Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26894 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 26894 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6221/2019 R.G. proposto da
NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentat a e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO,
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato – Conferimento incarichi dirigenziali – Violazione buona fede e correttezza
R.G.N. 6221/2019
Ud. 12/09/2024 CC
presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CALTANISSETTA n. 229/2018 depositata il 28/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 229/2018, pubblicata in data 28 settembre 2018, la Corte d’appello di Caltanissetta, nella regolare costituzione dell’appellata NOME COGNOME, ha accolto il gravame proposto dal RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta n. 91/2014, depositata in data 8 aprile 2014 e, in totale riforma di quest’ultima, ha respinto la domanda risarcitoria originariamente proposta dalla stessa NOME COGNOME.
Quest’ultima aveva adito il Tribunale di Caltanissetta, premettendo in fatto di essere stata alle dipendenze del RAGIONE_SOCIALE sino al 30 giugno 2011 e lamentando il fatto che nel 2008, a seguito di una riorganizzazione del Comune, le fosse stato conferito l’incarico di dirigente della RAGIONE_SOCIALE II, mentre la RAGIONE_SOCIALE I era stata assegnata ad un soggetto esterno, e la RAGIONE_SOCIALE V era stata assegnata ad un dirigente privo del requisito della laurea in giurisprudenza.
Evidenziato che l’incarico a lei conferito era risultato meno remunerativo degli altri e che non erano stati fissati criteri di nomina né esperite procedure para-concorsuali, NOME COGNOME NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto la condanna del RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
Nel riformare la decisione di prime cure che aveva accolto la domanda, la Corte d’appello nissena, pur rammentando gli obblighi di buona fede e di adeguata partecipazione gravanti sull’Amministrazione nell’esercizio delle scelte discrezionali concernenti la gestione del rapporto di lavoro, ha evidenziato che nel caso in esame la ricorrente -come gli altri interessati -era stata in realtà coinvolta nel procedimento decisionale in sede di conferenza di servizio, con piena facoltà di rappresentare le proprie esigenze, senza tuttavia sollevare contestazioni né in quella sede né nel successivo momento in cui si era proceduto all’assegnazione degli incarichi.
Ha poi rilevato la Corte nissena che, quanto all’affidamento di un incarico ad un dirigente esterno, la scelta del Comune era stata resa necessaria dall’esistenza di un numero di incarichi superiore al numero di dirigenti interni disponibili e che, quanto all’assegnazione della RAGIONE_SOCIALE ad un soggetto privo del requisito del diploma di laurea, in ogni caso l’appellata non avrebbe potuto richiedere l’assegnazione di quell’incarico, in quanto priva del requisito dell’anzianità di servizio, che invece era richiesto -insieme ad una pregressa esperienza -in relazione all’incarico affidato.
La Corte d’appello, quindi, ha escluso che fosse stato frustrato alcun legittimo affidamento dell’appellata, avendo quest’ultima comunque conseguito un incarico dirigenziale e non avendo mai palesato interesse al conferimento di uno degli altri due incarichi.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta ricorre ora NOME COGNOME NOME COGNOME.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE DI SAN RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce:
in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto deciso per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;
in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e degli artt. 109 e 110 del d.lgs. 267/2000.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sull ‘ eccezione sollevata dalla ricorrente in ordine al difetto di motivazione dell’atto di nomina della persona cui era stata assegnata la RAGIONE_SOCIALE V, argomentando che in tal modo il RAGIONE_SOCIALE era incorso nella violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonché degli artt. 109 e 110 del D. Lgs. 267/2000, traducendosi in ogni caso l’assenza di motivazione in un inadempimento del datore di lavoro.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.; 97 Cost.; 19, D Lgs. n. 165/2001; 109 e 110 D. Lgs. 267/2000.
Il ricorso censura la decisione della Corte territoriale per aver quest’ultima ritenuto irrilevante , ai fini del decidere, il profilo dell’assenza di adeguati titoli in capo al soggetto cui è stata assegnata la RAGIONE_SOCIALE.
Deduce che, invece, la nomina di tale soggetto ha integrato una violazione dei doveri di correttezza e buona fede da parte del RAGIONE_SOCIALE DI SAN RAGIONE_SOCIALE, il quale avrebbe proceduto alla attribuzione degli incarichi senza una valutazione comparativa dei candidati.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.; 97 Cost. per avere la Corte d’appello nissena escluso la violazione delle suddette norme affermando che gli interessati erano stati consultati in sede di conferenza di servizi.
Argomenta che in quella sede non vi era stata alcuna forma di concertazione, essendo avvenuta solo la comunicazione degli incarichi già stabiliti, e deduce l’assenza di adeguata prova di un effettivo coinvolgimento degli interessati nella fase di attribuzione degli incarichi.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 19, comma 6, D. Lgs. n. 165/2001; 109 e 110 D. Lgs. n. 267/2000, per avere la Corte d’appello escluso la sussistenza di pro fili di illegittimità nella decisione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di conferire un incarico dirigenziale ad un soggetto esterno all’Amministrazione.
Tale affermazione, secondo la ricorrente, verrebbe ad integrare la violazione dell’art. 19, D. Lgs. n. 165/2001, essendo la nomina avvenuta al di fuori dei presupposti stabiliti dalla norma stessa.
Il ricorso risulta, nel suo complesso, inammissibile.
Poiché perno dell’intera vicenda oggetto del contenzioso era costituito dall’insieme degli atti che avevano condotto alla contestata attribuzione degli incarichi -la delibera con cui era stato bandito il concorso interno; la delibera di approvazione della graduatoria; gli atti della conferenza di servizi -sarebbe stato onere della ricorrente, in
ossequio al principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, c.p.c., procedere alla trascrizione essenziale di tali atti, o quantomeno alla loro localizzazione negli atti di causa, secondo i principi che questa Corte ha enunciato in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021).
Il ricorso, invece, risulta sul punto del tutto carente, in tal modo precludendo a questa Corte la valutazione di tali atti e, conseguentemente, dei relativi riflessi sulla vicenda in esame, conducendo quindi ad una inevitabile declaratoria di inammissibilità.
Va, del resto, osservato che l’esame dei singoli motivi di ricorso evidenzia nei medesimi ulteriori profili di inammissibilità.
Così è nel caso del primo motivo, nella parte in cui muove una censura ex art. 360, n. 5), c.p.c., atteso che la ricorrente deduce l’omesso esame di un profilo posto a fondamento dell’originaria domanda e non un fatto storico, quest’ultimo da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017).
Così è nel caso del terzo e quarto motivo -il secondo non presentando alcuna sostanziale autonomia rispetto al primo -entrambi ampiamente, ma inammissibilmente, contaminati da una serie di deduzioni in fatto che vengono a palesare che i motivi in questione mirano a conseguire un sindacato sulla valutazione che la Corte d’appello ha compiuto dei fatti di causa, dovendosi al riguardo ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la
debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara il ricorso inammissibile;
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 3.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione