo si rivela inammissibile atteso che, al di là dell’inconfigurabilità della violazione del principio di necessaria
corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato riguardando questa solo le questioni di merito e non le eccezioni preliminari o pregiudiziali di rito (cfr. fra le tante Cass. n.25154/2018), i ricorrenti non specificano il contenuto della sentenza di primo grado e dell’atto di appello e non forniscono specifiche indicazioni sulla localizzazione di detti atti processuali, limitandosi ad argomentare in astratto sull’interpretazione dell’art. 434 c.p.c.;
-che, di contro, il secondo motivo risulta manifestamente infondato, dovendosi ritenere che l’RAGIONE_SOCIALE, nel giudizio di appello, lungi dall’opporre in fatto una diversa tipologia di incarico professionale rispetto a quella rivendicata dai ricorrenti, cui mai aveva in precedenza fatto riferimento, si sia limitata ad attribuire all’incarico una qualificazione giuridica differente da quella prospettata dei ricorrenti stessi, qualificazione comunque oggetto dell’accertamento rimesso al giudice, così svolgendo una mera difesa rispetto alla domanda proposta dagli attori senza introdurre eccezioni nuove;
-che, nuovamente, il terzo motivo deve ritenersi inammissibile non misurandosi con la ratio decidendi della sentenza impugnata data dal rigetto della tesi dei ricorrenti per cui il diritto al conferimento di un incarico diverso e superiore a quello ‘base’ deriverebbe dalla mera maturazione da parte del dirigente medico di un’anzianità superiore a cinque anni e non sull’inconfigurabilità nella specie dell’esercizio di mansioni superiori, come ritengono i ricorrenti imputando alla Corte territoriale il travisamento della domanda e l’essere pertanto incorsa in un vizio di ultrapetizione;
-che, viceversa, il quarto motivo si appalesa infondato, essendosi la Corte territoriale espressa in conformità al principio enunciato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11574/2023 alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c.), secondo cui ‘ In tema di dirigenza medica, il conferimento di incarico di direzione di struttura semplice, di alta professionalità, studio, ricerca, ispettivo, di verifica e controllo ai dirigenti che abbiano superato il quinquennio di anzianità con valutazione positiva da parte del collegio tecnico è condizionato all’esistenza di posti disponibili, secondo l’assetto organizzativo fissato nell’atto aziendale, alla copertura finanziaria, oltre che al superamento delle forme di selezione regolate dalla contrattazione collettiva ‘;
-che ancora inammissibile si appalesa il quinto motivo risolvendosi la censura nella mera confutazione dell’apprezzamento in fatto operato dalla Corte territoriale circa l’essere l’effettuata graduazione degli incarichi limitata con riferimento all’assetto organizzativo aziendale dell’originaria RAGIONE_SOCIALE e, come tale, insuscettibile di porsi a fondamento del conferimento degli stessi presso la RAGIONE_SOCIALE successivamente istituita;
-che parimenti inammissibile appare il sesto motivo, non ravvisandosi il denunciato vizio di omesso esame in relazione agli atti relativi alla graduazione delle funzioni dirigenziali, viceversa valutati dalla Corte territoriale, ma ritenuti inidonei a fondare la pretesa dei ricorrenti che sollecitano dunque una revisione nel merito del giudizio;
-che non ricorrono i vizi alternativamente denunciati di ultrapetizione e di motivazione, atteso che i dati considerati, quali la previa valutazione positiva del dirigente nonché la capienza del fondo, in quanto elementi costitutivi del vantato diritto alla retribuzione di posizione-parte variabile aziendale, erano parte integrante del giudizio rimesso al giudice che, dunque, da un lato, non è incorso nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato né del principio del contraddittorio e, dall’altro ha congruamente motivato in ordine alla loro ricorrenza;
-che, da ultimo, è da ritenersi inammissibile la censura sollevata in sede di memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. concernente l’omessa pronunzia sulla domanda di risarcimento del danno, censura non inclusa tra i motivi di impugnazione, insuscettibili di essere integrati con la memoria che assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente, ovvero in maniera completa, compiuta e definitiva, enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (cfr. fra le tante Cass. n. 26670/2014 e Cass. S.U. n. 19444/2009);
-che il ricorso va dunque rigettato;
-che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per
esborsi ed euro 10.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19.12.2023.