Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15517 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15517 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2365 del 2022 proposto da:
Oggetto
Comune
di
Palermo
–
Dipendente
–
Incarichi
in
favore di terzi in
violazione
art.
53 d.lgs. n. 165
del
2001
–
Recupero
somme
percepite a titolo
di
compenso
professionale da
parte
del
Comune
–
Giurisdizione del
G.O.
–
Sussistenza.
COMUNE di PALERMO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME R.G.N. 2365/2022 Cron.
Rep.
ricorrente –
Ud. 08/05/2025
contro
CC
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 1920/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 26.11.2021 R.G.N. 1262/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’8.5.2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima città che aveva negato la
giurisdizione del giudice ordinario in favore della Corte dei Conti in relazione all’opposizione proposta dal lavoratore COGNOME Renato avverso l’ingiunzione di pagamento n. 810663 dell’8.10.2014 del Comune di Palermo , con la quale gli era stato chiesto il pagamento della somma di € 42.455,00 oltre interessi legali, percepita a titolo di compenso per l’attività professionale prestata in favore di terzi in violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 165 del 2001.
Avverso detta pronunzia propone ricorso per cassazione il Comune di Palermo con un unico motivo.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale il lavoratore.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso per cassazione il Comune di Palermo insiste nel sostenere, richiamando alcuni precedenti e -in particolare Sez. U. n. 32199 del 2021, ma anche Sez. U. n. 27890/2021 -, che sussiste nel caso in esame la giurisdizione del giudice ordinario, venendo in rilievo un ‘ iniziativa di recupero da parte del datore dei compensi percepiti dal dipendente per incarichi svolti e non autorizzati.
1.1. Parte ricorrente sottolinea, richiamando ancora la giurisprudenza di legittimità già ricordata, che ‘l’azione del Procuratore contabile e quella dell’Amministrazione volta ad ottenere la restituzione delle somme percepite in assenza di autorizzazione non possono sovrapporsi: così la legittimazione del Procuratore contabile sorge di fronte all’inerzia del l’Amministrazione e, viceversa, l’esercizio dell’azione contabile determina l’impossibilità da parte della medesima Amministrazione di promuovere azione per ottenere il riversamento. Ciò allo scopo di evitare il conflitto di giudicati’ . Tanto premesso evidenzia come nella fattispecie qui
all’attenzione l’unica azione esercitata è stata quella proposta dal dipendente: di opposizione all’ordinanza ingiunzione di recupero, da parte del datore, delle somme percepite dal dipendente quale compenso, con la conseguenza che la giurisdizione è del giudice ordinario.
Preliminarmente occorre ricordare che con decreto del 10 settembre 2018 il Primo Presidente di questa Corte, rilevato che si sono formati orientamenti ormai consolidati sulle questioni di giurisdizione nella materia del pubblico impiego contrattualizzato, ha assegnato alla Sezione Lavoro i ricorsi per cassazione avverso le sentenze di giudici ordinari che affrontano dette questioni , com’è nel caso di specie.
2.1. Sempre in via preliminare , va disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dal controricorrente, in ragione del rilievo che nel mezzo non sarebbe indicato il canale di accesso al ricorso per cassazione. Nel caso di specie, infatti, è chiarissimo dalla enucleazione della doglianza che l’unica questione in rilievo è quella della giurisdizione, rilevante unicamente ai sensi del comma 1, n. 1, dell’art. 360 c.p.c., con la conseguenza che il mero difetto dell’indicazione del canale di accesso è, in detta ipotesi, del tutto irrilevante, costituendo una carenza meramente materiale.
Il ricorso principale è fondato e va accolto, sulla scorta dei principi espressi nella pronunzia non massimata Sez. U. n. 32199 del 2021, cui il Collegio intende prestare adesione e dare continuità.
3.1. Ai fini di una più chiara comprensione dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte nella pronunzia richiamata, giova innanzi tutto riportare sinteticamente il quadro normativo di riferimento.
3.2. L’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, prevede, al comma 7, il divieto per i dipendenti pubblici di svolgere incarichi retribuiti
che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, disponendo, per il caso di inosservanza dello stesso che, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
3.3. La disposizione del comma 7 è completata dal comma 7bis , aggiunto dalla legge n. 190 del 2012, norma, in virtù della quale l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.
3.4. Tanto premesso, sul piano normativo, nella sopraricordata Cass. Sez. U. n. 32199/2021, la Corte regolatrice, nella sua massima composizione, rimarca che l’azione promossa dal Procuratore regionale della Corte dei Conti nei confronti del dipendente della P.A. che abbia omesso di versare alla propria amministrazione i corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non autorizzato, è devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti, sia che la percezione dei compensi si sia avuta in epoca precedente alla introduzione del comma 7bis , sia in data successiva ad essa, in quanto il citato comma 7bis è una norma ricognitiva del pregresso indirizzo giurisprudenziale favorevole alla giurisdizione contabile.
3.5. Al riguardo le Sezioni Unite evidenziano che quella che viene in rilievo è una ipotesi di responsabilità erariale, che il legislatore ha tipizzato non solo nella condotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predeterminazione legale del danno, allo scopo di tutelare la compatibilità dell’incarico
extraistituzionale in termini di conflitto di interesse e il proficuo svolgimento di quello principale in termini di adeguata destinazione di energie lavorative verso il rapporto pubblico. Sul punto si fa rinvio, tra le altre, a Cass., Sez. Un., 26 giugno 2019, n. 17124; Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2020, n. 415; Cass., Sez. Un., 9 marzo 2021, n. 6473; Cass., Sez. Un., 26 marzo 2021, n. 8570.
3.6. Nella pronunzia, peraltro, si osserva e si sottolinea anche, per quanto più di stretto interesse, che, parallelamente alla giurisdizione della Corte dei Conti, sussiste l’autonoma legittimazione ad agire della amministrazione per il recupero delle somme percepite dal dipendente in difetto dell’autorizzazione di cui all’art. 53, comma 7 (ad esempio, mediante decreto ingiuntivo o attraverso ingiunzione di pagamento), senza necessità di rivolgersi alla Procura regionale della Corte dei conti, con conseguente devoluzione, in detta ipotesi, alla giurisdizione del giudice ordinario della controversia instaurata in opposizione alla richiesta restitutoria dell’amministrazione di appartenenza.
3.7. In particolare si legge al riguardo che: ‘ si è così sottolineato, in fattispecie nella quale l’Amministrazione (…) aveva fatto ricorso all’ordinanza ingiunzione ex art. 3 del regio decreto n. 639 del 1910 per il riversamento da parte di un dirigente delle somme percepite in relazione ad incarichi conferiti e non previamente autorizzati, che “l’Amministrazione … non ha promosso azione di responsabilità per danno erariale rimessa alla giurisdizione contabile, ma ha agito per l’adempimento di un’obbligazione gravante sul lavoratore che trova fondamento nel rapporto di lavoro, non rilevando il danno e la colpa del dipendente medesimo, ma la mera percezione di quanto andava devoluto al bilancio regionale”, con conseguente declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario nel giudizio
di opposizione promosso dal lavoratore (Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2021, n. 27890). Allo stesso modo, Cass., Sez. Un., 22 ottobre 2021, n. 29557, ha riconosciuto la giurisdizione del giudizio ordinario in una controversia avente ad oggetto l’opposizione proposta da un dipendente provinciale avverso il decreto con il quale gli era stato ingiunto il pagamento, in favore della Provincia, di una certa somma di denaro per lo svolgimento di attività extraistituzionali non autorizzate. Più in generale, si è stabilito che la domanda della P.A. di appartenenza volta ad ottenere il versamento dei corrispettivi maturati nello svolgimento di un incarico non autorizzato rientra nella giurisdizione del giudice ordinario non soltanto quando venga proposta, come pure previsto, nei confronti del soggetto erogante (il quale, in quanto estraneo alla P.A., non viene convenuto a titolo di responsabilità erariale avanti alla Corte dei conti), ma anche quando venga proposta nei confronti del dipendente stesso per il recupero di compensi dallo stesso percepiti per attività extraistituzionali non autorizzate (Cass., Sez. Un., 28 settembre 2016, n. 19072; Cass., Sez. Un., 19 gennaio 2018, n. 1415). La giurisprudenza di queste Sezioni Unite ha anche tracciato le linee di coordinamento tra l’azione del Procuratore regionale e quella dell’Amministrazione. La legittimazione del Procuratore contabile sorge di fronte all’inerzia dell’Amministrazione (Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2021, n. 27890, cit.); ma una volta che il Procuratore contabile abbia promosso l’azione di responsabilità in relazione alla tipizzata fattispecie legale è precluso alla P.A. l’esercizio di quella volta a far valere l’inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, dovendosi escludere, stante il divieto del bis in idem, una duplicità di azioni attivate contestualmente che, seppure con la specificità propria di ciascuna di esse, siano volte a conseguire, dinanzi al giudice
munito di giurisdizione, lo stesso identico petitum in danno del medesimo soggetto obbligato in base ad un’unica fonte legale (Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2020, n. 415, cit.) ‘ .
3.8 . L’ampio passaggio della motivazione innanzi riportato, tratto dalla più volte citata Cass. Sez. U. n. 32199/2021, con rinvio alle posizioni già assunte sul tema dal giudice di legittimità, evidenzia, quindi essersi consolidato il principio del cd. ‘doppio binario’, contemperato, al fine di evitare il rischio di bis in idem, da una precisa regola: la legittimazione del Procuratore contabile sorge di fronte all’inerzia dell’Amministrazione .
3.9. Ebbene, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, nel caso di specie non si è di fronte ad un’azione esercitata dal Pubblico Ministero contabile per far valere la responsabilità erariale del dipendente pubblico quale indebito percettore a seguito dell’omissione del riversamento, da parte sua, del compenso ricevuto.
3.10 . L’azione esercitata è un’opposizione del lavoratore avverso l’ingiunzione di pagamento emessa dal Comune di Palermo n. 8106663 dell’8.10.2014, con la quale era stato chiesto il pagamento della somma percepita per espletamento dell’incarico in favore di terzi senza autorizzazione.
3.11 . Conseguentemente, nessuna inerzia dell’amministrazione vi è stata, avendo anzi essa provveduto al recupero a mezzo dell’ordinanza ingiunzione, sicché nemmeno sussistono nel caso di specie i presupposti per la legittimazione del Procuratore contabile sulla scorta di quanto si è innanzi illustrato.
3.12. Insomma, avviato il recupero da parte del Comune di Palermo in base ai poteri datoriali, la controversia che ne è sorta, di opposizione all’ingiunzione di pagamento, promossa dal dipendente, non esibisce affatto i tratti del contesto erariale,
ma mostra un petitum sostanziale rivolto a contestare l’esercizio di poteri datoriali in regime di lavoro privatizzato.
3.13. Conseguentemente, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, al quale spetta di conoscere, ex art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, salvo i casi specifici devoluti al giudice amministrativo.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale viene denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
2.1. Il lavoratore controricorrente sostiene l’erroneità della decisione di appello nella parte in cui ha disposto la compensazione delle spese di lite, sul presupposto della ritenuta sussistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario o di quello contabile in materia.
2.3. Il motivo di ricorso incidentale è assorbito, in ragione dell’accoglimento del ricorso principale.
Conclusivamente, in accoglimento del ricorso principale e con conseguente assorbimento di quello incidentale, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, e, previa cassazione della sentenza impugnata, le parti vanno rimesse dinanzi al Tribunale di Palermo ex art. 353 c.p.c., ratione temporis vigente (l’abrogazione di detta norma ad opera dell’art. 3, comma 26, lett. m), del d.lgs. n. 149 del 2011, ai sensi dell’art. 35, comma 4, dello stesso decreto, valendo solo per le impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023, laddove il presente ricorso per cassazione è stato anteriormente introdotto nell’anno 2022 ), anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che non sussistono i presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso principale, dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rimette le parti, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, dinanzi al Tribunale di Palermo; assorbe il ricorso incidentale.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’8.5.2025