Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12000 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso 11827 -2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA INDIRIZZO
-ricorrente/controricorrente incidentale –
contro
Oggetto:
Impiego
pubblico
–
Funzionario mancato direttivi – selettive
avvocato
Agenzia
conferimento
incarichi
illegittimità
procedure
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
– controricorrente/ricorrente incidentale –
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME
-intimati – avverso la sentenza n. 1761/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/10/2019 R.G.N. 1052/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME premesso: -di essere abilitato alla professione di avvocato, funzionario di terza area, fascia retributiva F4, dipendente dell’Agenzia delle Entrate dal 1999, addetto alla Direzione Provinciale I di Milano, -di aver con un precedente ricorso adito il Tribunale di Milano per lamentare l’illegittimità di 4 procedure di interpello tenutesi tra il 2011 e il 2014 e delle successive proroghe del 2014 degli incarichi con le stesse assegnate, volte complessivamente al conferimento di 11 posizioni organizzative di coordinamento, di capo team legale, nella Direzione Provinciale (dichiarate illegittime dal Tribunale sotto vari profili, sentenza riformata dalla Corte d’appello e impugnata dinanzi a questa Corte), aveva con successivo ricorso chiesto accertarsi l’illegittimità di altre due selezioni effettuate dall’Amministrazione.
In particolare, in via principale, aveva impugnato, sotto vari profili, la selezione inerente di nomina del dirigente ad interim dell’Ufficio legale della Direzione provinciale di Milano (delega di funzioni ex art. 4 bis del D.L. n. 78/2015) e chiesto la declaratoria di illegittimità ovvero la disapplicazione del provvedimento del 23 dicembre 2015 con cui era
stato nominato quale Capo dell’Ufficio legale della DPI di Milano il dr. NOME COGNOME (selezione A) con conseguente attribuzione in suo favore del relativo incarico ovvero in subordine con il riconoscimento del risarcimento del danno per perdita di chance o il rinnovo della procedura selettiva.
Aveva, altresì, impugnato, in via subordinata, la procedura di selezione per il conferimento dell’incarico di Capo team legale e del relativo provvedimento finale del 3 gennaio 2017 di nomina del dott. NOME COGNOME e chiesto anche in questo caso il suo diritto a conseguire la relativa nomina ovvero detta l’attribuzione dell’incarico ovvero, in subordine, il riconoscimento del risarcimento del danno per perdita di chance o il rinnovo della procedura selettiva.
Il Tribunale, disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti del dr. COGNOME e del dott. COGNOME quali vincitori delle selezioni A e B ha respinto le domande.
Quanto alla selezione A, ha evidenziato che la delega di funzioni non è un incarico di dirigente ad interim , atteso che al delegato non viene riconosciuta la qualifica dirigenziale ed egli mantiene la sua qualifica di funzionario di III area.
Ha pertanto ritenuto che per tale procedura, connotata, oltre che dall’oggettività dei criteri e dalla loro trasparenza, da una particolare snellezza, semplicità e rapidità di svolgimento’, non essendo previsto alcun punteggio da attribuire ai requisiti e alle competenze dei candidati, non è prevista alcuna graduatoria; in conseguenza vi è ampia potestà discrezionale del dirigente per l’individuazione del dipendente che presenta particolari caratteristiche attitudinali e funzionali alla realizzazione di programmi e di obiettivi produttivi, quindi la scelta può essere fatta su base fiduciaria.
Quanto alla selezione B, ha evidenziato che il dr. COGNOME era stato nominato -in sostituzione del dr. COGNOME ed a seguito del
trasferimento di quest’ultimo -in forza dell’esito della procedura selettiva del 18 Marzo 2014.
Ha evidenziato che tale possibilità era prevista dal punto 5 della suddetta procedura (‘In caso di rinuncia da parte di uno o più candidati l’incarico viene attribuito ad altro candidato ritenuto idoneo’); che la scelta di attingere all’ultima selezione operata, tenuto conto che la durata dell’incarico sarebbe stata breve, era rispondente a criteri di efficienza e di economicità; che il provvedimento di nomina del dr. COGNOME era congruamente motivato.
Decidendo sull’impugnazione del dr. COGNOME, la Corte d’appello di Milano, ha confermato la decisione di prime cure quanto alla selezione A, ritenendo che il provvedimento con il quale era stata conferita al dr. COGNOME la delega delle funzioni relative all’ufficio legale fosse sufficientemente motivato ed esprimesse in termini essenziali le ragioni per le quali, nella comparazione con gli altri dipendenti, si fosse inteso delegare quelle funzioni al predetto dr. COGNOME
Ha rilevato, quanto alla selezione B, che, in seguito al trasferimento del dr. COGNOME -al quale l’incarico di capo team legale era stato conferito, all’esito della procedura di interpello ex art. 18 CCNI n. 32191 del 20 Marzo 2014 con provvedimento del 28 aprile 2014 -nel gennaio 2016 il direttore provinciale aveva conferito lo stesso incarico al dr. COGNOME attingendo dalla procedura di interpello svoltasi circa due anni prima.
Ha ritenuto che la mancanza di un nuovo interpello non potesse ritenersi legittima e giustificata ed ha escluso l’applicabilità a tale situazione del punto 5 della procedura di interpello del 2014 che si riferiva all’ipotesi della rinuncia all’atto del conferimento all’incarico non anche a quella (come nel caso in esame) del trasferimento, dopo quasi due anni, del soggetto cui l’incarico era stato conferito e lo aveva accettato.
Ha, in termini generali, richiamato, l’art. 19 del CCNI il quale prevede espressamente che ‘le posizioni organizzative e professionali e quelle di cui all’art. 18 sono conferite tramite procedura di interpello…’ e vari precedenti di legittimità (Cas. N. 15810/2001; Cass. 21297/2006).
Ha riconosciuto solo la perdita di chance e rilevando che il dr. COGNOME avrebbe avuto ‘pari probabilità di successo’ rispetto al dr. COGNOME ha quantificato il danno nella misura di euro 5.100,00 (a fronte dei richiesti euro 10.200,00 per le due annualità di cui all’incarico).
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso principale l’Agenzia delle Entrate affidato ad un motivo.
Il dr . NOME COGNOME ha resistito con controricorso e formulato altresì ricorso incidentale affidato a quattro motivi cui l’Agenzia ha opposto difese con controricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il ricorrente principale ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale dell’Agenzia denuncia, con un unico motivo formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 18 -19 CCNI 2002 -2005 dell’Agenzia delle Entrate, dell’Allegato E dell’Accordo del 7 marzo 2007, violazione dei canoni legali di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1367 cod. civ. nonché degli artt. 1175, 1375 e 1366 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la mancanza di un nuovo interpello (selezione B) non fosse legittima e giustificata.
Assume che le disposizioni indicate renderebbero irrilevante che la vacanza del posto sia dipesa da trasferimento, in quanto anche in tale caso si opera una rinuncia.
2. Il motivo è inammissibile nella parte in cui è incentrato sull’asserita violazione, denunciata ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 18 -19 del contratto collettivo nazionale integrativo 2002 -2005 dell’Agenzia delle Entrate sottoscritto il 18 dicembre 2006 e dell’allegato E dell’accordo intervenuto in data 7 marzo 2007 tra i rappresentanti dell’Agenzia delle Entrate e le organizzazioni sindacali sulla graduazione ed i criteri di conferimento delle posizioni organizzative e professionali e degli incarichi di responsabilità di cui agli artt. 17, 18 e 19 del CCNI, dei quali, a ben guardare si sollecita un’interpretazione diretta.
Ebbene, la giurisprudenza di questa Corte da tempo è consolidata nell’affermare che, ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 5565/2004; Cass. n. 20599/2006; Cass. n. 28859/2008; Cass. n. 6748/2010; Cass. n. 15934/2013; Cass. n. 4921/2016, Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n.7568/2020; Cass. n. 25626/2020 e Cass. n. 3829/2021). A detti contratti non si estende,
inoltre, il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, ottavo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001, sicché, venendo in rilievo gli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., il ricorrente è tenuto a depositarli, a fornire precise indicazioni sulle modalità e sui tempi della produzione nel giudizio di merito, a trascrivere nel ricorso le clausole che si assumono erroneamente interpretate dalla Corte territoriale (Cass. nn. 7981, 7216, 6038, 2709, 95 del 2018; Cass. n. 3829/2021).
