Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3840 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3840 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15914/2022 R.G. proposto da: AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO – DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
AVV_NOTAIO VINCENZA
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1724/2021 depositata il 11/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre con due motivi, illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Napoli ha -per quanto interessa -confermato la decisione di primo grado di accoglimento della azione proposta ai sensi degli artt. 1067, secondo comma e 1079 c.c. da NOME COGNOME -odierno controricorrente -per ottenere l’eliminazione degli ostacoli frapposti all’esercizio della servitù di passo vantata a favore del proprio fondo in Mugnano di Napoli e a carico del fondo di esso ricorrente.
La Corte di Appello ha ribadito la declaratoria di difetto di legittimazione sostanziale passiva di COGNOME NOME, originaria convenuta e odierna intimata.
In particolare la Corte di Appello, rivalutando le risultanze della testimonianze assunte in primo grado e della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal primo giudice, ne ha ribadito l’accertamento per cui, contrariamente a quanto sostenuto dall’attuale ricorrente, la servitù non si era estinta per prescrizione, ai sensi degli artt. 1073 e 1074 c.c., a seguito di modifiche dello stato dei luoghi, incluse quelle evidenziate dal consulente dello stesso ricorrente, atteso che dette modifiche non avevano reso impossibile l’esercizio della servitù ma avevano solo determinato un restringimento dello spazio utilizzabile per il passaggio che tuttavia continuava ad
essere possibile ‘su porzione non trascurabile del fondo COGNOME con evidente utilitas’ ed era stato invece ulteriormente limitato dalla apposizione di una rete metallica, di tavole di legno e di piante di agrumi ‘di età non superiore a 15 anni’, contro cui il COGNOME aveva agito.
la causa perviene al RAGIONE_SOCIALE a seguito di richiesta di decisione formulata dal ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza del ricorso;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso vengono lamentate ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 1073 e 1074 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. con riferimento all’art. 360, primo comma, nn.3 e 4 , c.p.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudicio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 primo comma n.5 c.p.c.’. Sotto questa rubrica vengono mosse contestazioni alla sentenza impugnata per avere, i giudici di appello, recepito le risultanze della CTU in sostanza trascurando i rilievi del consulente di parte;
2. il motivo è inammissibile.
2.1. In primo luogo, la censura di ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 1073 e 1074 c.c.’ è solo enunciata in rubrica e in nessun modo sviluppata nel corpo del motivo.
2.2. In secondo luogo, la censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può essere proposta per cercare -come nella specie- di ottenere da questa Corte una rivalutazione del materiale istruttorio facendo valere una erronea valutazione da parte del giudice del merito del materiale istruttorio stesso o delle risultanze della consulenza tecnica. Tale censura è ammissibile solo se si alleghi che ‘il giudice del merio abbia posto a
base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione’ (v. Cass, sentenza n. 6774 del 01/03/2022). Nel caso di specie nessuna di queste allegazioni è stata fatta.
2.3. In terzo luogo, la censura riferita al disposto del n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., al di là della rubrica, consiste non in una censura di omesso esame di fatti -censura che, peraltro, sarebbe inammissibile atteso che a fronte di un doppio accertamento conforme dei giudici di primo e secondo grado, l’impugnazione della sentenza d’appello soggiace alla preclusione derivante dalla regola di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c.- bensì in una critica inammissibile della valutazione, insindacabile in questa sede, da parte della Corte di Appello della consulenza tecnica;
3. con il secondo motivo di ricorso vengono lamentate ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, nn.3 e 4 , c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudicio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 primo comma, n. 5 c.p.c.’. Sotto questa rubrica viene dedotto che i giudici di appello avrebbero omesso di tener conto del fatto -emergente da alcune testimonianze assunte in primo grado -che sarebbe valso anche a smentire le risultanze della CTU, per cui fino dal 1982 -1985 l’esercizio della servitù sarebbe stato del tutto impedito con conseguente estinzione della servitù per prescrizione;
4.il motivo è inammissibile.
4.1.La sentenza di appello ha respinto l’appello dell’odierno ricorrente contro la sentenza di primo grado confermandone i presupposti accertamenti in fatto, l’iter argomentativo e le
conclusioni. Ricorre una ipotesi di doppia conforme ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
in conclusione, sussistendo i presupposti per la declaratoria dell’inammissibilità di ciascuno dei motivi di ricorso in riferimento all’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., il ricorso va dichiarato inammissibile (Cass. 7155/2017).
a ll’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese.
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatto applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma.
7.1. Quanto alla disciplina intertemporale, per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis cit. nel testo riformato, va richiamato l’indirizzo adottato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27433/2023, secondo la quale detta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 d.lgs. n. 149 del 2022 -è immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023; ciò in quanto l’art. 380 -bis cit. (che nella parte finale richiama l’art. 96, terzo e quarto comma, cit.) è destinato a trovare applicazione, come espressamente previsto dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 149 del 2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come quello in esame.
7.2. Sulla scorta di quanto esposto, la parte ricorrente va condannata al pagamento di una somma, equitativamente determinata in € 800,00, in favore della controparte e di una ulteriore somma, pari ad € 800,00, in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 1800,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 800,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 800,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.