Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 31546 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31546 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 19085-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
Oggetto
Dirigente pubblico impiego
R.G.N. 19085/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 21/11/2024
CC
difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4771/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/03/2020 R.G.N. 2713/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
con sentenza del 9/3/2020 la Corte d’appello di Roma rigettava l’impugnazione di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva respinto la domanda da costoro formulata, quali dirigenti INPDAP e poi INPS a tempo determinato ex art. 19 comma 6 d.lgs. n. 165/2001, nel periodo da settembre 2001 al febbraio 2014, per la declaratoria di illegittimità o invalidità dei contratti non stipulati per soddisfare esigenze transitorie ma stabili e perma nenti dell’amministrazione e comunque per la condanna dell’INPS al risarcimento del danno ai sensi dell’ art. 36 comma 5 d.lgs. n. 165/01 cit. (quest’ultimo spettante quanto meno per il periodo 1 settembre 2012/28 febbraio 2014, stante la fissazione di un termine contrattuale inferiore al triennio in violazione dell’art. 19 co mma 2 d.lgs. n. 165 cit. e la violazione delle regole di correttezza nella comunicazione dei mancati rinnovi pochi giorni prima della scadenza);
la Corte territoriale, nel respingere il gravame, rilevava che non erano fondate le deduzioni sulla necessità che gli incarichi dirigenziali a termine fossero supportati da esigenze transitorie ed eccezionali ma
fosse bastevole l ‘esigenza di acquisire professionalità non presenti nell’organico aziendale;
ha osservato che non era configurabile alcun contrasto con la clausola 5 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE, per le peculiari caratteristiche del rapporto dirigenziale che si connota per la natura fiduciaria, tanto da consentire un’interpretazione dell’art. 10 co mma 4 d.lgs. n. 368/2001 non in frizione con la menzionata disciplina UE; ne seguiva la conferma della sentenza di primo grado laddove aveva ritenuto la legittimità dei singoli contratti, e del loro rinnovo ex art. 19 comma 2 d.lgs. n. 165/2001, senza che potesse configurarsi alcun abuso di precariato, non integrando il lavoro dirigenziale a termine una deroga al principio generale della normale durata a tempo indeterminato;
la Corte aggiungeva che gli ultimi incarichi, di 18 mesi, non violavano la durata minima triennale ex art. 19 comma 2 del d.lgs. n. 165/2001, posto che tale norma si applicava al dirigente incaricato all’esito del concorso mentre si doveva qui richiamare il successivo comma 6 della stessa disposizione, che si limitava a prevedere, senza fissare alcuna durata minima, che tali incarichi non ‘eccedessero’ i 3 anni;
quanto alla buona fede, rilevava che da un lato essa non poteva dirsi violata dal mancato (congruo) preavviso, stante l ‘esistenza di una scadenza contrattuale già nota alle parti, e, dall’altro, che gli incarichi non potevano essere rinnovati allo spirare del termine stante l’entrata in vigore della legge n. 125/2013 di conversione del d.l. n. 125/2013, art. 2 comma 8;
avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione i lavoratori con tre motivi assistiti da memoria, cui si oppone con controricorso l’INPS.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 co mma 2 cod. proc. civ. (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) e dell’art. 118, co mma 1 disp. att. cod. proc. civ., per essere la motivazione della sentenza impugnata fondata su principi astratti disancorati dalla fattispecie concreta;
col secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 19, commi 2-6, e 36 del d.lgs. n. 165/2001, anche in relazione alla clausola 5 dell’Accordo quadro UE sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE, per avere la Corte di merito confuso la posizione del dirigente pubblico, che gode di stabilità reale, con quello privato, per il quale soltanto, stante la sottrazione al regime della disciplina limitativa dei licenziamenti, potrebbero utilizzarsi contratti a termine in successione;
nella specie, l’applicazione dell’art. 19 co mma 6 d.lgs. n. 165, cit., non consentiva di ritenere legittimo il termine apposto, e i successivi rinnovi, perché la norma in parola, pur applicabile trattandosi di dirigenti non di ruolo, supponeva esigenze temporanee e non ordinarie (mentre nella specie i ricorrenti erano stati assunti per «dirigere uffici stabilmente presenti» e dai fatti di causa emergeva, poi, che erano stati utilizzati per 12 anni come dirigenti pienamente interscambiabili con quelli di ruolo, la cui disciplina si rinveniva nel comma 2 dell’art. 19, cit. );
sicché, non applicandosi il comma 2 dell’ art. 19, cit., non potevano ritenersi legittimi i rinnovi degli incarichi e, in ogni caso, gli stessi dovevano essere giustificati da ‘ragioni oggettive’ come stabilito dall’art. 5 n. 1 lett. a) dell’ Accordo quadro che vieta il rinnovo (come nella specie, per ben quattro volte) di contratti a termine per
soddisfare esigenze permanenti e durevoli dell’amministrazione; seguiva quindi il ristoro del danno ex art. 36 comma 5 d.lgs. n. 165 cit.;
con il terzo motivo si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 19 , commi 2 e 6, del d.lgs. n. 165/2001, per avere la Corte distrettuale ritenuto legittimi gli ultimi incarichi conferiti nonostante avessero una durata di diciotto mesi (dal settembre 2012 al febbraio 2014), inferiore a quella minima di tre anni prevista dall’art. 19 co mma 2 d.lgs. n. 165, cit.;
la disposizione dell’art. 19 comma 2 d.lgs. cit. non conteneva alcun riferimento a una limitazione del suo campo di applicazione ai soli dirigenti di ruolo assunti per concorso pubblico, ma riguardava «tutti gli incarichi di funzione dirigenziale», senza distinzioni, che debbono dunque avere durata minima triennale, limite che si applica anche agli incarichi esterni a termine di cui al comma 6;
tanto premesso, il Collegio rileva che oggetto del contendere è l’applicazione al rapporto dirigenziale a tempo determinato, disciplinato per i soggetti esterni all’amministrazione -dall’art. 19 co mma 6 d.lgs. n. 165/2021, della direttiva 1999/70/CE nonché l’ulteriore profilo legato all’individuazione della durata minima dell’incarico dirigenziale attribuito dalla P.A. ai dirigenti medesimi;
vengono in questione, al riguardo, profili di carattere nomofilattico dovendosi valutare, da un lato, la portata e l’applicabilità dei principi affermati nel precedente rappresentato da Cass., Sez. L, n. 13066 del 26 aprile 2022, concernente il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione nell’ambito del SSN ai sensi dell’art. 15 septies d.lgs. n. 502/1992, e, dall’altro, d i quelli contenuti nel diverso arresto rappresentato da Cass., Sez. L, n. 478 del 13 gennaio 2014, concernente gli enti locali;
si ritiene, quindi, che la causa debba essere rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte: rinvia la causa a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione