Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11791 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11791 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1354-2022 proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE PRESSO RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato -nonché contro
Oggetto
P.D.A.
R.G.N.1354/2022
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1122/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 02/11/2021 R.G.N. 267/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE presso INPS e NOME COGNOME avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Palermo, in composizione collegiale, ha respinto il reclamo avverso l’ordinanza che aveva rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. del lavoratore;
la Corte, in estrema sintesi, ha evidenziato che, a mente dell’art. 669 -terdecies c.p.c., il provvedimento che definisce il reclamo non è appellabile;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso il soccombente; ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE mentre RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva;
la Consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., rilevandone l’inammissibilità;
il ricorrente ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno comunicato memorie e la parte ricorrente ha anche depositato istanza del 27.9.2024 con cui ha chiesto la trattazione del ricorso innanzi alle Sezioni unite; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. il ricorso è inammissibile;
invero, il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione (tra le molte v. Cass. n. 9228 del 2016; Cass. n. 21187 del 2019); il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” – comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. n. 23675 del 2013), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 25044 del 2013; Cass. n. 17739 del 2011; Cass. n. 7891 del 2007; Cass. n. 7882 del 2006; Cass. n. 3941 del 2002);
l’osservanza del canone della chiarezza e della sinteticità espositiva rappresenta l’adempimento di un preciso dovere processuale il cui mancato rispetto espone il ricorrente per cassazione -per risalente giurisprudenza di legittimità – al
rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione (tra molte: Cass. n. 19100 del 2006; Cass. n. 17178 del 2014); più di recente si è ribadito che i requisiti di ‘contenuto -forma’, imposti per la redazione del ricorso per cassazione, risultano funzionali al ruolo nomofilattico della Suprema Corte; tanto in coerenza con la giurisprudenza della Corte E.D.U. (sent. 15 settembre 2016, in causa COGNOME c. Italia; sent. 31 marzo 2021, nel caso Oorzhak c. Russia) che ha affermato il basilare principio della piena legittimità di un sistema, anche rigoroso, di requisiti formali per l’accesso al giudizio di legittimità e per la redazione dei ricorsi introduttivi, il quale non solo non viola l’art. 6 CEDU, ma anzi è funzionale alla tutela del ruolo nomofilattico della Corte di legittimità e quindi al conseguimento dei valori fondamentali della certezza del diritto e della buona amministrazione della giustizia (in termini Cass. n. Cass. 41796 del 2021); sull’assunto che il diritto di accedere al giudice di ultima istanza non è assoluto e che, sulle condizioni di ricevibilità dei ricorsi, gli Stati hanno un sicuro margine di apprezzamento, potendo prevedere restrizioni a seconda del ruolo svolto dai vari organi giurisdizionali e dell’insieme delle regole che governano il processo (cfr. Cass. SS.UU. n. 30996 del 2017), non ha apportato innovazioni la recente sentenza della Corte di Strasburgo del 29 ottobre 2021, Succi c. Italia, dovendosi escludere che, anche per il tramite di una difesa tecnica, la quale richiede un adeguato grado di specializzazione, il ricorrente in cassazione non sia posto in grado di percepire il significato e le implicazioni di dette regole, coerenti con la natura di impugnazione a critica limitata e con la strutturazione del giudizio di legittimità quale processo sostanzialmente privo di momenti di istruzione (cfr. Cass. n. 37355 del 2021 e Cass. 14787 del 2022; in tali sensi v. pure Cass. n. 8117 del 2022;
Cass. n. 8034 del 2022; Cass. n. 7264 del 2022; Cass. n.6152 del 2022);
il ricorso in esame -come già evidenziato nella proposta di definizione anticipata – non rispetta i requisiti necessari per superare il vaglio di ammissibilità, in quanto deduce in maniera generica la violazione di diverse norme di legge, la nullità e l’inesistenza della sentenza, l’omessa pronuncia circa un fatto decisivo per il giudizio, l’ error in procedendo , la violazione dell’art. 111 Cost., senza adeguato riferimento al contenuto del provvedimento impugnato e alla ratio decidendi dello stesso che sta tutta nella inappellabilità del provvedimento che definisce il reclamo cautelare;
la palese inammissibilità del ricorso priva di ogni fondamento la richiesta di rimessione alle Sezioni unite civili;
pertanto, dichiarata l’ inammissibilità, le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo nei confronti della controricorrente società;
considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione anticipata e che il giudizio viene definito in conformità alla proposta, occorre applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal comma quarto del citato art. 380-bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 10955 del 2024), non ravvisando, il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass. SS.UU. n. 36069 del 2023);
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il soccombente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario nella misura del 15%; condanna altresì parte ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore di parte controricorrente e, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 febbraio