Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2307 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2307 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18135/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALEo dell’avvocato AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE (P_IVA) che la rappresenta e difende;
– controricorrente- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 2664/2019 depositata il 07/01/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/05/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
Con due distinte ordinanze-ingiunzione emesse il 26 settembre 2018 ai sensi dell’art. 18 legge 24 novembre 1981, n. 689, l’RAGIONE_SOCIALE irrogava alla RAGIONE_SOCIALE le sanzioni di cui all’art. 53, comma 9, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonché dell’art. 6, comma 1, D.L. 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni RAGIONE_SOCIALE legge 28 Maggio 1997, n. 140. Dalla verifica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE effettuata il 6 febbraio 2018 era emerso, infatti, il conferimento da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di incarichi professionali conferiti all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME nel biennio 20152016, senza aver richiesto la previa necessaria autorizzazione all’RAGIONE_SOCIALE avente sede in Caserta, con cui il predetto AVV_NOTAIO COGNOME aveva rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato in qualità di docente. I compensi conferiti all’AVV_NOTAIOitetto erano pari ad € 78.000,00 per ciascuno dei due anni di imposta: pertanto, le sanzioni venivano irrogate per € 156.000,00 per ciascuna RAGIONE_SOCIALE due ordinanze-ingiunzioni, nella misura cioè del 200% dei compensi pattuiti e documentati dalle fatture emesse dall’AVV_NOTAIO.
Le due ordinanze-ingiunzioni venivano opposte dalla RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il quale riteneva che l’ufficio territorialmente competente ad adottare provvedimenti di rito fosse quello del luogo ove ha sede l’amministrazione di appartenenza del COGNOME, cioè l’RAGIONE_SOCIALE cui avrebbe dovuto essere richiesta l’autorizzazione, ovvero quello del luogo in cui risulterebbe commessa la violazione, cioè Caserta. Pertanto, in accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio, dichiarava la nullità RAGIONE_SOCIALE due ordinanze-ingiunzione impugnate.
Avverso detta decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna, che accoglieva
integralmente il gravame e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava le opposizioni proposte avverso le ordinanzeingiunzioni condannando gli appellati in solido al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese in favore dell’appellante del doppio grado di giudizio. A sostegno RAGIONE_SOCIALE sua decisione, osservava la Corte che:
la condotta omissiva consistente nella mancata richiesta di autorizzazione è stata posta in essere nel luogo dove ha sede la società appellata conferente l’incarico di cui trattasi, ossia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non già Caserta;
alla luce RAGIONE_SOCIALE realtà documentale, sussistono entrambi gli elementi, oggettivo e soggettivo, dell’illecito;
quanto alla presunta illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 9, legge n. 165 del 2001, non si ravvisano irrazionalità del concepimento RAGIONE_SOCIALE norma, né contrasti con i principi costituzionali citati.
Impugnavano la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Bologna la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, NOME COGNOME in proprio e NOME COGNOME per il ricorso in Cassazione, affidandolo a sei motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si difendeva depositando controricorso. In prossimità dell’adunanza i ricorrenti depositavano memoria. CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 9, d.lgs. n. 165/2001, con riferimento all’art. 17 comma 5, legge n. 689/81, e RAGIONE_SOCIALE artt. 13 e 14 legge n. 689/81, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere il giudice di seconde cure errato nel ritenere sussistente la competenza per territorio all’emanazione RAGIONE_SOCIALE ordinanze-ingiunzione opposte in capo all’RAGIONE_SOCIALE.
Secondo i ricorrenti sarebbe incorsa in errore la Corte d’Appello di Bologna laddove non ha considerato di essere in presenza di un illecito omissivo, che verrebbe pertanto consumato nel luogo in cui sarebbe dovuta pervenire la comunicazione mancata, ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione. E ciò, d’altra parte, in coerenza con quanto stabilito dalla giurisprudenza maggioritaria RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione (Cass. Sez. U, n. 4131/1988; sulla presunzione di coincidenza del luogo di commissione dell’illecit o con il luogo di RAGIONE_SOCIALE: Cass. n. 3923/2010) e RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale (Corte Cost. n. 237/2018). Applicando correttamente il criterio del cosiddetto locus commissi delicti, la Corte d’Appello avrebbe dovuto confermare la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la nullità RAGIONE_SOCIALE ordinanze opposte in accoglimento dell’eccezione di incompetenza dell’Autorità emanante, individuando l ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Caserta.
1.1. Il motivo è infondato. In tema di sanzioni amministrative relative a illecito omissivo di pura condotta, questa Corte ha espresso un principio univoco e consolidato: la competenza territoriale dell’Autorità amministrativa cui spetta l’emissione del provvedimento sanzionatorio si determina in base al luogo in cui è stata commessa la violazione, intendendosi con tale espressione il luogo nel quale quest’ultima è stata accertata; il luogo di RAGIONE_SOCIALE dell’infrazione ne rappresenta ipso facto il luogo di commissione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24391 del 10/08/2023, Rv. 668806 -01; Cass. Sez. 6 2, Ordinanza n. 27202 del 16/12/2011, Rv. 620294 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 14818 del 24/06/2009, Rv. 608629 -01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3756 del 15/03/2001, Rv. 544784 – 01, tutte confermano: Cass. Sez. U, Sentenza n. 4131 del 17/06/1988, Rv. 459216 -01, pure richiamata nel ricorso).
Tanto basta ad escludere l’opportunità RAGIONE_SOCIALE rimessione RAGIONE_SOCIALE questione sollevata alle Sezioni Unite di questa Corte, come argomentato in memoria.
1.2. Risulta, poi, del tutto inconferente il riferimento in ricorso alla pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale n. 237 del 2018: in quell’occasione, il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi aveva corretto il Giudice di Pace rimettente il quale, ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE fosse l’autorità procedente per le sanzioni e che, avendo tale organismo sede in Roma, dovesse essere competente per le relative opposizioni, aveva in tal modo erroneamente associato il luogo dell’RAGIONE_SOCIALE dell’infrazione con il luogo in cui la comunicazione dei dati personali e RAGIONE_SOCIALE patente del conducente deve pervenire: in tal caso, la competenza territoriale a conoscere RAGIONE_SOCIALE illeciti contestati sarebbe spettata al Giudice di pace di Roma, quale giudice del locus commissi delicti dell’illecito omissivo consumato nel luogo in cui sarebbe dovuta pervenire la comunicazione mancata. Corretto l’erroneo presupposto, e cioè affermato che il RAGIONE_SOCIALE non è l’Autorità procedente per l’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, la Consulta ha ribadito, anche nella materia specifica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al Codice RAGIONE_SOCIALE Strada, il principio sopra enunciato: «che, quindi, il locus commissi delicti dell’illecito omissivo di cui all’art. 126bis cod. strada, quale luogo dove deve pervenire la comunicazione, coincide con il luogo dell’RAGIONE_SOCIALE, poiché l’autorità procedente è la stessa che ha elevato la sanzione comportante la perdita del punteggio».
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere il giudice di seconde cure errato nel non aver ritenuto provata la conclusione dei contratti per gli anni 2015 e 2016 tra RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO in Milano.
Nella prospettazione dei ricorrenti, essi avrebbero affermato che i due contratti di conferimento di incarichi extra istituzionali all’AVV_NOTAIO per gli anni 2015 e 2016 da parte di RAGIONE_SOCIALE erano stati sottoscritti e conclusi alla compresenza RAGIONE_SOCIALE parti in Milano, rispettivamente in data 22/12/2014 e 22/12/2015. Rispetto a questa affermazione dei ricorrenti la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE si è limitata ad asserire che il contratto si sia concluso a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Non può ritenersi che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE abbia affermato o negato tale fatto nel proprio ricorso, essendosi limitata ad un’apodittica affermazione senza alcun seguito: opera, pertanto, il principio di non contestazione, che avrebbe precluso al giudice di ritenere ancora oggetto di prova l’RAGIONE_SOCIALE del luogo di conclusione del contratto. Con una seconda censura, i ricorrenti si dolgono del fatto che la documentazione contrattuale allegata dai ricorrenti dimostra incontestabilmente che i contratti si erano conclusi a Milano: una corretta applicazione dell’art. 2697 cod. civ. avrebbe comportato che gravava sull’Amministrazione l’onere di provare il contrario. Il giudice di seconde cure è, dunque, incorso nella violazione del principio di non contestazione ex art. 115 cod. proc. civ. e, comunque, nella violazione RAGIONE_SOCIALE norma disciplinante il riparto dell’onere probatorio.
2.1. Avendo il Collegio dichiarato infondato il primo motivo, il secondo resta assorbito.
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per avere il giudice di appello pedissequamente trascritto il contenuto dello scritto difensivo dell’RAGIONE_SOCIALE senza autonomo e percepibile vaglio critico, rendendo una motivazione apparente. Con riferimento al capo A) RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, esso trascrive letteralmente la laconica
conclusione a cui era pervenuta l’RAGIONE_SOCIALE in merito alla questione RAGIONE_SOCIALE competenza: sembra, infatti, che la Corte d’Appello nemmeno si sia accorta che nel verbale di contestazione redatto dalla RAGIONE_SOCIALE non si parla mai del luogo di conclusione dei contratti prodotti in giudizio solo dagli odierni ricorrenti in sede di opposizione. Parimenti deve dirsi per quanto riguarda i capi B) e C) RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, nonché per la motivazione RAGIONE_SOCIALE pronuncia nella parte in cui non ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale prospettata. Come precisato anche dalla Suprema Corte, il giudice d’appello è tenuto ad esprimere, quand’anche in modo sintetico, le ragioni RAGIONE_SOCIALE condivisione RAGIONE_SOCIALE altre argomentazioni risultando, invece, la sentenza in parola nulla per radicale carenza RAGIONE_SOCIALE motivazione ( sub specie di motivazione apparente), laddove la laconicità RAGIONE_SOCIALE motivazione adottata non consente in alcun modo di ritenere che a quella affermata condivisione il giudice sia pervenuto attraverso l’adeguata considerazione RAGIONE_SOCIALE contrapposte allegazioni difensive, così come è avvenuto nella fattispecie.
3.1. Il motivo è infondato. Quanto alla motivazione apparente, è utile ricordare che la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che tale vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante: Cass Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 -01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Cass. Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n.
13977 del 23/05/2019, Rv. 654145; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 23123 del 28/07/2023, Rv. 668609 – 01). I capi censurati RAGIONE_SOCIALE pronuncia resa dal giudice d’appello consentono di ricostruire le argomentazioni logiche a sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione; il fatto che esse provengano – con tecnica del collage o del «copia e incolla» – da altro documento, non comporta di per sé l’assenza di motivazione o la motivazione apparente, qualora le ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione siano, come nel caso di specie, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 642 del 16/01/2015, Rv. 634091 -01).
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 53 comma 9, d.l. n. 165/2001 e 6, comma 1, DL N 79/1997 conv. con modif. dalla legge n 140/1997, nonché dell’art. 6, comma 10, legge n. 242/2010, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere il giudice di seconde cure errato nel ritenere sussistente l’elemento oggettivo dell’illecito, rientrando al contrario l’attività prestata dall’AVV_NOTAIO alla RAGIONE_SOCIALE tra quelle esercitabili liberamente ex art. 6, comma 10, primo periodo, legge n. 240/2010 anziché tra quelle per le quali è prevista l’autorizzazione. Lamentano i ricorrenti un’errata interpretazione dell’art. 6, legge n. 240/2010, stante il fatto che l’attività svolta dall’ AVV_NOTAIO era un’attività inequivocabilmente di consulenza in materia scientifica avente scopo divulgativo e formativo e latu sensu culturale.
Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 53, commi 9 e 10, d.lgs. n. 165/2001 e 6, comma 1, DL N 79/1997 conv. con modif. dalla legge n 140/1997, nonché dell’art. 3, RAGIONE_SOCIALE legge n. 689/1981, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere il giudice di seconde cure errato nel ritenere sussistente l’elemento soggettivo dell’illecito a carico RAGIONE_SOCIALE opponenti,
ricorrendo al contrario l’esimente dell’incolpevole errore sul fatto ai sensi dell’art. 3 legge n 689/1981; violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 11, d.lgs. n. 150/2011 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., per avere il giudice di seconde cure errato nel ritenere assolto l’onere probatorio gravante in capo all’RAGIONE_SOCIALE sulla colpevolezza RAGIONE_SOCIALE odierni ricorrenti. La Corte d’Appello di Bologna non ha a sufficienza vagliato la responsabilità del COGNOME rispetto alla sua qualità di docente a tempo pieno e non a tempo definito: da una serie di elementi probatori, infatti, risulta che egli fosse a tempo definito. Si dovrebbe, quindi, applicare l’esimente di cui all’art. 3, comma 2, RAGIONE_SOCIALE legge n. 689/81 ammettendo la buona fede e l’errore incolpevole quali cause di esclusione dell’illecito amministrativo. Inoltre, secondo i ricorrenti, è pacifico che la giurisprudenza amministrativa recente evidenzia il fatto che debba essere in primis il docente universitario a richiedere ove necessaria l’autorizzazione.
6. Il quarto e quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto attengono alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE elementi (oggettivi e soggettivi) RAGIONE_SOCIALE fattispecie di illecito. Essi sono entrambi inammissibili, poiché nascondono una richiesta di revisione RAGIONE_SOCIALE valutazione RAGIONE_SOCIALE prove e del convincimento del giudice di merito ( ex plurimis , di recente: Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019) . La Corte territoriale ha ben spiegato le ragioni del suo convincimento (v. sentenza p. 6), laddove deduce dalla realtà documentale che l’attività professionale del RAGIONE_SOCIALE nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fosse operativa e non meramente divulgativa, e che la qualità del COGNOME di docente universitario a tempo indeterminato fosse ben nota alla società, stante il loro rapporto professionale pluridecennale.
6.1. Quanto all ‘in sussistenza dell’elemento soggettivo, il principio di diritto richiamato nello stesso ricorso, in virtù del quale in tema di violazioni amministrative, l’errore sulla liceità RAGIONE_SOCIALE relativa condotta, correntemente indicato come «buona fede», può rilevare in termini di esclusione RAGIONE_SOCIALE responsabilità amministrativa solo quando esso risulti inevitabile, occorrendo a tal fine un elemento positivo, estraneo all’autore dell’infrazione, idoneo ad ingenerare in lui la convinzione RAGIONE_SOCIALE sopra riferita liceità, oltre alla condizione che da parte dell’autore sia stato fatto tutto il possibile per osservare la legge e che nessun rimprovero possa essergli mosso, così che l’errore sia stato incolpevole, non suscettibile cioè di essere impedito dall’interessato con l’ordinaria diligenza (v. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 33441 del 17/12/2019, Rv. 656323 -01; Cass. n. 24081 del 26.09.2019; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19759 del 02/10/2015, Rv. 636814 -01), deve essere completato con la corretta attribuzione RAGIONE_SOCIALE oneri di prova, diversamente mal interpretata dai ricorrenti (v. ricorso p. 28, 1° capoverso; p. 29, 2° capoverso). L’onere RAGIONE_SOCIALE prova RAGIONE_SOCIALE elementi positivi esterni che possano rivelare la sussistenza RAGIONE_SOCIALE buona fede è, infatti, a carico dell’opponente, e la relativa valutazione costituisce un apprezzamento di fatto di stretta competenza del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. 2, n. 21280/2015; Cass. n. 19759/2015; Cass. n. 23019/09). Nel caso di specie, dalla motivazione RAGIONE_SOCIALE Corte distrettuale risulta chiaro che i ricorrenti non hanno fornito nessuna prova dell’intervenuto elemento positivo impeditivo, né dell’aver fatto tutto il possibile affinché nessun rimprovero potesse essere loro mosso.
6.1.1. A ciò deve aggiungersi che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il citato art. 3, comma, 1 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689 del 1981 stabilisce che «Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione
amministrativa ciascuno è responsabile RAGIONE_SOCIALE propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa».
Osserva il Collegio che nel pubblico impiego contrattualizzato l’art. 53, nel suo insieme, consente l’esperimento di incarichi extraistituzionali retribuiti solo ove gli stessi siano «conferiti» dall’Amministrazione di provenienza, ovvero da questa preventivamente autorizzati, rimettendo al datore di lavoro pubblico la valutazione RAGIONE_SOCIALE legittimità dell’incarico e RAGIONE_SOCIALE sua compatibilità, soggettiva ed oggettiva, con i compiti propri dell’ufficio.
All’applicazione di tale disciplina concorre il comma 9 dell’art. 53, che fa carico agli enti pubblici economici e ai datori di lavoro privati di chiedere la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza del lavoratore. Quanto richiesto al datore di lavoro dal citato comma 9 non può essere trasferito a carico del lavoratore (come sembrano assumere i ricorrenti: v. ricorso 27, ultimo capoverso: p. 28). Ed infatti, anche il lavoratore concorre all’attuazione RAGIONE_SOCIALE disciplina sulla incompatibilità (cumulo di impieghi e incarichi), ma la norma di riferimento per quest’ultimo va individuata nell’art. 53, comma 7, che prende in esame le conseguenze per il lavoratore RAGIONE_SOCIALE mancanza di autorizzazione a svolgere l’incarico extraistituzionale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 25752 del 14/12/2016, Rv. 642498 – 01).
