Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15302 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15302 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25251-2021 proposto da:
LA CORTE PIETRO, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 427/2021 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 13/04/2021 R.G.N. 1368/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/03/2024
CC
Rilevato che
NOME COGNOME, premesso di essere transitato dalla società RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE ( da ora RAGIONE_SOCIALE) in virtù di un accordo di mobilità interaziendale, ha chiesto dichiararsi l’illegittimità delle disposizioni del 2 e del 9 dicembre 2016, con le quali la RAGIONE_SOCIALE -durante il periodo di prova- aveva disposto il suo rientro alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, e la condanna della società RAGIONE_SOCIALE alle retribuzioni maturate nel periodo dal 9 al 20 dicembre 2016 ed al risarcimento del danno pari alla differenza tra la retribuzione che avrebbe percepito alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e quella corrisposta da RAGIONE_SOCIALE alle cui dipendenze era nel frattempo tornato a lavorare; il recesso era stato motivato con il fatto che il La COGNOME, in sede penale, aveva riportato la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici e che tanto costituiva impedimento alla sua assunzione essendo la RAGIONE_SOCIALE, ente strumentale del RAGIONE_SOCIALE, affidatario del servizio di igiene urbana ed ambientale, rivestendo il La COGNOME, quale addetto allo spazzamento della rete viaria, la qualità di incaricato di pubblico servizio.
Il giudice di primo grado ha accolto a la domanda salvo che in relazione alla richiesta risarcitoria.
La COGNOME di appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso del lavoratore, osservando che : a) per come pacifico, la retrocessione del La COGNOME alla società cedente era stata determinata dall’accertata sussistenza a carico del dipendente della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, considerata dalla società RAGIONE_SOCIALE (ente strumentale del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, affidatario del
servizio di igiene urbana ed ambientale) quale condizione ostativa alla definitiva assunzione; b) l’esercizio del diritto di recesso durante il patto di prova non risultava pertanto coerente con la causa dello stesso essendo stato determinato non da una valutazione delle capacità ed attitudini del dipendente ma dall’accertamento della sussistenza di una pena accessoria; b) l’estraneità delle ragioni del recesso all’esperimento della prova non implicava di per sé l’esistenza di un motivo illecito ai sens i dell’art. 1345 c.c. né comportava la nullità dello stesso occorrendo comunque valutarne la giustificatezza in termini non dissimili dall’ipotesi di giustificato motivo oggettivo in regime di recesso causale; c) a tal fine occorreva considerare che, per come pacifico, la società RAGIONE_SOCIALE costituiva ente strumentale del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, interamente da questi partecipato, affidatario del servizio di igiene urbana ed ambientale, servizio indubbiamente qualificabile come servizio pubblico; d) nell’espletament o di tale servizio i compiti del La COGNOME, addetto a mansioni di spazzamento, inquadrato come operatore ecologico 2° livello, cat. A) c.c.n.l. applicabile, non si configuravano quali mansioni meramente esecutive o d’ordine, come necessario al fine di escludere la qualità di incaricato di pubblico servizio, ma implicavano compiti collaborativi ed integrativi dell’attività propriamente amministrativa diretta all’espletamento del servizio medesimo (ad es. in tema di applicazione della normativa di legge e regolamentare che disciplina la raccolta di rifiuti, funzionale non solo alla corretta gestione del rifiuto stesso ma anche all’individuazione e segnalazione di eventuali violazioni amministrative da parte dell’utenza al fine dell’applicazione delle consegue nti sanzioni da parte del personale deputato); e) alla luce di tali compiti, comportanti la
qualificazione del COGNOME come incaricato di pubblico servizio, l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, ancora efficace all’atto della retrocessione presso RAGIONE_SOCIALE, ostava allo svolgimento delle mansioni di operatore ecologico e rendeva corretto il rifiuto da parte della società di costituire il rapporto di lavoro.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME La COGNOME sulla base di tre motivi, ciascuno articolato in plurimi profili di censura; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce. Ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione e comunque erronea interpretazione degli artt. 357 e 358 c.p., dell’art. 28, n. 2 c.p., del dd. n. 4368/2017, dell’art. 27 comma 3, Cost. dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 15 c.c.n.l. di settore nettezza urbana aziende municipalizzate e dell’art. 12 Preleggi, censurando la sentenza impugnata per avere escluso che le mansioni di adibizione del La COGNOME non si configurassero quali mansioni di ordine e/o prestazioni di opera meramente manuale, tali da escludere in capo al dipendente la qualità di incaricato di pubblico servizio; la sentenza impugnata non aveva, infatti, indicato in base a quale fonte di legge, o regolamentare, aveva riten uto che l’operatore ecologico svolgesse anche le ulteriori attività che avevano condotto alla sua qualificazione come incaricato di pubblico servizio, non potendosi a tal fine fare riferimento al notorio che esige un accertamento rigoroso. Rappresenta inoltre che la qualificazione
di incaricato di pubblico servizio si poneva in contrasto con le mansioni di adibizione, corrispondenti all’inquadramento attribuito quali risultanti dal contratto collettivo;
con il secondo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1 nn. 4 e 5, c.p.c. omessa pronunzia su eccezioni e circostanze oggetto del giudizio di primo grado, non tenute in considerazione dal Tribunale perché ultronee rispetto al decisione ma ribadite in secondo grado; denunzia inoltre, violazione dell’art. 112 c.p.c.;
con il terzo motivo, deduce, ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., in subordine, omesso esame di fatti decisivi; deduce, in ogni caso, violazione dell’avviso pubblico di mobilità interaziendale, lex specialis sulla base della quale il La COGNOME era transitato a RAGIONE_SOCIALE ;
con il quarto motivo, deduce, <>, violazione dell’avviso pubblico di mobilità interaziendale, lex specialis sulla base della quale il La COGNOME era transitato a RAGIONE_SOCIALE; sostiene che nel bando che regolava il passaggio dal precedente datore d i lavoro non si richiedeva anche l’assenza di condanne penali e/o pene accessorie, né alcun riferimento era nella comunicazione da RAGIONE_SOCIALE;
il primo motivo di ricorso è fondato;
5.1. è pacifico che l’odierno ricorrente ha riportato una condanna definitiva con applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dei pubblici uffici la quale, per quel che qui rileva, ai sensi dell’art. 28, comma 2 n. 2 c.p.p.
5.3. secondo la giurisprudenza penalistica di questa COGNOME, ‘ Al fine di individuare se l’attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 357 e 358 c.p., è necessario verificare se essa sia o meno disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi, non rilevando invece la forma giuridica dell’ente e la sua costituzione secondo le norme del diritto pubblico, ne’ lo svolgimento della sua attività in regime di monopolio, ne’ tanto meno il rapporto di lavoro subordinato con l’organismo datore di lavoro. Nell’ambito dei soggetti che svolgono pubbliche funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale è poi riservata a coloro che formano o concorrano a formare la volontà della pubblica amministrazione o che svolgono tale attività per mezzo di poteri autoritativi o certificativi, mentre quella di incaricato di pubblico è assegnata dalla legge in via residuale a coloro che non svolgono pubbliche funzioni ma che non curino neppure mansioni di ordine o non prestino opera semplicemente materiale ‘ (Cass., n. 11417/2003); con particolare riferimento alla figura dell’incaricato di pubblico servizio è stato precisato che ‘ Sono incaricati di un pubblico
servizio, ai sensi dell’art. 358 cod. pen., come novellato dall’art. 18 della legge n. 86 del 1990, coloro i quali, pur agendo nell’ambito di un’attività disciplinata nelle forme della pubblica funzione, mancano dei poteri tipici di questa, purché non svolgano semplici mansioni di ordine, ne’ prestino opera meramente materiale. Il pubblico servizio è dunque attività di carattere intellettivo, caratterizzata, quanto al contenuto, dalla mancanza dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione, con la quale è solo in rapporto di accessorietà o complementarietà (Cass. Sez. Un. n. 7958/1992). In questa prospettiva, mentre la sussistenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio è stata riconosciuta nei riguardi di quei soggetti che, operando tanto nell’ambito di enti pubblici quanto di enti di diritto privato, siano risultati titolari di funzioni di rilevanza pubblicistica caratterizzate dall’esercizio del potere di adottare in autonomia provvedimenti conformativi dei comportamenti dei destinatari del servizio, con i quali l’agente instaura una relazione diretta (così, tra le molte, Cass. n. 3932 /2021, Cass. n. 26427 /2016, Cass. n. 6749 /2013), quella qualifica è stata negata in relazione alla posizione di quei soggetti che, privi di mansioni propriamente intellettive, nel contesto di quelle strutture siano chiamati a compiere generiche attività materiali in esecuzione di ordini di servizio ovvero di prescrizioni impartire dai superiori gerarchici. In particolare, si è puntualizzato che non sono incaricati di pubblico servizio coloro che svolgono un’attività meramente materiale o esecutiva, che resta estranea all’attività propriamente amministrativa, tali dovendosi qualificare quelle attività che siano caratterizzate dalla mancanza di poteri decisionali ovvero dall’assenza di qualsivoglia margine di discrezionalità, e che, perciò, si esauriscono nello svolgimento di compiti semplici
solamente materiali o di pura esecuzione; con specifico riferimento alle mansioni di operatore ecologico la giurisprudenza penale di questa COGNOME, come ricordato nella sentenza impugnata, è pervenuta ad escludere la qualità di incaricato di pubblico servizio, valorizzando il carattere meramente materiale delle sue mansioni e l’assenza in capo allo stesso, dell’esercizio di un’attività che si esplichi nelle ‘ forme della pubblica funzione’ (in questo senso v., Cass. n. 1957/2023, Cass. 3901/2000);
5.4. tanto premesso, si osserva che la qualificazione del La COGNOME come incaricato di pubblico servizio risulta effettuata dal giudice di appello sulla base di una generica individuazione delle mansioni di operatore ecologico assegnate al lavoratore presso la società di destinazione, senza alcuna indicazione della fonte dalla quale erano tratte; tale individuazione richiedeva, viceversa, la puntuale ricognizione del contenuto dei compiti di adibizione dell’odierno ricorrente, da effettuarsi sulla base delle declaratoria del contratto collettivo applicabile, in relazione alle mansioni di formale inquadramento attribuite da RAGIONE_SOCIALE; invero, a fronte del carattere sostanzialmente materiale ed esecutivo delle mansioni di operatore ecologico, lo svolgim ento di ulteriori compiti, propri dell’incaricato di pubblico servizio, quali quelli indicati nella sentenza impugnata (sentenza, pag. 6, quart’ultimo capoverso), non può essere presupposto ma deve necessariamente trarre fondamento da una specifica fonte, normativa o pattizia, che in relazione allo specifico rapporto di lavoro, chiarisca l’ambito della prestazione richiesta al dipendente e delle relative caratteristiche in eventuale connessione con l’espletamento di un pubblico servizio;
in base alle considerazioni che precedono, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, assorbiti gli altri, e la sentenza cassata con rinvio al giudice di secondo grado per il riesame della concreta fattispecie alla luce del principio enunciato;
alla COGNOME di rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La COGNOME accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla COGNOME di appello di RAGIONE_SOCIALE in diversa composizione alla quale demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 12 marzo