Né giova ad una positiva delibazione del motivo la denunciata violazione dei canoni legali di interpretazione del contratto.
Una volta esclusa l’applicabilità ai contratti integrativi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., opera il principio, parimenti consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ.
Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. n. 17168/2012; Cass. n. 9054/2013; Cass. n. 10271/2016 e Cass. n. 3829/2021, Cass. n. 30103/2023).
Nel caso di specie la ricorrente, pur avendo formalmente menzionato anche la violazione dei canoni di cui agli artt. 1362, 1363,
1364, 135 e 1367 cod. civ., denuncia la violazione delle disposizioni del contratto nazionale integrativo e dell’accordo del 7 marzo 2007 sollecitandone un’interpretazione diretta, di segno contrario rispetto a quella operata dalla Corte territoriale.
Quest’ultima, peraltro, ha escluso che nella fattispecie potesse propendersi per un’interpretazione estensiva, né tantomeno analogica, di quanto previsto dall’allegato citato, sul punto dedicato al caso specifico ed eccezionale (rispetto alla regola di cui all’art. 18 CCNI) che autorizzava il ricorso ‘ ad altro candidato ritenuto idoneo ‘ senza ricorso a nuovo interpello, in caso di ‘ rinuncia all’atto del conferimento all’incarico ‘ e quindi non di sopravvenuta vacanza del posto per il caso di trasferimento dopo quasi due anni dal conferimento, ed esecuzione, dell’incarico, come accaduto nella fattispecie.
Con il primo motivo il ricorrente incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 cod. civ. e 97 Cost., nonché dell’art. 4 bis , commi 1 e 2, del D.L. n. 78/2015, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per aver nei fatti la Corte finito per considerare la scelta della datrice di lavoro come legittimamente rimessa al suo arbitrio, non tenendo in debito conto la mancanza di trasparenza della selezione de qua e di motivazione del provvedimento finale della selezione medesima.
Critica la sentenza impugnata per essersi la Corte territoriale trincerata dietro il carattere pretesamente ‘fiduciario’ dell’incarico, avallando di fatto la scelta del tutto arbitraria dell’Agenzia ed omettendo una seria verifica dell’avvenuto rispetto, in concreto, dei principi di correttezza e buona fede e della ratio dell’art. 4 -bis del DL 78/2015 in forza del quale la Selezione A è intervenuta.
Rileva che il termine ‘fiduciario’ o altri analoghi non compaiono neppure nelle norme di riferimento.
Evidenzia che, diversamente da quanto opinato dalla Corte territoriale, è immediatamente evincibile, già alla semplice lettura dei
‘ prospetti per la valutazione sintetica’ (sub VI e VII del fascicoletto), l’assoluta inidoneità degli stessi ad essere considerati una qualche ‘motivazione’ del giudizio riportato di ‘alto’ e ‘basso’, rinvenendosi, quanto a quello dedicato al dr. COGNOME, solo una crocetta sulla casella del giudizio prescelto, senza alcun riferimento all’iter che avrebbe condotto alla decisione (salva l’erronea annotazione a penna di cui sopra) e, quanto al quello del dr. Miggiano, in fondo, sostanzialmente le stesse frasi riportate nel provvedimento finale di selezione di quest’ultimo (all. XI fasc.).
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia nullità della sentenza ex art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., per omessa motivazione (ovvero tutt’al più motivazione apparente o comunque non conforme al minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.), circa la conformità – ai principi di correttezza e buona fede e alle linee guida procedurali della selezione – del comportamento tenuto dalla datrice di lavoro nel corso della selezione de qua.
Evidenzia che la Corte territoriale non ha mai esplicitato quale motivo, quale ragionamento e valutazione l’avrebbero portata a concludere che -pur a fronte delle diverse evidenze oggettive prospettate dall’allora appellante dr. COGNOMEsuoi titoli ed esperienza nell’incarico nettamente superiori, vizi di forma nella motivazione della selezione e di trasparenza nella sua condizione, specie quanto alla mancata ammissione all’orale del dr. COGNOME) -la selezione tra i due candidati, ed in particolare il confronto delle prerogative dei due, sarebbero stati condotti conformemente ai principi di correttezza e buona fede, oltre che citate linee guida procedurali.
