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Incarichi a dipendenti pubblici: la competenza

Una società è stata sanzionata per aver affidato incarichi a un dipendente pubblico (un professore universitario) senza la prescritta autorizzazione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 2307/2024, ha chiarito importanti principi sugli incarichi a dipendenti pubblici. In primo luogo, ha stabilito che per gli illeciti omissivi, la competenza territoriale per irrogare la sanzione spetta all’autorità del luogo in cui la violazione è stata accertata, e non dove l’atto omesso doveva pervenire. In secondo luogo, ha ribadito che l’onere di provare la buona fede, ovvero l’errore incolpevole, grava sul datore di lavoro privato, il quale non può semplicemente ignorare gli obblighi di legge.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Incarichi a dipendenti pubblici: Attenzione alle autorizzazioni e alla competenza per le sanzioni

Affidare incarichi a dipendenti pubblici richiede un’attenzione scrupolosa alle normative vigenti per evitare pesanti sanzioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 2307 del 23 gennaio 2024, ha fatto luce su aspetti cruciali della materia, in particolare sulla competenza territoriale per l’irrogazione delle sanzioni e sulla responsabilità del datore di lavoro privato. Questo provvedimento sottolinea come l’obbligo di richiedere la preventiva autorizzazione all’amministrazione di appartenenza del dipendente sia un dovere inderogabile per il committente privato.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore industriale aveva conferito incarichi professionali biennali a un architetto, docente a tempo indeterminato presso un’università pubblica. La società, tuttavia, aveva omesso di richiedere la necessaria autorizzazione preventiva all’ateneo, come previsto dall’art. 53 del D.Lgs. 165/2001. A seguito di una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate territorialmente competente per la sede della società emetteva due ordinanze-ingiunzione, comminando una sanzione pari al 200% dei compensi corrisposti al professionista.
La società impugnava le sanzioni, ottenendo in primo grado una declaratoria di nullità per incompetenza territoriale: secondo il Tribunale, l’autorità competente era quella del luogo in cui ha sede l’università (dove la richiesta di autorizzazione sarebbe dovuta pervenire). La Corte d’Appello, però, ribaltava la decisione, ritenendo competente l’ufficio del luogo dove ha sede la società, ovvero dove l’omissione era stata posta in essere e accertata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La società ricorreva in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta incompetenza territoriale, la validità di una motivazione giudiziale “copia e incolla” e l’assenza di colpevolezza per aver agito in buona fede. La Suprema Corte ha rigettato quasi integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali.

Competenza Territoriale: Dove si commette l’omissione?

Il punto centrale della controversia riguardava il locus commissi delicti dell’illecito omissivo. La Corte ha ribadito un principio consolidato: in tema di sanzioni amministrative per illeciti omissivi di pura condotta, la competenza territoriale dell’autorità si determina in base al luogo in cui la violazione è stata accertata. Tale luogo, infatti, rappresenta ipso facto il luogo di commissione del reato. Pertanto, correttamente la Corte d’Appello aveva individuato la competenza nell’Agenzia delle Entrate della provincia in cui la società aveva la propria sede, e non dove si trovava l’università.

Gli incarichi a dipendenti pubblici e la buona fede

I ricorrenti sostenevano di aver agito in buona fede, confidando erroneamente nella non necessità dell’autorizzazione. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che l’onere di provare l’esistenza di un errore incolpevole, tale da escludere la responsabilità, grava su chi lo invoca. Non è sufficiente una mera ignoranza della legge. Il datore di lavoro privato deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per osservare la normativa e che un elemento esterno, positivo e imprevedibile lo ha indotto in errore. Nel caso di specie, la società, data la pluriennale collaborazione con il professionista, era a conoscenza del suo status di docente universitario e non poteva esimersi dall’obbligo di richiedere l’autorizzazione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha specificato che l’obbligo di richiedere l’autorizzazione per gli incarichi a dipendenti pubblici è posto dall’art. 53, comma 9, del D.Lgs. 165/2001 direttamente in capo al datore di lavoro privato o all’ente pubblico economico conferente. Questo obbligo non può essere trasferito sul lavoratore. La norma mira a consentire all’amministrazione di appartenenza una valutazione preventiva sulla compatibilità dell’incarico extra-istituzionale con le funzioni pubbliche del dipendente.
Per quanto riguarda la presunta nullità della sentenza d’appello per “motivazione apparente”, derivante da un presunto “copia e incolla” degli atti difensivi dell’Agenzia delle Entrate, la Corte ha chiarito che tale tecnica non comporta di per sé l’invalidità della decisione. Ciò che conta è che le ragioni del decidere siano chiaramente attribuibili all’organo giudicante e permettano di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito, come avvenuto nel caso in esame.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un monito importante per tutti i datori di lavoro privati che intendono avvalersi della collaborazione di dipendenti pubblici. La sentenza conferma che la responsabilità di richiedere la preventiva autorizzazione è un onere non delegabile del committente. La violazione di tale obbligo comporta sanzioni severe e la competenza a irrogarle è radicata nel luogo dove ha sede l’impresa e dove l’illecito viene accertato. Infine, la scusante della buona fede è difficilmente invocabile e richiede una prova rigorosa di un errore inevitabile, non potendosi basare sulla semplice non conoscenza della legge.

Per un illecito omissivo, come la mancata richiesta di autorizzazione, qual è l’autorità territorialmente competente a irrogare la sanzione?
Secondo la Corte di Cassazione, in tema di sanzioni amministrative relative a un illecito omissivo, la competenza territoriale si determina in base al luogo in cui la violazione è stata accertata. Questo luogo rappresenta di fatto il luogo di commissione dell’illecito.

Un datore di lavoro privato può invocare la “buona fede” se non richiede l’autorizzazione per un incarico a un dipendente pubblico?
No, non può farlo facilmente. L’errore sulla liceità della condotta (la cosiddetta “buona fede”) esclude la responsabilità solo se risulta inevitabile. L’onere della prova grava sul datore di lavoro, che deve dimostrare non solo di non conoscere la legge, ma anche che un elemento positivo ed esterno lo ha indotto in un errore incolpevole, avendo fatto tutto il possibile per informarsi.

Una sentenza la cui motivazione è un “copia e incolla” degli atti di una parte è considerata nulla?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che la tecnica del “copia e incolla” non comporta di per sé l’assenza o l’apparenza della motivazione, a condizione che le ragioni della decisione siano chiaramente attribuibili al giudice e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, permettendo di comprendere il ragionamento seguito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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