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Incapacità a testimoniare: il fallito non può deporre

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del fallimento di un imprenditore che chiedeva la restituzione di beni mobili dal fallimento di una società sportiva. La richiesta, basata su fatture e scritture private, è stata respinta in quanto i documenti erano privi di data certa e generici. La Corte ha ribadito il principio dell’incapacità a testimoniare del soggetto fallito nelle cause che coinvolgono la massa fallimentare, poiché egli mantiene la qualità di parte sostanziale nel procedimento.

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Incapacità a testimoniare: la Cassazione ribadisce il divieto per il fallito

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale e fallimentare: l’incapacità a testimoniare del soggetto dichiarato fallito nelle cause che riguardano la massa dei suoi beni. Questa decisione sottolinea l’incompatibilità tra il ruolo di parte sostanziale, che il fallito continua a rivestire, e quello di testimone terzo e imparziale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Restituzione di Beni Mobili

La vicenda trae origine dalla richiesta, avanzata dal curatore del fallimento di un imprenditore individuale, di ottenere la restituzione di cinquantasei beni mobili da un’altra procedura fallimentare, quella di una società sportiva a responsabilità limitata. La domanda si fondava su quattro scritture private e altrettante fatture che, secondo il ricorrente, provavano la proprietà dei beni.

Sia il giudice delegato che il tribunale fallimentare in sede di opposizione, tuttavia, avevano respinto la richiesta. La ragione principale del rigetto risiedeva nella debolezza delle prove documentali: le scritture private erano prive di data certa opponibile al fallimento della società e le fatture allegate, oltre a essere generiche nella descrizione dei beni e prive dei prezzi unitari, risultavano essere duplicati di fatture già emesse, rendendo impossibile collocarle temporalmente con sicurezza.

La Questione dell’Incapacità a Testimoniare nel Contesto Fallimentare

Di fronte al rigetto basato sulle prove documentali, il fallimento ricorrente aveva chiesto di procedere con prove testimoniali. I testi indicati erano due figure centrali: il legale rappresentante della società fallita (figlio dell’imprenditore individuale fallito) e la moglie di quest’ultimo.

Il tribunale ha negato l’ammissione di tali testimonianze, applicando il principio consolidato dell’incapacità a testimoniare. Secondo i giudici, il legale rappresentante della società fallita non poteva essere sentito come testimone, in quanto il fallito, pur spossessato dei suoi beni, mantiene la qualità di parte sostanziale nel processo e ha un interesse diretto nell’esito della controversia. Lo stesso valeva per la moglie, la cui testimonianza sarebbe stata inevitabilmente de relato, ovvero basata su informazioni ricevute dal marito o dal figlio, entrambi già ritenuti incapaci di testimoniare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del tribunale. Gli Ermellini hanno ribadito con fermezza che, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., non possono essere assunte come testimoni le persone che hanno nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.

La Corte ha specificato che questo principio si applica pienamente al fallito. Nonostante la gestione del patrimonio passi al curatore, il fallito rimane il soggetto sostanzialmente interessato alle vicende che possono aumentare o diminuire la massa attiva. Di conseguenza, sussiste una radicale inconciliabilità tra la sua posizione e la veste di testimone.

La Cassazione ha inoltre chiarito che questo orientamento non viola il principio della “parità delle armi” sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La norma sull’incapacità a testimoniare, infatti, si applica a tutte le parti del giudizio in egual misura, senza creare svantaggi per nessuna di esse.

Infine, è stata confermata l’irrilevanza della testimonianza della coniuge, in quanto de relato actoris (cioè proveniente dalla parte che ha iniziato il giudizio), considerata sostanzialmente nulla perché non verte sul fatto storico da accertare, ma sulla dichiarazione della parte stessa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un punto fermo nella giurisprudenza fallimentare. L’implicazione pratica è chiara: nelle controversie che riguardano il patrimonio fallimentare, non è possibile fare affidamento sulla testimonianza del soggetto fallito o del legale rappresentante di una società fallita. Le pretese devono essere fondate su prove solide e oggettive, come documenti dotati di data certa e dal contenuto specifico e non equivoco. La decisione serve a garantire l’imparzialità del processo e a prevenire potenziali conflitti di interesse, tutelando così la par condicio creditorum e l’integrità della procedura fallimentare.

Una persona dichiarata fallita può testimoniare in una causa che riguarda il suo fallimento?
No, la Corte di Cassazione conferma che il fallito conserva la qualità di parte in senso sostanziale e, di conseguenza, non può testimoniare nelle controversie relative al patrimonio fallimentare, a causa dell’inconciliabilità tra la veste di parte e quella di testimone (art. 246 c.p.c.).

Perché le prove documentali (fatture e scritture private) sono state respinte in questo caso?
Sono state respinte perché erano prive di “data certa” anteriore alla dichiarazione di fallimento. Inoltre, le fatture erano generiche, duplicavano altre già emesse e non descrivevano i beni in modo tale da poterle collegare in modo univoco alle scritture private, rendendo impossibili i riscontri.

La testimonianza della moglie del fallito era ammissibile?
No, la sua testimonianza è stata ritenuta superflua e inammissibile perché avrebbe potuto riferire solo circostanze apprese de relato, cioè raccontate dal marito (il fallito, già incapace a testimoniare) o dal legale rappresentante della società fallita. La testimonianza de relato actoris (da chi ha proposto il giudizio) è considerata sostanzialmente nulla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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