Con il terzo motivo il ricorrente incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 -bis , 1° e 2° comma, del DL n. 78/2015 e degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per aver legittimato l’attribuzione della delega di funzioni
oggetto della selezione in esame proprio al titolare degli incarichi nulli, ai quali il DL n. 78/2015 intendeva ovviare con l’art. 4 -bis in attesa del bando del concorso dirigenziale.
Critica la sentenza impugnata per avere violato e/o comunque falsamente applicato l’art. 4 -bis , 1° e 2° comma, del DL n. 78/2015 finendo nei fatti per avallare il comportamento dell’Agenzia lì ove quest’ultima ha paradossalmente affidato la delega di funzioni di cui trattasi proprio al funzionario che illegittimamente aveva detenuto per svariati anni quegli incarichi plurimamente dichiarati nulli dalla giurisprudenza di ogni ordine e grado, e al cui scempio proprio l’art. 4 -bis stesso cit. aveva stabilito di porre temporaneamente rimedio con le deleghe in questione , fino all’indizione di veri e propri concorsi dirigenziali: comportamento in macroscopica elusione della ratio della legge stessa.
Con il quarto motivo il ricorrente incidentale denuncia, in relazione alla condanna alle spese in favore del dr. COGNOME: violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c od. proc. civ ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., anche alla luce di Corte cost. n. 77/2018.
Deduce l’ingiustificata severità ed incoerenza della condanna alle spese inflitta dalla Corte d’Appello al dr. COGNOME cui è stato ordinato il pagamento delle spese di lite in favore del dr. COGNOME per l’importo di 2.200,00 euro oltre rimborso spese generali e IVA e CPA, poi effettuato.
Evidenzia che l’intervento in giudizio di quest’ultimo è avvenuto infatti su ordine del Giudice del 27 settembre 2017.
Sono fondati i primi tre motivi del ricorso incidentale per le stesse ragioni evidenziate da Cass. 36209/2023 la cui motivazione il Collegio valuta di condividere.
Come è stato evidenziato, ai fini della verifica del rispetto dei principi di correttezza e buona fede da parte del datore di lavoro pubblico che conferisca incarichi con determinazioni negoziali di natura
privatistica scegliendo tra più aspiranti, deve infatti ritenersi imprescindibile che l’Amministrazione dia contezza dei criteri della scelta con una congrua motivazione, trovando applicazione i medesimi principi espressi da questa Corte con riferimento al conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, secondo cui tale conferimento integra una determinazione negoziale di natura privatistica, per l’adozione della quale l’amministrazione datrice di lavoro è tenuta, alla stregua delle clausole generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. (e degli stessi principi evocati dall’art. 97 Cost.), ad una valutazione comparativa con gli altri candidati che contempli adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e sia sorretta da una congrua motivazione circa i criteri seguiti e le ragioni giustificatrici delle scelte adottate (Cass. n. 6485/2021).
Nel caso qui in esame si è trattato dell’attribuzione di un incarico ex art. 4bis D.L. n. 78/2015 conv. in L. n. 125/2015.
Tale disposizione così prevede:
« 1. Ai fini della sollecita copertura delle vacanze nell’organico dei dirigenti, le Agenzie fiscali sono autorizzate ad annullare le procedure concorsuali per la copertura di posti dirigenziali bandite e non ancora concluse e a indire concorsi pubblici, per un corrispondente numero di posti, per soli esami, da concludere entro il 31 dicembre 2018. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sono definiti i requisiti di accesso e le relative modalità selettive, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I concorsi di cui al primo periodo sono avviati con priorità rispetto alle procedure di mobilità, compresa quella volontaria di cui all’articolo 30, comma 2-bis, del predetto decreto legislativo n. 165 del 2001, tenuto conto della peculiare professionalità alla cui verifica sono finalizzati i concorsi stessi. Al personale dipendente dalle Agenzie fiscali è riservata
una percentuale non superiore al 30 per cento dei posti messi a concorso. E’ autorizzata l’assunzione dei vincitori nei limiti delle facoltà assunzionali delle Agenzie fiscali. 2. In relazione all’esigenza di garantire il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa, i dirigenti delle Agenzie fiscali, per esigenze di funzionalità operativa, possono delegare, previa procedura selettiva con criteri oggettivi e trasparenti, a funzionari della terza area, con un’esperienza professionale di almeno cinque anni nell’area stessa, in numero non superiore a quello dei posti oggetto delle procedure concorsuali indette ai sensi del comma 1 e di quelle già bandite e non annullate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale e i connessi poteri di adozione di atti, escluse le attribuzioni riservate ad essi per legge, tenendo conto della specificità della preparazione, dell’esperienza professionale e delle capacità richieste a seconda delle diverse tipologie di compiti, nonché della complessità gestionale e della rilevanza funzionale e organizzativa degli uffici interessati, fino alla data a decorrere dalla quale sono rese operative le posizioni organizzative di cui all’articolo 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e comunque non oltre il 30 aprile 2019. A fronte delle responsabilità gestionali connesse all’esercizio delle deleghe affidate ai sensi del presente comma, ai funzionari delegati sono attribuite, temporaneamente e al solo scopo di fronteggiare l’eccezionalità della situazione in essere, nuove posizioni organizzative ai sensi dell’articolo 23-quinquies, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 »
La possibilità di una delega di funzioni è, dunque, prevista previa procedura selettiva con criteri oggettivi e trasparenti, tenendo conto della specificità della preparazione, dell’esperienza professionale e delle capacità richieste a seconda delle diverse tipologie di compiti, nonché
della complessità gestionale e della rilevanza funzionale e organizzativa degli uffici interessati.
Tale previsione, coniugata con i principi di buona fede e correttezza, non poteva che tradursi in una chiara evidenziazione delle ragioni della scelta finale.
Sul punto la sentenza impugnata, quanto al provvedimento di nomina del dr. COGNOME non fa che porre in rilievo che lo stesso è tutto incentrato sulle caratteristiche di tale candidato. Si esalta la sua formazione tributaria, la conoscenza della normativa che disciplina il contenzioso tributario, l’esperienza nel problem solving ma non vi è alcun riferimento alla concreta valutazione compartiva limitandosi la Corte territoriale a richiamare mere locuzione ‘rispetto agli altri candidati’ e ‘più degli altri candidati’ che, se da un lato riconoscono la necessità di mettere a confronto i vari curricula , dall’altro sono talmente inconsistenti da risultare formule vuote, prive di contenuto.
Sempre in sentenza si evidenzia che le stesse linee guida richiedevano, ai fini del riscontro dell’oggettività e trasparenza richieste dall’art. 4 -bis per la procedura selettiva ‘il percorso logico di valutazione comparativa seguito dal delegante’. Ed anche tale percorso logico non emerge dal provvedimento qui impugnato.
Si aggiunga che si trattava di delegare funzioni relative all’ufficio legale e ciò vieppiù rendeva necessaria una motivazione che rendesse palesi le ragioni per cui si era preferito un candidato che presentava una formazione tributaria (per quanto di rilievo) rispetto ad un candidato avvocato che aveva difeso l’Amministrazione nei contenziosi tributari.
Sul punto la sentenza contiene un vero salto, in termini di conseguenzialità e coerenza logica, tra premesse e conclusioni prima ancora che un rilevante vizio motivazionale.
In sostanza non risulta che i criteri della scelta siano stati rapportati al caso concreto, attraverso un effettivo raffronto tra i profili dei diversi candidati.
Non c’è nel provvedimento impugnato l’esplicitazione di un percorso circostanziato espressivo delle ragioni in base alle quali, nel raffronto con gli altri candidati, è stata effettuata la scelta del dr. COGNOME
Non si spiega, in particolare, perché i titoli e le esperienze del dr. COGNOME fossero in concreto prevalenti rispetto a quelli del dr. COGNOME, ovvero più appropriati per svolgere l’incarico in questione.
Senza dire che non vi è traccia delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a non ammettere il dr. COGNOME al colloquio orale (disposto solo per il dr. COGNOME).
Il quarto motivo del ricorso incidentale è assorbito.
Conclusivamente, va rigettato il ricorso principale; vanno accolti i primi tre motivi del ricorso incidentale, assorbito il quarto.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accorti con rinvio alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione procederà ad un nuovo esame e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Quanto al ricorso principale, n on occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Agenzie fiscali, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie i primi tre motivi del ricorso incidentale, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro