Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27192 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L   Num. 27192  Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/10/2025
SENTENZA
COGNOME  NOME, rappresentato  e  difeso  dall’AVV_NOTAIO
sul ricorso iscritto al n. 36191/2019 R.G. proposto da: COGNOME
– ricorrente –
 contro
ISTITUTO SUPERIORE PER LA RICERCA E LA PROTEZIONE AMBIENTALE, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– controricorrente –
 avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di Roma n. 1693/2019, depositata il 22.5.2019, NUMERO_DOCUMENTO;
udita  la  relazione  svolta  nella  pubblica  udienza  del  3.7.2025  dal Consigliere NOME COGNOME;
udito  il  AVV_NOTAIO  RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, per quanto di ragione.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha agito nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) esponendo di essere stato titolare di una serie di contratti a termine, con proroghe e rinnovi dapprima con l’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e quindi con RAGIONE_SOCIALE, in esito alla soppressione del primo ente e la sua confluenza, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 28, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con mod. in legge n. 133 del 2008, e del D.M. n. 123 del 2019, nell’altro ente – per lo svolgimento di attività dirigenziale e ciò nel periodo complessivamente compreso tra il febbraio 2006 ed il giugno 2015, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6, del d. lgs. n. 165 del 2001 e quindi nelle forme RAGIONE_SOCIALE‘incarico a dirigente esterno.
Il ricorrente sosteneva la nullità dei termini apposti ai contratti così stipulati,  prorogati  e  rinnovati  ed  insisteva  per  la  conversione  del rapporto a tempo indeterminato o, in subordine, per il risarcimento del danno c.d. eurounitario per abusiva reiterazione dei contratti a termine.
Egli  chiedeva,  altresì,  il  pagamento  RAGIONE_SOCIALEe  differenze  retributive maturate in suo favore, sul presupposto che, nonostante l’inquadramento come dirigente di seconda fascia, nel periodo dal 2009 al 2015 avrebbe svolto funzioni di direttore generale, qualifica di cui chiedeva, anzi, il riconoscimento, a far data dal gennaio 2012 o maggio 2014 o comunque dall’aprile 2015.
Infine,  il  ricorrente  insisteva  per  il  risarcimento  del  danno  da perdita  di chance ,  stante  il  trattamento  discriminatorio  subito  per non  essere  stato  egli  ammesso,  in  quanto  dirigente  esterno,  alla selezione per la posizione di dirigente generale di cui alla delibera RAGIONE_SOCIALE del 29.11.2011.
 La  Corte  d’Appello  di  Roma,  confermando  la  sentenza  del Tribunale RAGIONE_SOCIALEa stessa città, ha rigettato tutte le domande.
Quanto alle domande riguardanti l’illegittimità dei termini apposti ai contratti dirigenziali, la Corte territoriale riteneva che l’art. 19, co.
6, nel consentire incarichi fino a cinque anni, era norma derogatoria  RAGIONE_SOCIALE‘art.  5  del  d.  lgs.  n.  368  del  2001  e  RAGIONE_SOCIALEa  durata massima di trentasei mesi ivi prevista.
Inoltre, il termine quinquennale ivi sancito era da ritenere riferito ad ogni singolo e successivo incarico, desumendosi, anche dall’utilizzazione nella norma del sostantivo al plurale (‘incarichi’), che vi potesse essere l’attribuzione di più incarichi nel corso del tempo, alla sola condizione che fosse di volta in volta verificata nuovamente la ricorrenza RAGIONE_SOCIALEe condizioni legittimanti, tra cui quella RAGIONE_SOCIALE‘insussistenza nei ruoli organici di una professionalità equivalente, come era in concreto accaduto nel caso di specie.
La Corte d’Appello richiamava altresì il precedente di Cass. 22 febbraio 2017, n. 4621 ( rectius Cass. 10 luglio 2017, n. 17010, cui si riferiscono le citazioni contenute nella sentenza qui impugnata), ove si era precisato come non si ponesse in contrasto con la disciplina eurounitaria l’art. 10 del d. lgs. n. 368 del 2001, con cui i dirigenti privati venivano esclusi dalle tutele previste per gli altri lavoratori a termine e ciò sul presupposto che la natura spiccatamente fiduciaria del rapporto dirigenziale integrasse le ragioni oggettive che, in linea con la clausola 5 del c.d. Accordo Quanto allegato alla direttiva 1999/70/CE, giustificavano il ricorso a contratti a tempo determinato successivi, con assetto estendibile anche al lavoro pubblico contrattualizzato, stante il rinvio generale operato dall’art. 36, co. 2, del d. lgs. n. 165 del 2001 alla normativa sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa.
 Quanto  alle domande  riguardanti  la  posizione  di direttore generale, la Corte d’Appello evidenziava come l’avere il ricorrente svolto, dal 2009, le funzioni già ricoperte dal precedente direttore generale di RAGIONE_SOCIALE, ente soppresso e confluito in RAGIONE_SOCIALE nel 2008, non  avesse  valenza  decisiva,  in  quanto  per  effetto  di  quelle trasformazioni,  le  funzioni  RAGIONE_SOCIALE‘ex  dirigente  generale  di  RAGIONE_SOCIALE
erano  venute  meno  nella  loro  pienezza,  come  anche  il  posto  di direzione generale.
Inoltre, non risultava che il nuovo ufficio ex RAGIONE_SOCIALE (c.d. CRA 15) fosse qualificato in un organigramma, nei regolamenti di organizzazione o nello Statuto di RAGIONE_SOCIALE come di direzione generale o riservato a dirigenti di prima fascia.
D’altra parte rilevava ancora la Corte di merito nell’ambito RAGIONE_SOCIALEe disposizioni sulla dirigenza (art. 13 ss. del d.lgs. n. 165 del 2001), alle  quali  anche  gli  enti  nazionali  non  economici  erano  tenuti  ad adeguarsi,  un  ufficio  potrebbe  essere  ritenuto  come  di  livello dirigenziale  generale  solo  in  presenza  di  espressa  qualificazione normativa, tranne eccezioni espressamente previste.
Infine, rispetto alla selezione per il conferimento di incarichi di dirigenza generale, la Corte d’Appello evidenziava come l’indizione di  concorso  interno  dimostrasse  L a  presenza  nei  ruoli  RAGIONE_SOCIALE‘ente  di personale idoneo, sicché non si poteva realizzare la fattispecie utile alla  nomina  di  un  dirigente  esterno,  la  quale,  peraltro,  avrebbe vanificato le ragioni stesse RAGIONE_SOCIALE‘originaria assunzione di quest’ultimo.
In  definitiva,  la  posizione  del  dirigente  esterno  nominato  ai  sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.  19, co. 6, del d. lgs. n. 165 del 2001 non era comparabile con quella dei dipendenti di ruolo.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, resistiti da controricorso di RAGIONE_SOCIALE.
La controversia, dapprima avviata a trattazione camerale, è stata quindi differita a udienza pubblica, per il rilievo nomofilattico RAGIONE_SOCIALEe questioni.
Il AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE ha depositato conclusioni scritte, ulteriormente illustrate  nel  corso  RAGIONE_SOCIALEa  discussione  RAGIONE_SOCIALEa  causa,  e  ha  chiesto l’accoglimento del ricorso per cassazione, per quanto di ragione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Con  il  primo  motivo  il  ricorrente  denuncia  la  violazione  e  falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) del combinato disposto degli artt. 19, co. 6, e 36, co. 1 e 2, nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, co. 2 -3bis, del d. lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 14191421 c.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 345, co. 2, c.p.c.;
con il motivo si richiama l’art. 36 del d. lgs. n. 165 del 2001 per sottolineare  come  anche  presso  la  P.A.  alla contrattazione a termine, anche dirigenziale, si potrebbe ricorrere soltanto in presenza  di  esigenza  di  carattere  esclusivamente  temporaneo  o eccezionale.
Pertanto,  non  poteva  poi  sostenersi  che  il  limite  dei  36  mesi stabilito  dall’art.  5  del  d.  lgs.  n.  368  del  2001  di  disciplina  dei contratti  a  termine  non  trovasse  applicazione  nella  specie  ed  ai contratti stipulati ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6, del d. lgs. n. 165 del 2001.
Anzi, le norme citate avevano natura imperativa, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, co. 2-3bis, del medesimo d. lgs. n. 165 del 2001 e quindi la loro violazione  doveva  essere  rilevata  anche  d’ufficio  dal  giudice,  ai sensi degli artt. 1419 e 1421 c.c.
Il  secondo  motivo  adduce  la  violazione  e  falsa  applicazione  (art. 360 n. 3 c.p.c.) RAGIONE_SOCIALEa Direttiva UE 1999/70 nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6,  del  d.  lgs.  n.  165  del  2001,  quale  da  interpretare  alla  luce  di essa.
Secondo il ricorrente le ragioni obiettive idonee a giustificare il rinnovo dei contratti dirigenziali a termine non possono essere integrate, anche per il lavoro dirigenziale, da esigenze permanenti e durevoli e del resto non si può estendere ai dirigenti pubblici il ragionamento, svolto da questa SRAGIONE_SOCIALE. rispetto ai dirigenti privati, in ordine al carattere eminentemente fiduciario degli incarichi, tenuto anche conto RAGIONE_SOCIALEe esigenze di necessaria separatezza rispetto al livello politico-amministrativo.
In ogni caso, se intesa diversamente, la disciplina interna doveva considerarsi  in  contrasto  con  quella  eurounitaria,  oltre  che,  per  il tramite  degli  artt.  11  e  117,  con  la  Costituzione,  sicché  veniva prospettato sia  il  rinvio  pregiudiziale  alla  Corte  di  Giustizia,  sia  la rimessione RAGIONE_SOCIALEa corrispondente questione alla Corte Costituzionale.
 I  due  motivi  vanno  esaminati  congiuntamente,  data  la  loro connessione logico-giuridica.
 Il  tema  è  quello  degli  incarichi  dirigenziali  conferiti  a  dirigenti esterni ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, quali pacificamente sono i rapporti oggetto di causa.
La  norma,  nel  periodo  che  interessa,  ha  avuto  due  formulazioni lievemente diverse, su cui si tornerà anche sul piano intertemporale.
Essa,  alla  data  del  primo  contratto  intercorso  con  il  ricorrente, prevedeva che:
« Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento RAGIONE_SOCIALEa dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 e RAGIONE_SOCIALE‘8 per cento RAGIONE_SOCIALEa dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e RAGIONE_SOCIALE desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche
presso amministrazioni statali, ((ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi,)) in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori RAGIONE_SOCIALEa ricerca, RAGIONE_SOCIALEa docenza universitaria, RAGIONE_SOCIALEe magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori RAGIONE_SOCIALEo Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto RAGIONE_SOCIALEa temporaneità del rapporto e RAGIONE_SOCIALEe condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata RAGIONE_SOCIALE‘incarico, i dipendenti RAGIONE_SOCIALEe pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘anzianità di servizio ».
Con il d. lgs. n. 150 del 2009, oltre a richiedersi che le pregresse esperienze di lavoro avessero la durata di almeno un quinquennio, sono state apportate ulteriori modifiche nel senso che si è previsto che  le  nomine  debbano  essere  effettuate  « fornendone  esplicita motivazione » e rispetto a personale la cui qualificazione fosse « non rinvenibile nei ruoli RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione ».
In proposito va qui ribadito quanto già rilevato da questa RAGIONE_SOCIALE in altre occasioni, ovverosia la diversa conformazione dei rapporti con i  dirigenti  pubblici  rispetto  a  quelli  tra  dirigenti  e  datori  di  lavoro privati.
4.1 Questi ultimi si basano su rapporti contrattuali che, come evidenziato in particolare da Cass. 10 luglio 2017, n. 17010, si caratterizzano per la « natura spiccatamente fiduciaria », destinata a giustificare il « trattamento differenziato rispetto agli altri lavoratori in materia di licenziamento », in quanto è fisiologico che « il rapporto possa venir meno per determinazione unilaterale solo che soggettivamente vengano considerate cessate le condizioni idonee a soddisfare la detta esigenza (C. cost., n. 121 del 1972: v. anche C. cost., ord. n. 404 del 1992; per la giurisprudenza di legittimità,
tra le tante, v. Cass. n. 25145 del 2010 )», senza che ciò comporti frizioni con l’art. 3 Cost.
È in questa logica che si inseriscono le norme (art. 4 legge n. 230 del 1962, art. 10 d. lgs. n. 368 del 2001; art. 29, co. 2, lett. a del d. lgs. n. 81 del 2015), di contenuto tra loro analogo, che, nel tempo, nonostante il differenziarsi RAGIONE_SOCIALEa disciplina regolativa, hanno comunque e sempre consentito in via generale la stipulazione dei contratti a termine, sicché « per le categorie comuni la regola è il rapporto a tempo indeterminato e non è consentito derogarvi, salve le tassative eccezioni; per la categoria dei dirigenti non vigono né tale regola né le sue eccezioni, posto che le parti “possono” invece stipulare contratti a termine » (così sempre Cass. 17010/2017, cit., con richiamo a Cass. 9 ottobre 2013, n. 22965).
Ciò per concluderne che la formulazione adottata, lungi dal costituire una forma di precarizzazione, « costituisce espressione di una  indicazione  legale  di  stabilità  relativa,  garantita  al  dirigente, non potendo il datore di lavoro recedere ante tempus, salvo ricorra una giusta causa, mentre il dirigente può “comunque” recedere da esso  “trascorso  un  triennio”,  osservato  il  termine  di  preavviso » (così, ancora, Cass. 17010/2017 cit.).
Tale logica ha permesso quindi di ravvisare nell’assetto regolativo una ragione oggettiva idonea a sottrarre i contratti a termine in questione, così disciplinati in direzione di favor verso una pur limitata stabilità del rapporto, alla disciplina vincolistica eurounitaria sulle previsioni (clausola 5 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, in relazione anche alla clausola 4 del medesimo) destinate a contrastare la reiterazione dei contratti a termine, che per tale via non è appunto vietata -con essa reiterandosi anche l’applicazione RAGIONE_SOCIALEe regole sulla possibile stabilità quinquennale – ma al contrario consentita.
Si è infatti detto che l’indicazione temporale contenuta nelle norme « è da riferire non al termine massimo finale entro il quale devono
essere contenuti il  contratto  e  le  sue  proroghe  o  rinnovi,  ma  alla durata  massima  del  singolo  contratto  a  termine.  La  rinnovazione del contratto non può che soggiacere alle stesse regole del primo e così per ogni altro rinnovo, per cui non si verifica la conversione ex tunc dei rapporti a termine in un unico rapporto  a  tempo indeterminato ».
4.2 Il rapporto dirigenziale in ambito di lavoro pubblico si connota in un modo molto diverso, perché esso si radica in un contratto a tempo indeterminato, che comporta l’accesso ai ruoli RAGIONE_SOCIALEa P.A. previo superamento RAGIONE_SOCIALEa procedura concorsuale richiesta dall’art. 97 Cost., mentre sono solo gli incarichi che vengono attribuiti al dirigente ad essere temporanei ed a poter quindi variare nel tempo (art. 19, in relazione all’art. 2, co. 3 del d. lgs. n. 165 del 2001; sul punto, v. anche Cass. 1° febbraio 2007, n. 2233).
Da quanto sopra deriva che l’art. 10 del d. lgs. n. 368 del 2001 (così come le norme analoghe che l’hanno preceduto o sono intervenute successivamente) non è applicabile rispetto al lavoro dirigenziale pubblico a tempo determinato, ma operano invece le regole speciali che sono previste un po’ in tutti i settori (art. 19, co. 6, per la dirigenza statale o -per il rinvio RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 e poi RAGIONE_SOCIALE‘art. 27 – per le amministrazioni RAGIONE_SOCIALEo Stato anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici; art. 110 del d. lgs. n. 267 del 2000, in una con quella RAGIONE_SOCIALE‘art. 19 cit., per gli enti locali; art. 15septies e 15octies del d. lgs. n. 502/1992 per il settore sanitario, etc.); regole che, in ragione RAGIONE_SOCIALEa specificità RAGIONE_SOCIALEe diverse aree e del contenuto RAGIONE_SOCIALEa normativa derogatoria dettata, possono anche coesistere con la disciplina generale, ma a condizione che la prima sia con la stessa compatibile.
5.  Le  menzionate  regole  speciali,  sebbene  riportabili  ad  un’unica ispirazione di fondo, non sono tra loro del tutto coincidenti.
Infatti -ad es. -nel settore sanitario l’art. 15 -septies cit. consente incarichi a termine di durata fino a cinque anni per « l’espletamento
di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico » e quindi per situazioni che si caratterizzano in sé per la loro straordinarietà. Il che ha portato Cass. 26 aprile 2022, n. 13066, in tale ambito, a distinguere tale particolare tipologia contrattuale « da quella disciplinata dall’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 e dalle leggi vigenti ratione temporis alle quali il richiamato art. 36 rinvia (cfr. art. 63 del CCNL 8.6.2000 che ha integrato l’art. 16 del CCNL 5.12.1996, come sostituito dall’art. 1 del CCNL 5.8.1997; art. 108 del CCNL 19.12.2019) », nel senso poi che l’esigenza di « assicurare il servizio sanitario » è destinata ad essere soddisfatta « o con il contratto a termine ‘ordinario’ nei limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva o ricorrendo alle sostituzioni previste dai CCNL 8.6.2000 per le distinte aree RAGIONE_SOCIALEa dirigenza medica e RAGIONE_SOCIALEa dirigenza sanitaria »
Analogamente, rispetto agli enti locali, si è ritenuto che i contratti a termine -nelle  loro  diverse  tipologie  e  causali -che  possono essere stipulati ai sensi degli artt. 110 e 90 del d. lgs. n. 267 del 2000,  risultando  calibrati  nella  durata  massima  sul  mandato  del sindaco, possano superare il termine dei trentasei mesi, risultando comunque caratterizzati da temporaneità (Cass. 7 agosto 2024, n. 22325; Cass. 10 maggio 2024, n. 12837).
 La  disciplina  RAGIONE_SOCIALE‘art.  19,  co.  6,  cit.  che  qui  interessa  presenta connotazioni sue proprie, che rendono la stessa speciale rispetto a quella dettata dal d.lgs. n. 368/2001 e, successivamente, dal d.lgs. n. 81/2015.
Ciò è reso evidente, intanto, dal fatto che le percentuali entro cui si può ricorrere a quella forma sono assai più alte di quelle previste in ambito ad es. sanitario (2 %, contro un range tra l’8 ed il 10 % del caso  generale  RAGIONE_SOCIALE‘art.  19,  co.6,  cit.),  il  che  assicura  di  potervi ricorrere anche in presenza di organizzazioni con meno dirigenti in dotazione organica o, specularmente, di ricorrervi in modo
numericamente  più  significativo  in  organizzazioni  munite  di  un numeroso organico dirigenziale.
Soprattutto, poi, il fatto che gli incarichi conferibili sono tutti quelli previsti nei commi da 1 a 5 del medesimo art. 19 -e quindi sia incarichi ‘professionali’, sia incarichi apicali di vario tipo lascia intendere che la disciplina è qui più ad ampio spettro e si presta, in assenza in concreto di personale « rinvenibile nei ruoli » (così sempre l’art. 19, co.6, cit. nella più recente formulazione), anche ad incarichi destinati ad assicurare la normale prestazione del servizio.
Ciò è confermato anche dai vari interventi normativi che, nel corso del tempo, hanno previsto potenziamenti temporanei, attraverso il ricorso alle forme di cui all’art. 19, co. 6, RAGIONE_SOCIALEe dirigenze ministeriali, con incremento anche RAGIONE_SOCIALEe percentuali, in vista di attività sostanzialmente ordinarie e talora RAGIONE_SOCIALE‘ultimazione di concorsi (v. ad es., art. 1, co. 352 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 145 del 2018, in relazione al RAGIONE_SOCIALE; art. 1, co. 158 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 160 del 2019, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe Infrastrutture e dei Trasporti; art. 7, co. 13 del d.l. n. 22 del 2021 in relazione al RAGIONE_SOCIALE).
Si tratta di una disciplina in sé completa, perché definisce la tipologia contrattuale in tutti gli aspetti rilevanti, ossia forma del conferimento, oggetto RAGIONE_SOCIALE‘incarico, limiti percentuali, durata massima, sicché la stessa non può che derogare a quella generale del contratto a tempo determinato, con la stessa non compatibile 6.1 Il quadro complessivo è dunque quello -nel caso di Ministeri ed enti statali -per cui alla P.A. è consentito ricorrere ad incarichi a tempo determinato nelle forme di cui all’art. 19, co. 6, cit. e quindi con durata, almeno per gli incarichi di dirigenza non generale, fino anche a cinque anni, assecondando da questo punto di vista, sulla base dei requisiti di alta qualificazione richiesti, la
possibilità  per  la  RAGIONE_SOCIALE  di  reperire  all’esterno  personale  idoneo  ad apportare contributi professionali anche innovativi.
Ipotesi,  quest’ultima  che,  per  quanto  sopra  detto,  può  riguardare sia incarichi dirigenziali funzionali alla ordinaria e normale conduzione  RAGIONE_SOCIALE‘attività  di  un  dato  ente  o  RAGIONE_SOCIALE,  sia  incarichi straordinari  perché  concernenti  progetti  speciali  o  specifici  servizi eccezionali  che  la  P.A.  debba  o  intenda  svolgere  in  un  certo contesto temporale.
 La  configurazione  del  lavoro  dirigenziale  pubblico  a  termine come forma eccezionale rispetto al rapporto a tempo indeterminato (sul  quale  si  innestano  gli  incarichi  dirigenziali  temporanei)  ha peraltro il naturale effetto di far rientrare appieno la fattispecie nel contesto  RAGIONE_SOCIALEa disciplina vincolistica eurounitaria finalizzata  ad evitare la reiterazione abusiva dei rapporti a termine,  onde contrastare la precarizzazione.
Ciò anche perché è oramai del tutto pacifico che il rapporto dirigenziale pubblico, di natura subordinata secondo il diritto nazionale, rientra a pieno titolo nell’ambito di applicazione RAGIONE_SOCIALEa direttiva 1999/70/CE, non potendo ricondursi a nessuna RAGIONE_SOCIALEe ipotesi di esclusione previste dalla clausola 2, par. 2 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo Quadro (così Cass. 13066/2022 cit., nonché in tema di applicazione RAGIONE_SOCIALEa clausola 4 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo quadro ai rapporti dirigenziali a termine instaurati dalle amministrazioni pubbliche, Cass. 26 marzo 2018, n. 7440 in tema di dirigenti sanitari e Cass. 19 marzo 2015, n. 5516 sui dirigenti assunti a termine dagli enti locali ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 110 del d.lgs. n. 267 del 2000).
Questa  S.C.  (v.  ancora  Cass.  13066/2022  cit.)  ha  in  proposito propugnato  la  necessità,  qui  da  confermare,  di  una  lettura  RAGIONE_SOCIALEa normativa  interna  riguardante  la  dirigenza  del  pubblico  impiego privatizzato coerente rispetto ai principi eurounitari.
7.1  È  quindi  in  questa  logica,  con  riferimento  all’ipotesi  di  cui all’art. 19, co. 6 che qui interessa, che va valutata la previsione per
cui la durata dei rapporti « comunque, non può eccedere» i tre anni (incarichi  di  dirigenza  generale)  o  i  cinque  anni  (altri  incarichi dirigenziali).
Tale previsione è infatti in grado di esprimere sia una limitazione ai possibili rinnovi (riportabile in senso ampio alla clausola 5, lettera a RAGIONE_SOCIALE‘Accordo  Quadro),  sia  l’imposizione  di  una  durata  massima (clausola 5, lettera b).
7.2 Approfondendo il tema, va quindi richiamata la giurisprudenza eurounitaria, ove si rammenta la necessità che « il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che una disposizione nazionale … non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale» (Corte di Giustizia 14 settembre 2016, COGNOME , punto 49, in ambito sanitario e giurisprudenza ivi citata; Corte di Giustizia 13.3.2014, COGNOME , punto 55, in ambito universitario).
7.3 Ciò consente di affermare che, nel regime RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6, cit.,  non  potrà  mai  aversi  il  superamento  del  termine  massimo quinquennale attraverso il rinnovo di incarichi per attività ordinarie RAGIONE_SOCIALEa P.A., anche se su posti diversi.
Altrimenti si finirebbe per impegnare un dirigente con le medesime modalità di un dirigente assunto a tempo indeterminato, mantenendone la precarizzazione e ciò in contrasto con la necessità, imposta dal diritto eurounitario, che gli incarichi a tempo determinato non possano sopperire a stabili esigenze di dotazione RAGIONE_SOCIALEa P.A. Sul piano del diritto interno, inoltre, il reiterato rinnovo RAGIONE_SOCIALE‘incarico finisce per contrastare con il principio secondo cui all’impiego pubblico si accede, nella normalità, previo superamento di procedura concorsuale, nonché con la riserva alla contrattazione collettiva del trattamento retributivo spettante al dirigente, trattamento che l’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, in tutte
le versioni succedutesi nel tempo, consente di superare ma solo in ragione RAGIONE_SOCIALEa temporaneità del rapporto.
7.4  Altro  ragionamento  può  valere  per  un  eventuale  diverso incarico successivo al primo e di natura eccezionale o straordinaria rispetto alle normali  attività RAGIONE_SOCIALE‘ente,  così  come  nel  caso  di successione dopo  il quinquennio, ad un  primo  contratto per esigenze straordinarie, di un altro contratto RAGIONE_SOCIALEa  medesima tipologia ma per incarico che possa definirsi diverso.
Infatti, risultando il secondo contratto giustificato da ragioni straordinarie o eccezionali e risultando diverso dal precedente, non vi sarebbero ragioni -sul piano anche del diritto eurounitario – per impedirne  la  conclusione,  tenuto  conto  che  in  tal  modo  non  si asseconderebbe la P.A. nella conduzione con forme di precariato di attività durevoli.
8. Ciò posto, rispetto al caso di specie si pone anche una tematica di  diritto  intertemporale,  in  quanto  l’art.  19,  co.  6,  come  si  è  già detto,  ha  subito  modifiche  proprio  a  cavallo  degli  incarichi  che hanno interessato il ricorrente.
L’introduzione,  nel  2009,  RAGIONE_SOCIALEa  necessità  di  motivazione,  in  sé chiaramente  non  muta  l’assetto  dei  presupposti  la  cui  ricorrenza giustifica la nomina ai sensi RAGIONE_SOCIALEa norma in esame.
Ma anche la previsione che il personale così scelto dovesse essere « non rinvenibile nei ruoli RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione » costituisce opportuna precisazione di un requisito che inevitabilmente doveva giustificare  anche  prima  quelle  nomine,  proprio  perché  le  norme non possono essere intese come destinate ad incarichi liberamente scelti  a  prescindere  dalla  disponibilità  del  personale  nell’ambito RAGIONE_SOCIALEe dotazioni esistenti presso la P.A.
Quel  requisito  è  insito  in  quello,  di  fondo,  RAGIONE_SOCIALEa  temporaneità RAGIONE_SOCIALE‘esigenza, difficilmente conciliabile con la possibilità RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di dare corso a contratti a termine secondo la disciplina RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6, pur in presenza di personale idoneo nei propri ruoli.
9. Su tali basi ricostruttive, va da sé che, in caso di violazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina destinata ad evitare la illegittima reiterazione dei rapporti a termine, se si realizzi la reiterazione dei rapporti, vale il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale « in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività RAGIONE_SOCIALEa tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALEa l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto » (Cass. S.U. n. 5072/2016).
Ciò  in  concreto,  va  apprezzato  tenuto  conto  RAGIONE_SOCIALEe  regole  causali contenute  nell’art.  19,  co.  6,  di  cui  si  è  detto  e  RAGIONE_SOCIALEe  durate massime ivi stabilite.
In  particolare,  se  rispetto  ad  un  primo  contratto  siano  violate  le regole sulla qualificazione professionale RAGIONE_SOCIALE‘interessato o sull’assenza  di  personale  idoneo  nei  ruoli  e  sia  poi  stipulato  un successivo  contratto,  si  realizzerà  una  reiterazione  illegittima  ai sensi e per gli effetti RAGIONE_SOCIALEa reazione risarcitoria c.d. eurounitaria.
Analogamente se i contratti, pur astrattamente legittimi, superino i limiti  temporali stabiliti o siano seguiti da un nuovo contratto che non possa considerarsi legittimo secondo i parametri sopra visti ai punti 7.3 e 7.4.
10.  La  sentenza  impugnata -avendo  ritenuto  che  i  dirigenti pubblici siano privi di tutela rispetto alla reiterazione dei rapporti a tempo determinato secondo il paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6 si  è
posta  dunque  in  contrasto  con  l’impianto  giuridico  quale  sopra ricostruito, sicché i due motivi vanno accolti.
11.  Il  terzo  motivo  del  ricorso  per  cassazione  denuncia  l’omesso esame di fatto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.) e la violazione e falsa applicazione  (art.  360  n.  3  c.p.c.)  degli  artt.  1324,  1336,  1175, 1375 c.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 97.
Il  motivo sostiene che la Corte territoriale avrebbe trascurato, nel valutare il capo di domanda riguardante la mancata ammissione del ricorrente alla procedura selettiva per la nomina da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘incarico  di  Direttore  del  Dipartimento  Difesa  RAGIONE_SOCIALEa  natura,  la disamina del  relativo  bando,  da  cui  non  emergeva  alcuna  riserva per i dirigenti di ruolo.
In  ogni  caso,  se  si  fosse  dovuto  ritenere  il  bando  riservato  ai dirigenti  di  ruolo,  una  tale  impostazione,  secondo  il  ricorrente,  si sarebbe posta in contrasto sia con le regole di vincolo conseguenti ad  un’offerta  al  pubblico  (art.  1336  c.c.),  sia  con  i  principi  di correttezza e buona fede (art. 1175, 1375 e 1366 c.c.), nonché di buon andamento RAGIONE_SOCIALEe amministrazioni pubbliche (art. 97 Cost.).
Inoltre,  con  il  quarto  motivo,  riguardante  il  medesimo  tema,  il ricorrente  adduce  che  RAGIONE_SOCIALE,  operando  nei  termini  di  cui  sopra, avrebbe posto in essere una disparità di trattamento, in contrasto con il divieto di discriminazione dei lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato, sancito dalla clausola 4 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE.
Anche tali motivi vanno esaminati congiuntamente e devono essere nel loro complesso disattesi.
11.1 La Corte d’Appello, nel ritenere che RAGIONE_SOCIALE, indicendo concorso solo per il  proprio  personale  a  tempo  indeterminato,  avesse operato correttamente, lo ha fatto evidentemente sul presupposto che vi fossero dirigenti al proprio interno idonei ed ha così prestato osservanza  al  disposto  RAGIONE_SOCIALE‘art.  19,  co.  4,  del  d.lgs.  n.  165  del 2001, che in tal caso non consente di procedere altrimenti.
È dunque palese che non vi è stato alcun omesso esame di fatto decisivo, essendo stato invece ritenuto che il bando si riferisse solo ai dirigenti di ruolo.
11.2  Su  tale  premessa  non  si  può  proprio  parlare  di  effetti conseguenti ad un’offerta al pubblico, per chi non era dirigente di ruolo,  cui  il  bando  non  era  diretto  e,  quanto  alle  regole  di  buona fede  e  buon  andamento,  ogni  questione  rispetto  ad  esse  resta assorbita  dalla  regolazione  normativa  diretta  RAGIONE_SOCIALEa  fattispecie,  su cui si va a dire.
11.3 In effetti, l’art. 19, co. 4, del d. lgs. n. 165 del 2001, prevede che « gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del AVV_NOTAIO ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti RAGIONE_SOCIALEa prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 o, in misura non superiore al 70 per cento RAGIONE_SOCIALEa relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso RAGIONE_SOCIALEe specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 ».
È in proposito da condividere l’interpretazione data alla norma dalla Corte territoriale, secondo cui il ricorso a personale esterno ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.  19,  co.  6,  in  tanto  potrebbe  avere  corso,  in  quanto manchino dirigenti interni idonei, secondo un requisito imprescindibile per l’utilizzazione di personale non appartenenti ai ruoli (Cass. 22 febbraio 2017, n. 4621).
11.4 La questione, come avverte il ricorrente con la formulazione del quarto motivo, è allora un’altra e consiste nel valutare se possa dirsi  discriminatoria ed in contrasto con la clausola 4 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo Quadro  la  norma  di  diritto  interno  che  consente  l’accesso  alle selezioni per la dirigenza generale ai soli dirigenti di ruolo e quindi a tempo indeterminato e non ai dirigenti nominati ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6 e, quindi, con contratti a termine.
In  proposito  va  rilevato  che  il  bando  per  la  selezione  tra  i  propri dirigenti di ruolo di taluno cui conferire un certo incarico superiore si riferisce ad  un’operazione  di  cernita  rispetto alla quale  la posizione di chi sia dirigente a termine esprime un dato del tutto eterogeneo.
Ragioni speculari a quelle che portano a ritenere il carattere abusivo RAGIONE_SOCIALEa reiterazione in caso di dirigente esterno a termine utilizzato per soddisfare esigenze stabili RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione, impongono allora di escludere che quei contratti a tempo determinato possano essere equiparati al rapporto a tempo indeterminato sul quale si innesta l’incarico con termine di durata, perché ciò finirebbe per comportare lo stabile inserimento del dirigente nell’organizzazione RAGIONE_SOCIALE‘ente, per giunta senza il concorso che è la tipica forma a tal fine necessaria.
In definitiva, le due situazioni sono giuridicamente differenziate nel diritto interno ed ammettendo il dirigente a termine a partecipare a selezioni  per  posti  destinati  ad  attività  stabile  ed  ordinaria  RAGIONE_SOCIALEa P.A. si finirebbero  per snaturare  le caratteristiche intrinseche RAGIONE_SOCIALE‘istituto del rapporto instaurato ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6, del d. lgs. n. 1265 del 2001.
Il  difetto  di  comparabilità,  giustificando  il  diverso  trattamento, comporta in sé l’assenza di una discriminazione che rilevi ai sensi RAGIONE_SOCIALEa clausola 4 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo Quadro.
12. Il quinto ed il sesto motivo riguardano infine il tema RAGIONE_SOCIALE‘esercizio, dopo le dimissioni del superiore e quindi dal 30.4.2009,  di  funzioni  di  direttore  generale,  con  rivendicazione RAGIONE_SOCIALEe corrispondenti differenze retributive.
Ciò è preteso, – nella quinta censura -adducendo la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 52, 16, 23 e 17 del  d.  lgs.  n.  165  del  2001,  nonché  RAGIONE_SOCIALE‘art.  36  Cost.  criticandosi l’assunto  secondo  cui  potrebbero  essere  uffici  dirigenziali  generali solo quelli denominati come tali, mentre dall’art. 16 del d. lgs. n.
165  del  2001  si  coglie  l’indicazione  di  una  serie  di  compiti  ed attribuzioni,  il  cui  svolgimento  di  fatto  imporrebbe  di  riconoscere, anche ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 52 del d. lgs. n. 165 del 2001 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 Cost. le corrispondenti retribuzione.
Di  conseguenza,  con  la  sesta  censura  il  ricorrente  lamenta -richiamando l’art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c, la mancata ammissione dei mezzi istruttori articolati al fine di dimostrare l’assolvimento di quei compiti ed il vizio motivazionale in proposito.
12.1  I  due  motivi -da  esaminare  congiuntamente -vanno disattesi.
Essi  muovono  da ll’assunto  secondo  cui, a  partire  da  un  certo momento,  da  individuare  nella  fase  commissariale  di  transito  di CRAM  in  RAGIONE_SOCIALE  e  poi  quando  il  primo  ente  fu  integralmente assorbito da RAGIONE_SOCIALE, le attività svolte dal ricorrente sarebbero state da riportare ad un ufficio di direzione generale.
La Corte d’Appello lo ha escluso, rilevando sia che già nella fase commissariale di RAGIONE_SOCIALE vi era stata la progressiva centralizzazione di alcune funzioni presso altra struttura, sicché il preesistente ufficio di direzione generale di RAGIONE_SOCIALE non c’era più, sia che non risultava, dall’organigramma o da regolamenti di organizzazione, che la struttura residuata da RAGIONE_SOCIALE (c.d. CRA 15) fosse qualificata come di direzione generale, senza contare l’assenza di una necessaria qualificazione normativa di tale ufficio come direzione generale.
12.2  Il  quinto  motivo  sostiene  che  la  Corte  d’Appello  avrebbe ritenuto  che  gli  uffici  dirigenziali  generali  sarebbero  solo  quelli « denominati come tali » ed afferma che sarebbe mancato l’accertamento di fatto in ordine alla sostanza RAGIONE_SOCIALEe attribuzioni.
Quanto addotto non può essere condiviso perché il ragionamento RAGIONE_SOCIALEa  Corte  d’Appello  va  invece  inteso  nel  senso  che,  combinando l’assenza di indicazione di quell’ufficio negli organigrammi come di direzione  generale  con  l’intervenuta  riduzione  di  funzioni  non  si
poteva  di  fatto  affermare  la  ricorrenza  del  presupposto  posto  a fondamento RAGIONE_SOCIALEa pretesa azionata sul punto, ovverosia l’esistenza di una direzione generale.
La qualificazione di un ufficio come di direzione generale è del resto rimessa o a fonti normative (Cass. 26 aprile 2017, n. 10320; Cass. 26 novembre 2008, n. 28276) o, in generale, a determinazioni in tal senso RAGIONE_SOCIALE‘ente di riferimento, nell’esercizio del potere di definire « mediante  atti  organizzativi  secondo  i  rispettivi  ordinamenti,  le linee fondamentali di organizzazione degli uffici » (art. 2 del d. lgs. n. 165 del 2001).
Il  ragionamento  fattuale  RAGIONE_SOCIALEa  Corte  d’Appello,  nel  combinare  un dato  sui  diminuiti  compiti  RAGIONE_SOCIALE‘ufficio  con  il  dato  organizzativo,  è dunque in sé corretto e sufficiente.
12.3 D’altra parte, non può dirsi che esista un’attività lavorativa che sia in assoluto da qualificare come di dirigenza o di dirigenza generale, se non quando vi siano strutture impostate in tal senso. Ciò è insito nel principio, più volte ripetuto da questa S.C., secondo cui solo l’istituzione in pianta organica di un certo posto dirigenziale consente di riconoscere i corrispondenti diritti di chi sia ad esso preposto, anche di fatto (Cass. 10 gennaio 2018, n. 350; Cass. 7 novembre 2018, n. 28451, nonché Cass. 24 febbraio 2020, n.
4876, punto 12.8).
Più a fondo, tale principio si radica nel menzionato potere organizzativo, che può essere vincolato, se vi siano atti normativi che impongano di istituire determinati uffici dirigenziali o come di direzione generale, ma che altrimenti esprime una scelta discrezionale.
La discrezionalità consiste in tali casi nella decisione di regolare un certo  ufficio  come  dirigenziale,  nel  senso  di  ricorrere  a  personale scelto attraverso una concorsualità apposita (art. 28 ss. del. d. lgs. n.  165  del  2001),  inserito  in  un  ruolo  suo  proprio  (art.  23), soggetto  ad  un  determinato  regime  economico  (art.  14)  ed  in
un’area apposita di contrattazione collettiva (art. 40, co. 2), oltre che destinatario di una disciplina specifica in punto di responsabilità (art. 21). Oppure, se si ha riguardo alla creazione di direzioni generali, alla scelta di utilizzare un duplice livello dirigenziale, attraverso particolari relazioni interne con i vertici RAGIONE_SOCIALE‘ente e con i dirigenti sottoposti e l’attribuzione di poteri e responsabilità esterne ed interne di particolare importanza (art. 16, sempre del d.lgs. n. 165 del 2001).
Tali scelte organizzative discrezionali, per essere sindacate, imporrebbero quindi la censura, non sul piano RAGIONE_SOCIALE‘asserito esercizio di fatto di certe attività – il che rende inutile la prova testimoniale sulle attività svolte, di cui al sesto motivo – bensì su quello RAGIONE_SOCIALEa deduzione di vizi degli atti amministrativi attraverso i quali le stesse vengono espresse, per evidenziare violazioni di legge ( sub specie ad es. RAGIONE_SOCIALEa mancata istituzione di una dirigenza o di una dirigenza generale che sia viceversa imposta per certi uffici) o sintomi di eccesso di potere.
Inoltre, qualora non vi siano norme che esplicitamente impongano l’istituzione di certi uffici di dirigenza o dirigenza generale, la pretesa non può essere di adempimento – sussistendo il potere RAGIONE_SOCIALEa P.A. di esercitare nuovamente il potere in senso contrario rispetto alla pretesa azionata -ma solo risarcitoria, per il danno subito al contrario interesse pretensivo, nei limiti e con le connotazioni proprie di tale pretesa, sul piano anche del nesso causale (Cass., S.U., 22 luglio 1999, n. 500; Cons. Stato, ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7).
12.4 Ma non è in questo modo, mancando ogni specifico riferimento  al  contenuto  degli  atti  organizzativi  RAGIONE_SOCIALE‘ente  e  tanto meno  la  prospettazione dei menzionati  vizi di legittimità dei provvedimenti amministrativi,  che  sono  impostati  i  motivi,  i  quali vanno quindi complessivamente disattesi anche da questo punto di vista.
Il ricorso va dunque accolto limitatamente ai primi due motivi, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma che deciderà adeguandosi a quanto precisato rispetto ad essi,  svolgendo ogni accertamento a tal  fine  necessario  ed  attenendosi  al  principio  di  diritto  di  seguito enunciato sub a).
Vanno anche affermati i seguenti principi:
«In tema di pubblico impiego privatizzato, la disciplina di cui all’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, con riferimento ai rapporti di lavoro dirigenziale con i Ministeri e gli enti pubblici non economici nazionali è speciale e non compatibile con quella generale sui contratti a tempo determinato (d., lgs. n. 368 del 2001; art. 19 ss d. lgs. n. 81 del 2015) e la facoltà di rinnovo dei contratti a tempo determinato stipulati per l’attribuzione di incarichi ai sensi del medesimo RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, co. 6, va interpretata alla luce, da un lato, RAGIONE_SOCIALEa clausola 5 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CEE sul lavoro a tempo determinato, nel rispetto RAGIONE_SOCIALEe precisazioni fornite dal giudice eurounitario sul tema RAGIONE_SOCIALEa repressione degli abusi, e, dall’altro, del principio costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘accesso all’impiego, anche temporaneo, solo a seguito di concorso pubblico. Il rinnovo non può dunque essere disposto, una volta superati i limiti triennali e quinquennali di durata stabiliti dalla norma, neanche attraverso l’attribuzione di un incarico diverso, se quest’ultimo afferisca comunque alla normale attività RAGIONE_SOCIALE‘ente ed in caso contrario al lavoratore spetta il risarcimento del danno c.d. eurounitario, da liquidarsi secondo la fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALEa l. n. 183 del 2010 (ora, v. art. 36, comma 5, secondo parte del d. lgs. n. 165 del 2001), quale danno presunto, con valenza sanzionatoria, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto».
«In  tema  di  dirigenza  nel  pubblico  impiego  privatizzato,  è legittima e non  si pone  in  contrasto  con  la  clausola 4 RAGIONE_SOCIALE‘Accordo  Quadro  allegato  alla  Direttiva  1999/70/CE,  per difetto  di  comparabilità  RAGIONE_SOCIALEe  situazioni,  la  selezione  per  il conferimento di incarico di dirigente di prima fascia destinata soltanto  ai  dirigenti  di  ruolo  e  cui  non  siano  ammessi  i dirigenti nominati ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, del d. lgs. n. 165 del 2001»;
«In tema di pubblico impiego privatizzato, la rivendicazione degli emolumenti propri di una posizione dirigenziale generale che si assume avrebbe dovuto essere istituita non può derivare dalla mera allegazione RAGIONE_SOCIALEe attività lavorative svolte, postulando una tale pretesa la deduzione di illegittimità degli atti organizzativi RAGIONE_SOCIALE‘ente di riferimento, sul piano RAGIONE_SOCIALEa violazione di legge o RAGIONE_SOCIALE‘eccesso di potere, da esercitare attraverso il completo richiamo ai provvedimenti amministrativi coinvolti e la specifica indicazione dei corrispondenti vizi, con il fine di ottenere le corrispondenti differenze retributive, previa disapplicazione degli atti amministrativi contrari, qualora si tratti di uffici la cui costituzione fosse imposta in via normativa, o, qualora si tratti di decisioni organizzative discrezionali illegittime, il risarcimento del danno per violazione RAGIONE_SOCIALE‘interesse legittimo pretensivo, al ricorrere dei relativi presupposti» 
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, rigetta nel resto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Sezione Lavoro RAGIONE_SOCIALEa  Corte  Suprema  di  Cassazione,  il  giorno  3  luglio  e  3  ottobre 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
La AVV_NOTAIO NOME COGNOME