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Incarico aggiuntivo: onere della prova e compenso

Un dirigente pubblico ha richiesto un cospicuo compenso per un incarico aggiuntivo di direttore di una rivista, svolto per oltre un decennio. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione fondamentale risiede nella genericità delle allegazioni del ricorrente, che non ha fornito prove sufficienti sulla qualità e quantità del lavoro svolto, rendendo impossibile per i giudici quantificare un eventuale compenso. La sentenza sottolinea il principio fondamentale dell’onere della prova a carico di chi avanza una pretesa economica.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Incarico Aggiuntivo e Diritto al Compenso: L’Importanza della Specificità della Domanda

Quando un dipendente, specialmente nel settore pubblico, svolge un incarico aggiuntivo rispetto alle sue mansioni ordinarie, ha diritto a un compenso separato? La risposta non è sempre scontata e, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, il successo di una tale richiesta dipende in modo cruciale da come viene presentata e provata. Una domanda generica, priva di dettagli concreti, rischia di essere respinta, indipendentemente dalla fondatezza del diritto in astratto.

I Fatti del Caso: Una Lunga Attività Senza Compenso?

Il caso esaminato riguarda un dirigente di un ente regionale che, per un lungo periodo di tempo (dal 1995 al 2008), ha ricoperto anche il ruolo di direttore responsabile della testata giornalistica di proprietà della stessa Regione. Sostenendo di aver svolto questa attività ininterrottamente e senza mai ricevere un compenso specifico, il dirigente ha citato in giudizio l’ente per ottenere il pagamento di una somma superiore a 900.000 euro.

La richiesta è stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello, in particolare, pur riconoscendo la potenziale autonomia dell’incarico giornalistico rispetto a quello dirigenziale, ha rigettato la domanda per la ‘genericità delle allegazioni’. In altre parole, il dirigente si era limitato a richiedere il compenso senza però specificare:

* I tempi di lavoro concretamente dedicati all’attività giornalistica.
* Le mansioni specifiche svolte e le responsabilità connesse.
* La diffusione della rivista (interna o esterna) e l’impegno lavorativo richiesto.

A fronte di questa carenza probatoria, i giudici hanno ritenuto impossibile determinare la qualità e la quantità del lavoro svolto e, di conseguenza, quantificare un giusto compenso.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

Il dirigente ha presentato ricorso in Cassazione, contestando le decisioni precedenti. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione dei giudici di merito.

Le Motivazioni: Perché una Domanda di Compenso per un Incarico Aggiuntivo Va Dettagliata

La chiave di volta dell’ordinanza risiede nella ratio decidendi dei giudici di merito, ovvero la ragione fondamentale della loro decisione. Il rigetto non era basato sulla negazione del diritto a un compenso per un incarico aggiuntivo, ma sull’impossibilità di valutarlo a causa della mancanza di prove.

La Corte di Cassazione ha spiegato che i motivi del ricorso del dirigente erano inefficaci perché non affrontavano questo punto centrale. Il ricorrente ha continuato a discutere principi giuridici astratti (come l’autonomia dell’incarico giornalistico), senza però scalfire il vero problema: non aveva fornito in giudizio gli elementi di fatto necessari per sostenere la sua pretesa. In ambito processuale, vige il principio dell’onere della prova: chi chiede qualcosa in tribunale deve dimostrare i fatti su cui si basa la sua richiesta.

In questo caso, non era sufficiente affermare di aver lavorato; era indispensabile dimostrare come, quanto e con quale impegno si era lavorato. Senza questi dettagli, qualsiasi richiesta di quantificazione economica diventa una mera supposizione che il giudice non può accogliere.

Conclusioni: L’Insegnamento Pratico della Sentenza

La decisione offre una lezione fondamentale per chiunque intenda richiedere un compenso per mansioni extra o per un incarico aggiuntivo. Non basta avere ragione in linea di principio, bisogna essere in grado di dimostrarlo concretamente. Chi avanza una pretesa economica deve:

1. Allegare in modo specifico: Descrivere dettagliatamente la natura, la durata e le modalità dell’attività svolta.
2. Fornire prove concrete: Produrre documenti, testimonianze o qualsiasi altro elemento idoneo a dimostrare la qualità e la quantità del lavoro (es. orari, e-mail, progetti realizzati).
3. Identificare i parametri per la quantificazione: Indicare le fonti (es. contratti collettivi, tariffe professionali) sulla base delle quali calcolare il compenso richiesto.

In assenza di questa specificità, anche la richiesta più legittima è destinata a fallire per un vizio procedurale insormontabile, come accaduto nel caso di specie.

È possibile ottenere un compenso per un incarico aggiuntivo svolto per un ente pubblico?
In linea di principio sì, ma la sentenza chiarisce che il diritto al compenso deve essere sostenuto da allegazioni fattuali specifiche e dettagliate che permettano al giudice di quantificarlo.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte non affrontavano la vera ragione della decisione dei giudici di merito (la ratio decidendi), ovvero la genericità e la mancanza di specificità delle prove fornite riguardo alla qualità e quantità del lavoro svolto.

Cosa significa che una domanda è “generica” e quali sono le conseguenze?
Una domanda è “generica” quando non fornisce al giudice elementi di fatto sufficienti per valutarla. In questo caso, il dirigente non ha specificato tempi, modalità e impegno del suo lavoro di direttore. La conseguenza, come dimostra la sentenza, è il rigetto della domanda per l’impossibilità di determinare e quantificare il compenso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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