7. Con il sesto motivo lamentano i ricorrenti violazione falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 91 cod. proc. civ. e 6, comma 9, d.lgs. n. 150/2011 per avere il giudice di seconde cure errato nella liquidazione dei compensi ai sensi del D.M. n. 55/2014 per il primo grado di giudizio in favore dell’Amministrazione resistita a mezzo di un proprio dipendente, nonché per aver liquidato spese generali, IVA e CPA nel secondo grado di giudizio a favore dell’Avvocatura dello Stato. In ogni caso, si chiede di sospendere il giudizio in corso e sollevare dinanzi alla
Corte costituzionale questione di legittimità costituzionale dell’articolo 53, comma 9, d.lgs. n. 165/2001 e 6, comma 1, D.L. n. 79/1997 (conv. con modif. dalla legge n 140/1997), per contrarietà con gli artt. 3, 24, 27, 41 comma 1, 97 comma 1, 117 comma 1 Cost., quest’ultimo in relazione agli articoli 6 e 7 RAGIONE_SOCIALE Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e RAGIONE_SOCIALE libertà fondamentali (CEDU), sussistendo entrambi i requisiti RAGIONE_SOCIALE rilevanza RAGIONE_SOCIALE questione e RAGIONE_SOCIALE sua non manifesta infondatezza ai sensi dell’articolo 23 legge 11 Marzo 1953.
7.1. Il motivo è fondato per quanto di ragione. Nel caso in esame, come emerge dagli atti del giudizio di prime cure, cui la Corte accede direttamente in ragione RAGIONE_SOCIALE natura processuale del vizio dedotto ( ex multis , di recente: Cass. n. 36728/2022), l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è stata difesa non dall’Avvocatura Generale dello Stato, ma da un funzionario, Direttore RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE : pertanto, nulla è dovuto in termini di compenso, contrariamente a quanto deciso dalla Corte distrettuale. Anche per ciò che attiene alla censura inerente alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese generali, il Collegio rileva che, avendo l’Avvocatura Generale dello Sato difeso l’RAGIONE_SOCIALE in seconde cure, erroneamente la Corte d’Appello bolognese ha liquidato in suo favore le spese generali, anziché le spese prenotate a debito.
7.2. Pertanto, il Collegio cassa la pronuncia impugnata in parte qua e, decidendo nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., esclude la condanna in solido di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, NOME COGNOME in proprio e NOME COGNOME al pagamento di €12.678,00 a favore dell’RAGIONE_SOCIALE per il primo grado di giudizio; IVA, CAP ed accessori aggiunti alla condanna in secondo grado si intendono sostituiti con le spese prenotate a debito.
7.3. Quanto alla questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento al comma 9 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, il Collegio condivide le osservazioni RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale in merito alla non riscontrata irrazionalità RAGIONE_SOCIALE norma e violazione dei parametri costituzionali identificati dai ricorrenti. Del resto, il riferimento alla nota pronuncia RAGIONE_SOCIALE Consulta n. 98 del 2015 risulta inconferente. In detta sentenza, la Corte costituzionale ha decretato l’illegittimità del comma 15 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 (che prevede ulteriore identica sanzione di cui al comma 9 RAGIONE_SOCIALE medesima norma per l’omessa tempestiva comunicazione dell’ammontare dei compensi) con riferimento agli artt. 3 e 76 RAGIONE_SOCIALE Costituzione, discutendo RAGIONE_SOCIALE predisposizione, da parte del legislatore delegato, di un meccanismo di tipo sanzionatorio privo di espressa indicazione nell’ambito RAGIONE_SOCIALE delega. In altri termini, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la sanzione di cui al comma 9 dell’art. 15 non è scalfita dalla pronuncia menzionata, rivolta espressamente a correggere l’eccesso di delega con riferimento all’ingiustificata duplicazione di una sanzione amministrativa.
8. In definitiva, il Collegio rigetta il primo e il terzo motivo del ricorso; dichiara assorbito il secondo; dichiara inammissibili il quarto e quinto motivo; accogliendo il sesto motivo nella parte relativa alle spese dei giudizi di merito, esclude la condanna in solido per il primo grado di giudizio di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, NOME COGNOME in proprio e NOME COGNOME al pagamento di €12.678,00 a favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; IVA, CAP ed accessori aggiunti alla condanna in secondo grado si intendono sostituiti con le spese prenotate a debito; liquida le spese del presente giudizio secondo soccombenza parziale, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo nella parte relativa ai compensi e alle spese dei giudizi di merito, rigettati il primo ed il terzo, assorbito il secondo e inammissibili il quarto ed il quinto, e decidendo nel merito esclude la condanna in solido dei ricorrenti alle spese di primo grado, mentre per le spese di secondo grado IVA, CAP ed accessori aggiunti sono sostituiti con le spese prenotate a debito.
Compensa per ¼ le spese del giudizio di legittimità, che liquida per l’intero in €8.00 0,00, e condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE restante frazione a favore dell’RAGIONE_SOCIALE, oltre le spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda