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Incandidabilità amministratori locali: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 26389/2024, ha confermato la declaratoria di incandidabilità di un presidente del consiglio comunale. La decisione si fonda non su singoli atti, ma sulla valutazione complessiva del suo comportamento, includendo l’inerzia istituzionale e la frequentazione pubblica di soggetti legati alla criminalità organizzata. Questo caso chiarisce i criteri per l’incandidabilità degli amministratori locali, sottolineando che anche condotte omissive possono contribuire a un ambiente di illegalità.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Incandidabilità Amministratori Locali: La Cassazione chiarisce i presupposti

L’incandidabilità degli amministratori locali è una misura severa prevista per tutelare le istituzioni democratiche da influenze esterne, specialmente quelle legate alla criminalità organizzata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su quali condotte, anche omissive, possano portare a tale declaratoria, sottolineando la necessità di una valutazione complessiva del comportamento dell’amministratore.

Il caso: frequentazioni pericolose e inerzia istituzionale

La vicenda riguarda il presidente del consiglio comunale di un piccolo comune, il cui organo consiliare era stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Successivamente, nei confronti dell’amministratore veniva avviato un procedimento per dichiararne l’incandidabilità.

Le contestazioni a suo carico erano principalmente due:
1. Frequentazioni documentate: L’amministratore aveva partecipato a eventi pubblici in compagnia di familiari di noti esponenti di associazioni criminali.
2. Inerzia istituzionale: Nella sua qualità di presidente del consiglio, non aveva esercitato alcuna forma di vigilanza o controllo sull’operato del sindaco e di altri amministratori, la cui gestione opaca in settori chiave (licenze edilizie, raccolta rifiuti) era stata condizionata dalla criminalità organizzata.

La Corte d’Appello aveva confermato l’incandidabilità, evidenziando come, in una piccola comunità, tali frequentazioni da parte di un alto rappresentante pubblico trasmettessero un messaggio pericoloso, e come l’inerzia avesse contribuito al malaffare.

Le ragioni del ricorso e la sfida all’incandidabilità degli amministratori locali

L’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. In primo luogo, ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse introdotto una circostanza nuova e mai contestata, ovvero l’omessa vigilanza. A suo dire, questa accusa era stata mossa solo al sindaco e al vicesindaco. Inoltre, ha affermato che il presidente del consiglio comunale non possiede poteri ispettivi o di controllo sull’attività del sindaco e delle procedure amministrative. Infine, ha contestato la rilevanza delle sue frequentazioni, definendole non univoche e prive di significato.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva respinto il reclamo, sottolineando che l’inerzia nelle attività di controllo, unita alle frequentazioni pubbliche con soggetti legati ad ambienti criminali, rappresentava una “noncuranza di fondo” inaccettabile per il ruolo ricoperto. La combinazione di questi elementi era sufficiente a giustificare la declaratoria di incandidabilità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo le censure infondate e, in parte, inammissibili. Il ragionamento dei giudici si è basato su alcuni principi cardine.

La valutazione complessiva della condotta

Il punto centrale della decisione è che, ai fini dell’incandidabilità degli amministratori locali ai sensi dell’art. 143 del TUEL, la condotta non deve essere esaminata in modo parcellizzato, isolando ogni singolo episodio. Al contrario, è necessaria una valutazione complessiva e interconnessa dei comportamenti, attivi e omissivi. Anche chi non è direttamente responsabile delle condotte che hanno causato lo scioglimento dell’ente può concorrere a determinare quell’effetto, fornendo un contributo, anche passivo, alla condotta degli altri.

Il ruolo e le responsabilità del Presidente del Consiglio Comunale

La Corte ha smentito la tesi difensiva secondo cui il presidente del consiglio non avrebbe poteri di controllo. Ai sensi degli artt. 39 e 42 del TUEL, il presidente ha poteri di convocazione e direzione dei lavori, e il consiglio stesso ha funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo. L’inerzia in questo ruolo istituzionale è stata quindi considerata una condotta rilevante, poiché l’amministratore non ha contrastato il malaffare pur avendone gli strumenti.

L’importanza del contesto

I giudici hanno dato grande peso al contesto descritto dalla relazione prefettizia. L’atteggiamento complessivamente inefficiente dell’amministratore, unito all’ostentazione pubblica di frequentazioni con persone vicine ad ambienti criminali, è stato interpretato come un appoggio, seppur indiretto, a tali ambienti. In questo quadro, il suo comportamento è stato ritenuto inefficace nel contrastare le ingerenze e le pressioni della criminalità, riflettendosi negativamente sulla gestione della cosa pubblica.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità di un amministratore locale non si limita a ciò che fa, ma si estende anche a ciò che omette di fare. L’incandidabilità degli amministratori locali può derivare da un comportamento complessivamente passivo e inefficiente, specialmente quando questo si inserisce in un contesto di infiltrazioni criminali. La sentenza serve da monito per tutti i pubblici ufficiali, ricordando che il ruolo istituzionale impone un dovere attivo di vigilanza e di contrasto all’illegalità, nonché di mantenere una condotta personale che sia al di sopra di ogni sospetto, per non indebolire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Quando un amministratore locale rischia la declaratoria di incandidabilità?
Un amministratore rischia l’incandidabilità quando il suo comportamento complessivo, attivo o omissivo, contribuisce a determinare o a non contrastare un ambiente suscettibile di infiltrazioni criminali, anche se non è direttamente responsabile degli atti che hanno portato allo scioglimento del consiglio comunale.

L’inerzia del presidente del consiglio comunale può causare l’incandidabilità?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’inerzia nell’esercitare i poteri di indirizzo e controllo politico-amministrativo, se valutata insieme ad altri elementi come frequentazioni inappropriate, costituisce una condotta rilevante che può portare all’incandidabilità.

La valutazione della condotta ai fini dell’incandidabilità deve essere frammentaria?
No, la Corte ha specificato che la valutazione non deve essere compiuta in modo parcellizzato, esaminando singolarmente ogni comportamento. Deve, invece, essere effettuata in modo complessivo, valorizzando le interconnessioni tra le diverse condotte per far emergere un quadro unitario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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