Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9927 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9927 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15743/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (P_IVA) che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, INDIRIZZO NOME, PROCURATORE RAGIONE_SOCIALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, PROCURATORE RAGIONE_SOCIALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI -intimati- avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO NAPOLI nel proc.to n. 1402/2019 depositato il 09/12/2020.
Ud, nel proc.toita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli, con decreto pubblicato il 12/1/2021, ha parzialmente riformato la decisione del Tribunale di Nola che aveva dichiarato inammissibile la domanda del RAGIONE_SOCIALE dell’Interno di declaratoria della incandidabilità, ex art.143, comma 11, del TUEL, di NOME COGNOME, ex Sindaco, NOME COGNOME, ex assessore con delega ai Lavori Pubblici, NOME COGNOME, ex assessore con delega all’Ambiente, e di NOME COGNOME, ex assessore con delega al Cimitero, fiera, piazza e servizi comunali, domanda proposta a seguito di decreto del Presidente della Repubblica del 12/2/2018, che aveva provveduto, ex art.143 del TUEL, alla nomina della Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano, in sostituzione del Commissario Straordinario, già nominato ex art.141 del TUEL con decreto del 10/4/2017, con cui era stato disposto lo scioglimento ordinario per dimissioni della maggioranza dei Consiglieri.
Il Tribunale aveva fondato la propria decisione sul fatto che il Consiglio comunale era stato già sciolto in sede ordinaria e che non era stato disposto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose ex art.143 del TUEL.
I giudici di appello, in parte accogliendo il gravame del RAGIONE_SOCIALE dell’Interno, hanno accolto la domanda di incandidabilità ex art.143 TUEL nei confronti del COGNOME, COGNOME e del COGNOME, limitatamente « al primo turno ancora da espletarsi delle elezioni regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali », successive al decreto del Presidente della Repubblica del 12/2/2018, con il quale si era nominato la Commissione Straordinaria ex art.143 del TUEL del Comune di San Gennaro Vesuviano, mentre hanno dichiarato inammissibile la domanda con riguardo al NOME COGNOME.
In particolare, la Corte d’appello ha rilevato che: a) con il decreto presidenziale del 2018, di nomina della Commissione Straordinaria di gestione, non si era disposto lo scioglimento del Consiglio Comunale ex art.143 TUEL solo perché lo stesso era già in stato di scioglimento ex art.141 TUEL, ma esso era stato adottato « sulla base del rilievo che la permeabilità dell’ente ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata ha arrecato grave pregiudizio per gli interessi della collettività e della necessità di porre rimedio alla situazione di grave inquinamento e deterioramento dell’ente locale ai sensi dell’art.143 TUEL ‘», cosicché si poteva desumere, in via implicita, l’adozione di un provvedimento di scioglimento del Comune ex art.143 TUEL; b) dovendosi avere riguardo alla proposta del RAGIONE_SOCIALE di cui l’allegata relazione prefettizia costituisce parte integrante, ove sono indicati i nominativi degli amministratori comunali e le condotte asseritamente indebite degli stessi, nella specie non risultava indicato il nominativo del COGNOME, con conseguente inammissibilità della relativa domanda di incandidabilità; c) la dichiarazione di incandidabilità degli amministratori che hanno dato causa allo scioglimento del consiglio comunale, misura non sanzionatoria ma interdittiva di carattere preventivo, doveva essere pronunciata, a fronte di rilevate irregolarità amministrative, nei confronti del COGNOME, COGNOME COGNOME e del COGNOME, ma essa, in quanto limitante il diritto di elettorato passivo, doveva produrre i suoi effetti esclusivamente con riferimento alle elezioni non ancora svoltesi dopo lo scioglimento, non anche «con riferimento alle successive tornate delle elezioni già tenutesi nelle more del procedimento per la dichiarazione di incandidabilità (Cass. 18696/2015).
Avverso la suddetta pronuncia il RAGIONE_SOCIALE dell’Interno propone ricorso per cassazione, notificato 9/6/2021, affidato a due motivi, nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, Procuratore Generale presso
la Corte d’appello di Napoli e presso la Corte di Cassazione (che non svolgono difese ).
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1.Il ricorrente RAGIONE_SOCIALE lamenta, con il primo ed il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c. dell’art.143, comma 11, d.lgs. 267/2000: a) in relazione alla posizione dell’ex assessore NOME COGNOME, per avere la Corte d’appello ritenuto che il suo nominativo non fosse stato indicato nella relazione prefettizia allegata alla proposta del RAGIONE_SOCIALE, laddove, in realtà, invece, era indicato a pag.16 e comunque era presente ed individuato nella comparsa di costituzione e risposta dell’Avvocatura Generale COGNOME Stato in rappresentanza del RAGIONE_SOCIALE, cosicché il principio della domanda nei procedimenti in oggetto doveva intendersi soddisfatto; b) quanto alla posizione degli altri (COGNOME, COGNOME e COGNOME), per i quali la proposta di incandidabilità era stata accolta ma limitatamente alle elezioni (primo turno elettorale) non ancora svoltesi dopo lo scioglimento del consiglio comunale, non potendo essere intaccate le elezioni già tenutesi nelle more del procedimento, cosicché il primo era stato confermato nella carica di sindaco e gli altri nella carica di consiglieri.
2.La prima censura è fondata.
Assume il ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la posizione dell’assessore NOME COGNOME era espressamente presa in considerazione « alla pag.16 » della relazione prefettizia allegata alla proposta del RAGIONE_SOCIALE « con riferimento alla problematica vicenda della gestione del campo sportivo comunale, unitamente all’indicazione significativa del ruolo ricoperto dal medesimo soggetto all’interno della compagine amministrativa ».
Tale doglianza è fondata in quanto, quand’anche nella relazione prefettizia allegata alla proposta del RAGIONE_SOCIALE non risultasse
indicato il nominativo del COGNOME, si faceva comunque riferimento alla cattiva gestione dell’uso del campo sportivo e il COGNOME era stato assessore con delega al cimitero, fiera, piazza e servizi comunali.
Si evidenzia poi, nel corpo del motivo, la contraddizione nella motivazione, per avere la Corte territoriale, da un lato, affermato la natura integrativa della memoria depositata dall’Avvocatura COGNOME stato rispetto alla proposta del RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, dichiarato inammissibile la proposta in relazione a tale soggetto, malgrado nella comparsa di costituzione e risposta del RAGIONE_SOCIALE dell’Interno fosse stato individuato tale amministratore per le finalità di cui all’art.143, comma 11, TUEL .
Orbene, questa Corte, con la sentenza n. 16048 del 2015, citata dal ricorrente RAGIONE_SOCIALE, ha affermato che « Il procedimento giurisdizionale previsto dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 (Testo unico enti locali), volto alla dichiarazione di incandidabilità degli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento dei consigli comunali o provinciali per infiltrazioni di tipo mafioso, non ha natura impugnatoria, ma è riconducibile ad un ordinario giudizio camerale contenzioso di cui agli artt. 737 e segg. c.p.c., soggetto al generale principio della domanda. Non può, dunque, mancare un atto introduttivo che abbia tutti i requisiti della “vocatio in ius” e dell'”editio actionis”, elencati dall’art. 125 c.p.c., da identificarsi nella memoria dell’Avvocatura COGNOME Stato, che rappresenta in giudizio il RAGIONE_SOCIALE dell’interno, dovendosi, invece, attribuire alla proposta COGNOME stesso RAGIONE_SOCIALE, di cui al comma 11 del menzionato art. 143, il valore di atto introduttivo unicamente in una accezione atecnica, in quanto idonea a provocare l’attivazione del potere d’impulso del tribunale volto alla fissazione dell’udienza camerale ». Non avendo quindi la proposta del RAGIONE_SOCIALE valenza di atto introduttivo del procedimento camerale relativo, se non in senso « atecnic o», non contenendo la
vera e propria domanda, e dovendosi escludere la configurabilità di un procedimento camerale officioso promosso dal giudice – inclusa la fase di formalizzazione contestativa degli addebiti – sulla base del materiale informativo in essa contenuto, si è ritenuto che la rituale prospettazione della domanda vada collocato nel primo atto difensivo, depositato tempestivamente dal RAGIONE_SOCIALE dell’Interno, rappresentato dall’Avvocatura COGNOME Stato, in sede di costituzione in giudizio.
Con la sentenza n. 51/2017, si è enunciato il principio di diritto seguente: « Il procedimento giurisdizionale previsto dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, volto alla dichiarazione di incandidabilità degli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento dei consigli comunali o provinciali per infiltrazioni di tipo mafioso, deve necessariamente iniziare con la trasmissione, da parte del RAGIONE_SOCIALE dell’interno, della proposta di scioglimento al tribunale competente per territorio (il quale è tenuto a valutare esclusivamente la sussistenza degli elementi necessari per applicare la misura con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa), che è il solo atto introduttivo legittimo di tale speciale giudizio, con il quale il legislatore, per un verso, ha derogato al disposto dell’art. 737 c.p.c., sulla ‘edictio actionis’ necessaria per ottenere un provvedimento cautelare, e per altro verso, non ne ha consentito la sostituzione con atti diversi dalla proposta ministeriale in questione ».
Sempre questa Corte ha ribadito (Cass. 10780/2019) che « In materia di incandidabilità alle elezioni degli amministratori responsabili delle condotte che abbiano dato causa allo scioglimento dei consigli provinciali o comunali, in conseguenza di infiltrazioni di stampo mafioso, la speciale modalità di introduzione del giudizio prevista dall’art. 143, comma 11, del d.lgs. n. 267 del 2000, mediante l’atto di trasmissione ministeriale, rappresenta una
deroga alle regole comuni; tale atto di impulso non è perciò tenuto a soddisfare i requisiti ordinari, in particolare le previsioni di cui all’art. 125 c.p.c., e non risulta nullo qualora ometta di indicare nominativamente gli amministratori coinvolti nella procedura, o comunque non provveda ad esplicita menzione delle specifiche condotte che agli amministratori sono attribuite, in quanto rivelatrici della permeabilità dell’amministrazione locale alle influenze inquinanti delle consorterie criminali ». Il principio è ripreso in Cass. 23445/2022: « In tema di elezioni amministrative, la dichiarazione di incandidabilità degli amministratori che hanno dato causa allo scioglimento del consiglio comunale per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, prevista dall’art. 143, comma 11, del d.lgs. n. 267 del 2000, essendo una misura non sanzionatoria, ma interdittiva di carattere preventivo, non impone l’adozione delle garanzie previste per l’applicazione delle sanzioni penali ed il relativo procedimento viene introdotto mediante l’atto di trasmissione ministeriale che, rappresentando una deroga alle regole ordinarie, non deve rispettare i contenuti di cui all’art. 125 c.p.c. e non può ritenersi affetto da nullità se, anziché indicare nominativamente gli amministratori coinvolti, li individui “per relationem”, mediante rinvio ad altri atti amministrativi ».
In sostanza, la proposta è l’atto di impulso con il quale il RAGIONE_SOCIALE sollecita il giudizio del Tribunale riguardo l’adozione della dichiarazione di incandidabilità: si tratta tuttavia di una speciale modalità di introduzione del giudizio, in deroga alle regole comuni, in particolare, le previsioni dell’art.125 c.p.c., cosicché non risulta nullo qualora ometta di indicare nominativamente gli amministratori coinvolti o non provveda a fare esplicita menzione delle condotte specifiche agli stessi attribuite, avendo comunque valenza integrativa la relazione del Prefetto e la documentazione amministrativa prodotta.
Quindi la comparsa difensiva del RAGIONE_SOCIALE in giudizio può anche svolgere la ritenuta valenza « integrativa » della proposta del RAGIONE_SOCIALE, che, con gli atti amministrativi ad essa allegati, ha natura di atto di impulso della presente procedura.
Nella specie, risulta, dagli esami degli atti, che nella Nota del RAGIONE_SOCIALE degli Interni, trasmessa dal RAGIONE_SOCIALE all’Avvocatura distrettuale COGNOME Stato, nel procedimento per cui è causa, si faceva riferimento specifico anche alla posizione del NOME COGNOME, assessore con delega al cimitero, fiera, piazza e servizi comunali, con riferimento alle vicende che avevano riguardato la gestione e l’uso del campo sportivo, come descritto nella Relazione prefettizia, e vi si faceva indicazione nella memoria depositata dall’Avvocatura costituitasi in giudizio.
Quindi la Corte d’appello non ha colto la peculiare essenza dell’atto introduttivo del procedimento ex art.142 , comma 11, TUEL, incorrendo in violazione di legge.
La seconda censura è inammissibile.
Il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143 (Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti), comma 11, così dispone « Fatta salva ogni misura interditti va ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo ».
Questa Corte, con la sentenza del 2015, richiamata in motivazione dalla Corte d’appello, ha, anzitutto, affermato che, interpretato l’univoco tenore « letterale e grammaticale » del comma 11
dell’art.143 d.ls. 267/2000, TUEL, la candidatura è preclusa nel primo turno elettorale di ciascuna delle elezioni (regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali) che si svolgano, successivamente allo scioglimento, nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato, non soltanto quindi con riferimento al primo turno della prima elezione che si svolga nella regione successivamente allo scioglimento dell’ente. Inoltre, questa Corte, con riguardo all’ambito temporale di operativit à della misura interdittiva in esame in rapporto alla possibile e fisiologica distanza temporale tra la data di scioglimento dell’ente e l’adozione del provvedimento definitivo di incandidabilit à , ha affermato che la norma debba essere interpretata « nel senso che l’incandidabilit à operi quando, come previsto dalla norma, “sia dichiarata con provvedimento definitivo”, valendo evidentemente per tutti i turni elettorali successivi che si svolgeranno nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, sebbene nella stessa regione si siano svolti uno o pi ù turni elettorali (di identica o differente tipologia) successivamente allo scioglimento dell’ente ma prima che il provvedimento giurisdizionale dichiarativo dell’incandidabilit à abbia assunto il carattere della definitivit à », non potendosi poi condividere l’interpretazione secondo « la pronuncia definitiva di incandidabilit à , ove sopravvenga dopo lo svolgimento del primo turno di una o pi ù elezioni, sarebbe destinata a produrre i suoi effetti con riferimento soltanto alle “altre” (tipologie di) elezioni tra quelle elencate, cio è diverse da quelle gi à svoltesi dopo lo scioglimento dell’ente, poich é per queste ultime l’incandidabilit à non potrebbe operare nei turni elettorali successivi al provvedimento giurisdizionale definitivo che l’abbia accertata», in quanto non si possono attribuire effetti esecutivi ad un provvedimento di incandidabilit à prima che esso sia divenuto definitivo e nelle elezioni precedenti la persona era candidabile ed eleggibile (salva la ricorrenza di una specifica causa di ineleggibilit à
o incompatibilit à ), divenendo incandidabile solo per effetto del provvedimento giurisdizionale definitivo e con riferimento alle elezioni successive nel senso chiarito.
In sostanza, la misura interdittiva dell’incandidabilità degli amministratori pubblici di enti territoriali, il cui consiglio sia stato sciolto per l’esistenza di ingerenze della criminalità organizzata, opera dal momento in cui sia dichiarata con provvedimento definitivo e riguarda il primo turno, ad esso successivo, di ognuna delle tornate elettorali indicate dall’art. 143, comma 11, del d.lgs. n. 267 del 2000, e, quindi, tanto le elezioni regionali, quanto quelle provinciali, comunali e circoscrizionali. La disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143, comma 11, è stata quindi interpretata nel senso che l’incandidabilità opera quando, come previsto dalla norma stessa, « sia dichiarata con provvedimento definitivo », valendo evidentemente per tutti i turni elettorali successivi che si svolgeranno nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, sebbene nella stessa regione si siano svolti uno o più turni elettorali (di identica o differente tipologia) successivamente allo scioglimento dell’ente, ma prima che il provvedimento giurisdizionale dichiarativo dell’incandidabilità abbia assunto il carattere della definitività (Cass., 9883/2016; Cass. 23069/2016; Cass., 18696/2015; Cass. 18627/2017; Cass. 15725/2019). Secondo il citato indirizzo, l’incandidabilità infatti non può operare prima che la sua dichiarazione giurisdizionale sia divenuta definitiva, non potendo attribuirsi effetti esecutivi ad un provvedimento di incandidabilità prima che sia divenuto definitivo e considerato che nelle elezioni precedenti la persona era candidabile ed eleggibile (salva la ricorrenza di una specifica causa di ineleggibilità o incompatibilità), divenendo incandidabile solo per effetto del provvedimento giurisdizionale definitivo e con riferimento alle elezioni successive.
Il RAGIONE_SOCIALE ricorrente pone la questione della decadenza di diritto dalla carica, una volta che sopravvenga la declaratoria di incandidabilità accertata con sentenza passata in giudicato, dell’amministratore che, nelle more del procedimento di incandidabilità, sia stato nuovamente eletto. Sia per effetto dell’art.143, comma 11, TUEL che per effetto della sua lettura in combinato disposto con gli artt.10 e 11 del d.lgs. 235/2012.
Il ricorrente richiama il disposto degli artt.10, comma 4, 11, comma 7, 16, comma 2, del d.lgs. n. 235/2012 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge delega 6 novembre 2012, n. 190, c.d. Legge Severino), che disciplinano gli effetti sul piano della decadenza di diritto dalla carica amministrativa ricoperta in conseguenza della condanna definitiva penale per determinati delitti, dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o « dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione ». L’art.16 (disposizioni transitorie) al comma 2 stabilisce che: « Le disposizioni di cui al presente testo unico, limitatamente a quelle previste per l’accertamento dell’incandidabilità in fase di ammissione delle candidature, per la mancata proclamazione, per i ricorsi e per il procedimento di dichiarazione in caso di incandidabilità sopravvenuta, si applicano anche alle incandidabilità, non derivanti da sentenza penale di condanna, disciplinate dagli articoli 143, comma 11, e 248, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ». L’art. 12 (Cancellazione dalle liste per incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali) al comma 4 prevede che « 4. Qualora la condizione di incandidabilità sopravvenga o sia accertata successivamente alle operazioni di cui al comma 2, la condizione
stessa viene rilevata, ai fini della mancata proclamazione, dall’ufficio preposto alle operazioni di proclamazione degli eletti ».
Orbene, vero che la disciplina suddetta ha introdotto, tra l’altro, la decadenza dal mandato in caso di incandidabilità sopravvenuta, operante anche, per espresso richiamo normativo, in relazione alle incandidabilità, non derivanti da sentenza penale di condanna, ma disciplinate dagli articoli 143, comma 11, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (misure di carattere interdittivo preventivo).
Ma il thema decidendum oggetto del presente giudizio era quello della incandidabilità nelle tornate elettorali successive ai sensi dell’art.143, comma 11, d.lgs. 267/2000 .
Nella sentenza impugnata non si fa questione degli effetti della legge sopravvenuta del 2012 (in attuazione della c.d. Legge Severino) e il ricorso non chiarisce dove, come e quando il profilo suddetto fosse stato sollevato della decadenza di diritto dalle cariche amministrative del sindaco COGNOME e degli assessori COGNOME e COGNOME
4.Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo, inammissibile il secondo, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, il 8 febbraio 2024 .