Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23594 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23594 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36017-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti –
Oggetto
Previdenza
Contributi
Avviso di addebito
R.G.N.36017/2019
COGNOME
Rep.
Ud 28/05/2025
CC
avverso la sentenza n. 679/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/05/2019 R.G.N. 1362/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Il Tribunale di Lecco respingeva il ricorso proposto da ll’odierna ricorrente avverso l’ avviso di addebito dell’Inps, avente ad oggetto la richiesta di euro 11.090,39, a titolo di contributi omessi per differenze retributive connesse al superiore inquadramento, nel terzo livello CCNL terziario, e all’ indennità di cassa in relazione ad alcune posizioni lavorative.
La Corte di appello di Milano accoglieva l’impugnazione della parte privata solo in relazione all’indennità di cassa; confermava, per il resto, la decisione di primo grado.
2.1. Per quanto solo rileva in questa sede, la Corte di appello escludeva l’incapacità a testimoniare delle lavoratrici, le cui posizioni risultavano coinvolte. A tale riguardo, in primo luogo, osservava che la relativa eccezione non era stata «riproposta» all’esito delle assunte testimonianze; in ogni caso, escludeva che ricorresse un’ipotesi di incapacità ex art. 246 c.p.c.
2.2. Nel merito, giudicava corretto l’ inquadramento nel terzo livello del contratto collettivo, ricorrendo, nella attività delle dipendenti, i tratti tipici della relativa declaratoria. In qualità di addette ai vari punti vendita, infatti, le lavoratrici, previa liberatoria del cliente e mediante l’utilizzo di sostanze reagenti chimiche accertavano la natura del metallo; pesavano e misuravano gli oggetti e, poi, applicando parametri predeterminati, stabilivano il prezzo di acquisto. Il contenuto di
tali mansioni evidenziava compiti che richiedevano un’autonomia operativa e un’adeguata e specifica capacità professionale con impiego di capacità concettuali proprie del livello indicato.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso la società in epigrafe, con nove motivi, successivamente illustrati con memoria. Ha resistito l’Inps con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. -è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 246 e 186 c.p.c. nonché dell’art 2697 c.c., per aver la Corte di appello ritenuto non ritualmente formulata l’eccezione di incapacità a testimoniare.
Con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. -è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c . in connessione con l’art. 100 c.p.c., per avere la Corte di appello giudicato le lavoratrici soggetti capaci di testimoniare, nonostante le stesse fossero titolari di un diritto che le avrebbe legittimate a partecipare al giudizio.
I due motivi possono esaminarsi congiuntamente e vanno, complessivamente, disattesi.
6.1. In proposito, va, innanzitutto, osservato che l’incapacità a deporre, prevista dall’art 246 c.p.c. , si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., tale cioè da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione (Cass. nr. 9353 del 2012; Cass. nr. 167 del 2018; in ult. in motiv., Cass. nr. 6324 del 2025, punto 18). Tale interesse non
si identifica con l’interesse di mero fatto che un testimone può avere a che venga decisa in un certo modo la controversia in cui esso sia stato chiamato a deporre, pendente fra altre parti (tra le tante, Cass. nr. 26044 del 2023).
6.2. Con specifico riferimento alla posizione del lavoratore nel giudizio tra l’ente previdenziale ed il datore di lavoro, avente ad oggetto il rapporto contributivo ed il pagamento di contributi previdenziali che si assumono evasi, la Corte ha, in più occasioni, escluso l’incapacità a testimoniare, in assenza di un interesse giuridico attuale e concreto che legittimi il lavoratore-teste ad intervenire in giudizio (Cass. nr. 20711 del 2015; Cass. nr. 14123 del 2015, entrambe sulla scia della Corte costituzionale nelle sentenze nr. 248 del 1974, nrr. 62 del 1995 e nell’ordinanza n. 143 del 2009; Cass. nr. 18036 del 2014; Cass. nr. 2075 del 2013; Cass. nr. 3051 del 2011). Tale conclusione, coerente con l’esclusiva titolarità del credito contributivo in capo all’Inps, non appare efficacemente contraddetta da altre e più recenti pronunce (Cass. nr. 1256 del 2016 e successive che la richiamano) che, a prescindere dagli argomenti giuridici spesi, si limitano, in realtà, ad affermare la possibilità, per il giudice, di avvalersi dei poteri conferiti dall’art. 421 c.p.c. e di interrogare liberamente i lavoratori sui fatti di causa, nei giudizi intrapresi dall’INPS per inadempimento contributivo.
6.3. Altro è, invece, il piano dell ‘ attendibilità dei testimoni, la cui prudente valutazione è di esclusiva competenza del giudice di merito; nella specie, il relativo giudizio è stato espresso con un criterio coerente -e in nessun modo contestatoche ha privilegiato la conformità delle deposizioni rese a quelle assunte in sede ispettiva.
La Corte di appello ha, dunque, correttamente statuito, potendosi peraltro aggiungere, con riferimento all ‘ ulteriore statuizione di tardività della proposta eccezione di incapacità, che il motivo neppure contrasta efficacemente il decisum.
Come riportato nello storico di lite, la Corte di appello ha precisato che l’eccezione di incapacità, formulata prima delle escussioni delle testi, non era stata successivamente ribadita. A tale riguardo, va ricordato il principio per cui «l’eccezione di nullità della testimonianza per incapacità a deporre deve essere sollevata immediatamente dopo l’escussione del teste ovvero, in caso di assenza del procuratore della parte all’incombente istruttorio, entro la successiva udienza, restando, in mancanza, sanata. Né assume rilievo che la parte abbia preventivamente formulato, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., una eccezione d’incapacità a testimoniare, che non include l’eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la previa opposizione» (Cass. nr. 18036 del 2014; Cass. nr. 14276 del 2017; in motiv. Cass. nr.26993 del 2021). Nello specifico, la ricorrente deduce ma non dimostra che le «note di discussione per l’udienza del 9.5.2018» rappresent avano la prima difesa utile rispetto al momento di espletamento delle prove.
Con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. – è dedotta la violazione dell’ art. 112 c.p.c e degli artt. 115 e 116 c.p.c.
9.1. La Corte di appello avrebbe omesso qualsiasi motivazione in ordine alla mancata ammissione, da parte del Tribunale, sia della prova testimoniale -quanto ai punti da 22 a 27 del ricorso introduttivo del giudizio- sia della controprova sui capitoli di prova avversari.
Le censure difettano di specificità.
10.1. A pag. 14 del ricorso per cassazione (punto 59), parte ricorrente riporta, per sintesi del suo contenuto, l’ordinanza istruttoria assunta dal Tribunale. Non riporta, però, negli elementi essenziali, l’atto di appello e tale omissione impedisce al Collegio di verificare i termini esatti in cui lo specifico profilo era stato devoluto alla Corte territoriale; in definitiva, non consente di esprimere un giudizio di fondatezza e decisività del rilievo.
Con il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr . 5 c.p.c.è dedotto l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Si assume che le lavoratrici non avrebbero avuto alcuna autonomia nelle attività assegnate perché svolte attraverso l’utilizzo di un programma informatico. La società ricorrente imputa alla sentenza di aver del tutto trascurato le deposizioni rese dai propri testi.
In modo evidente, le censure si pongono al di fuori del perimetro normativo dell’art. 360 nr.5 c.p.c., come costantemente interpretato da questa Corte (Cass., sez.un., nn 8053 e 8054 del 2014 e successive plurime conformi).
12.1. In realtà, a fronte di un accertamento di fatto congruamente motivato e cristallizzato in una «doppia conforme», la parte ricorrente ambisce, in modo non consentito, a ridiscutere la valutazione delle risultanze probatorie.
Con il quinto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c. -è dedotta la violazione dell’art 112 e degli artt. 115 e 116 c.p.c.
13.1. La sentenza impugnata avrebbe ricostruito i fatti in modo differente da quanto emerso dalle deposizioni dei testi della società e sulla base delle sole deposizioni delle lavoratrici. Si richiama l’esito diverso di un’altra sentenza di merito della medesima Corte territoriale.
Anche il quinto motivo è inammissibile.
14.1. Ancora una volta, parte ricorrente, attraverso il non pertinente richiamo alle norme sopra indicate, critica, peraltro in modo assolutamente generico, la selezione dei mezzi di prova, appannaggio esclusivo del giudice di merito.
Con i motivi dal sesto al nono ai sensi dell’art. 360 nr. 3 c.p.c.parte ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, primo e secondo comma, e 1363 c.c., in relazione all’interpretazione delle declaratorie contrattuali di cui agli artt. 100 e 102 CCNL Terziario. L’ottavo ed il nono motivo imputano alla Corte di appello altresì la violazione degli artt. 2103 e 2697 c.c.
Tutti i motivi, come eccepito anche dal l’INPS nel controricorso, si arrestano ad un analogo rilievo di inammissibilità per inosservanza dell’art. 369 nr. 4 c.p.c., non avendo la società ricorrente depositato, in allegato al ricorso per cassazione, copia integrale del contratto collettivo sulla cui interpretazione ed applicazione le censure si fondano né indicato la sede processuale di avvenuto deposito nei gradi di merito (v. Cass. n. 4350 del 2015; n. 6255 del 2019; tra le recenti, Cass. n.14483 del 2024, in motiv).
16.1. Nello specifico, in base al foliario (vedi pag. 31 ricorso, nr. 9), al momento del deposito del ricorso per cassazione, è stato depositato il CCNL Terziario solo per estratto, con riferimento alle declaratorie contrattuali.
16.2. Il deposito integrale del CCNL è avvenuto il 12 maggio 2025, in prossimità dell’adunanza camerale . Esso, tuttavia, non vale a sanare il vizio processuale originario che, a tacer d’altro, «incide sul diritto del controricorrente di esporre compiutamente le proprie ragioni nel suo atto difensivo» (cfr. Cass. nr. 16619 del 2009; Cass. nr. 26951 del 2014; in motiv.
anche Cass. nr. 28596 del 2018; Cass. nr. 15967 del 2020, sempre in motiv.).
17. Segue, complessivamente, il rigetto del ricorso con le spese che si liquidano come da dispositivo. Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 maggio 2025
La Presidente
NOME COGNOME